127 ore
(USA, UK 2010)
Titolo originale: 127 Hours
Regia: Danny Boyle
Cast: James Franco, Clémence Poésy, Kate Mara, Amber Tamblyn, Treat Williams, Kate Burton, Lizzy Caplan
Genere: stuck in the middle
Se ti piace guarda anche: Into the Wild, Jackass, Buried, Phone Booth
Uscita italiana: 11 febbraio (per IMDb), 25 febbraio (per MYmovies, ma mettersi d’accordo una volta no?)
Aron Ralston è uno spirito libero, un tizio spericolato, una sorta di Christopher McCandless di Into the Wild però più idiota tipo Johnny Knoxville o Steve-O di Jackass. Mentre si fa una “tranquilla” escursione in mezzo a un canyon dello Utah, cade e finisce con un braccio bloccato in mezzo a una roccia. Una situazione disperata e senza speranze, soprattutto considerando come il buon Aron, dall’alto della sua immensa saggezza, abbia deciso di NON comunicare a nessuno del suo viaggetto. Come diavolo farà allora a salvarsi?
Recensione cannibale
127 ore fa parte di quel tipo di film claustrofobici per cui non ho una particolare passione. Un recente caso di pellicola che parte da un presupposto simile a questo è ad esempio Buried, il film in cui Ryan Reynolds si trova sepolto vivo dentro una bara: sempre meglio che fare la cazzata di divorziare da Scarlett Johansson, però comunque una gran brutta situazione. Laddove però lì è tutto è giocato sull’idea di sviluppare un’intera pellicola dentro un unico ristretto ambiente, con un risultato che mi ha lasciato alquanto perplesso, in 127 Hours per fortuna Danny Boyle (uno che ha fatto Trainspotting e The Millionaire, mica un pirla come il protagonista del film) non si pone dogmi o limiti di alcun tipo e decide di avvalersi di tutti gli espedienti cinematografici necessari per rendere più avvincente la vicenda di un povero sfigato finito bloccato in una situazione limite.
Quindi vai di uso creativo di musiche, di sogni e di flashback, che però non sono campati lì così gratuitamente e a casaccio, ma arrivano nei momenti più visionari e di crisi interiore e fisica del protagonista. A differenza dei soliti film estremi di questo tipo, che dopo la curiosità per lo spunto iniziale si perdono in popcorn divorati tra gli sbadigli, il grande pregio di quest’avventura finita male è di crescere inesorabilmente dopo una partenza in sordina, di pari passo con la crescita del protagonista, che all’inizio -diciamolo- sembra un minchione, ma poi tira fuori doti inaspettate. James Franco è molto bravo nel compiere questa evoluzione e il copione poi gli regala una di quelle scene magistrali stile sdoppiamento di personalità del Gollum ne Il signore degli anelli – Le due torri, una di quelle da segnare fin da subito tra i momenti top dell’annata cinematografica.
Il resto del cast è invece curiosamente molto telefilmico: il padre del protagonista è il papà dottore dello strappalacrime Everwood, sua madre è la mamma con l'Alzheimer di Meredith Grey in Grey’s Anatomy, sua sorella è Lizzy Caplan (Party Down, True Blood), la sua fiamma è Clémence Poésy (Gossip Girl), le tipe che incontra Amber Tamblyn (protagonista di Joan of Arcadia) e Kate Mara (Nip/Tuck); non so se è solo un caso, ma è quasi come se non fossero presenze reali, bensì fossero uscite da un immaginario televisivo o dal suo subconscio Vanilla Sky style.
Da una parte Danny Boyle la scampa quindi e anche ottimamente dal pericolo di fare un film-esercizio di stile incentrato su un personaggio incastrato in un unico ambiente, dall’altra però la pellicola pur essendo un'esperienza molto intensa e tutta da vivere non riesce a diventare un cult esistenziale quanto Into the wild, anch’esso tratto da un’altrettanto drammatica storia vera. Perlomeno perché a livello personale mi sono trovato molto di più nell’estremismo della fuga da una società capitalista produci.consuma.crepa messa in atto dall'Alexander Supertramp del film di Sean Penn, piuttosto che nell’estremismo fine a se stesso di Aron Ralston il pazzo. Se però siete di quelli che vogliono una vita spericolata e per provare emozioni forti fate bungee-jumping, downhill in mountain bike o arrampicate sulle montagne, dopo Steve McQueen, Johnny Knoxville e Reinhold Messner, qui troverete un nuovo altissimo purissimo fuorissimo eroe.
(voto 7+)
Scena cult: l’intervista “doppia” del protagonista a se stesso
Canzone cult: “Festival” dei Sigur Ros
lo trovate qui
RispondiEliminahttp://www.italianshare.net/forum/index.php/topic,382819.0.html
o qui
http://italia-film.com/film-drammatici/12926-127-hours-2010-subita-film-streaming-megavideo.html
Cannibale, se dici che non è proprio una porcata, faccio un tentativo.
RispondiEliminaNon ho proprio voglia di un secondo Buried.
Mmmm guardando il trailer, mi sembra una cazzata colossale ma mi fido di te e comunque per amore di Franco faccio questo e altro
RispondiEliminaNe avevi già parlato mi sembra... segno!
RispondiEliminaA me è piaciuto alquanto... Tranne gli ultimi 7 minuti. Poi ho ripensato che neppure gli ultimi 7 minuti di Slumdog Millionaire mi son piaciuti, forse è il marchio di fabbrica di Boyle, rovinare gli ultimi minuti?
RispondiElimina*mr ford
RispondiEliminadiciamo che la maestra ha assegnato loro due temi molto simili, solo che mentre il regista di buried si è fatto intrappolare dal tema, danny boyle l'ha usato invece a favore per liberare tutta la sua fantasia
*eva
franco è qui alla sua prova più impressionante (almeno tra le sue pellicole che ho visto). il film pur non sembrandomi un capolavoro è una notevole esperienza tutta da vivere
*daisy
l'avevo citato tra i film che attendevo di più. non fondamentale, ma comunque da vedere
*brixton massacre
a me invece non ha colpito molto la prima parte. il finale essendo tratto da una storia vera non poteva andare molto diversamente, comunque magari come dici tu è una cosa legata a boyle. anche se va escluso il finale di trainspotting, che è ottimo :)
Lo aspetto da mesi. Dal tuo commento non sembra comunque niente male.
RispondiEliminaMi hai incuriosito!
RispondiEliminala cosa più bella di questo film è la canzone dei sigur ros...
RispondiEliminaMassimiliano
Noioso e poco efficace.
RispondiElimina