(USA 1988)
Titolo originale: Working Girl
Regia: Mike Nichols
Cast: Melanie Griffith, Sigourney Weaver, Harrison Ford, Alec Baldwin, Joan Cusack, Kevin Spacey, Oliver Platt, Jeffrey Nordling
Genere: laborioso
Se ti piace guarda anche: Crime d’amour, Il segreto del mio successo, Il diavolo veste Prada, Jerry Maguire, Wall Street
“Ho un cervello per gli affari e un corpo per il peccato, ci trovate qualcosa da ridire?”
Tess McGill (Melanie Griffith)
C’è qualcosa di più anni ‘80 di Una donna in carriera?
Forse possono competere giusto Il segreto del mio successo, Wall Street, gli Wham!, i paninari, il programma Drive In e Heather Parisi.
Che fine ha fatto Heather Parisi?
Non lo so e non lo voglio sapere. Probabilmente sta in mezzo alle cicale, cicale cicale cicale.
(Madonna che video!
Nel senso che Madonna un video così se lo sogna...)
Dalla prima fino all’ultima scena, Una donna in carriera (Working Girl) è un tripudio di ottantitudine.
A partire dal cast con Harrison Ford, Sigourney Weaver, Melanie Griffith e, soprattutto, i capelli di Melanie Griffith!
Tra le tante cose degli 80s che sono tornate di moda nel passato più o meno recente, per fortuna non ci sono state le pettinature vaporose come quella sfoggiata dalla Griffith all’inizio del film. Che l’umanità stia facendo progressi?
Il film è una celebrazione dei valori del capitalismo americano più spinto. Quello del farcela a tutti i costi. Farcela a fare cosa?
Ad avere una carriera e ad essere rispettati nel mondo del lavoro, meglio se nell’alta finanza, meglio se a Wall Street, altrimenti sei solo uno sfigato. Roba che se uscisse oggi ci sarebbe da guardarlo sdegnati, però all’epoca ci poteva stare. Anche perché poi Una donna in carriera è un film di denuncia…
Ehm, no eh?
Diciamo allora che cerca comunque di presentare un’etica del lavoro fondata sulla libera competizione, come quando Melanie Griffith la segretaria intraprendente gioca sporco con Sigourney Weaver la capa stronza, credendo che quest’ultima le abbia soffiato una sua idea, e forse è proprio così o forse no, e insomma il tutto si trasforma in un girl fight a tutti gli effetti, soltanto che anziché lottare nel fango, le due se le danno di santa ragione a suon di contatti con uomini potenti e finiscono invischiate immancabilmente pure in un triangolo amoroso con Harrison Ford. Indiana Jones in persona. Han Solo in persona. L’attore che non azzecca più manco mezzo film da almeno un decennio e forse anche da molto di più in persona.
Anche Melanie Griffith non arriva da un periodo molto fortunato, a livello di carriera; negli ultimi tempi la si è vista solo nella stagione finale di Nip/Tuck, dove interpretava la madre di Kimber, e da allora è passato già qualche anno. Colpa proprio di quella stessa chirurgia estetica protagonista di Nip/Tuck che l'ha trasformata così?
Meglio stanno andando le cose a Sigourney Weaver. Al di là dell’apparizione nell’atroce Avatar diretta dal suo regista preferito (e mio meno preferito) James Cameron, è infatti comparsa in qualunque film (Abduction, La fredda luce del giorno, Quella casa nel bosco, Ancora tu!, Paul, Rampart…) ed è protagonista pure della nuova serie Political Animals, discretamente interessante.
A me non è mai piaciuta e continua a non piacere, però devo dire che in Una donna in carriera, nella parte della stronzilla, se la cava alla grande. Sarà un caso?
Nel cast timbra il cartellino di presenza anche Kevin Spacey, in un’apparizione flash però memorabile in cui interpreta il tipico uomo d’affari 80s cocainomane e sessuomane, che così tanto assomiglia al tipico uomo d’affari d’oggi cocainomane e sessuomane. Performance breve, ma fenomenale. E poi c’è anche Alec Baldwin. Alec Baldwin e il suo petto villoso pure questo troppo 80s.
"Auguri ai tuoi capelli! Sono 3 decenni che non vedono un parrucchiere, vero?" |
La colonna sonora è poi firmata da Carly Simon. Una che se non ne sapete nulla di musica anni Ottanta dopo aver sentito il suo nome domanderete: “Chiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii?” perché è una cantante pure lei troppo 80s, di quelle che l’1 gennaio 1990, allo scoccare della mezzanotte, è sparita nel nulla. È finita in un’altra dimensione, insieme a molti altri artisti simbolo del decennio, spazzati via dal grunge, dall riff di Smells Like Teen Spirit, dalla Generazione X e da Quentin Tarantino.
Ma gli anni Ottanta si sarebbero rifatti qualche tempo più tardi, facendo la loro riapparizione nell’immancabile revival degli ultimi anni, a livello di musica, di stile, di cinema, di moda, ma per fortuna non di capigliature. Yuppie!
(voto 6,5/10)
P.S. Due parole, ma anche qualcuna in più, a proposito della scena finale della pellicola: Melanie Griffith corona il suo sogno di Working Girl e da semplice segretaria (nessuna offesa nei confronti delle semplici segretarie) ottiene un ufficio tutto suo. E senza nemmeno fare troppi pompini in giro, Harrison Ford a parte. La macchina da presa poi si allontana e ci mostra Melania dentro il suo ufficio, al fianco di decine, centinaia, di altre persone chiuse nei loro uffici del grattacielo. Il classico lieto fine, con la protagonista che ha ottenuto ciò che vuole. Bene così?
Montato con una musica differente, il finale potrebbe però essere visto sotto una luce ben più negativa. Come l’alienazione totale all’interno della società moderna. Il capitalismo più sfrenato che inghiotte le persone e le fa diventare dei criceti isolati, ognuno chiuso dentro il suo ufficetto, impegnato a fo**ere gli altri nella maniera migliore per ottenere un ufficio ancora più grande e ancora più isolato.
Happy ending, dunque, oppure uno dei finali più inquietanti e preoccupanti nella storia del cinema?
Post apparso anche su L'orablu.
Post apparso anche su L'orablu.
beh io il finale l'ho interpretato come un falso lieto fine che dà al film una punta amarognola che per quanto mi riguarda non guasta...
RispondiEliminaRivisto proprio di recente. Bella la tua interpretazione del finale... Non concordo solo su Sigourney, io l'adoro dai tempi di Ghostbusters ^___^
RispondiEliminaHarrison F oggi è un vecchio rincoglionito e scassamaroni (ho sperato tanto che in Caubois&aliens gli disintegrassero il cranio... macché; l'erba cattiva never dies...), ma negli OTTANTA era un sex-simbolo (witness, bladerunner, indianagions, guerrestellari...) e nel film in questione fa faville
RispondiEliminapresente quando si cambia la camicia davanti alle impiegate? scatta l'applauso... e non solo perché lui è il boss
anche a me m'ha lasciato quel pessimismo di e tristezza di fondo questo film...
RispondiEliminae invece ti devo dire che a me è piaciuto tanto questo film, sarà simbolo del capitalismo più sfrenato americano, ma ehy erano gli anni ottanta, anni di glamorous, ormai i "rivoluzionari" 60's a 70's erano lontani, quindi ci si permetteva di sfoggiare qualcosa un abito di Cerruti, piuttosto che abiti di figli dei fiori...d'altronde le mode cambiano, i gusti pure...e anche i miti ^_^
RispondiEliminaDicevi che non conoscevi altri film con John Kusac e invece..E comunque, come sempre, "The winner is..Kevin Spacey"!
RispondiEliminaI miei complimenti! Scrivi davvero bene... Mi hai invogliato a vedere il film (provvederò quanto presto...) Grazie per essere passato dal mio blog! ;D
RispondiEliminaE, se ti va, scambio banner... :D
Un film che non mi è mai piaciuto, nemmeno quando ero piccoletta negli anni '80.
RispondiEliminaCaffé, the... me? Orrore.
Psssssss nel tripudio di ottantitudine hai dimenticato le spallotte imbottite....
RispondiEliminaCerto che visto oggi il film si presta alle interessanti considerazioni che hai fatto tu rispetto al finale ma lasciato nel suo tempo era la perfetta rappresentazione dello yuppismo con un certo valore aggiunto in quanto declinato al femminile
A me è piaciuto tanto e per un bel pezzo è stato uno dei miei film preferiti... :)
RispondiEliminasimpatica recensione!
Il film e' straordinario per l impatto nella city Eterna ( altro che Roma) in continua trasformazione fino ai ns giorni. Chi mi puo' dire il nome del palazzo nella sigla finale ( che nello zoom indietreggia), dove presumibilmente e' inserita Melany come new job?
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