Dentro questo post su Twin Peaks ci trovate traumi infantili, citazioni di Selena Gomez, Valerio Scanu e Vasco Rossi, riflessioni esistenziali su passato presente e futuro, classifiche delle canzoni del Bang Bang Bar e su personaggi top/flop della stagione, la spiegazione del vero significato del finale che David Lynch non avrà mai il coraggio di ammettere, e molto altro ancora...
Mi scuso in anticipo per la lunghezza del pezzo. Parlare di Twin Peaks è difficile, ma una volta aperto il vaso di Pandora di BOB non sono più riuscito a chiuderlo.
Chi lo legge tutto come premio si merita quindi un bel biglietto di sola andata per la Loggia Nera.
Io e Twin Peaks, una storia d'amore e d'odio
Directed by: David Lynch
Starring: Kyle MacLachlan, Marco Goi alias Cannibal Kid, Laura Palmer, Sarah Palmer, BOB, David Lynch, Laura Dern, Naomi Watts, Audrey Horne, Amanda Seyfried, Michael Cera, Monica Bellucci e tanti altri
PARTE 1 (senza spoiler)
Twin Peaks mi ha rovinato la vita. Non lo dico così, tanto per dire, o per fare il solito esagerato. Twin Peaks mi ha davvero distrutto la vita.
Io ero un bambino sereno e allegro. Spensierato come la gran parte degli infanti. Davanti a me avevo una vita felice. Poi è arrivato BOB. In Italia le prime due stagioni di Twin Peaks, qui ribattezzato I segreti di Twin Peaks, sono state trasmesse da Canale 5 tra il 9 gennaio 1991 e l'11 giugno 1991. Tra i numerosi spettatori di quello che era diventato un autentico cult della pop culture dell'epoca, accompagnato dalla domanda tormentone Chi ha ucciso Laura Palmer?, c'erano anche i miei genitori. C'ero anch'io. Avevo 9 anni e guardavo la tv insieme a loro. Allora soltanto i bimbi megamilionari avevano una tele in camera tutta per loro ed eravamo ancora ad anni – che oggi appaiono anni luce – dall'avvento di Internet, smart phone, iPad e Netflix vari. Toccava vedere la tv in compagnia dei genitori, anche per quei programmi che un bambino di 9 anni avrebbe fatto meglio a non guardare. Le scene in cui il malefico BOB compare in scena mi sono rimaste per sempre impresse. Pure questo non è un modo di dire. Sono rimasto traumatizzato da quella presenza malefica. Da quando l'ho visto per la prima volta, mi sono ritrovato il suo minaccioso volto in tutti i miei incubi e a volte lo vedevo anche quando ero sveglio. Mi bastava chiudere gli occhi per un istante e me lo ritrovavo lì davanti.
Non ricordo di preciso quanto la cosa andò avanti, mi pare parecchio. Diverse settimane, credo diversi mesi. Da allora non sono mai più stato lo stesso. Il Marco Goi bambino spensierato non esisteva più, sostituito da un Cannibal Kid doppelgänger uscito fuori dalla Loggia Nera. Non ne faccio una colpa ai miei genitori, però ci tengo ad avvertire tutti quelli che hanno dei figli: state molto attenti a cosa gli fate vedere da piccoli. A costo di passare per dei genitori rompicoglioni, certe pellicole e certe serie tv è meglio se gliele risparmiate, almeno fino a che non hanno 14/15 anni e riescono a gestirle meglio. A meno che non vogliate che crescendo diventino come me.
Dopo che BOB ha popolato i miei sogni, o meglio i miei incubi, e deturpato irreparabilmente la mia mente, mi sono avvicinato sempre di più ai film e alle serie tv più disturbanti, thriller, horror e a tutte quelle visioni che un bimbo farebbe meglio a evitare. È probabilmente da lì che è nata la mia passione per un certo tipo di cinema e di musica. Quale tipo di cinema e di musica?
Quello strano.
Da lì in poi sarebbero arrivate le visioni di Shining e Il silenzio degli innocenti a turbare i miei sonni e allo stesso tempo ad alimentare il mio amore, o forse sarebbe più corretto a questo punto dire amoreodio, nei confronti del cinema, sbocciato poi definitivamente con Pulp Fiction. Se però prima non ci fosse stato Twin Peaks, il Big Bang da cui è partito tutto, non so davvero come potrebbe essere la mia vita. Credo sarei più “normale”. Credo sarei più felice. Di sicuro sarei più spensierato e anche senza Pensieri Cannibali.
Il tempo poi è passato e io sono cresciuto con il ricordo di quella serie, onnipresente su di me come un'ombra e allo stesso tempo un mito. L'occasione per vederlo tutto, con occhi (relativamente) adulti arrivò soltanto oltre una decina d'anni più tardi. Come riporta il sito di Antonio Genna a confermare i miei ricordi difettosi, le repliche di Twin Peaks sono state trasmesse nell'estate del 2002 da Italia 7 Gold, addirittura! All'epoca avevo già Internet, però si viaggiava ancora a 56k, quindi potersi guardare delle serie in streaming era utopia e ci si doveva affidare alla trasmissione tv e al caro vecchio videoregistratore. Quando dico queste cose mi rendo conto di suonare davvero jurassico, ma sono contento di aver vissuto quel periodo. I giovani d'oggi danno per scontato di avere a disposizione tutto qui e subito. Everything now, come cantano gli Arcade Fire. Vogliono vedere un film o una serie? Se lo possono guardare in qualunque momento, in qualunque posto, magari anche mentre sono in treno o in metro, direttamente sul portatile, sul tablet o sullo smart phone. Con Google e Wikipedia possono avere qualsiasi informazione di qualunque tipo. Possono ascoltarsi tutta la musica di tutti i tempi gratis, mentre io risparmiavo tra enormi sofferenze i soldi della mia paghetta per potermi comprare 2 o 3 CD al mese e dovendo scegliere con enorme cura su quali gruppi “investire” il mio denaro. I giovani d'oggi possono avere anche tutto il porno che vogliono! Ma che ne sanno i 2000 di cosa voleva dire farsi le seghe con Baywatch o con i video di Britney Spears e Christina Aguilera? Ma che ne sanno di com'era aspettare che un film arrivasse da Blockbuster? Ma che ne sanno di com'era attendere fino al 2004 che una pellicola cult come Donnie Darko uscita negli Usa nel 2001 giungesse pure nei nostri cinema? Ma che ne sanno di com'era utilizzare un dizionario o un'enciclopedia? Ma che ne sanno i 2000 di che cos'è un'enciclopedia?
Intendiamoci, io non sono uno di quei vecchi nostalgici che rimpiangono il passato. Okay, forse giusto un pochino e soltanto in parte. Non rimpiango però certo un periodo in cui potevi ascoltare solo un numero limitato di dischi, in cui seguire una serie tv completa tra cambi d'orario e di programmazione era una vera e propria esperienza stile survival-horror, in cui se crescevi in una famiglia benestante ti potevi permettere di avere tra gli scaffali una costosa enciclopedia, altrimenti ti dovevi arrangiare e, quando i prof. ti chiedevano di fare una ricerca, o andavi in biblioteca oppure ti beccavi un bel 4. Credo che i tempi in cui viviamo adesso siano più democratici, almeno nei paesi in cui c'è una democrazia o presunta tale. Non posso disprezzare un'epoca in cui tutta la conoscenza del mondo è disponibile a tutti in maniera gratuita, o comunque al prezzo di un abbonamento Internet con TIM o Vodafone o Fastweb o rivali vari. Questo pur con tutti i rischi e gli effetti collaterali annessi che ciò comporta. La conoscenza è potere e ora quel potere è a portata di (quasi) tutti, e non solo di pochi fortunati.
Dicevo comunque che sono contento di aver conosciuto anche l'epoca pre-Internet. Dovesse esserci un blackout elettrico, tipo quello ipotizzato dalla pessima serie tv Revolution, forse io riuscirei a sopravvivere. La stessa cosa non posso dirla dei 2000 che senza uno smart phone tra le mani si troverebbero del tutto (s)perduti. L'aver vissuto un prima mi consente inoltre di apprezzare di più il dopo, ovvero quello che si può fare adesso con le nuove tecnologie.
Questo post comunque non doveva parlare di Twin Peaks?
Sì, certo. Se però David Lynch può fare una terza stagione di 18 episodi di Twin Peaks in cui per la maggior parte del tempo del vecchio Twin Peaks c'è giusto l'ombra, non posso fare anch'io un post su Twin Peaks che parla solo in parte di Twin Peaks?
Volete che parli della stagione 3 di Twin Peaks, su cui ancora non mi sono ancora mai espresso? Ho aspettato a farlo perché non volevo sbilanciarmi prima di vedere il progetto di Lynch al completo. Adesso però che la season è finita, quel momento tanto atteso e tanto temuto è arrivato. E quindi parliamone, finalmente, di Twin Peaks 3, nelle successive parti di questo delirante post.
PARTE 2 (senza spoiler)
Non avevo mai scritto di Twin Peaks fino ad ora, né su questo blog né altrove, se non molto brevemente. Incredibile, ma vero. Come mai?
Il primo motivo è il fatto che io preferisco scrivere di ciò che NON mi piace, rispetto a qualcosa che amo in una maniera così profonda. È questione di ansia da prestazione, proprio come per il sesso. Se lo fai con una persona a cui tieni, è più difficile, c'è una maggiore pressione psicologica. Se invece lo fai con una persona di cui non ti importa granché, se anche va male pazienza, ti rifarai alla prossima occasione. Lo stesso vale per i post, gli articoli e le recensioni. Ti esce un pezzo da schifo su un film che ti ha fatto schifo? Amen. Non sei riuscito a rendere la bellezza di una pellicola che hai adorato con tutto te stesso? In quel caso sì che ti rode il culo.
Il secondo motivo è che è un fottuto casino parlare di qualcosa di sfuggente, assurdo e spesso volentieri privo di un senso logico ben definito come Twin Peaks, o i lavori di David Lynch in generale. Alle altre due influenze culturali principali della mia vita, ovvero Quentin Tarantino e Bret Easton Ellis, ho dedicato le mie due tesi di laurea, quella della triennale al primo e quella della specialistica al secondo. Ciò la dice lunga sul mio livello culturale, ma questo è un altro discorso. Com'è che ho scelto loro e non il Lynch? Il fatto è che, pur amandoli e temendo quindi di non riuscire a essere alla loro altezza, li capisco abbastanza bene da poter decifrare le loro opere, o se non altro abbastanza da averci provato. Con David Lynch invece non ci provo nemmeno. Anche se, come raccontato nella Parte 1 di questo post, Twin Peaks ha fatto e fa tutt'ora parte della mia vita come forse nessun'altra opera di fiction, risulta comunque materia di difficile, di impossibile comprensione e analisi. Twin Peaks è follia pura e come fai a parlare di follia a della gente (presumibilmente) sana di mente?
È come cercare di spiegare la regola del fuorigioco a una donna...
Buuuh, sono caduto nello stereotipo sessista. Che autogol!
Mi correggo: è come cercare di spiegare la regola del fuorigioco a una persona a cui non frega un tubo secco del calcio. O come cercare di spiegare a me le regole del baseball. Non le conosco e non voglio neanche conoscerle. Se provate a spiegarmele, mi entreranno da un orecchio per uscire immediatamente dall'altro. Se siete fortunati. Se siete sfortunati, potrei prendere una mazza da baseball e utilizzarla contro di voi in una maniera che, ne sono sicuro pur non conoscendole, andrebbe contro tutte le regole di questo sport.
Twin Peaks è, o almeno era, la storia di Laura Palmer. Del ritrovamento del suo cadavere nella (apparentemente) normale cittadina montanara di Twin Peaks in uno degli inizi più raggelanti di una serie tv di ogni tempo. Delle successive indagini, sia più tradizionali che meno tradizionali, attraverso anche l'utilizzo di sogni e segni paranormali, da parte dell'agente dell'FBI Dale Cooper per cercare di fare luce sulla sua morte. Di tutte le persone della cittadina in qualche modo coinvolte nella sua scomparsa, tra cui i molti freak e personaggi strambi che la popolano. Chi di loro ha ucciso la misteriosa Laura Palmer?
La vera domanda però è: ma quand'è che Pensieri Cannibali comincia a parlare per davvero della terza stagione di Twin Peaks?
Okay, okay, adesso lo faccio. Promesso.
PARTE 3 (iniziano gli spoiler)
Della terza stagione di Twin Peaks c'è chi ha detto che si tratta di Arte, non di una semplice serie tv. Cosa dico io?
Io dico che, se volevo vedere dell'Arte, andavo al Louvre. Da spettatore semplice quale sono, dal ritorno di Twin Peaks mi sarei accontentato anche solamente di una serie tv. Visto però che a David Lynch le cose semplici non piacciono, questi nuovi episodi si sono rivelati qualcosa di imprevedibile e assurdo persino per i suoi standard. Questa è una cosa che ho molto apprezzato. Io amo le sorprese. Sono sempre un gran merito. Bravo David!
Solo perché un regista riesce ancora a stupire, e all'età di 70 anni suonati mica è una cosa facile, si vedano Autori come Terrence Malick e Woody Allen che continuano a replicare sempre lo stesso film, ciò non significa però automaticamente che abbia realizzato un nuovo Capolavoro. E solo perché una cosa è assurda e lontana da qualsiasi altra cosa si sia vista sul piccolo schermo, non significa per forza sia geniale. Il confine tra genio e follia è molto sottile, mai come in questo caso, e in più di un passaggio nel corso di questa season sono stato davvero preoccupato per la salute di Lynch. Le stramberie sono il suo marchio di fabbrica, è vero, ma qui in diverse occasioni mi è sembrato oltrepassare la soglia, quella che va dalla sua abituale genialità al disturbo mentale puro.
Solo perché un regista riesce ancora a stupire, e all'età di 70 anni suonati mica è una cosa facile, si vedano Autori come Terrence Malick e Woody Allen che continuano a replicare sempre lo stesso film, ciò non significa però automaticamente che abbia realizzato un nuovo Capolavoro. E solo perché una cosa è assurda e lontana da qualsiasi altra cosa si sia vista sul piccolo schermo, non significa per forza sia geniale. Il confine tra genio e follia è molto sottile, mai come in questo caso, e in più di un passaggio nel corso di questa season sono stato davvero preoccupato per la salute di Lynch. Le stramberie sono il suo marchio di fabbrica, è vero, ma qui in diverse occasioni mi è sembrato oltrepassare la soglia, quella che va dalla sua abituale genialità al disturbo mentale puro.
La stagione 3 di Twin Peaks mostra un David Lynch creativamente molto vitale, persino troppo. Pare quasi che abbia voluto mettere al suo interno ogni singola idea, ogni singolo sogno, ogni singolo incubo che gli è passato per la mente negli oltre 10 anni che sono passati dal suo ultimo film, Inland Empire del 2006. Una schizofrenia creativa cui manca un elemento fondamentale, quello in grado di trasformare la prima stagione di Twin Peaks in un autentico fenomeno della pop culture mondiale: la comunicazione. Anche allora la serie riusciva a essere qualcosa di mai visto prima, in grado di scardinare ogni regola della serialità televisiva per come era concepita fino a quel momento, come adesso, ma aveva l'ulteriore pregio di farlo dall'interno del sistema. Era un thriller condito da elementi di soap opera che raccontava una storia, per quanto in una maniera allucinata, con un mistero da risolvere che teneva incollati allo schermo puntata dopo puntata. Twin Peaks riusciva a coinvolgere e allo stesso tempo a inquietare in una maniera che non aveva precedenti. Pur avendo uno stile e dei personaggi surreali, rifletteva le angosce e i timori di ogni città, di ogni famiglia, di ogni comunità. Era surreale, ma la paura che trasmetteva era dannatamente reale.
Nonostante una scena costruita con un grande senso della tensione come quella più cronenberghiana che lynchiana posta nella prima parte del primo episodio e qualche momento di violenza estrema e splatter, i primi 16 episodi della stagione 3 di Twin Peaks non mi hanno fatto granché paura. Non mi hanno provato quell'angoscia strisciante che in passato era un elemento essenziale della visione.
Twin Peaks 3 fondamentalmente è una comedy. I siparietti comici erano presenti anche un tempo, ma Lynch non è mai stato così ironico come ora. Si vede che lui a scrivere, girare e pure recitare questi episodi si è divertito un mondo, e devo dire anch'io. Con molte sequenze ho riso, ho riso parecchio con questo Twin Peaks, come mai mi sarei aspettato di fare. Bene, benissimo.
Dove sono finiti però i brividi? Persino le scene più violente sono così esagerate da risultare comiche. Che fine hanno fatto poi le musiche di Angelo Badalamenti, quelle fondamentali per rendere l'atmosfera di Twin Peaks e ora utilizzate solo ogni tanto?
Soprattutto: che fine ha fatto Twin Peaks, intendo la città?
Gran parte del nuovo Twin Peaks è ambientato... fuori da Twin Peaks. A questo punto in molti hanno detto che i nuovi episodi sono destinati più ai fan del cinema di David Lynch che non della serie. Perché allora usare il “brand” Twin Peaks? Perché usare come apertura l'iconico tema di Badalamenti, con tanto di immagine/santino di Laura Palmer in bella mostra, se poi questa “cosa” non è davvero Twin Peaks?
Il problema del nuovo Twin Peaks può sembrare paradossale e quindi in questo è perfettamente in linea con quanto mostrato dagli episodi. Il problema del nuovo Twin Peaks è che c'è troppo David Lynch.
Un Lynch al limite, e forse oltre, dell'incomunicabilità. Un Lynch che ha fatto la sua cosa con una libertà totale e illimitata, ma che forse avrebbe avuto bisogno di una mediazione, di qualcuno che lo frenasse un minimo e che incanalasse la sua "deliranza" creativa all'interno di un prodotto in grado di parlare alla gente. Questo non avrebbe significato per forza svendersi o sputtanarsi. Avrebbe significato solo realizzare ancora una serie tv destinata al grande pubblico, com'era il primo Twin Peaks, quello capace di avere negli Usa 34,6 milioni di spettatori con il pilot e una media di 18,3 milioni di spettatori per tutta la prima memorabile stagione. Quello capace di conquistare il Telegatto 1991 di miglior telefilm straniero!
Monica Bellucci consegna il Telegatto a Sheryl Lee e Michael Ontkean. Soltanto un caso? |
Qualcosa di simile succedeva, quello stesso anno, quello in cui il mondo aveva cominciato per una volta a girare per il verso giusto, a un altro uomo in costante bilico tra genio e follia: Kurt Cobain. L'album Nevermind dei Nirvana è un Capolavoro per le sue composizioni e per il suo talento, certo, ma anche perché il produttore Butch Vig è riuscito a fargli registrare un disco pop, o comunque relativamente pop, con canzoni in grado di parlare a milioni di persone, in grado di riflettere il disagio esistenziale di un uomo e renderlo la voce di un'intera generazione. Tutta questione di comunicazione. Fosse stato solo per Kurt, lui magari avrebbe fatto un disco con un'ora di chitarre distorte, grida e rumori, e la sua Arte probabilmente sarebbe risultata più pura, ma allo stesso tempo sarebbe arrivata a un numero molto inferiore di persone. Non fosse stato per la produzione di Butch Vig, e per il missaggio di Andy Wallace, a questo ora può darsi che Cobain sarebbe mezzo sconosciuto e – chissà? – magari sarebbe ancora vivo e suonerebbe al The Bang Bang Bar, però non avremmo una pietra miliare del rock come Nevermind.
Twin Peaks 3 per gran parte è come sarebbe un disco di Kurt Cobain autoprodotto. È David Lynch allo stato brado. È un David Lynch che fa quel cazzo che gli pare e che sembra però dimenticare di fare una serie. Sembra dimenticare di cosa Twin Peaks era e pare ricordarsene solo ogni tanto. Come quando illude che Becky (Amanda Seyfried) possa essere la nuova Laura Palmer e il disturbato Richard Horne (Eamon Farren, giovane attore da tenere d'occhio) possa essere un incrocio tra Leo Johnson e Bobby Briggs. Le vicende delle new entry restano però abbozzate, sospese, e, proprio quando sembrano ingranare, spariscono nel nulla. Le loro scene paiono dei teaser trailer di un qualcosa che non vedremo mai.
Alcuni dei momenti più riusciti e toccanti delle nuove puntate sono quelli che richiamano quelle vecchie. L'effetto nostalgia non fallisce mai. Le scene di maggiore impatto emotivo sono quelle in cui finalmente Lynch ci fa rivedere i vecchi volti, quelli cui eravamo così tanto affezionati e dai quali eravamo così tanto spaventati, inevitabilmente invecchiati. Alcuni benino, altri molto meno.
Alcuni dei momenti più riusciti e toccanti delle nuove puntate sono quelli che richiamano quelle vecchie. L'effetto nostalgia non fallisce mai. Le scene di maggiore impatto emotivo sono quelle in cui finalmente Lynch ci fa rivedere i vecchi volti, quelli cui eravamo così tanto affezionati e dai quali eravamo così tanto spaventati, inevitabilmente invecchiati. Alcuni benino, altri molto meno.
Tra quelli invecchiati meglio metto Mädchen Amick (Shelly Briggs ex Shelly Johnson), diventata una MILF con i fiocchi, anche se a livello recitativo risulta piuttosto discutibile, soprattutto al fianco di una Amanda Seyfried in allucinato stato di grazia e che dimostra come, se diretta da un regista come si deve, possa essere un'attrice pazzesca.
Secondo molti è invecchiato in maniera atroce, ma secondo me invece è sempre un figo pazzesco James Marshall (James Hurley). “James is still cool. He's always been cool” dice Shelly nella scena (per me) più poetica della nuova stagione, sulle note della stupenda “Shadow” dei Chromatics.
Secondo molti è invecchiato in maniera atroce, ma secondo me invece è sempre un figo pazzesco James Marshall (James Hurley). “James is still cool. He's always been cool” dice Shelly nella scena (per me) più poetica della nuova stagione, sulle note della stupenda “Shadow” dei Chromatics.
Invecchiato fisicamente maluccio Dana Ashbrook (Bobby Briggs), però fa sempre piacere rivedere quella sua faccia da schiaffi, sebbene il suo caschetto moro sia sbiancato come succedeva a Leland Palmer dopo la morte della figlia. Niente male anche l'evoluzione del suo personaggio, un tempo rebel rebel latin lover della cittadina più inquietante del mondo e oggi ironicamente diventato un rassicurante sbirro, cornuto e mazziato da una Shelly che zoccola era e zoccola è rimasta.
Fa piacere, ma soprattutto fa terrore, rivedere Grace Zabriskie (Sarah Palmer). Come va la vita per una donna che ha vissuto una simile tragedia personale?
Io è semplicemente questo che volevo dal nuovo Twin Peaks. Avrei invece fatto anche a meno di molte seghe mentali di Lynch. Mentali, e non solo. Ad esempio l'apparizione di Berenice Marlohe, che pure ho trovato divertentissima, cosa ha a che fare con Twin Peaks?
Un bel niente, ecco cosa. È solo la rappresentazione di un sogno erotico di David Lynch. E tutto lo spazio regalato all'agente Tamara “Tammy” Preston è dovuto unicamente al fatto che il regista è innamorato perso di Chrysta Bell, sua nuova musa con cui ha pure inciso alcuni dischi. Né come attrice né come cantante mi sembra abbia un talento pazzesco, però al cuore non si comanda e Lynch per questa tipa ha chiaramente perso la testa. E quando perde la testa uno come Lynch, l'umanità può cominciare a tremare.
Interessante anche lo spazio ritagliatosi da Norma (Peggy Lipton), la proprietaria della leggendaria tavola calda RR Diner, che un imprenditore sta trasformando in una catena in franchise su tutto il territorio nazionale, con una sottotrama che ricorda la storia di The Founder e della diffusione del McDonald's. The times they are a-changin' anche a Twin Peaks. Stringe poi sempre il cuore vedere l'eterno amore di Ed Hurley (Everett McGill) nei suoi confronti.
La storia tra Nadine Hurley (Wendy Robie) e il Dr. Jacoby (Russ Tamblyn) sembra invece uscita da una versione di Uomini e donne della terza età... pardon Uomini e donne – Over. Diciamo anche che tutta la sottotrama legata al Dr. Jacoby in generale meriterebbe di essere seppellita con una delle sue pale spalamerda.
La storia tra Nadine Hurley (Wendy Robie) e il Dr. Jacoby (Russ Tamblyn) sembra invece uscita da una versione di Uomini e donne della terza età... pardon Uomini e donne – Over. Diciamo anche che tutta la sottotrama legata al Dr. Jacoby in generale meriterebbe di essere seppellita con una delle sue pale spalamerda.
Invecchiata purtroppo malissimo Sherilyn Fenn, un tempo bomba sexy, ora bomba e basta.
Pessima poi l'evoluzione, o meglio l'involuzione del suo personaggio, l'adorabile Audrey Horne, la ragazza di cui negli anni '90 ci siamo tutti innamorati, Dale Cooper a rischio pedofilia compreso. Quella creatura incantevole che ballava sulle note della “Audrey's Dance” ora si è trasformata in una signora inacidita sposata con un nano che sembra Maurizio Costanzo. In pratica è diventata un incrocio tra Maria de Filippi e Tina Cipollari (si vedano in proposito le spassose pagelle di Twin Peaks create da Babol e Alessandra sul blog Il Bollalmanacco di Cinema). Il finale della sua story-line, sulle note della recuperata "Audrey's Dance", lascia però aperte molte possibilità. Peccato solo che Lynch si sia dimenticato, o abbia perfidamente fatto finta di dimenticarsi, di svilupparle.
Pessima poi l'evoluzione, o meglio l'involuzione del suo personaggio, l'adorabile Audrey Horne, la ragazza di cui negli anni '90 ci siamo tutti innamorati, Dale Cooper a rischio pedofilia compreso. Quella creatura incantevole che ballava sulle note della “Audrey's Dance” ora si è trasformata in una signora inacidita sposata con un nano che sembra Maurizio Costanzo. In pratica è diventata un incrocio tra Maria de Filippi e Tina Cipollari (si vedano in proposito le spassose pagelle di Twin Peaks create da Babol e Alessandra sul blog Il Bollalmanacco di Cinema). Il finale della sua story-line, sulle note della recuperata "Audrey's Dance", lascia però aperte molte possibilità. Peccato solo che Lynch si sia dimenticato, o abbia perfidamente fatto finta di dimenticarsi, di svilupparle.
Ci sono stati poi un sacco di personaggi, vecchi e soprattutto nuovi, inutili e messi lì dentro abbastanza a caso. Manca invece Donna Hayward (Lara Flynn Boyle), uno dei personaggi più importanti delle prime due stagioni, una che in tanti hanno odiato (a quanto pare lo stesso Lynch), ma di cui io invece ero follemente innamorato.
Cioè, è stata rispolverata persino Gersten Hayward (Alicia Witt), la sorella minore di Donna che suonava il piano per Leland, e non lei? David Lynch, are you fucking kidding me???
Cioè, è stata rispolverata persino Gersten Hayward (Alicia Witt), la sorella minore di Donna che suonava il piano per Leland, e non lei? David Lynch, are you fucking kidding me???
E quindi, dopo aver detto tutto questo, il nuovo Twin Peaks non mi è piaciuto?
Ehm. Non esattamente...
PARTE 4 (spoiler in dosi massicce)
Twin Peaks – Il ritorno non ha rispettato le mie aspettative. Mi ha fatto incazzare. È stato frustrante vedere alcuni episodi. A volte è stato pure noioso. A tratti ho odiato David Lynch. Però...
L'amore è una brutta bestia. Più una persona ti tratta male, più ti respinge, e più non puoi fare a meno di restarne attratto. L'amore per Lynch è sicuramente di tipo masochistico. "You got a fetish for my love, I push you out and you come right back", come canta Selena Gomez. È quello che più ti fa soffrire, ma “the heart wants what it wants”, come canta sempre Selena Gomez in un altro pezzo. In mezzo a tanta sofferenza, a tanti episodi incasinati, a tanti momenti incomprensibili persino per le logiche della cinematografia del regista, c'è stato spazio anche per tanta bellezza. C'è stato spazio per lampi di genio. Per personaggi fantastici. Per una creatività straripante, persino troppo senza freni. Per deliri visivi ricchi di fascino, sebbene magari non ricchi di senso. Sono scese pure alcune lacrime, soprattutto quando sono partite le musiche storiche composte da Angelo Badalamenti, usate da quel sadico di Lynch con troppa parsimonia. O durante la toccante scena della morte della Signora Ceppo.
Ci sono state anche risate, tante risate. Twin Peaks 3 a sorpresa come detto è stata perlopiù una clamorosa serie comedy, attraversata da un umorismo surreale, ma anche molto fisico, da cinema muto.
Senza dimenticare qualche scena degna dei Simpson (Dougie che si prende la palla da baseball in testa) e persino di un qualche film dei Vanzina. La scena di sesso di Dougie con Janey-E cos'altro è se non la versione lynchiana di una pellicola con De Sica? Christian, non Vittorio.
Per non parlare degli effetti speciali trash che fanno rimpiangere Sharknado, talmente assurdi da risultare anch'essi comici.
Il bello di Lynch è pure questo: saper unire il basso all'alto, i siparietti kitsch e comici con i riferimenti alla pittura di Francis Bacon, alla letteratura di Franz Kafka, alle opere surrealiste di Luis Buñuel e Salvador Dalí e al cinema fantastico delle origini di Georges Méliès. Una dote che ha in comune con Quentin Tarantino, altro riferimento evidente di questa stagione, si vedano la scena della sparatoria alla tavola calda e soprattutto i personaggi di Chantal e Gary “Hutch” Hutchens interpretati da Jennifer Jason Leigh e Tim Roth. Talmente taratiniani che sembrano usciti da un sogno di Tarantino.
E se fosse davvero così? Ogni personaggio, ogni situazione di questo nuovo Twin Peaks è il sogno fatto da qualcuno di diverso. Non è un sogno unico, è un sogno multiplo. Il finale del sedicesimo episodio ad esempio ci rivela che quello era il sogno di Audrey. La scena in cui Sarah Palmer in versione cannibale si magna letteralmente il tipo che ha cercato di rimorchiarla è chiaramente un suo sogno. Non tanto per la parte cannibale, ma perché a chi altri sano di mente verrebbe in mente di rimorchiarla?
O ancora la scena nella 17esima puntata del trionfo del Bene sul Male, in cui a sognare a occhi aperti sembra essere il redivivo Dale Cooper.
Come chiede Monica Bellucci con il suo stile di recitazione del tutto surreale, più che surrealista, nella frase forse chiave per interpretare l'intera serie: “Siamo come il sognatore che sogna e poi vive all'interno del sogno. Ma chi è il sognatore?”.
Senza dimenticare qualche scena degna dei Simpson (Dougie che si prende la palla da baseball in testa) e persino di un qualche film dei Vanzina. La scena di sesso di Dougie con Janey-E cos'altro è se non la versione lynchiana di una pellicola con De Sica? Christian, non Vittorio.
Per non parlare degli effetti speciali trash che fanno rimpiangere Sharknado, talmente assurdi da risultare anch'essi comici.
Il bello di Lynch è pure questo: saper unire il basso all'alto, i siparietti kitsch e comici con i riferimenti alla pittura di Francis Bacon, alla letteratura di Franz Kafka, alle opere surrealiste di Luis Buñuel e Salvador Dalí e al cinema fantastico delle origini di Georges Méliès. Una dote che ha in comune con Quentin Tarantino, altro riferimento evidente di questa stagione, si vedano la scena della sparatoria alla tavola calda e soprattutto i personaggi di Chantal e Gary “Hutch” Hutchens interpretati da Jennifer Jason Leigh e Tim Roth. Talmente taratiniani che sembrano usciti da un sogno di Tarantino.
E se fosse davvero così? Ogni personaggio, ogni situazione di questo nuovo Twin Peaks è il sogno fatto da qualcuno di diverso. Non è un sogno unico, è un sogno multiplo. Il finale del sedicesimo episodio ad esempio ci rivela che quello era il sogno di Audrey. La scena in cui Sarah Palmer in versione cannibale si magna letteralmente il tipo che ha cercato di rimorchiarla è chiaramente un suo sogno. Non tanto per la parte cannibale, ma perché a chi altri sano di mente verrebbe in mente di rimorchiarla?
O ancora la scena nella 17esima puntata del trionfo del Bene sul Male, in cui a sognare a occhi aperti sembra essere il redivivo Dale Cooper.
Come chiede Monica Bellucci con il suo stile di recitazione del tutto surreale, più che surrealista, nella frase forse chiave per interpretare l'intera serie: “Siamo come il sognatore che sogna e poi vive all'interno del sogno. Ma chi è il sognatore?”.
Un altro dei pregi principali di Twin Peaks – The Return è stato l'effetto sorpresa. Un Lynch in versione così comica non me lo aspettavo proprio. Un altro pregio sono stati gli ultimi due episodi, capaci di farmi rivalutare anche quanto successo in precedenza. Dopo una stagione che mi ha lasciato alquanto basito basito, suave suavecito, con il finale David Lynch è riuscito a dare un senso a tutto quello che abbiamo visto... Beh, non proprio a tutto. Anzi, quasi a niente.
PARTE QUINTA: IL FINALE (spoiler come se piovesse)
Nel penultimo episodio il Male è stato sconfitto. Lucy, l'esempio dell'ingenuità e dell'innocenza più totali, ha sparato al Cooper cattivo e non è finita qui. Attraverso un viaggio temporale degno di Donnie Darko, Dale Cooper riesce anche a salvare Laura Palmer. Tutto è bene quel che finisce bene. O almeno così sembra.
Con l'ultimo bastardissimo episodio della stagione, e chissà magari questa volta per davvero anche dell'intera serie, Lynch ha di nuovo ribaltato tutto. Cooper rintraccia Laura Palmer, che è viva, ormai è una signora di mezza età e di nome ora fa Carrie Page. La sua vita però non sembra esattamente perfetta. Nel suo salotto c'è un uomo morto, per dire. Coop la convince a tornare a casa, nella sua Twin Peaks, e a questo punto cosa succede?
Difficile dirlo. Ognuno può interpretare la conclusione di Twin Peaks 3 come vuole. Di certo è difficile anche vederlo come un happy ending, quell'happy ending che nella puntata precedente Lynch ci aveva illuso di aver trovato. David Lynch ci lascia con la sensazione di non averci capito niente e allo stesso tempo di essere vicinissimi ad aver compreso tutto. La sensazione che la spiegazione ce l'hai lì sulla punta della lingua, eppure non ti viene fuori. Ci lascia con la sensazione di essere dentro una canzone di Vasco che canta: “Voglio trovare un senso a tante cose, anche se tante cose un senso non ce l'ha”.
"Hai davvero citato una mia canzone parlando di Twin Peaks? Cannibal, te stai più fuori di Lynch. E di me." |
Nel finale, secondo alcuni Cooper e Laura Palmer sono finiti dentro un sogno. Secondo me è l'esatto contrario. Quello che abbiamo visto fino a quel punto è stato un sogno. Più che un sogno, una dimensione fiction della realtà, piena di spiriti, elementi soprannaturali, personaggi e situazioni esagerate e inverosimili. Un sogno multiplo. Un sogno collettivo. Che poi cos'altro è il cinema, se non proprio un sogno collettivo? E cosa c'è alla fine di ogni sogno, o di ogni incubo come sarebbe più consono definirlo in questo caso?
C'è il risveglio. C'è la realtà. C'è una casa in quel di Twin Peaks a cui Cooper e Laura Palmer vanno a bussare e ad aprire c'è la vera proprietaria. La signora che vive per davvero in quella casa, nel mondo reale intendo, nella vera Twin Peaks, una certa Mary Reber nei panni di Alice Tremond. David Lynch è uscito dal suo cinema, dalla sua serie, dalla sua arte ed è finito nella realtà, ha sfondato la quarta parete.
Una realtà che non è proprio reale-reale, visto ad esempio che la vera padrona di casa Mary Reber interpreta comunque pur sempre una parte, quella di Alice Tremond. È una realtà in cui Laura Palmer è ancora viva, ma non si è certo liberata dei suoi demoni, come quell'agghiacciante grido finale testimonia. Non so cosa Lynch abbia voluto dirci con quella scena. Forse che persone come Laura Palmer non possono essere salvate in nessun caso. Il Male tornerà a fare comunque capolino nelle loro vite, ma ciò non toglie che persone come Dale Cooper ci proveranno sempre, in tutti i modi, in tutti i luoghi, in tutti i laghi, in tutto il mondo, in tutte le dimensioni a salvarle. Perché Twin Peaks non è un posto preciso nel tempo e nello spazio. Twin Peaks è uno stato mentale.
Dopo una stagione più comedy che altro, con quella sequenza finale David Lynch è tornato a darmi i brividi, come 25 e passa anni fa. Dentro quel grido c'è tutta l'Arte di Lynch. Perché, anche se io mi sarei accontentato di una semplice serie tv, Twin Peaks 3 è Arte allo stato puro che si mescola alla vita e alla morte. Dentro questi 18 imperfetti strabordanti episodi, David Lynch ha messo dentro tutto sé stesso e pure di più. Ha persino riportato in vita i morti, come fatto con Frank Silva/BOB e David Bowie.
Alla fine resta però una domanda. A dire il vero ne restano almeno un migliaio, ma soprattutto una: nell'ultima scena, cos'avrà mai fatto lanciare alla scream queen Laura Palmer quell'urlo assurdo?
Si sarà forse resa conto, proprio come noi spettatori, che dovremo continuare a vivere le nostre vite chiedendoci per sempre, e senza mai avere una risposta, quale diavolo è il senso di tutto ciò che abbiamo visto?
La mia spiegazione personale e – lo ammetto – anche un filo maschilista, del finale di Twin Peaks tuttavia è un'altra, la seguente: con le donne puoi provarle di tutte, puoi persino salvare loro la vita, ma troveranno sempre e comunque un motivo per lamentarsi.
(voto alla stagione uno: 10/10
voto alla stagione due: 6,5/10
voto alla stagione tre: 8-/10
voto al finale: 10/10 e tutti a casa, a casa Palmer intendo)
APPENDICE: CLASSIFICHE CONCLUSIVE
Personaggi top della stagione
10. Gordon Cole (David Lynch)
Grande, ma alla lunga un po' logorroico.
9. Evil Cooper (Kyle MacLachlan)
Il Male supremo. Persino troppo cattivo per essere vero.
E infatti chi lo dice che in Twin Peaks ci sia qualcosa di vero?
8. Diane Evans (Laura Dern)
La regina dei colpi di scena e dell'imprevedibilità, e in questo è lo specchio perfetto dell'intera sorprendente stagione.
7. Wally "Brando" Brennan (Michael Cera)
In una stagione ricca di momenti WTF, uno dei più WTF e divertenti tra tutti è stata l'apparizione di Michael Cera in versione Brando.
6. Rebecca “Becky” Burnett (Amanda Seyfried)
La nuova Laura Palmer, in teoria.
In pratica il suo personaggio non è stato sviluppato granché, ma i pochi momenti in cui appare sono memorabili.
5. Sarah Palmer (Grace Zabriskie)
In mezzo a tanti siparietti comedy, le sue apparizioni sono state horror puro. Inquietante come un tempo, più di un tempo.
4. Dale Cooper (Kyle MacLachlan)
Esilarante Dougie, spaventoso Evil Cooper, però è stato un vero piacere ritrovare Kyle MacLachlan nella parte del caro vecchio Dale Cooper che conoscevamo.
3. Janey-E Jones (Naomi Watts)
Naomi Watts quando lavora con Lynch dà sempre il suo massimo, complice l'irresistibile ruolo della determinata moglie di Dougie.
2. La cameriera Candie (Ami Shiels)
Dico solo: fantastica!
1. Dougie (Kyle MacLachlan)
L'invenzione più incredibile della stagione. Lynch decide di mettere il protagonista della serie in panchina per quasi tutti gli episodi, per far giocare al suo posto una sua versione un po' più "lenta". E si è rivelata una mossa vincente.
Personaggi flop della stagione
5. Sceriffo Frank Truman (Robert Forster)
Niente di personale contro di lui, però aridate Harry Truman!
E' vero che Michael Ontkean si è ritirato dalla recitazione, però Lynch poteva anche sforzarsi un po' di più per convincerlo a ritornare.
4. Audrey Horne (Sherilyn Fenn)
Lynch ci ha fatto sospirare il ritorno di Audrey per 12 episodi e poi... diludendo totale.
3. Dr. Jacoby (Russ Tamblyn)
Con le sue pale spalamerda sa già cosa può farne...
2. Beverly Paige (Ashley Judd)
L'inutilità fatta personaggio.
1. Gersten Hayward (Alicia Witt) e Steven Burnett (Caleb Landry Jones)
Ma perché esistono?
Esibizioni musicali top al The Bang Bang Bar
7. Lissie
6. The Veils
5. Nine Inch Nails
4. Sharon Van Etten
3. Au Revoir Simone
2. James Marshall
1. Chromatics
Eddie Vedder no, non l'ho messo. Grande artista e tutto, ma la sua ballata acustica per voce e chitarra non mi è sembrata avere troppo a che fare con le sonorità retrò e dark tipiche di Twin Peaks.
Altri artisti che invece mi sarebbe piaciuto vedere sul palco e che avrebbero fatto un figurone al The Bang Bang Bar sono Zola Jesus, The National e Lykke Li. In particolare mi stupisce la mancata presenza di quest'ultima, che con David Lynch nel 2013 aveva realizzato il singolo “I'm Waiting Here”. Sarà per l'eventuale stagione 4, che a questo punto non so se desiderare o temere.
Eccomi, letto tutto.
RispondiEliminaDifficile anche commentare: ho molto apprezzato le tue digressioni sul passato (abbiamo un'infanzia twinpeaksiana similare: credo che anche per me il vero horror sia iniziato così, col top del top, e poi segue il resto).
Quanto alla serie, per ora sto svuotando il cervello e a breve farò il rewatch.
A me è piaciuta un casino (anche io do assolutamente 10/10 al finale) e anche io devo capire il perché antinarrativo di quelle trame lasciate in sospeso.
Moz-
Infatti io Twin Peaks non l'ho finita da bambina, mia madre mi aveva impedito di guardarlo proprio per colpa degli incubi che mi causava BOB (dobbiamo quindi ringraziarlo?) e l'ho recuperata interamente su Italia 7 nel lontano 2002, tra bestemmie e antenne che non funzionavano XD
RispondiEliminaDel finale... che dire. Le trame sospese mi hanno lasciato l'amaro in bocca, soprattutto quella di Audrey, ma per quel che riguarda Dale (o Richard?) e Laura non posso fare altro che chinare il capo e accettare le scelte di David.
Grazie per la citazione!! :)
non avendo visto l'ultima serie mi sono rifiutata di leggerti... ed ho fatto fatica perché ultimamente un po' ti lovvo, e leggerti è tra le mie cose preferite
RispondiEliminaLe prime due parti del post però puoi leggerle tranquillamente, visto che non parlano della nuova stagione e non contengono spoiler. ;)
EliminaSono arrivato all'episodio sei e quindi non mi pronuncio, ma considerato che Bob è stato anche il mio spauracchio per eccellenza, escluso il mitico Dougie, penso che Twin Peaks si sarebbe meritato qualcosa di più. Almeno per ora.
RispondiEliminaOra che ho finito di vederla e che soprattutto ne ho scritto, posso leggerti.
RispondiEliminaRisposte non ne hai neanche tu, ma siamo in sintonia su ipotesi e soprattutto sull'influenza di questa serie nella vita vera... anche se i miei per terrorizzarmi mi facevano vedere X-Files alla domenica sera, per Twin Peaks ero decisamente troppo piccola.
Insomma, ottimo post, anche se ti remo contro: quanto è invecchiato male James, quanto è invecchiato bene Bobby ;)
Io di anni ne avevo 10 quando era iniziata e 11 quando era finita... Che dire, BOB mi faceva paura così tanto da non riuscire a guardare il trailer alla TV! L'ho recuperata su Rai 3 e anche se di anni ne avevo un bel po' di più, la scena in cui c'era BOB mi faceva venire sempre il magone! Per il resto, anche io devo dire che ho storto il naso per il mancato sviluppo dei personaggi nuovi, ma il resto era così tanta roba che alla fine ho perdonato quel geniaccio di David Lynch! Ci ha fatto fare un viaggio/sogno pazzesco, è riuscito a dimostrare una creatività assurda e ci ha fatto pure distogliere dal binge watching! Che bello aspettare il lunedì una nuova puntata! E per quanto riguarda il finale, secondo me la puntata 17 era un regalo per noi, la 18 era un regalo per lui, facendo finire la serie come voleva lui, senza deludere noi. Un grande insomma!!!
RispondiEliminaBellissimo pezzo, condivido quasi tutto. Chi è il sognatore poi?
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