Steven Spielberg, giri un film intitolato The Post a tematica giornalistica?
E allora ti becchi un Post con una bella rassegna stampa di opinioni sul film.
The Post
Regia: Steven Spielberg
Cast: Tom Hanks, Meryl Streep, Bob Odenkirk, Tracy Letts, Sarah Paulson, Carrie Coon, Alison Brie, Matthew Rhys, Jesse Plemons, David Cross, Zach Woods, Pat Healy
Lucia Patrizi su Il giornale degli zombi
“Io neanche riesco più a esprimere a parole che regista enorme dimostra di essere Spielberg a ogni film, anche in uno apparentemente "piccolo" come The Post.”
Lisa Costa su In Central Times
“Cara Meryl ti scrivo, così mi distraggo un po'.
È facile odiarti, non sopportarti, con quella tua aria da prima della classe, con ogni interpretazione -anche in film non particolarmente memorabili (Into the Woods)- a finire candidata agli Oscar.
È facile con ogni attrice che si rispetti a giudicarti come un faro, come un'icona da eguagliare o da imitare, a cui guardare. Mettici che ultimamente i film che hai fatto non sono certo chissà che (Florence, Suffragette, di nuovo Into the Woods), ed ecco che mi sono dimenticata in fretta del calore che sai emanare, della bravura nella caratterizzazione del tuo personaggio, che siano dita che si muovono, labbra da mordere.
Certo, pure qui esageri un po', e ci si perde più a guardare Meryl che fa Kay, che non a vedere Kay Graham all'opera, alle prese con un ruolo altrettanto difficile, quello di donna-capo, di donna in mezzo a soli uomini, a prendere decisioni editoriali e politiche per cui sì -scusa il francesismo- ci vogliono due palle così.”
Mr. James Ford su Il Ford Quotidiano
Rispetto ad un'opera come L'ora più buia - ascrivibile alla stessa tipologia di prodotti quasi pensati per l'Academy -, l'apporto emozionale di The Post è paragonabile a quello di una lastra di ghiaccio sulla quale organizzare un bel giaciglio di fortuna in una serata d'inverno, non proprio il luogo più piacevole in cui si desidererebbe trascorrere una notte in questo periodo dell'anno: senza, dunque, mettere in discussione l'impianto tecnico e scenico, ho finito per considerare The Post come una sorta di versione molto in minore di pellicole di riferimento come Tutti gli uomini del Presidente, un tentativo fuori tempo massimo di presentare un Cinema "di denuncia" che risulta, però, anacronistico rispetto ai tempi e poco simpatico rispetto a tutto il pubblico nato dopo l'epoca in cui si sono svolti i fatti narrati, e forse perfino a quelli che l'hanno vissuta. […] Per essere un racconto - o un resoconto, considerato che parliamo di reali accadimenti - costruito per esaltare la libertà di espressione, opinione, stampa e pensiero, l'impressione che ho avuto è stata quella di un esercizio di stile controllato e precisino - non nel senso buono -, di quelli che i secchioni della classe portano a termine per compiacere il professore di turno. E questo non è certo combattere il Potere come fecero gli uomini e le donne mostrati in questo film.”
"Tom, ci dobbiamo fidare più del parere del Time o del blog di Mr. Ford." "Mmm, non saprei Meryl, proprio non saprei..." |
Babol su La Gazzetta della Babol
“The Post, l'ultimo film di Steven Spielberg, parte dal ritrovamento e conseguente diffusione di documenti compromettenti ed affermanti quanto sopra, i cosiddetti Pentagon Papers, per analizzare altre questioni spinose, dall'ovvia punta dell'iceberg rappresentata dalla lotta tra stampa e potere fino ad arrivare a toccare temi quali il conflitto d'interesse legato a questioni di amicizia/prestigio e persino il ruolo della donna nei luoghi di potere. Quest'ultimo punto in particolare mi ha colpita, soprattutto perché la questione della parità dei sessi è argomento di grande attualità. [...] Il dramma umano di Kay viene posto su un piano parallelo ma equivalente a quello dell'intera indagine giornalistica e i due aspetti del film lavorano in perfetta sinergia per offrire allo spettatore sia l'emozione di un'inchiesta seria, con echi da spy story e legal drama, sia quella di godersi un interessante racconto di formazione che evidenzia con garbo ma anche decisione la stupida disparità tra i sessi, promulgata spesso dalle stesse donne. Al di là delle tristissime dichiarazioni dei consiglieri di Kay e dell'appassionante monologo di Sarah Paulson, sono proprio gli atteggiamenti remissivi ed indecisi della facoltosa editrice e molti eventi di mero contorno a dare un quadro chiaro del terreno minato in cui erano costrette a muoversi donne potenti come la protagonista, considerate dai più nient'altro che bambine desiderose di fare "le grandi" senza tuttavia esserne in grado”.
Alfonso Maiorino su Il Paragone XIX
“In un film come "The Post", che del dialogo fa il suo fondamento e dalle interpretazioni dei suoi protagonisti cerca di trarre il suo punto di forza, non mi ci sono ritrovato proprio: i dialoghi mi sono sembrati fin troppo verbosi e tirati abbastanza al limite, il ritmo ne risente terribilmente e presto, in un film che dura più di due ore, è sopravvenuta una certa sensazione di noia durante la visione. Insomma saremo pure davanti ad un film in cui il regista mette ancora una volta tutto se stesso, in cui la solita Meryl Streep offre una performance buona - ma sarà stata davvero da Oscar o dite tutti che lo è solo perchè si chiama come si chiama? - e nel quale, però, non ci ho trovato, oltre che un'ottima confezione, un'anima vera e propria.”
Giuseppe Causarano su USA Yesterday, USA Today, USA Tomorrow
Il grande cinema, quello che si costruisce sui punti fondamentali: regia accurata e brillante di Steven Spielberg (con alcuni virtuosismi speciali di zio Steven), che trae il meglio da una sceneggiatura (Liz Hannah e Josh Singer) solida e precisa, con una svolta netta nella seconda parte dove si sfiora la perfezione; e cast sontuoso, con Tom Hanks e Meryl Streep, per la prima volta insieme, in due delle migliori prove della loro folgorante carriera (e pazienza se l'Academy il povero Tom non lo considera più...)”.
"Tom, l'hai pagato tu Giuseppe per scrivere queste cose?" "Io? Pensavo l'avessi fatto tu." |
Il Karda sul Corriere della Celluloide
“La poetica Spielberghiana è pienamente ed abbondantemente rappresentata in questo The Post, film capace di coinvolgere fino ad emozionare lo spettatore pur non essendo di certo un film innovativo, almeno narrativamente parlando (si pensi a Tutti gli Uomini del Presidente, capostipite delle pellicole che trattano l'argomento del giornalismo d'inchiesta), scritto da Liz Hannah e Josh Singer, musicato dall'immancabile John Williams e diretto da Steven Spielberg col preciso obiettivo di sensibilizzare le menti degli spettatori, oltre che istruirli su una pagina di storia fondamentale per la democrazia, la libertà di stampa, di parola e di pensiero”.
"Finora non è male come rassegna stampa." "Aspetta di leggere The Casale Monferrato Post..." |
Cannibal Kid sul The Casale Monferrato Post
Il cinema ha raccontato il mondo del giornalismo in varie occasioni. Il più delle volte, soprattutto nel periodo degli anni '70 con Tutti gli uomini del presidente e affini, cui questo The Post si rifà, tende però a darne una visione troppo idealizzata e mitologica. I giornalisti sono visti come i paladini della libertà di parola e di espressione, i supereroi di turno.
La rappresentazione che preferisco io è invece un'altra, quella messa in scena in Quasi famosi (Almost Famous). Il giovane protagonista in questo caso non è mosso tanto dalla voglia di dire le cose come stanno, smascherare i sotterfugi del Governo, raccontare la Verità suprema ai lettori, bensì da altre due cose, che sono poi quelle che fanno girare il mondo: la musica e la patata. Nel suo caso più specifico: il rock'n'roll e Kate Hudson. Sono queste le cose che lo fanno diventare un giornalista. Sono questi i suoi ideali.
The Post rientra invece nella solita tradizionale categoria delle storione che puntano a enfatizzare alcuni valori fondamentali della società americana. Non la musica e la patata, che sono qui quasi del tutto assenti, a parte una canzone dei Creedence Clearwater Revival suonata all'inizio nel momento Vietnam e una Alison Brie presente per altro in vesti non particolarmente sexy. In The Post si punta sulla libertà di stampa e sul femminismo e tutti a dire che Spielberg ha fatto un film attuale. Ok, ma forse perché questi sono temi evergreen attuali un po' sempre, quindi grazie ar cazzo, Spilby. Ti piace vincere facile, vero?
Così come piace vincere facile a Meryl Streep, che si è beccata per l'occasione la 21esima nomination della sua carriera. Come al solito del tutto inventata dall'Academy, visto che la candidatura come miglior attrice protagonista è un doppio regalo, perché:
1) la Streep qui non è poi nemmeno così protagonista (e questo è uno dei pochi pregi del film)
e
2) la sua interpretazione è tutta maniera e zero emozioni.
"Certo che questo giornale monferrino mi odia proprio. Pazienza, mi consolerò nuotando in mezzo alle mie statuette dorate come Paperon de' Paperoni." |
Come del resto il film in generale. Grande cura a livello tecnico nella realizzazione, ma ben poco cuore. La storia dei Pentagon Papers, documenti top secret pubblicati prima sul The New York Times e poi sul The Washington Post nel 1971, sulla carta (stampata) sarebbe in teoria anche interessante. O almeno lo è per me che sono discretamente appassionato di vicende giornalistiche e pure di politica a stelle e strisce. Solo che è raccontata in maniera molto frammentata, attraverso una miriade di punti di vista e di mini-personaggi che si fanno ombra l'uno con l'altro. Spielberg mette insieme un cast pazzesco, pieno di volti noti soprattutto del piccolo schermo, come Sarah Paulson, Bob Odenkirk, Matthew Rhys, Alison Brie, Carrie Coon e Jesse Plemons, e poi dà loro soltanto degli spazi risicati. Piccoli spazi in cui in pochi istanti gente come Carrie Coon e Alison Brie riesce comunque a brillare più della solita sopravvalutata Meryl Streep, ma andate a spiegarglielo voi a quelli dell'Academy che io ho perso la pazienza.
"Alison, mo' adesso tu reciti meglio di me?!? Ahahah!" "Ma che cazzo te ridi, Meryl?" |
Non è che manchi il ritmo, al film. È solo che è troppo spezzettato. Ogni volta che la vicenda sembra finalmente ingranare la quarta, o diciamo la terza, ecco che passa ad altro e non riesce mai a coinvolgere per davvero. Finendo per annoiare a morte. E lo dico io da appassionato di giornalismo e politica Usa, posso solo immaginare cosa possa provare chi degli argomenti in questione in genere se ne sbatte alla grande...
Di storie di questo tipo inoltre se ne sono già viste molte altre sul grande schermo, l'ultimo caso è stato Il caso Spotlight giusto un paio d'anni fa, e questo “nuovo” The Post non fa altro che portare avanti un cinema vecchio, stanco, moralmente anche apprezzabile, ma tutto sommato freddo, banale e ripetitivo. In una parola “spielberghiano”, termine che è passato dall'essere un complimento al diventare un insulto. Steven Spielberg ai tempi di E.T. l'extra-terrestre faceva sognare. Ora fa solo dormire.
(voto 5/10)
Se danno l'oscar a Meryl mi dimetto da blogger cinefilo (forse c'è più soddisfazione a postare sul gorgonzola)
RispondiEliminaProbabilmente lo daranno Frances Maccomesiscrive. Ma non ho ancora visto LADY BIRD...
Comunque anche qui, nel paese dei cachi, la notte del 4 marzo ci sarà della suspans. Daremo il premio alla Miglior Coalizione, ai migliori effetti comici, alle più solenni trombature... Già assegnato il premio al Miglior Non Protagonista: il conte Gentiloni Silveri che non è protagonista di niente (non ha fatto un Kazzo da ministro degli esteri e continua a non farlo da presidente... eppure qualcuno lo ammira)
Mi manca ancora...
RispondiEliminaGrazie grazie per la citazione e più o meno siamo pure d'accordo devo dire. Quando ho letto il mio nome ho avuto paura citassi la frase in cui parlo di un'inquadratura fissa sulla dentiera di Meryl Streep - mi sono stupito di come l'abbia potuta partorire una frase del genere, ho ancora lo schifo addosso al solo pensiero -. Meno male che non lo hai fatto. Sul film siamo d'accordo, non mi ha convinto, le interpretazioni sono pure buone, ma porcaccia miseria che due palle di film!
RispondiEliminaBelin, addirittura citata nella rassegna stampa, mi sento importanterrima :))
RispondiEliminaDetto ciò, il film mi è piaciuto molto (il GGG mi ha fatto dormire, questo mi ha intrigata fino all'ultimo!) ma invece della nomination alla Streep era meglio darne una alla Chastain, che in Molly's Game è bella e brava come sempre.
Speravo di venir citato.. visto che anche io non ho parlato poi così bene di The Post.. vuoi mettere con Tutti gli uomini del Presidente? Che oltretutto parlava di uno scandalo molto meno appariscente... ;)
RispondiEliminaÈ un onore. Sappilo. Anche se abbiamo idee molto diverse sul film.
RispondiEliminano dai, cinque no è troppo poco...non è poi così malaccio questo film ^_^
RispondiEliminaNon solo mi hanno pagato sia Meryl che Tom, ma mi hanno pure proposto un prestigiosissimo incarico al The Washington Post! :D
RispondiEliminaGrazie per la citazione ;)
In Central Times è un nome bellissimo, molto meglio del mio e perfetto per qualche film o canzone romantica, segnalo.
RispondiEliminaQuanto al film, sai che non concordiamo, sarà classico, didascalico, saran tutti impegnati a ricordarci quanto son bravi, ma sì, faccio parte dei tanti che lo dicono attuale e necessario ;)
Ho apprezzato molto l'articolo, ma ammetto che mi è piaciuto! Il vero giornalismo è al centro di tutto, cosa che molti dovrebbero ricordare.
RispondiEliminaQuesta Merda qui la lascio dove e'.
RispondiEliminaAspetto ready Pl one anche se pure li le aspettative sono poche.
Spielberg ormai è una chiavica
E mi tocca essere d'accordo totalmente con te, e pure trovarmi citato.
RispondiEliminaIl mondo non dev'essere a post se succedono cose simili! :)
questo post è un ennesimo colpo di genio! "usa|yesterday|today|tomorrow", ahahahaa :D
RispondiEliminail Post di Spielberg per ora lo lascio lì dov'è, non sento l'esigenza di vederlo.
magari recupero Almost Famous, non per la patata però ;D