Ci sono persone che di persona non conosci nemmeno, e mai conoscerai, che però lasciano un segno nel tuo immaginario e nella tua vita. Ci sono momenti che in qualche modo la cambiano. Uno di questi per me è stata la prima volta che ho visto il video di Firestarter dei Prodigy.
MTV. Hitlist UK, o qualcosa del genere. Marzo 1996. Al primo posto c'è una new entry. I Prodigy. Un gruppo mai sentito prima. Video in bianco e nero. C'è un pazzo con una felpa a stelle e strisce e due creste sulla testa che si dimena nel tunnel di una metropolitana abbandonata. Dice cose assurde: “I'm a firestarter, twisted firestarter”, “Sono un incendiario, un incendiario svitato”. Oggi probabilmente lo censurerebbero. Non è un buon esempio per i giovani. Nei tempi politically correct in cui viviamo, c'è chi proporrebbe la galera per una frase del genere. Non che ai tempi le polemiche non fossero mancate, ma intanto il brano spopolava nelle classifiche di mezzo mondo e mi lasciava senza parole. Fanculo i benpensanti. Fanculo le canzonette d'amore. “I'm a firestarter, twisted firestarter”. Questo è quello che volevo sentire.
Pensate cosa potesse significare un videoclip del genere per un ragazzino appena 14enne di Casale Monferrato, Italy. Doveva essere ciò che hanno provato nel 1977 quelli che sentivano i Sex Pistols per la prima volta. Sono stato spazzato via da quel video, da quel pezzo. Oltre al testo, era incendiario anche a livello musicale. Una rivoluzione. Per me fino a quel momento la musica dance significa Albertino e il suo Deejay Time, Alexia al Festivalbar, le feste pomeridiane a suon di Robert Miles e Gigi D'Agostino. Un guilty pleasure divertente e tutto, ma in un certo senso una musica difficile da prendere sul serio. Poi sono arrivati i Prodigy ed è cambiato tutto. The Fat of the Land è stato il primo album di musica elettronica che ho comprato. Ho consumato quella musicassettina. Era un disco dalle sonorità techno-big beat, ma era anche la cosa più punk-rock in circolazione. Da allora la mia concezione della musica non è più stata la stessa. Tutto per merito, o per colpa, di quel pazzo con le due creste sulla testa. C'è chi da grande sognava di diventare un vigile del fuoco, io invece sognavo di diventare un firestarter, un twisted firestarter. Proprio come Keith Flint.
Non c'è un unico momento, ma sono diversi i momenti memorabili legati a Luke Perry. Dylan McKay di Beverly Hills 90210, la prima serie TV, il primo telefilm che ho seguito in maniera maniacale. Lui era il nostro James Dean e allo stesso tempo il nostro Fonzie. Il mio modello esistenziale personale era Brandon Walsh (Jason Priestley), l'aspirante giornalista che veniva dallo sfigato Minnesota e si immergeva nella patinata vita glamour di Los Angeles, ma restando sempre un outsider. Un modello esistenziale umanamente quasi raggiungibile, benché fosse pur sempre un milione di volte più cool di me. Dylan McKay invece era il sogno. Il mito. Il modello irraggiungibile. Il bello e dannato stramaledettamente figo in modo assurdo. Quello che, senza sforzarsi nemmeno, faceva impazzire tutte le ragazze, ma anche tutte le donne. Dovevate vedere come lo guardava di nascosto la signora Walsh. Brenda Walsh invece non si è mai più ripresa dalla rottura con lui e ancora adesso la immagino chiusa in cameretta a sentire Losing My Religion dei R.E.M. a ripetizione.
Luke Perry aveva quel fascino così esagerato che portava le tipe a scrivere sul diario frasi del tipo: “Dylan, mi ti farei e ad Aspen... mi ti farò”. Come una giovanissima Cristiana Capotondi in Vacanze di Natale '95.
Questo per quanto riguarda la sua parte da bello. Per quanto riguarda quella da dannato, ci sono un paio di momenti shock che non ho mai superato. Uno è la scena della morte del padre di Dylan. Sale in auto ed esplode. Quando qualche anno dopo ho preso la patente, ogni volta che accendevo la macchina avevo paura di saltare per aria pure io. Ed è ancora così.
Un altro trauma è stato quando Dylan fa un terribile incidente con la sua Porsche, una roba molto alla James Dean, e finisce in coma, ma poi si risveglia. A Luke Perry nella vita reale non è andata allo stesso modo. Ricoverato in seguito a un ictus la scorsa settimana, non ha più ripreso conoscenza ed è morto. La vita non è un telefilm americano, però i telefilm americani possono aiutare a vivere meglio. Alcuni personaggi delle serie, della musica e dello spettacolo in generale possono diventare nostri amici, nostri fratelli maggiori, e, quando se ne vanno, se ne va anche una parte di noi.
Due bei colpi al cuore, due belle botte di nostalgia.
RispondiEliminaPer una questione generazionale conoscevo poco entrambi, purtroppo, ma il colpo l'ho risentito anche io...
RispondiEliminaUn giorno, due pezzi di anni '90, anzi due pezzi da 90 degli anni '90.
RispondiEliminaNon ci posso credere...
Moz-
Come per la Bolla, due colpi al cuore, anche se non troppo fan, anche se non troppo dei Prodigy conoscevo.
RispondiEliminaCome sempre è il giovine a rimanerne colpito che a settembre era andato pure al concerto, trovando un quasi 50enne scatenatissimo sul palco.
Chissà perchè -in realtà lo so- ai belli e dannati dei telefilm ho sempre preferito i timidi/imbranati, per riscoprire solo più avanti la bellezza innegabile di un Pacey o di un Dylan. Ma Beverly Hills era il telefilm di mia mamma, che mi costringeva a registrarglielo mentre era al lavoro, con minuti preziosi persi al gioco, sempre colpa di quel videoregistratore che nessuno sapeva programmare. Sembra la preistoria.
Sai, all'inizio non sapevo chi fosse Prodigy, poi ho ascoltato la canzone famosa ed ho capito, tuttavia mi spiace più per Perry.
RispondiEliminaQuanto mi aveva fatto incazzare Smack my Bitch Up per via del video! All'epoca ero in piena botta per i Beastie Boys, e capisco il trauma di perdere un pezzo del tuo background culturale, della tua adolescenza quando vengono a mancare i tuoi idoli (per me Adam Yauch, per te Flint). Non ero una fan di Beverly Hills, ma Perry lo apprezzerò sempre per Crocevia dell'inferno e ora sono in hype per la sua ultima interpretazione nel film di Tarantino!
RispondiEliminaIo essendo un po' più vecchiotta di voi, non ho vissuto la scomparsa di questi due personaggi allo stesso vostro modo, ma aspetto con raccapriccio il momento in cui spariranno un Simon Le Bon o un Tony Hadley.Lì sarà come perdere uno di famiglia :'(
RispondiEliminaMadonna no, nessuno tocchi Simo LeBon (e soprattutto Nick Rodhes) e soci! Mi sembra che Hadley si faccia chiamare ora Fat Tony. Mettiti a dieta and live long and prosper!
EliminaPezzi del passato di molti di noi che se ne vanno. Anche se non ti piacerà, significa che invecchiamo. ;)
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