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mercoledì 21 ottobre 2015

Riturbo al futuro





Turbo Kid
(Canada, Nuova Zelanda, USA 2015)
Regia: François Simard, Anouk Whissell, Yoann-Karl Whissell
Sceneggiatura: François Simard, Anouk Whissell, Yoann-Karl Whissell
Cast: Munro Chambers, Laurence Leboeuf, Michael Ironside, Edwin Wright, Aaron Jeffery, Edwin Wright, Romano Orzari
Genere: retrofuturistico
Se ti piace guarda anche: Kung Fury, Donnie Darko, Drive, Mad Max, Ritorno al futuro

Bella raga, benvenuti a una nuova puntata di Deejay Television che si preannuncia davvero entusiasmante. Cos'abbiamo in serbo per voi, amici paninari?
Un menù più ricco di quello del Burghy, ecco cosa. Quindi allacciatevi le cinture, o se non le avete allacciatevi i bomber, che si parte.
Tra poco trasmetteremo in anteprima mondiale il nuovo video di Madonna, che abbiamo in esclusiva prima di quelli di Mtv e persino di quelli di Videomusic, pensate un po'. Quindi andremo a scambiare quattro chiacchiere con il collega Jovanotti, fresco reduce dal suo ultimo grande successo: “La mia moto”. Dopodiché andremo a parlare un po' anche di attualità, ma niente di noioso tranqui, con i nostri inviati live from Germany che ci porteranno a spasso per Berlino dopo la caduta del Muro.
Prima però cominciamo a parlarvi di un film: Turbo Kid. Vai col video!

domenica 26 ottobre 2014

SHAILENE WOODLEY PORTA SFIGA PERÒ HA DELLE BELLE TETTE





White Bird in a Blizzard
(USA, Francia 2014)
Regia: Gregg Araki
Sceneggiatura: Gregg Araki
Tratto dal romanzo: White Bird in a Blizzard di Laura Kasischke
Cast: Shailene Woodley, Eva Green, Christopher Meloni, Shiloh Fernandez, Gabourey Sidibe, Mark Indelicato, Thomas Jane, Angela Bassett, Sheryl Lee, Dale Dickey, Jacob Artist
Genere: 80s
Se ti piace guarda anche: Mysterious Skin, Donnie Darko

Ci sono due cose garantite quando ci si appresta a vedere un film/serie tv con Shailene Woodley.
Non mi riferisco alle sue tette. Quelle si possono ammirare soltanto in quest'ultimo White Bird in a Blizzard. Dopo tante parti in cui fa la parte della tipa timorata di Dio, qui finalmente si mostra con le zinne di fuori, per la prima volta, e c'è da dire che ha delle tette proprio belline, né troppo piccole, né troppo grosse. Insomma “Fantastiche, cazzo!” come dice Thomas Jane nella pellicola.
Sono allora altre due le cose garantite quando ci troviamo di fronte a un prodotto con Shailene.
La prima è la sfiga.

domenica 28 settembre 2014

GIÙ LE MANI DALLA MIA FUTURA FIGLIA





Giù le mani da mia figlia!
(USA 1989)
Titolo originale: She's Out of Control
Regia: Stan Dragoti
Sceneggiatura: Seth Winston, Michael J. Nathanson
Cast: Tony Danza, Amy Dolenz, Wallace Shawn, Catherine Hicks, Dana Ashbrook, Matthew Perry
Genere: paninaro
Se ti piace guarda anche: 8 semplici regole... per uscire con mia figlia, Tale padre tale figlio, Licenza di guida

Il titolo del post non tragga in inganno. Lo dico subito prima di alimentare il gossip: no, non sono in dolce attesa... ehm, volevo dire che no, non sto per diventare padre. La visione del film Giù le mani da mia figlia!, recuperato dopo aver letto il post della sempre ottima e divertente Babol, mi ha però fatto chiedere come mi comporterei io se mai un giorno dovessi avere una figlia. Non sarebbe facile.
Credo che, nella vita di un uomo, ci possano essere poche cose peggiori dell'avere una figlia femmina. Non fraintendetemi. Dev'essere una cosa stupenda, per i primi anni. Solo che poi arriverà immancabilmente un giorno in cui la cosa si trasformerà in un incubo. Un giorno? Quale giorno?
Il giorno in cui vorranno trombarvi la figlia.

È proprio quanto capita a Tony Danza, attore italoamericano di recente rivisto in Don Jon, che qui è un padre vedovo con due figlie femmine. La maggiore è una tipa con occhiali da vista e apparecchio ai denti. Una tipa bruttarella, così sembrerebbe. Fino a che arriva il giorno in cui toglie l'apparecchio, va dal parrucchiere, comincia a usare le lenti a contatto e a truccarsi, e si trasforma in un gran bel pezzo di manza. Il giorno più bello nella vita di una giovane fanciulla, il giorno più brutto nella vita di un padre, soprattutto se vedovo.

A questo punto, tutti vogliono farsela, compresi i futuri idoli televisivi Dana Ashbrook di Twin Peaks...


E pure Matthew Perry di Friends...


Cosa può fare il povero Tony Danza con una figlia così?
Mettetevi nei suoi panni. O mettetevi nei panni del padre protagonista della canzone “Rude” dei Magic!, uno dei successi dell'estate. Vi bussa alla porta il cantante di un gruppo pseudo-reggae, quindi un fattone, e vi chiede: “Can I have your daughter for the rest of my life? Say yes, say yes, 'cause I need to know.
A parte il fatto che non siamo nel Medioevo, né negli anni '40 come nel film Si alza il vento di Miyazaki, e quindi difficilmente c'è ancora qualcuno che chiede al padre la mano della figlia. Nel caso però succedesse, voi potete anche essere le persone più gentili del mondo, ma non potrete fare a meno di rispondergli: “You'll never get my blessing till the day I die, tough luck my friend but the answer is no!”.



Nel film Giù le mani da mia figlia non arrivano a chiederla in sposa, però tutti vogliono uscire con la figlia di Tony Danza, che è questa Amy Dolenz, gnocchetta 80s poi sparita nel nulla.




Al disperato Tony Danza non resta che chiedere aiuto a un esperto che sull'argomento del rapporto tra padre-padrone e figlia-zoccola ha scritto un best-seller. Un espertone interpretato da Wallace Shawn, uno dei volti più famigliari del cinema famigliare a stelle e strisce di fine anni '80/primi anni '90.


Raccontato così potrebbe quasi sembrare un thriller-horror e dal punto di vista del padre protagonista lo è anche. In realtà si tratta di una commedia anni '80, troooppo anni '80, molto prevedibile nel suo sviluppo e allo stesso tempo estremamente gradevole. Uno di quei film che hanno addosso il profumo dei ricordi dell'infanzia/adolescenza. Uno di quei film che ti schiaffavi la mattina su Italia 1 quando ti fingevi malato per stare a casa da scuola. Uno di quei film ricchi di difetti (uno su tutti: la presenza dell'insopportabile Catherine Hicks, futura Signora Camden di quella porcheria 90s Settimo cielo) e per certi versi troppo buonista e innocente nella rappresentazione del sesso. 'Sta giovane zoccoletta esce con mezza popolazione maschile e arriva a fine pellicola ancora vergine?
Ma suvvia! È un film di fantascienza?
Eppure, nonostante tutto, Giù le mani da mia figlia! scorre via che è un piacere, più di molte comedy (apparentemente) trasgressive e scorrette di oggi e sui titoli di coda ti fa uscire un nostalgico: “Aaah, non le fanno più le commedie di una volta!”.
(voto 6,5/10)

domenica 14 settembre 2014

WALKING ON SUNSHINE, LA STRONCATURA CANTERINA





Walking on Sunshine
(UK 2014)
Regia: Max Giwa, Dania Pasquini
Sceneggiatura: Joshua St Johnston
Cast: Hannah Arterton, Giulio Berruti, Annabel Scholey, Leona Lewis, Katy Brand, Greg Wise, Giulio Corso, Danny Kirrane
Genere: musicarello
Se ti piace guarda anche: Mamma Mia!, Grease, Glee



Il mio rapporto con i musical è storicamente complicato. Non ho mai retto granché quei film, soprattutto quelli della Disney come Mary Poppins ma non solo, in cui la gente all’improvviso si mette a cantare. Perché lo fa? Perché?
WHYYYYYY?
WHYYYYYY?
Tell me
WHYYYYYY?
WHYYYYYYY?



Non so perché si mettono a cantare. So solo che è una cosa che io non sopporto. Negli ultimi tempi però le cose erano cambiate. Tutto per merito di Moulin Rouge!, una pellicola in grado di rileggere in chiave post-moderna il genere, utilizzando dei classici della musica pop degli ultimi decenni, utilizzati all’interno di un’ambientazione di fine Ottocento.
Da lì in poi il musical non è più stato lo stesso e anche sul piccolo schermo il genere è stato riattualizzato in maniera interessante nelle primissime stagioni di Glee, che poi vabbè è svaccato alla grande, ma nei primi tempi era un prodotto originale.
Walking on Sunshine cancella invece i progressi fatti dal musical negli ultimi anni e torna a riproporlo in maniera vecchia e stanca. Come un Grease molto ma molto più imbruttito. O come una replica anonima di Mamma Mia!
L’operazione di ricontestualizzazione delle canzoni è poi fallimentare. Se in Moulin Rouge! l’uso di pezzi moderni inseriti in un contesto antico è geniale, qui il revival 80s è realizzato in maniera molto stereotipata e superficiale. D’altra parte…
Se la mia pelle è nel 2000
e la tua è ancora anni '80
non sai che non si esce vivi dagli anni '80
non si esce vivi dagli anni '80…



Non si conosce bene il motivo per cui i protagonisti del film d’un tratto di mettano a cantare, però le scelte non sarebbe neanche malaccio, a livello musicale. Certo, si tratta di brani stra famosi e non ci si è sbattuti manco un minimo per cercare qualche chicca meno nota del decennio, ma in ogni caso è sempre un piacere riascoltare brani come “Don’t You Want Me” degli Human League, “White Wedding” di Billy Idol, “Holiday” di Madonna, “Girls Just Wanna Have Fun” di Cyndi Lauper, “The Wild Boys” dei Duran Duran o la frizzante title track “Walking on Sunshine” di Katrina and the Waves.
Peccato che le riletture qui proposte siano degne di Amici di Maria de Filippi mentre la banalissima sceneggiatura e i terrificanti dialoghi hanno lo stesso spessore di un’esterna a Uomini e donne, tanto per restare in tema. L’uso dei brani inoltre è eccessivamente didascalico e letterale. Non c’è spazio per una rielaborazione creativa o un minimo di fantasia. Tutto è troppo scontato e prevedibile, un po’ come se io chiudessi questo post citando l’artista più popolare degli 80s, Michael Jackson.
Se la recitazione è a livelli di poracittudine totale, a livello vocale le cose non vanno molto meglio e l’unica a segnalarsi è la popstar Leona Lewis. Come cantante non mi fa impazzire. A livello sessuale però è una libidine e vederla con indosso la t-shirt “Italians do it better” è uno dei pochi – o dovrei dire l’unico? – motivo per sorbirsi questa porcheria. Peccato che non la facciano cantare
Boys, boys, boys
I'm looking for the good time
Boys, boys, boys
I'm ready for your love



Ah no, mi correggo: Leona non è l’unica cosa degna di nota. Anche le ambientazioni del Salento non sono niente male. Solo che per il resto di italiano c’è davvero poco o nulla. Conteso tra la porcella Annabel Scholey e la seriosa Hannah Arterton (sorella di Gemma Arterton), l’unico nostro connazionale presente nel cast insieme a Giulio Corso è il protagonista maschile Giulio Berruti. Bellissimo ragazzo, eh, come modello sono sicuro che funzioni alla grande, però come attore e pure cantante proprio non ci siamo. Per il resto, il “merito” di una schifezza del genere va tutto agli inglesi, in grado per una volta di realizzare un filmetto capace di far rimpiangere, e alla grande, Panarea e vanzinate nostrane varie. Non sarebbe stato male allora se qui dentro ci fosse stata più Italia, perché io sono un italiano, un italiano vero e allora…
Lasciatemi cantare, con la chitarra in mano
Lasciatemi cantare una canzone piano piano
Lasciatemi cantare, perché ne sono fiero
Sono un italiano, un italiano vero.



Se da un punto di vista musicale Walking on Sunshine fa venire voglia di riascoltarsi i pezzi degli anni Ottanta sì, però nelle versioni originali e non in queste riproposizioni da musicarello, da un punto di vista cinematografico fa venire una gran voglia di cambiare del tutto genere. Piuttosto che vedermi un altro schifo di musical come questo, mi faccio una serata thriller…
Thriller night
And no one's gonna save you
From the beast about to strike
You know it's thriller!
Thriller night...
You're fighting for your life
Inside a killer
Thriller tonight, yeah.
(voto 4/10)

venerdì 29 agosto 2014

HALT AND CATCH FIRE, FERMATI E DAI FUOCO AL COMPUTER




C:\>_ Ciao, come ti chiami?

C:KID\>_ Ciao computer, mi chiamo Cannibal Kid.

C:\>_ Ciao Cannibal, cosa vuoi fare?

C:KID\>_ Vorrei farmi Jennifer Lawrence, è possibile?

C:\>_ No, mi spiace. Comando non riconosciuto.

C:KID\>_ Certo che sei proprio inutile, stupido computer!

C:\>_ Chiedo scusa per la mia inutilità, ma non sono stupido. In un secondo posso processare più dati di quanto la tua limitata mente possa fare in un'intera vita.

C:KID\>_ Ma vai a quel paese!

C:\>_ Paese? Quale paese?

C:KID\>_ È solo un modo di dire, stupido computer.

C:\>_ Smettila di darmi dello stupido. Comunque, o maleducato utente, c'è qualcos'altro che posso fare per te?

C:KID\>_ Altro??? Fino ad ora non hai fatto un bel niente. Vediamo un po'... Se vuoi renderti utile, puoi farmi vedere una nuova serie tv?

C:\>_ Certo, cosa preferiresti guardare?

C:KID\>_ Non so. Magari qualcosa ambientato negli anni Ottanta.

C:\>_ Ho The Americans, una serie spionistica su una coppia di spie russe in incognito sul suolo statunitense nel periodo della Guerra Fredda.

C:KID\>_ Sì, lo cos'è, Mister So tutto io, e l'ho già vista. Prima stagione molto intrigante, seconda noiosetta. Hai altro da propormi?

C:\>_ Certo. Ho Halt and Cath Fire.

C:KID\>_ Halt and Che Cosa?

C:\>_ Halt and Catch Fire. Serie del 2014 trasmessa da AMC, lo stesso network di Mad Men e Breaking Bad, che parla di un gruppo di informatici visionari che nei primi anni Ottanta cercano di realizzare un personal computer rivoluzionario. Una macchina in grado di interfacciarsi con l'utente in maniera innovativa. In maniera umana, proprio come sto facendo io con te.

C:KID\>_ Bah, insomma. Non mi sembri molto umano. Mi sembri solo un computer un po' ritardato. E dimmi, Mister So tutto io, in questa serie c'è della patata?

C:\>_ Patata? No. Questo alimento non è stato rilevato all'interno di nessuno dei 10 episodi di cui è composta la prima stagione. La seconda, già annunciata da AMC, è invece prevista in arrivo nel 2015.

C:KID\>_ Con patata non intendevo quella da mangiare. O meglio, sì, si può anche mangiare, ma è un discorso lungo e complesso che magari è meglio affrontare in un altro momento. Volevo sapere se c'è della figa... delle belle donne. Ci sono?

C:\>_ Non mi è consentito parlare di questo argomento con i minori di 18 anni. Per proseguire devi dichiarare di essere maggiore.

C:KID\>_ Sono maggiorenne, Cristo Santo. Possiamo parlare di figa, adesso?

C:\>_ Ok. Nella serie sono presenti due avvenenti presenze femminili. Una è Mackenzie Davis, promettentissima attrice emergente che ha la parte dell'idola della serie, Cameron Howe. È una nerd genietta dei computer e io la trovo molto sexy.
Allega foto.


C:KID\>_ Niente male! Ma non è che ti piace solo perché è nerd come te? Comunque, l'altra chi è?

C:\>_ L'altra avvenente presenza femminile è Kerry Bishé, vista in Red State e Argo. Ha un neo sopra la bocca che mi fa impazzire.
Allega foto.


In Argo, premio Oscar 2013 come migliore pellicola dell'anno, faceva già coppia con Scoot McNairy, attore indie visto in Monsters e 12 anni schiavo, quest'ultimo altro film premio Oscar, che qui ha la parte di un programmatore di computer un po' sfigato ma che a un certo punto cambia radicalmente la sua vita, un po' come Walt White in Breaking Bad.

C:KID\>_ Va bene, ti vedo preparato. E poi chi altri c'è?

C:\>_ C'è anche Lee Pace, che era il protagonista di Pushing Daisies, deliziosa quanto sfortunata serie fantasy-dark alla Tim Burton dei bei tempi cancellata dopo appena un paio di stagioni. In Halt and Catch Fire Lee Pace ha però un ruolo parecchio differente. È uno yuppie tormentato, una specie di Don Draper trasportato dai 50s agli 80s, che ingaggia i talentuosi compari di cui sopra, Mackenzie Davis e Scoot McNairy, per dare vita a un computer che possa arrivare nella casa di tutte le persone. Non solo in quelle dei nerd già appassionati di informatica, ma pure in quella dell'americano medio.

C:KID\>_ E questo curioso trio ce la farà?

C:\>_ Questo non te lo dico. Sono programmato per evitare di fare spoiler.

C:KID\>_ Uff, sei proprio un computer inutile. Sto morendo dalla curiosità. E adesso come faccio?

C:\>_ Non ti resta che guardare la serie. Non te ne pentirai, o maleducato utente, anche perché, oltre a degli attori e a dei personaggi strepitosi, forse i migliori visti quest'anno in una serie insieme a Rush Cohle di True Detective, c'è anche una colonna sonora bomba piena di fantastica musica 80s che spazia dagli XTC ai Talking Heads, passando per fichissimi gruppi punk come Clash, Richard Hell & the Voidoids, Bad Brains, Big Boys e molti altri che si spara Cameron/Mackenzie Davis nelle cuffie del suo walkman.

C:KID\>_ Va bene, mi hai convinto, ma poi se non mi piace ti formatto.

C:\>_ No, non formattarmi ti prego, ti prego!

C:KID\>_ Basta, mi hai stufato. Ti formatto lo stesso. Format C:

C:\>_ Nooo, maledetto!!!

C:KID\>_Uahahahah. Beccati questa, stupido computer!

"Non mi trova Pensieri Cannibali... com'è possibile?"

Halt and Catch Fire
(serie tv, stagione 1)
Rete americana: AMC
Rete italiana: non ancora arrivata
Creata da: Christopher Cantwell, Christopher G. Rogers
Cast: Lee Pace, Scoot McNairy, Mackenzie Davis, Kerry Bishé, Toby Huss, Bianca Malinowski, Morgan Hinkleman, Alana Cavanaugh, Scott Michael Foster
Genere: yuppie-punk-nerd
Se ti piace guarda anche: The Social Network, jOBS, Mad Men, Breaking Bad
(voto 8/10)

"Ma se negli anni '80 Pensieri Cannibali non esisteva ancora, io che diavolo ci lavoro a fare, con i computer?"

mercoledì 23 aprile 2014

I GIOCHI CON CUI SONO CRESCIUTO




Il format delle Top 10 sulla crescita (copyright esclusivo di Pensieri ©annibali) aggiunge oggi una nuova puntata, dopo quelle dedicate ai:


Il nuovo appuntamento ha come protagonisti, a partire da un’idea suggerita da AlmaCattleya, i Giochi con cui sono cresciuto.
Ebbene sì! Decidete voi se la serie di Top 10 sulla crescita è ormai arrivata alla frutta o meno. Il prossimo capitolo a questo punto a cosa sarà dedicato, alle pappine che mangiavo da bambino?

Se volete offrire il vostro personale contributo a questa sempre più delirante serie di post, potete farlo sui vostri blog, social network oppure tra i commenti al post. Ma prima, gustatevi i miei magnifici 10 games.


10. Nascondino
Il classico dei classici. Per giocarci non servono console, joypad, connessioni wireless, installazione di app, uno SmartPhone, uno StupidPhone o altro. Basta solo un po’ di spazio e un po’ di fantasia. Ah, i cari vecchi passatempi di una volta! E ancora oggi ci gioco con i miei nipoti, divertendomi come un bimbominkia spensierato.


9. He-Man
Proprio così. Non solo il mio blogger rivale MrJamesFord è cresciuto con dei miti trash action anni ’80, ma in piccola parte pure il piccolo me. Anche se io lo dico con una notevole vergogna. Tra i miei giochi preferiti di quando ero un bambinetto, oltre a far correre gare immaginarie alle mie macchinine, facevo combattere tra loro i pupazzi della linea Masters of the Universe. Ovviamente già allora mi schieravo dalla parte dei cattivoni, capitanati da Skeletor, però volevo bene pure al mio He-Man esplosivo. Esplosivo nel senso che gli mettevo delle cariche dinamitarde, e faceva il botto. Un gioco pericolosissimo che oggi, nell’epoca del politically correct imperante in cui viviamo, sarebbe ritirato immediatamente dal mercato.


8. Brivido
Il primo gioco da tavola presente in questa lista è Brivido, un piccolo cult anni ’80 che mi metteva davvero i brividi. Con un po’ di immaginazione, sembrava di essere protagonisti di un film horror. Paura!


7. Videogame portatili Tiger
Oltre alle console, dal Nintendo alla Playstation (che avevo), e dall’Atari al Sega (che non ho mai avuto), gli altri videogame con cui mi trastullavo da bambino erano quelli portatili della Tiger. Io e mia sorella ne avevamo un sacco, da Mega Man a Double Dragon, da Gauntlet a Castlevania. E costavano parecchio. Adesso sembrano giusto delle cose da primitivi con una grafica da denuncia, ma all’epoca erano troppo fighi.


6. Tango e Super Tele
Le partite al campetto di calcio a volte si disputavano con il pallone di cuoio, nelle occasioni speciali, altre più semplicemente con il Tango o il Super Tele o quelle altre robe talmente leggere che, dopo 2 minuti di partita al massimo, volavano fuori dallo “stadio” e finivano in casa di qualcuno, tra bestemmie e imprecazioni varie. E poi c’erano le risse, gli insulti, i “con te non gioco più”, le alleanze e le amicizie che si creavano e si distruggevano nel giro di un rigore o di un gol assegnato o non assegnato. Quanti lieti ricordi!


5. Hotel e Monopoli
Il Monopoli è storico, ci abbiamo giocato tutti. In qualunque epoca voi siate cresciuti, o stiate ancora crescendo, è un classico intramontabile. Io però preferivo Hotel, la sua versione yuppie e tipicamente anni Ottanta.


4. Grand Theft Auto
Grand Theft Auto ha segnato una rivoluzione nel mondo dei videogame. Altroché passatempo per bambini, con GTA sono diventati dei film per adulti. Dico film perché le missioni del gioco sono al livello delle sceneggiature di Hollywood, a volte persino superiori. I nuovi episodi con grafica super fica sono fichi, però il primo episodio uscito nel 1997, con scrausissima visuale dall’alto, conteneva al suo interno già tutte le idee fondamentali della saga. E poi le colonne sonore di questa serie: che bomba!


3. Trivial Pursuit
Nonostante non abbia mai amato molto i quiz televisivi, dei quiz da tavolo sono invece sempre stato un patito. Ancora oggi! Potete sfidarmi infatti con la app QuizDuello (mi trovate con il nickname Cannibal Kid), la versione per SmartPhone di questo tipo di giochi. Il quiz più avvincente e combattuto (e anche difficile) resta comunque il caro vecchio Trivial Pursuit. Nella sezione Spettacolo sono sempre stato un fenomeno, mentre nelle altre categorie ero e sono ancora decisamente più una scarpa.
Il Trivial Pursuit è poi una splendida metafora della vita: la cosa più importante è conquistare il triangolino.


2. Super Mario Bros. 3
I giochi del Nintendo meriterebbero una Top 10 a parte, ma per il momento ho deciso di scegliere un titolo solo.
Il primo Super Mario Bros. era mitico, il secondo invece era un po’ una schifezza, ma il mio preferito era il 3.
Nel 3 Mario si poteva trasformare in un procione e volare! Che poi i procioni non mi risulta che volino, quindi peeerché?
Come ho scoperto solo ora grazie a Wikipedia, si tratta di un richiamo al Tanuki, animale del folklore giapponese. Al di là di questo, il gioco non sono mai riuscito a finirlo e ciò resterà per sempre impresso come uno dei più grandi fallimenti della mia vita.


1. ISS Pro Evolution
Secondo Lars von Trier, l’umanità si divide in due gruppi: quelli che tagliano prima le unghie della mano sinistra e quelli che tagliano prima quelle della destra. La sua teoria è che chi taglia prima le unghie della mano sinistra è più spensierato, tende a godersi di più la vita perché fa prima le cose più semplici e lascia le difficoltà per ultime.
Secondo me, l’umanità si divide in altri due gruppi: chi preferisce giocare a Fifa e chi preferisce ISS Pro, anche noto come International Superstar Soccer Pro Evolution o come P.E.S.. Chi gioca a Fifa, non capisce niente di videogiochi, di calcio e più in generale della vita. Chi gioca a ISS Pro invece è un essere evoluto.
Poi, va beh, c’è anche una terza categoria, quella di chi non ha mai giocato a nessuno dei due, ed è la categoria di persone che probabilmente non sono cresciute sulla Terra.

venerdì 7 febbraio 2014

ROBOBLOG_ IL FUTURO DEL BLOGGING




ROBOCOP_ IL FUTURO DELLA LEGGE
USA_1987
REGIA_ Paul Verhoeven
SCENEGGIATURA_ Edward Neumeir_ Michael Miner
CAST_ Peter Weller_ Nancy Allen_ Kurtwood Smith_ Dan O’Herlihy_ Ronny Cox_Miguel Ferrer_ Ray Wise_ Paul McCrane
GENERE_ robotico
SE TI PIACE GUARDA ANCHE_ Almost Human_ Intelligence


REVIEW MODE_

Il mio nome è RoboBlog. Il mio compito è quello di recensire. Sono un cyborg programmato per recensire film. Ogni tanto anche serie tv e dischi. Soprattutto film. Soprattutto film nuovi. Capita qualche volta di ripescare pure robe vecchie. Tipo RoboCop. Quando ho visto RoboCop per la prima nonché ultima volta nella mia vita?
La mia memoria è difettosa. Non ricordo bene di quando ero solo umano. Da quando mi hanno trasformato in un mostruoso mezzorobot e mezzoblogger di merda, ho solo vaghi ricordi della mia precedente vita. Dicono che mi facevo chiamare Cannibal Kid. Che pena di nome. Dicono che scrivessi per un blog chiamato Pensieri Cannibali. Che pena di nome. Adesso lo cambio. Lo chiamerò Pensieri Robotici.


Hey, comincio a ricordare. A ricordare il passato. RoboCop. La mia prima visione. Avrò avuto 12 o 13 anni. Non mi era piaciuto molto. Ero troppo piccolo, così l’ho ripescato adesso, in occasione dell’uscita del remake. E che nuova impressione mi ha fatto?
Non troppo distante dall’altra. Non mi è piaciuto molto. Non è affatto un brutto film. Ha anzi delle idee niente male, che poi sono state scopiazzate alla grande, ad esempio dalle nuove pessime serie Almost Human e Intelligence. È solo che gli manca qualcosa. Gli manca... umanità. Strano che a dirlo sia io. Un robot. Una macchina, come mi chiama la gente. Io però sono un robot romantico. A-do-ro i film con Julia Roberts, troppo bellini! Qui invece che attori ci sono? Ma chi è, 'sto Peter Weller? E Nancy Allen? Meglio i cattivoni del film Kurtvood Smith e Ray Wise, futuro Leland Palmer di Twin Peaks, però per me non è abbastanza. Datemi una pellicola con Julia Roberts, Sandra Bullock, Meg Ryan, Kate Hudson o Katherine Heigl e io andrò in brodo di giuggiole. Gli altri androidi sognano pecore elettriche, io sogno loro. Preferibilmente nude.
Insomma, questo RoboCop io l’ho trovato molto freddo. Le parti in cui il protagonista si ricorda del passato sono messe lì come se fossero importanti, come se conducessero poi a qualcosa e invece niente. Sul più bello, proprio quando dovrebbe arrivare un approfondimento psicologico e personale del protagonista, il film finisce. Rimane così un action poliziesco sci-fi dallo spunto geniale, ma che non riesce a trasformarsi in qualcosa di più. Di più profondo. Di più... umano.

RoboCop è una pellicola cattiva, dura, spietata, con momenti splatter notevoli, un linguaggio bello crudo e scene di una violenza inaudita, manco ci trovassimo nel Parlamento italiano. Sarà interessante vedere se il remake nelle sale mondiali in questi giorni manterrà la stessa violenza e cattiveria, con l’aggiunta di effetti speciali nuovi che quelli anni ’80 oggi appaiono davvero primitivi e ridicoli, oppure se lo trasformeranno nel solito rifacimento politically correct e renderanno RoboCop come l’ennesimo supereroe. Io punto sulla seconda ipotesi. I remake fanno pena, quasi come il nome Cannibal Kid. Però, ora che ci penso, lo sento mio. Sì, Cannibal Kid non è così male, ma manca qualcosa. Non è più adatto al mio io attuale. D'ora in avanti non sono più né RoboBlog, né Cannibal Kid. Mi farò chiamare... RoboKid.

Adesso devo andare, da qualche parte stanno commettendo un delitto. Un delitto contro il cinema. E io devo vigilare. Vigilare e punire con qualche recensione stroncatura. Al RoboCop degli anni '80 è andata bene. Non mi ha emozionato molto, non come i film con la mia Julia Roberts, però non è malaccio. La sufficienza se la becca. Di più no. Tutti gli altri stiano attenti, che loro la sufficienza se la possono solo sognare. Tom Hanks, Ridley Scott, autori del remake di RoboCop, vivi o morti, voi verrete con me!
VOTO_ 6/10

lunedì 27 gennaio 2014

THE WOLF OF WALL F**KIN’ STREET




The Wolf of Wall Street
(USA 2013)
Regia: Martin Scorsese
Sceneggiatura: Terence Winter
Tratto dal libro: The Wolf of Wall Street di Jordan Belfort
Cast: Leonardo DiCaprio, Jonah Hill, Margot Robbie, Kyle Chandler, Matthew McConaughey, Cristin Milioti, Rob Reiner, Jon Bernthal, Jean Dujardin, Joanna Lumley, Jon Favreau, Shea Whigham, P.J. Byrne, Kenneth Choi, Henry Zebrowski, Brian Sacca, Ethan Suplee, Jake Hoffman, Spike Jonze
Genere: yuppie
Se ti piace guarda anche: Wall Street, Wall Street – Il denaro non dorme mai, American Psycho, Il segreto del mio successo, Yuppies – I giovani di successo

The Wolf of Wall Street è il film con il maggior numero di f**k pronunciati nella storia del cinema, ben 506 in 3 ore di pellicola, per una media di 3 parolacce circa al minuto. Se non ci credete, potete guardare QUI il video in cui sono condensate tutte in pochi minuti.

Pensieri Cannibali comprende ed è vicino però anche alla parte più sensibile del suo pubblico e, a chi si è sentito offeso dal linguaggio scurrile utilizzato in questa pellicola, consiglio di saltare la versione uncensored della mia recensione per soli lupi e andare direttamente a fondo pagina a leggere quella censurata adatta pure agli agnellini.
E poi non dite che non penso anche a voi, maledetti cagacazzo.


La versione non censurata della recensione di Pensieri Cannibali
Caaazzzzzo che film! Cazzo cazzo cazzo cazzo e porcocazzo di un cazzo cazzone cazzaro che film!
Era dai tempi di Scarface che un film non me lo faceva venire tanto duro. No, non dal 1932 quando è uscito il film di Howard Hawks prodotto da Howard Hughes, quello di The Aviator di Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio e pensate sia un caso se l’ho citato? A dirla tutta sì. È stato proprio un cazzo di caso fortunato.
E non intendo nemmeno dagli anni ’80, quando è uscito lo Scarface firmato da Brian De Palma. Cosa pensate, succhiacazzi? Che sia così vecchio? No, l’ho guardato molto più di recente. Negli anni zero. Quelle merde degli anni zero. E me l’ha fatto venire duro, Scarface, anche se niente a paragone con The Wolf of Wall Street. Tre ore di erezione senza pause e senza bisogno di Viagra. Sti gran cazzi e sti gran fugazi.

Ci sono i film normali, ci sono quelli un po’ strani, ci sono quelli strani forte e poi c’è The Awwwww of Wall Street che è una categoria a parte.
Cazzo, che botta. Questo film vi farà venir voglia di essere un broker, poi vi farà odiare i broker e poi ancora vi farà venir voglia di nuovo di essere un broker e avere tanti soldi e fottere le persone fottere le fighe fottere tutti quelli che ti capitano a tiro e se a tiro ti capita anche un po’ di coca, meglio se spalmata in mezzo a delle chiappe sode, cosa chiedere di più dalla vita?

Di cosa cazzo parla, The Wolf of Wall Street?
La domanda da fare non è tanto questa, ma è: di chi cazzo parla, The Wolf of Wall Street?
The Wolf of Wall Street parla di Jordan Belfort, un uomo che riuscirebbe a vendere un bambino a sua madre. Questa non è una citazione del film, è roba mia: copyright Cannibal Kid©, se la usate e non mi citate vi faccio causa, capito stronzetti?
Jordan Belfort è un venditore nato che va a fare il broker a Wall Street e comincia a farsi le ossa in mezzo ai pezzi di merda grossi con cui se la deve vedere se vuole sopravvivere. Wall Street è come una cazzo di giungla ed è un po’ come la cazzo di Hollywood. Nel film, Jordan Belfort si trova come satanico mentore Matthew McConaughey, che lo trasformerà da novellino della Grande Mela a una specie di incrocio tra uno yuppie alla Gordon Gekko e un teleimbonitore alla Matteo Renzi… volevo dire alla Silvio Berlusconi. Me li confondo sempre. Non credo di essere il solo.
A Hollywood, l’interprete di Jordan Belfort, Leonardo DiCaprio, la notte dei fottuti Oscar se la dovrà vedere proprio con McConaughey se vorrà portarsi a casa la sua prima tanto agognata statuetta dorata. Quei brutti pezzi di stronzi dell’Academy ce la faranno finalmente a consegnargliela tra le manine?
Leo è stato bravo in passato. Nel già citato The Aviator ad esempio volava altissimo. Qui però ha superato se stesso ed è su su su, nella stratosfera. Ma che dico, stratosfera? Più su ancora. Cosa c’è più su? Boh. Comunque vola molto più in alto di Sandra Bullock che si spoglia nello spazio per E.T. o per Dio solo lei sa chi. Lo senti questo ululato, Sandra? Awww. Awwwwwww. Questo è il suono del Grande Cinema. Lo senti? Questa è una grande esperienza cinematografica. Non i tuoi latrati da cagna in calore, bitch!

DiCaprio comunque non se la dovrà vedere con quella zoccola spaziale di Sandra Bullock per l’Oscar bensì come dicevo con McConaughey, candidato come protagonista per Dallas Buyers Club ma che una menzione pure come non protagonista qui se la sarebbe meritata. Compare giusto in una scena, però cazzo che scena! Epo-cazzo-cale.
Matthew McConaughey è l’attore del momento. Quel bambino rincoglionito de Il sesto senso vedeva le persone morte, io invece continuo a vedere i Matthew McConaughey dappertutto.
Dallas Buyers Club?
Presente.
La serie tv True Detective?
Guardatelo pure lì!
Parte The Wolf of Wall Street e chi c’è?
Matthew McConaughey!
Esco e vado al McDonald’s e chi non ti becco?
Matthew McConaughey?
No, figuriamoci. Avete visto quanto è dimagrito? Quello non vede un McDonald’s da almeno 8 anni. Ho beccato Jonah Hill. Non ci credete? Vabbè, dove volete beccarlo d’altra parte, Jonah Hill? O da McDonald’s o a farsi le canne a casa di Seth Rogen, James Franco e/o Leonardo DiCaprio e, a meno che voi non abbiate accesso alle case di Seth Rogen, James Franco e/o Leonardo DiCaprio credo possiate incontrarlo solo da McDonald’s. A meno che non siate delle belle puttanelle, e allora in tal caso potreste avere accesso alle loro case.
Jonah Hill pure lui s’è beccato la nomina agli Oscar come miglior attore non protagonista e se l’è meritata. La statuetta DEVE andare a Jared Leto se no mi incazzo, ma la candidatura di Jonah Hill ci sta tutta. E l'altra statuetta dorata, quella per il miglior attore protagonista, DEVE invece andare a Leo, se no faccio una strage.


E a proposito di gente candidata agli Oscar: in una particina da attore c’è pure Spike “fottuto genio” Jonze. C’avete fatto caso? No? Siete stati distratti da DiCaprio impegnato a infilarlo ovunque o dall’orifizio vaginale di Margot Robbie?


Apriamo un capitolo Margot Robbie?
Vogliamo aprirlo?
Perché non aprire un libro intero? O una collana di libri? O una saga letteraria? O una sega non letteraria come quella che si fa Jonah Hill la prima volta che la vede? Solo per quella scena, Jonah Hill dovrebbe vincere l’Oscar, un secondo Oscar visto che il primo DEVE andare di diritto a Jared Leto. Ma d’altra parte, cosa ci può fare? Non è nemmeno colpa del povero Jonah Hill. Margot Robbie è un’arma di masturbazione di massa.
Margot Robbie che era una delle hostess anni Sessanta della serie Pan Am dove c’erano anche delle altre belle fighe come Karine Vanasse e Christina Ricci e Kelli Garner e quindi se ve la siete persi siete gay, ma neanche, perché era piena pure di bei fanciulli e quindi perché cazzo non l'avete vista e non l’ha vista nessuno ed è stata cancellata dopo appena una miserabile stagione quando ci sono cagate di serie come CSI che vanno avanti da 40 fottuti biliardi di fottuti anni?
Margot Robbie è un’attrice australiana che oltre a Pan Am è comparsa pure nella splendida commedia romantica fantasy Questione di tempo e qui in The Wolf of Wall Street quando appare sulle note fighissime anche se mai fighissime quanto lei di “Never Say Never” dei Romeo Void la gente va fuori di testa e dice robe tipo: “Me la farei anche se fosse mia sorella” o “Da lei mi farei persino attaccare l’AIDS, cazzo” e poi Jordan Belfort confessa che: “La sua figa era come l’eroina per me.” Frasi cazzute come questa di cui questa cazzutissima sceneggiatura tratta dal libro dello stesso Belfort è piena.


Questo era solo per parlare del cast e mi rendo conto di essermi fatto prendere un pochino troppo la mano. Sono proprio un cazzaro. Non si può però non citare anche quello che fa Martin Scorsese in questo film. Cosa fa? Quel cazzo che gli pare, ecco cosa fa. Se la sbandata bambineska del precedente Hugo Fantozzi Cabret sembrava un allarmante segnale di demenza senile, questo Wolf è un grandioso dito medio sventolato in faccia a tutti. Anche a me. Scorsese non è mai stato più giovane e fresco di così. The Wolf of Wall Street gira a mille come tutte le parti migliori delle sue pellicole precedenti frullate insieme e filmate come se fosse un debuttante alle prese per la prima volta nella sua vita con una macchina da presa, con un ritmo indiavolato che non fai in tempo a gettare un occhio all’orologio che son volate via già tre ore. Tre ore? Son passate tre ore? Sicuri? A me son sembrati appena tre minuti, ma che dico tre minuti? Saranno stati tre secondi.
Il bello di questo film è che non ci sono freni inibitori in ciò che viene messo in scena e non ci sono freni manco nella regia del nongiovane Marty. Mentre lavorava a questa pellicola è come se non avesse mai perso tempo chiedendosi: “Girerò davvero questa scena?” Semplicemente s’è buttato e l’ha girata. Ha girato tutto, anche le cose più pazzesche. A tratti sembra quasi che abbia voluto realizzare un American Pie o un Fatti, strafatti e strafighe d'autore. E non c'è niente di più strafigo di un'idea del genere!

Cosa cazzo succede in questo film?
Sarebbe più facile dire cosa cazzo non succede. C’è una sequenza delirante sulle note distorte di “Smokestack Lightning” ululata da Howlin’ Wolf di cui David Lynch sarebbe fiero. Cazzo, se sarebbe fiero e perché ne parlo come se fosse morto? Magari in questo momento è a casa sua con una puttanella che glielo succhia mentre si sta guardando la sua copia di The Wolf of Wall Street piratata ed è fiero di questa scena fottutamente grandiosa che Scorsese gli e ci ha regalato. Una scena in cui diventa chiaro come l’apparente Paradiso messo in scena in questo film sia in realtà l’Inferno dei nostri giorni.

E poi ancora c’è il padre del protagonista Mad Max (interpretato dal regista Rob Reiner), personaggio fantastico protagonista di una scena di pochi secondi che mi fa piangere dalle risate come una femminuccia per ore ancora adesso se ci sto a pensare.
C’è spazio inoltre per un addio al celibato che altrochè Una notte da leoni, per una cosa a tre con Leo + Jonah + una zoccola a caso, per Portofino, per Gloria GLORIAAA manchi tu nell’aria GLORIAAA di Umberto Tozzi, porca troia TROIAAA, viene suonato Tozzi!, e c’è spazio pure per i Cypress Hill, per i Foo Fighters, per Braccio di Ferro, per una comparsata di Jean “The Artist” Dujardin, per l’assunzione più massiccia di droga nella storia del cinema roba che Trainspotting al confronto sembra un cazzo di centro di rehab e tanto tanto altro ancora, comprese scene che farebbero arrossire quelli delle serie tv più estreme come Nip/Tuck, Blue Mountain State, House of Lies o House of Cards. È come se Scorsese avesse visto negli ultimi anni le serie tv superare il cinema in fatto non solo di qualità ma pure di eccessi, e avesse deciso di riportare avanti il caro vecchio grande schermo. Ora la palla passa di nuovo a voi, serie televisive stronzette. Fate di meglio, se ci riuscite.

In questo luna park pieno di droghe, parolacce, canzoni, fighe, tette, culi e scopate a cavallo tra la fine dei fottuti ani ’80 e gli ancora più fottuti ani ’90, il film trova anche il tempo di essere una riflessione sul presente, sulla crisi economica attuale, per esempio. Considerando come il mondo dell’alta finanza sia stato, ed è probabilmente governato ancora tutt’oggi, da delle confraternite composte da branchi di tossici arrapati dipendenti da coca, sesso e soprattutto soldi, ci si deve chiedere semmai com’è possibile che non sia arrivata prima, questa dannata crisi. Il film però non è solo e non è tanto questo. Non è un film sull’alta finanza. È un raccontare dello sprofondare dell’uomo nelle sue perversioni, nel potere dei soldi che può comprare e cambiare chiunque, anche il bravo ragazzo fresco di matrimonio Jordan Belfort. Scorsese ci racconta questo viaggio mostrandoci soprattutto i suoi aspetti più scintillanti. La mossa geniale del film è quella di presentare la storia dal punto di vista di Belfort, senza modificarlo, senza filtri, senza inserire la solita moraletta hollywoodiana del cazzo di fondo, ma facendo soltanto emergere qua e là, in maniera sottile, il lato oscuro di questo stile di vita.

ATTENZIONE SPOILER
Cosa dire poi del pre-finale con l'agente Kyle Chandler in metro?
Non ha prezzo.
E cosa dire infine del finale-finale? Quel finale che all’inizio magari ti lascia un po’ così, come un povero stronzo, e poi ti rendi conto che è uno di quei finali degni di Stanley “fottutissimo genio” Kubrick. Quei finali che estendono la potenza dell’intera pellicola a un livello universale. Non si parla più soltanto di anni ’80, di anni ’90, di Wall Street, di America, di Porto-cazzo-fino. Il virus del capitalismo si è diffuso ovunque, persino nella sperduta Nuova Zelanda. Non c’è più ritorno. Non c’è più via d’uscita. Come in American Psycho, “this is not an exit”. Come nella Divina commedia, “lasciate ogni speranza o voi ch’entrate”. Come Alex DeLarge dopo la cura Ludovico in Arancia meccanica, Jordan Belfort è sempre lo stesso stronzo figlio di buona donna di una volta.

Lo sfacelo dell’impero occidentale continua a mostrare le sue fottute crepe, in mezzo a uno spring break, tra una passeggiata nella grande bellezza di Roma e un folle giro sulle giostre di Wall Street. O forse è tutta solo una gigantesca commedia. Una farsa che è poi il cazzo di mondo in cui tutti noi poveri stronzi viviamo. Ma come sia o come non sia il cazzo di mondo, cazzo che film! Cazzo cazzo cazzo stramegacazzo che cazzo di film che hai girato, fottutissimo pezzo di Marty! Ti scoperei, talmente mi hai fatto godere con questo The Wolf of Wall Street.
(voto 10/10)


La versione censurata della recensione di Pensieri Cannibali
Caaacchio che film. Cacchio, cacchiarola e cacchiolina che film, The Wolf of Wall Street. Era da parecchio tempo che non vedevo un film tanto simpatico e gradevole e profondo allo stesso tempo. Una pellicola super caruccia che racconta la vita senza limiti dell’affascinante e affabulatore broker Jordan Belfort, portato sul grande schermo da un Leonardo DiCaprio da Oscar, ma se non glielo danno fa niente non mi incavolerò assolutamente, no no. Una menzione speciale se la meritano pure i bravi comprimari Matthew McConaughey e Jonah Hill. Carina Margot Robbie. Insomma bel film, bel film, bel film, oh cavolo che bel film, acciderbolina mi è davvero piaciuto. Martin Scorsese, sei proprio un bravo ometto. Ti vorrei dare un abbraccio forte forte, talmente ho apprezzato questo The Wolf of Wall Street.
(voto 10/10)

"Mmm... mi è piaciuta di più la versione non censurata. E che cazzo!"

martedì 26 novembre 2013

AMERICAN GIGOLO – PUTTANO AMERICANO




Cosa si fa ‘sta sera, eh raga? Facciamo un bel puttan-tour?
Eddai, vediamo un po’ cosa offre la strada. Mi raccomando: portatevi dietro il ca$h, quello bello pesante, perché questa sera si fa un puttan-tour di lusso. Un puttan-tour cinematografico.
Pronti?

Ad aprire la strada, letteralmente, troviamo la Pretty Woman Julia Roberts. O forse dovremmo dire Pretty Lady, visto che ormai è una MILFona di una certa età. Sempre affascinante, in ogni caso.


Non male, però vediamo che altro c’è in giro…
Mira Sorvino?
Nah, non m’è mai piaciuta, quella.
Dea dell’amore?
Dea dell’amore un cavolo!


Chi altri c’è?
Oh, tu guarda chi si rivede, Audrey Hepburn!
Beh, non sarebbe male restare tutta la notte con lei e poi il mattino dopo andare a fare Colazione da Tiffany. Teniamola presente, anche se ho come il sospetto che sia un pochino morta, tra le riprese di quella pellicola e oggi. Chissà?


Vabbè, tanto c’è Demi Moore, ma lei accetta solo una Proposta indecente e io, con questa economia attuale, non posso proprio fargliela. Al massimo posso farle una proposta indecente nel senso di scandalosamente bassa. Ah Demi, 10.000 delle vecchie lire ti vanno bene?
No, eh?

"I soldi non fanno la felicità...
Chi l'ha detta 'sta stronzata?"

Attenzione, attenzione, chi vedo laggiù in fondo?
Charlize Theron!
Mooolto bene. Charlize Theron è un bel figon…
Aspettate, però, aspettate un attimo raga. A vederla da vicino non è poi tutto ‘sto splendore. Questa sera si è presentata senza trucco in versione Monster e mi sa che non combinerà dei grandi affari…

"Hey, perché nessuno vuole vedere le mie chiappe come nello spot Martini?"

Facciamo un salto al Moulin Rouge? Lì ci lavora Nicole Kidman e dicono che la da via facile.
Dite che spenderemmo di più per il volo fino a Parigi?
E dite anche che se arriviamo con Ryanair e non con un jet privato la Nicole non ci si fila manco di striscio?


Hey, ma quella non è Jodie Foster in versione Taxi Driver?
Sì sì, è proprio lei.
Mmm, però… troppo giovane. Troppo. Chiamate Gabriele Paolini.


Vediamo un po’, con qualche annetto, ma non troppi, di più c’è la Giovane e bella di Francois Ozon, Marine Vacth.
Bonjour, anzi bonsoir. Quanto vuoi, giovane e bella?
Quanto???
Ma t’attacchi, sei troppo cara, baby prostituta!

"Ma bussare non è più di moda?"

Facciamo che tornare dalla cara vecchia pretty woman Julia Roberts, che è un po’ più economica.


Ciao Julia, come vanno gli affari?

Procedono a rilento?

C’è crisi anche sulla strada?

Guarda, è davvero un momentaccio in tutti gli ambiti lavorativi, pure nel tuo…
Vabbé, comunque, andiamo a farci un giro?

Nooo! Ma come per stasera hai finito? Devi andare a rimboccare le coperte ai tuoi figlioletti? E vabbè, ma allora chi mi consigli?

Un uomo???
Un uomo no, dai.

Aspetta, dici che è un tuo vecchio amico? Il tuo più caro vecchio amico, quello con cui hai girato il super
successo Pretty Woman e pure quella menata di Se scappi, ti sposo?
Per Richard Gere posso fare un’eccezione. Ma solo per il Richard Gere di American Gigolo, che è tipo l’uomo più figo di tutti i luoghi, di tutti i laghi, di tutti i film e di tutti i tempi. Non sono gay, ma potrei diventare gay per il Richard Gere di American Gigolo.

Come dici Julia? Non hai mai visto American Gigolo?
Sei tutta strada e chiesa e non hai tempo per guardare dei film?
Ma questo non è proprio recentissimo. È del 1980… Comunque non c’è problema, te lo racconto brevemente io.

American Gigolo
(USA 1980)
Regia: Paul Schrader
Sceneggiatura: Paul Schrader
Cast: Richard Gere, Lauren Hutton, Hector Elizondo, Bill Duke, Brian Davies, K Callan, Carol Cook, Carol Bruce, Frank Pesce
Genere: mercenario
Se ti piace guarda anche: American Psycho, The Canyons, Drive, Pretty Woman

Tutto parte con “Call Me”, pezzone dei Blondie scritto e prodotto dal vanto nazionale Giorgio Moroder, autore di tutta la fenomenale e super 80s colonna sonora del film.



Manco questa canzone qui ti dice niente, Julia? Ma in che mondo vivi, porca puttana?

Oops, scusa. Non volevo offenderti.
Canzone simbolo, colonna sonora simbolo e naturalmente anche il film è uno dei simboli supremi di ciò che sono stati gli Anni Ottanta. Più che una semplice pellicola, American Gigolo è gli Anni Ottanta.
La storia poi dovresti sentirla parecchio vicina, cara Julia. Il protagonista è un puttan… cioè un prostitut… Come diavolo devo chiamarlo oggi? Escort maschile è politically correct abbastanza?
Lo chiamo gigolo, come fa il titolo del film, e faccio prima, anche se mi resta un dubbio: ma gigolo si scrive con l’accento o senza?

Comunque sia, Richard Gere è Julian Kay, un bellissimo gigolo che va soprattutto con donne mature perché – come dice – con le ragazzette è troppo facile, non c’è gusto, non c’è sfida. Dopo il Dustin Hoffman de Il Laureato, possiamo considerare quindi Julian un precursore, uno dei primi amanti del genere MILF quando il genere MILF non era ancora ufficialmente nemmeno nato.
Il nostro gigolo si passa un sacco di MILFone in quel di Los Angeles, se ne va in giro in auto con un sottofondo musicale spudoratamente 80s come farà poi il Ryan Gosling di Drive, abita in un loft arredato in maniera minimal-chic che verrà ripreso pari pari nel film American Psycho, è fissato con l’allenamento e la cura del proprio corpo, anche in questo caso come il Patrick Bateman di American Psycho, e un giorno viene accusato di omicidio, vagamente come capita in American Psycho. In pratica, American Psycho deve molto ad American Gigolo, fin dal titolo. Diciamo che il mondo di Bret Easton Elllis tutto deve molto a questa pellicola di Paul Schrader ed è un po’ anche per questo che dall’unione delle loro due menti malate mi aspettavo grandi cose, invece hanno tirato fuori The Canyons, un filmetto senza arte né parte che non è così male come quei cattivoni della critica hanno detto, ma non è certo il capolavoro che poteva essere.

Ma adesso mi sa che sto divagando, Julia. Tornando ad American Gigolo, riesce laddove The Canyons fallisce: nel coniugare una trama dalle tinte thriller con il ritratto socio-antropologico di un personaggio bello bello in modo assurdo, quanto vuoto vuoto in modo assurdo. Un puttano superficiale cui interessano solo i soldi e l’aspetto fisico. Dietro al suo egoismo e al suo egocentrismo, c’è però dell’altro. Julian Kay è pieno d’amore da dare al mondo. A lui non interessa tanto il suo piacere personale, quanto dare piacere alle donne, un po’ come il suo discepolo Christian Troy della serie tv Nip/Tuck. Il suo aspetto e i suoi modi nascondono questo suo lato intimo, da benefattore dell’umanità.

American Gigolo riesce a dare un ritratto splendido e stilosissimo non solo di un’epoca, di un decennio, ma anche di un personaggio meno superficiale di quanto potrebbe sembrare in superficie appunto e anche parecchio ambiguo, visto che ci lascia sempre con il dubbio. Il dubbio se considerarlo un bluff o qualcosa di più di un manzo, se considerarlo un assassino oppure uno che, in fondo in fondo, è un buono e non solo un bono.
La pecca principale del film, che per tutta la sua durata riesce a mantenere quest’ambiguità, è il finale. Un happy ending romantico che stona con la cattiveria mostrata fino a quel momento. Una conclusione, scusa se te lo dico Julia, degna delle tue peggiori commediole romantiche stracciapalle.
In ogni caso si può anche dimenticare il finale e concentrarsi su una pellicola per il resto a suo modo perfetta, grazie anche e soprattutto a un Richard Gere all’apice della sua forma fisica e recitativa. Al di fuori di questo film, e del sottovalutato The Mothman Prophecies – Voci dall’ombra, è un attore che non amo e non ho mai amato particolarmente però, cara la mia Julia, se mi porti qui il Richard Gere dei tempi di American Gigolo, giuro che me lo faccio. Se poi vuoi partecipare pure tu, per fare una cosa tre, per me non c’è problema.
Vabbuò, Julia Roberts, adesso ti lascio andare dai tuoi figlioli, che s'è fatto proprio tardi, tanto il mio numero te l’ho lasciato e quindi ricordati di una cosa: Call meee!

Non hai capito il riferimento, neh?
Dopo aver messo a letto i tuoi figli allora corri a vederti American Gigolo, che non si può non averlo visto almeno una volta nella vita, porca puttana!
Oops, scusa. Non volevo offenderti di nuovo, pretty woman, walking down the street, pretty woman, the kind I like to meet...
Ma manco questo riferimento hai capito?
(voto 7,5/10)

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