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mercoledì 25 novembre 2015

Beasts of No Nation - Bambini, giochiamo a fare la guerra?





Beasts of No Nation
(USA 2015)
Regia: Cary Joji Fukunaga
Sceneggiatura: Cary Joji Fukunaga
Tratto dal libro: Bestie senza una patria di Bestie senza una patria
Cast: Abraham Attah, Idris Elba, Kobina Amissah-Sam, Francis Weddey, Ama K. Abebrese, Grace Nortey, Emmanuel Nii Adom Quaye, Kurt Egyiawan
Genere: bestiale
Se ti piace guarda anche: Rebelle - War Witch, Re della terra selvaggia

Bambini, giochiamo a fare la guerra?
No, non vi sto proponendo un nuovo gioco disponibile per PlayStation o Nintendo 3DS. È qualcosa di più vero del 3D. Qualcosa di più realistico persino della realtà virtuale. È un'esperienza di gioco nuova e innovativa. Per provarla bisogna recarsi sul posto di persona.
Vi dico la location in cui potrete andare a giocare: Africa. Proprio come quella de Il re leone. Vi stuzzica l'idea, vero?
Rispetto a Il re leone però ci sono meno animali e più bestie. Bestie che non appartengono a nessuna nazione. Bestie senza una patria. Bestie umane. Non pensate ci siano solo adulti. Si sono anche e soprattutto dei bambini come voi. Un sacco di bambini. È quasi come se fosse Disneyland, solo in versione War Edition. In giro vedrete tutti questi piccoli guerrieri soldato, ognuno con il proprio fucile personale. Non vi sembra uno spunto fighissimo per un gioco? Non volete partire subito anche voi per l'Africa?
Negli ultimi tempi si parla un sacco della questione dei migranti dall'Africa verso l'Europa, ma volete sentirla una cosa? E se invece tra qualche anno il flusso migratorio non avvenisse al contrario, dall'Europa all'Africa?
Prevedo che un sacco di bambini come voi vorranno venire qui a giocare alla guerra. È un'esperienza molto intensa. Una vera e propria full immersion, che comprende armi, violenza e droga, più che in qualunque episodio di Grand Theft Auto. È anche un'esperienza dura, ve lo dico subito. Se non avete le palle per affrontarla, state a casa con mammina, che è meglio.

lunedì 11 novembre 2013

LEONARDO DICAPRIO DAY – BLOOD DIAMONDS ARE A GIRL’S BEST FRIEND




Leonardo DiCaprio? Chi, quello che muore alla fine di Titanic?
Per il grande pubblico, quello che vede (al massimo) un film all'anno, il bel Leo è e rimarrà probabilmente sempre associato a quella pellicola, il più grande incasso cinematografico di tutti i tempi, per lo meno prima che arrivasse quell’altra menata jamescameroniana di Avatar. Ma la verità è che no, Leonardo DiCaprio non muore alla fine del Titanic. Leonardo DiCaprio in realtà è sopravvissuto a quel viaggio, è sopravvissuto a quel film, il cui strabordante successo avrebbe potuto affondare la carriera di chiunque, non la sua.
C’hanno pure provato ad abbatterlo, con le critiche feroci a The Beach di Danny Boyle, pellicola che a conti fatti non era poi così malvagia. Certo, non era nemmeno riuscitissima, però ai tempi dell’uscita c’era chi parlava di uno dei peggiori film di Sempre e forse esagerava un pochino. Ma a quei tempi la facciona di DiCaprio compariva sulle t-shirts delle teenagers, per tutti lui era “quello del Titanic” e la sua reputazione stava all’incirca dove oggi stanno quelle di Justin Bieber e One Direction. Ovvero sotto zero.
Come uscire da una situazione del genere?
Dimostrando di essere bravo. Dimostrando di essere un grande attore, cosa che tra l’altro aveva già provato in precedenza, dalla sua strepitosa prova in Buon compleanno Mr. Grape al perfetto Romeo moderno del Romeo + Giulietta di Baz Luhrmann, prima che il Titanic facesse dimenticare tutto il resto.
E così Leo intelligentemente ha deciso di farsi un attimo da parte, dimenticare ruoli troppo romanticosi e potenziali nuovi blockbuster, per stringere un rapporto di tipo quasi paterno con quello che sarebbe diventato il suo mentore e regista di fiducia, Martin Scorsese. Con lui ha girato Gangs of New York, The Aviator, The Departed, Shutter Island e l’imminente The Wolf of Wall Street, e da lì in poi il DiCaprio ha deciso di partecipare a pochi film, pochi progetti selezionati con cura e sempre o quasi con grandi registi: Steven Spielberg (Prova a prendermi), Ridley Scott (Nessuna verità), Sam Mendes (Revolutionary Road), Christopher Nolan (Inception), Clint Eastwood (J. Edgar), il più grande di tutti Quentin Tarantino (Django Unchained) e poi ha ritrovato Baz Luhrmann (Il grande Gatsby).
Come si esce vivi dal Titanic, allora?
Facendo film notevoli con registi notevoli. Semplice, più o meno.
Parziale eccezione la fa il film di cui vi parlo qui sotto. Oggi Leonardo DiCaprio festeggia 39 anni e per l’occasione noi blogger cinematografici abbiamo deciso di dedicare la giornata ai suoi film. Io mi sono preso uno dei pochi interpretati dall’attore che ancora mi mancavano, Blood Diamond, che non si è rivelato uno dei migliori, mentre sui blog dei miei esimi e stimati colleghi potete beccarvi anche gli altri post di questo entusiasmante Leonardo DiCaprio Day.
"Con un bambino in braccio cucco un casino..."
Blood Diamond – Diamanti di sangue
(USA, Germania 2006)
Regia: Edward Zwick
Sceneggiatura: Charles Leavitt
Cast: Leonardo DiCaprio, Djimon Hounsou, Jennifer Connelly, David Harewood, Arnold Vosloo, Kagiso Kuypers, Stephen Collins, Michael Sheen, Benu Mabhena. Ato Essandoh
Genere: insanguinato
Se ti piace guarda anche: Rebelle - War Witch, Invictus - L'invincibile, Hotel Rwanda, L'ultimo re di Scozia

Con Blood Diamond – Diamanti di sangue, Leonardo DiCaprio ci mostra un altro suo lato. Un lato inedito. Non più quello da romantico eroe adolescenziale degli anni ’90, non solo l’attore feticcio di Scorsese e di alcuni dei registi più rinomati su piazza, bensì l’attore impegnato nel sociale. Non solo bello, non solo bravo, ma pure impegnato. Echeccazzo. Non fosse che lo considero tra i miei idoli, ci sarebbe proprio da odiarlo, tanto è perfetto. Se a ciò aggiungiamo che si è fatto alcune delle fighe più fighe del mondo della fighe, da Blake Lively a Paris Hilton, da Gisele Bündchen a Bar Refaeli, ci sarebbe da volerlo vedere morto come a fine Titanic. E invece no, perché Leonardo DiCaprio dev’essere anche una gran brava persona. Si preoccupa per il riscaldamento globale – ha prodotto il docu ambientalista The 11th Hour - L’undicesima ora –, sostiene i diritti dei gay, finanzia compagnie animaliste e si preoccupa pure delle popolazioni africane. In pratica, se lo odiate siete proprio delle brutte persone.

"...e con un cane in testa ancora di più!"
Questo Blood Diamond è allora l’occasione di DiCaprio per mostrarci il suo lato impegnato. Ottima l’intenzione, realizzazione molto professionale, pure troppo, peccato che a livello cinematografico sia uno di quei filmoni in cui si respira più aria di Hollywood che di Africa.
La regia perfettina di Edward Zwick ci presenta da una parte un’Africa da cartolina, splendidamente fotografata ma che fa molto video di “Waka Waka (This Time For Africa)” di Shakira. Per mostrarci anche il lato meno bello del continente nero paraponzi ponzi po’, Zwick decide di mostrarci anche attentati, esplosioni, massacri in una maniera spettacolare manco ci trovassimo in un action movie con James Bond. Un conto è la violenza esagerata e fumettistica dei film pulp di Quentin Tarantino, altra storia è l’uso a effetto delle devastazioni delle guerriglie africane per impressionare il pubblico seduto comodamente sulle poltrone mentre si magna i popcorn, così come fanno molto “tv del dolore” le scene più drammatiche. Capisco siano utilizzate per sensibilizzare gli spettatori, però qui forse un pochino si esagera.

Se lo sbatterci tutte queste situazioni dritte in faccia è parecchio sfacciato, Blood Diamond dalla sua ha comunque il personaggio del nostro eroe del giorno. Leonardo DiCaprio qui è alle prese con una figura tutt’altro che positiva, almeno all’inizio. Leo non è infatti uno dei suoi eroi romantici tipici degli anni Novanta, bensì un freddo mercenario che utilizza il traffico di diamanti per fare soldi soldi soldi, tanti soldi, senza guardare in faccia nessuno. Le cose cambieranno, piano piano, quando incontrerà la bella, – Solo bellaaa? – diciamo pure la gnocca paurosa Jennifer Connelly, un’affascinante giornalista che cerca di raccontare i drammi e le violenze che si celano dietro i diamanti che giungono nelle vetrine delle gioiellerie dei paesi ricchi. E le cose per lui cambieranno anche quando incontrerà Djimon Hounsou, uno schiavo al servizio di questo traffico di diamanti, separato dalla sua famiglia. Il DiCaprio quindi è un villain, all’inizio, poi…

"Paparazzato! Leonardo DiCaprio insieme a un bambino e poi con un cane!"

"Nooo! Dannato DiCaprio! Perché Jennifer Connelly non posso farmela io?"
Da un certo punto in poi il film lascia un pochino da parte la tematica sociale, pur sempre presente, per concentrarsi su un’avventura action a metà strada tra Indiana Jones e Alla ricerca di Nemo, solo al contrario, con il padre che andrà alla ricerca del figlioletto perduto. Perché va bene fare un film impegnato, ma i producers americani devono pur sempre offrire uno spettacolo cinematografico di quelli coinvolgenti e accattivanti al grande pubblico, quello che di film ne vede al massimo uno all'anno e se non è un Vaccanze di Natale dev'essere un blockbusterone spettacolare.
La pellicola resta così in bilico tra impegno e intrattenimento, tra Hollywood e Africa, provocando però nelle sue eccessive 2 ore e mezza di durata qualche sbadiglio. Per vedere un film sulla situazione africana e sui baby-soldati più “vero” e meno spettacolarizzato, ma allo stesso tempo cinematograficamente molto più affascinante, io, a costo di fare lo snob, consiglio semmai il piccolo e poco conosciuto Rebelle – War Witch, nominato agli Oscar 2013 tra le migliori pellicole straniere.
Il tentativo di sensibilizzazione di Blood Diamond nei confronti della tematica dei diamanti insanguinati, per quanto troppo ruffianotto, si può dire in ogni caso riuscito. Dopo aver visto un film come questo, chi avrà ancora il coraggio di comprare un diamante?
A parte che, con la situazione attuale, chi ha ancora non solo il coraggio ma pure la possibilità economica di comprarsi un diamante, insanguinato o meno che sia?
(voto 6/10)


mercoledì 13 febbraio 2013

REBELLE TERRA SELVAGGIA

Rebelle - War Witch
(Canada 2012)
Regia: Kim Nguyen
Sceneggiatura: Kim Nguyen
Cast: Rachel Mwanza, Serge Kanyinda, Alain Lino Mic Eli Bastien, Mizinga Mwinga
Genere: ribelle
Se ti piace guarda anche: Re della terra selvaggia, La sottile linea rossa
Uscita italiana: ?

Komona a 14 anni ha già avuto una vita piuttosto piena. Ha ucciso i genitori (è stata costretta a farlo), ha fatto la guerra, è stata considerata una strega di guerra (in senso positivo), si è sposata due volte, ha avuto un figlio…
No, non è l’inizio di una nuova puntata di Teen Mom. È la vita così come va in Africa, o almeno in alcuni paesi dell’Africa, o almeno ad alcune bambine dell’Africa.
La storia di Rebelle è dura e potentissima, ma ad esserne uscito fuori non è un film di quelli che puntano al facile pietismo e nel buonismo. Qualcuno ha detto The Impossible? Qualcun altro ha detto Fabio Fazio? Piuttosto, è uno di quei film che ti fanno pensare: “Cazzo, ci lamentiamo tanto della nostra vita, dei nostri problemi, della nostra povera Italia, e facciamo comunque bene a lamentarci perché uno non è che deve accettare tutto passivamente, però… però ci sono anche situazioni più dure della nostra. Parecchio più dure.”

Rebelle, a sorpresa, non è un film che ci sbatte la miseria della vita della giovanissima protagonista in faccia. Ci accompagna insieme a lei a scoprire una realtà terribile. Una realtà in cui i bambini, se va loro ancora bene e non vengono subito uccisi, sono presi dai loro villaggi, addestrati per diventare soldati macchine da guerra killer spietati, e costretti a uccidere o a essere uccisi fin dalla più tenera età, senza molte possibilità di miglioramenti sostanziali in vista per quanto riguarda il futuro. Il massimo a cui si può ambire è quello di diventare stregoni o streghe di guerra. Che culo.
Rebelle ci parla di questo, ma non è un documentario di denuncia. È un’opera cinematografica con un occhio vicino al naturalismo di Terrence Malick e che si/ci concede lampi visionari di una bellezza assoluta. È questo ciò che trasforma un personaggio dalla vita incredibile con una storia fortissima in un grande film.

La protagonista Komona sembra una sorella maggiore di Hushpuppy e Rebelle è un fratellino di Re della terra selvaggia (Beasts of the Southern Wild), leggermente meno fantasioso, ma comunque non privo di momenti visivi eccelsi e notevole sia per cosa racconta che per come lo racconta. Anche Rebelle vanta una strepitosa giovane protagonista, Rachel Mwanza, e lo sguardo tutto da tenere d’occhio anche nel futuro del regista e sceneggiatore canadese Kim Nguyen. Il suo nome non tragga in inganno, è un uomo, ha già alle spalle alcuni film poco considerati, mentre con questo potente Rebelle si è imposto di diritto tra i nuovi registi più interessanti del cinema mondiale e si è guadagnato una nomination all’Oscar 2013 tra i migliori film stranieri. Contro di lui ci saranno il super mega ultra strafavorito Amour, che vincerà sicuramente, più il norvegese Kon-Tiki, il cileno No e il danese A Royal Affair. Film di pregevole anzi ottima fattura di cui parlerò nei prossimi giorni, però il mio cuore fa e farà sempre il tifo per gli outsider, per i ribelli, per Rebelle.
(voto 8/10)



lunedì 25 aprile 2011

Pasquetta in Nord Africa

Cosa li avrà fatti spaventare così tanto?
Hanno visto tutto il film oppure solo Laura Esquivel?
I hurt myself today. Stavo pensando di farmi del male ed ero indeciso se tagliarmi le vene, accendere la tv sul TG4 (ma anche sul TG1 o sul TG5) oppure guardarmi Natale in Sudafrica. Alla fine ho propeso per quest’ultima opzione, mi sembrava la più estrema di tutte. E così dopo aver seguito Sanremo ed essermi sparato l’ultimo disco inferno di Vasco, mi cimento in una nuova missione davvero ai limiti umani e stavolta metto ancora più a rischio la mia stessa vita.
Perché lo faccio? Per lo stesso motivo per cui certa gente fa paracadutismo o si butta col bungee jumping; il senso del brivido è lo stesso, e poi perché è facile parlare e dire: “I cinepanettoni fanno schifo”, ma per vederli e poi giungere alla conclusione: “I cinepanettoni fanno davvero schifo”, allora lì sì che ci va del fegato. E anche molta, molta stupidità.
Ma ora che la rischiosa e suicida missione africana abbia inizio.

Non lamentatevi se poi l'elefante recita meglio di voi...
Natale in Sudafrica
(Italia, purtroppo, 2010)
Regia: Neri Parenti, ma credo sia stato sostituito da una scimmia in molte riprese
Cast: Christian De Sica, Max Tortora, Belen Rodriguez, Massimo Ghini, Giorgio Panariello, Laura Esquivel, Barbara Tabita, Serena Autieri, Brenno Placido, Alessandro Cacelli, un elefante, un leone e un ippopotamo (questi ultimi di gran lunga i migliori del cast)
Genere: panettone indigesto
Se ti piace guarda anche: un buco nero, vi darà all'incirca la stessa sensazione di vuoto

Trama
Adesso volete anche una trama... Il massimo che potete pretendere è un trauma (cranico).

Recensione
Sapevo sarebbe stata dura, ma già i titoli di testa promettono malissimissimissimissimissimissimo, con una scena di animazione in computer gra-fica magari anche gra ma di sicuro poco fica con degli elefanti che ballano sulle note di una versione tarocca del Waka Waka NON cantata da Shakira (si vede che avere i diritti per la canzone originale sarebbe costato più che dar da mangiare agli elefanti e a Panariello). Roba da rimpiangere, con tanto di lacrime VERE agli occhi, gli spot delle suonerie dei cellulari.

(sì, questa è una marketta: sono stato pagato dal gatto Virgola in persona)

Visto che non sa recitare, almeno le fanno fare scarico merci.
In quello se la cava
Ma siamo solo all’inizio: la voce fuori campo ci annuncia che il personaggio di Massimo Ghini è un dottore e si chiama Massimo Rischio. Uahahah, che risate! Giorgio Panariello invece fa il macellaio, solo perché in una scena successiva i due si scambieranno di parte e quindi si potrà fare la mitica e poco abusata battuta del dottore-macellaio. Uahahah, basta ragazzi: se continuate così mi farete schiattare dalle risate. O magari mi farete schiattare e basta, che un safari in Africa al momento mi sembra meno pericoloso.

Vuoi poi non giocare la carta delle parlate dialettali? Vuoi far mancare proprio questo al popolone nazional-popolare? Sarebbe come privare una leonessa dei suoi cuccioli. Sia mai, e allora raddoppiamo addirittura la razione con la moglie di Christian De Sica siciliana (Barbara Tabita) e l’ex moglie napoletana (Serena Autieri). Nonostante le due mogli, per una volta nell’episodio di De Sica non si gioca (non tanto almeno) su una storia di corna, ma c’è un intrigo internazionale che lo vede coinvolto con il fratello Max Tortora. Si tratta di roba forte, una situazione carica di tensione e di emozioni indescrivibili che ha a che fare con scambi di soldi falsi e di gioielli. Sembra che persino Leonardo DiCaprio, memore di Blood Diamond, si fosse interessato alla sceneggiatura, preferendo poi girare Inception. Avrà fatto bene? Comunque, tra tutta la banda, De Sica è quello che mi suscita maggior simpatia, sarà per quella paresi facciale da troppi lifting. Vabbè, più che simpatia me fa’ pena, daje, ché pure lui se vede che s’è rotto er cazzo de fa’ ste cojonate.

Sì, più che dal film quelli là in alto erano spaventati da lei...
La coppia Ghini-Panariello invece è letale. Sti due non fanno ridere nemmeno a minacciarli con un leone, cosa che pure capita nel mezzo delle mirabolanti avventure confezionate da Neri Parenti, che a questo giro non ha potuto contare sulla sceneggiatura “d’autore” di Fausto Brizzi, già troppo impegnato a sfornare i suoi capolavori personali con il dittico Maschi contro femmine e Femmine contro maschi (no, purtroppo non si tratta di due pellicole pornografiche). Eh sì che non sarebbe poi nemmeno troppo difficile tirare fuori qualche momento divertente giocato sulle avance (naturalmente senza successo) di entrambi con la Belen Rodriguez. L’argentina ci mette poi del suo, visto che più che recitare sembra stia facendo un provino per comparire nel prossimo spot di Alfonso Luigi Marra. Il suo corpo però recita piuttosto bene.

Per ammiccare al pubblico adolescenziale, anzi diciamo a quello dei massimo 12enni, quel volpone di Parenti ha ingaggiato pure quella cacacazzo del Mondo di Patty. Che poi il motivo del successo dell'altra argentina Laura Natalia Esquivel (meglio nota come Esquifezz) è davvero un mistero: è ‘na cozza a vedersi, ‘na capra con l’italiano, ‘na cagna a recitare, chi caaaa**o è che c'ha spedito questo strano incrocio di razze animali? Una volta dall’Argentina c’arrivava Maradona, che pur con tutti i suoi "piccoli" difetti era pur sempre meglio di 'sto scherzo della natura. Mi chiedo dove andremo a finire se continueremo così, quale destino spetterà ai nostri figli, cosa sta succedendo a questo mondo malato?

Non lamentatevi:
io come punizione per un film così vi avrei fatto anche di peggio...
Scusate lo sfogo personale. Mi ricompongo per segnalare qualche altro scempio, ehm volevo dire esempio di atrocità presente in questa pellicola. A proposito di figli, c’è Brenno Placido, il solito raccomandato, anche se non credo sia stato raccomandato dal padre (che pure ad esempio con Genitori & figli: agitare bene prima dell’uso le sue schifezze le fa pure lui). Oltre alla sigla, ci sono anche altri effetti speciali da mettersi le mani tra i capelli, come in un momento di trash supremo in cui Panariello con un rutto terrorizza un leone (il colpo di genio degli sceneggiatori!), e un finale con delle farfalle animate che vorrebbe (ipotizzo) essere forse poetico. Naturalmente c’è anche una marketta poooco spudorata: alla Monezza di Patty suona il cellulare LG con una scritta WIND a caratteri cubitali. Non contenti, c’hanno messo dentro pure uno spot vocale: “Wind, stiamo trasferendo la sua chiamata alla segreteria telefonica” pronunciata dal capo di una tribù africana che aveva il cellulare di Panariello in pancia.
Perché il capo di una tribù africana aveva il telefonino di Panariello dentro la pancia? Sì, è una storia lunga e questo film ha una trama molto articolata, ve l’ho detto: dietro ci sono fior fiori di sceneggiatori. Ma la domanda da farsi comunque è un’altra: il prossimo anno di nuovo Natale in Sud Africa?
Abbelli, eh no: io vi spedirei -adesso- a fare una bella Pasquetta in Nord Africa…
(voto 2-)

martedì 12 aprile 2011

Un altro mondo, magari uno senza film di Muccino

Potete anche vederlo in 3D se ci tenete, tanto questo film fa schifo lo stesso
Un altro mondo
(Italia 2010)
Regia: Silvio Muccino
Sceneggiatura: Silvio Muccino e Carla Evangelista
Cast: Silvio Muccino, Michael Rainey Jr., Isabella Ragonese, Maya Sansa, Flavio Parenti, Greta Scacchi
Genere: mucciniano
Se ti piace guarda anche: La ricerca della felicità, Rain Man, Parlami d’amore, Ricordati di me

Trama semiseria
Silvio Muccino è un ragazzo della Roma bene con un rapporto conflittuale con il padre. “Ma non è quanto ci aveva già propinato con la sua “opera” d’esordio Parlami d’amore?” vi starete chiedendo. Sbagliato: lì era un finto povero che finiva nella Roma bene, ma il rapporto conflittuale con il padre c’era uguale. Comunque un giorno Silvio (non Berlusconi, ma Muccino) riceve una lettera dal padre che non vedeva da anni in cui dice, ovviamente, di essere in punto di morte. E così Silvio (stiamo sempre parlando di Muccino, non di Berlusconi) parte per l’Africa e scopre di avere un fratellastro di colore di cui si dovrà occupare, visto che il padre nel frattempo schiatta. Una responsabilità enorme che lo farà maturare come persona, ma purtroppo non come regista e sceneggiatore…

Se Parlami d'amore l'ha fatto per farsi la Crescentini, questo l'ha fatto per farsi la
Ragonese. Ma provare a invitarle a cena risparmiandoci questi strazi di film?
Recensione cannibale
American Beauty ha fatto un sacco di danni. Uno dei film americani più belli (nel senso pieno del termine) degli ultimi anni ha generato un sacco di cloni che si sono ispirati sia a livello narrativo che stilistico, al cinema quanto nelle serie tv. Gente come i Muccino ne è però rimasta talmente segnata da rimanerne intrappolata (forse a vita) e mentre i loro personaggi sono vittime della sindrome di Peter Pan, loro due sono vittime della sindrome di American Beauty. Gabriele ha fatto la sua rilettura Italian Beauty con Ricordati di me, film comunque ancora piuttosto riuscito che proponeva peraltro un’interessante riflessione sul Velinismo, quindi ancora con Baciami ancora. Se già quello appariva fuori tempo massimo, adesso ci si mette pure il Muccino junior. L’inizio di questo Un altro mondo è infatti all’insegna della voce fuori campo che ci propone alcune riflessioni esistenziali (in questo caso risibili), accompagnate da una musica che chiamarla un plagio di quelle splendide composte da Thomas Newman per American Beauty è dire poco.

Eddaje 'sto bimbo rompicojoni. Quasi quasi lo elimino
dalla sceneggiatura che me rovina la scopata!
Dopo questa apertura, Silvio cerca di smarcarsi da questo modello. Peccato che finisca in un’altra, e ben più pericolosa, trappola: Muccino jr. infatti vuole omaggiare il fratello maggiore e il suo film peggiore, l’agghiacciante La ricerca della felicità. Per sua fortuna non si tocca il fondo di quei livelli di bassezza, però ne esce una pellicola comunque talmente ricca di retorica che mi immagino Veltroni mettere su questo DVD quando ha voglia di farsi una sega.
Rimanendo sul tema Sinistra, visto che poi mi si accusa di prendermela sempre e solo con Berlusconi, a questo film possiamo applicare una critica che qualcuno (non ricordo più chi) aveva rivolto a Nanni Moretti e al suo La stanza del figlio, dicendogli una cosa del tipo: “Se tu ti sposti un pochino, Nanni, magari ci lasci anche vedere un bel film.” Ecco, se in quel caso il protagonista oscurava un po’ troppo il resto della pellicola, qui avviene un po’ la stessa cosa, ma il caso è decisamente più preoccupante. Perché Silvio Muccino non è certo Nanni Moretti.

Come avevo già detto a proposito del suo primo film Parlami d’amore, io non ho niente contro Silvio Muccino, anzi mi è sempre stato simpatico fin dall’ottimo Come te nessuno mai, da lui pure co-sceneggiato. Peccato che sia rimasto ancora al liceo. Silvio Muccino è infatti quel compagno di scuola che invidi perché è così bravo a scrivere i temi e dice tutte quelle cose giuste nel modo giusto e ti sembra maledettamente bravo. Però da allora non si è più evoluto e le sue idee sarebbero valide al massimo come temini liceali, non per dei film veri e propri. Questo Un altro mondo ne è l’esempio più lampante: con un soggetto che parla d’Africa, del confronto tra diversi modi di vivere, del conflitto tra genitori e tra fratelli (vagamente alla Rain Man) era davvero difficile non fare un bel film, o perlomeno un film carino. E invece Muccino jr. è riuscito nell’impresa di fare una roba davvero indigesta, infarcita di dialoghi oltre, davvero oooltre il ridicolo, con meriti divisi con Carla Evangelista (in realtà sarà mica Linda Evangelista?), autrice del romanzo da cui è tratto, e pure recitata davvero male. Mi spiace dirlo, ma come attore Silvio è davvero poca roba e avrà anche preso lezioni di dizione e smesso di farfugliare come Jovanotti, però si fa sempre fatica a comprenderlo. Come già in Parlami d’amore, il Silvio ci regala poi la solita (gratuita) scena a torso nudo per farci vedere che ha messo su massa muscolare e un paio di altre (gratuite pure queste) scenone di sesso.
Se si addormentano loro, figuriamoci noi poveri spettatori...
In più con lui c’è anche il fratellino africano, un bambino dalla voce odiosa che, aiutato dai pessimi dialoghi scritti per lui da Muccino e Carla (Linda?) Evangelista, riesce a risultare (quasi) più odioso di Jaden Smith nel già citato La ricerca della felicità. Persino la povera Isabella Ragonese, che solitamente se la cava più che bene, è trascinata verso il basso da un copione simile.

L’impressione è che se evitasse di fare l’attore (che non è proprio il suo mestiere) e lo sceneggiatore (che le poche idee che aveva, così come il fratello, ormai le ha esaurite) e si limitasse a dirigere il suo tocco non sarebbe affatto male. La macchina da presa sa dove metterla, il senso del movimento l’ha preso dal fratello (che pure ne abusa) e insomma se si togliesse da davanti e ci lasciasse vedere il film, anziché lui, forse ne uscirebbe qualcosa di interessante.
Comunque va apprezzato il coraggio di Silvio Muccino, perché ce n’è va parecchio per presentare in pubblico un film del genere.
(voto 4)


(Muccino usa un pezzo di Bruce Springsteen in colonna sonora, ma l'effetto non è proprio quello di The Wrestler…)
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