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giovedì 15 ottobre 2015

Mission: Impossible - Rogue Nation Rogue Station





Mission: impossible del giorno: scrivere una recensione di Mission: Impossible - Rogue Nation in appena 3 minuti di tempo e senza prendere fiato.
Non vi sembra una mission: così impossible? Allora per aumentare il coefficiente di difficoltà la realizzerò in apnea sott'acqua. Esatto: questa sarà la prima recensione scritta sott'acqua della Storia. Per aiutarmi a compiere l'impresa, mi servirò di una speciale tastiera subacquea. Voi ovviamente non potete vedere mentre la scrivo, però fidatevi: la realizzerò per davvero da sott'acqua.

"Oh mio Dio! Neanch'io mi cimenterei in una mission del genere."

venerdì 9 ottobre 2015

Santo cielo delle Hawaii





Sotto il cielo delle Hawaii
(USA 2015)
Titolo originale: Aloha
Regia: Cameron Crowe
Sceneggiatura: Cameron Crowe
Cast: Bradley Cooper, Emma Stone, Rachel McAdams, John Krasinski, Bill Murray, Alec Baldwin, Danny McBride, Michael Chernus, Ivana Milicevic
Genere: hawaiano
Se ti piace guarda anche: Paradiso amaro, Non mi scaricare, 50 volte il primo bacio

Breve bignamino delle divinità hawaiiane (fonte Wikipedia Italia, quindi credeteci a vostro rischio e pericolo):

Haumea : dea della fertilità
Kaulu : uccisore di Haumea
Pele : dea del fuoco
Aumakua : dio della famiglia
Kāne: padre di Pele (dea) e creatore del mondo
Kamapua'a : semi-dio della fertilità
Māui : eroe mitico attribuito alla creazione delle Hawaii
Namaca : figlia di Haumea
Nu'u : Uomo sopravvissuto al diluvio
Lono : dio principale delle isole Hawaii
Wākea : ha creato la pioggia, il sole e la luna.
Ukupanipo : divinità invocata per favorire la pesca dalle sembianze di squalo

mercoledì 28 gennaio 2015

STILL ALICE, UN FILM CHE PARLA DI NON MI RICORDO PIÙ COSA





Still Alice
(USA, Francia 2014)
Regia: Richard Glatzer, Wash Westmoreland
Sceneggiatura: Richard Glatzer, Wash Westmoreland
Tratto dal libro: Perdersi (Still Alice) di Lisa Genova
Cast: Julianne Moore, Alec Baldwin, Kristen Stewart, Kate Bosworth, Hunter Parrish, Shane McRae, Stephen Kunken, Seth Gilliam
Genere: smemorando
Se ti piace guarda anche: non ricordo altri titoli simili in questo momento, forse Memento

Non ho mai avuto una grande memoria.
Hey, la sapete una cosa, che credo di non avervi mai detto?
Non ho mai avuto una grande memoria. Lo so che l'Alzheimer non colpisce per forza le persone come me e un film come Still Alice ci mostra come possa manifestarsi in una professoressa di linguistica che ha sempre avuto nella memoria e nelle parole il suo punto di forza. Io magari rimarrò costante così, a un livello di memoria mediamente di merda, ma non peggiorerà troppo. Eppure quando si parla di Alzheimer è come se si parlasse di qualcosa che mi riguarda in prima persona, come se fosse destino che mi venga. Non so, è una paura che ho e ve l'ho mai detto che non ho una grande memoria? L'altro giorno mi pare fosse il Giorno della Memoria, solo che non ricordo mai in memoria di cosa sia. Forse delle persone con poca memoria come me, peccato che le persone come me non si ricordano mai in che giorno vada festeggiato.

venerdì 31 gennaio 2014

NEL BLU DIPINTO DI BLUE JASMINE




"Una recensione di Blue Jasmine? Oh, ma che bello!"
Blue Jasmine
(USA 2013)
Regia: Woody Allen
Sceneggiatura: Woody Allen
Cast: Cate Blanchett, Alec Baldwin, Sally Hawkins, Bobby Cannavale, Michael Stuhlbarg, Louis C.K., Alden Ehrenreich, Peter Sarsgaard
Genere: alleniano
Se ti piace guarda anche: qualunque altro film di Woody Allen a parte To Rome With Love che quello te lo puoi anche risparmiare

Continuo a non capire. Woody Allen mi piace o meno?
Ci sono alcuni suoi film che ho apprezzato parecchio (Midnight in Paris e Io & Annie su tutti), altri che invece considero sopravvalutati (Match Point e Manhattan, per esempio), mentre altri sono proprio delle porcatone (Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni e l’atroce To Rome with Love), e ancora ve ne sono alcuni che mi sembrano piuttosto buoni ma non eccezionali (come Sogni e delitti, Vicky Cristina Barcellona, Scoop e Basta che funzioni). E ce ne sono un sacco che non ho visto perché questo gira un film all’anno e per recuperarli tutti bisognerebbe prendersi un anno sabbatico soltanto per recuperarli.
Di Woody adoro il suo tipo di umorismo, cinico, bastardo e vagamente, ma neanche troppo vagamente, intellettualoide. Mi piace la sua attitudine snob. Ai Golden Globe Awards che si sono tenuti una manciata di settimane fa ad esempio gli hanno fatto l’onore di consegnargli il premio alla carriera e lui non s’è manco scomodato di andare a ritirarlo, tanto per dire quanto è snob. Di Woody adoro inoltre l’influenza che ha avuto sulle nuove generazioni, su serie come Girls o Louie.

"Non è iniziata benissimo. Meglio berci su."
Il mio problema con Woody Allen… qual è il mio problema con Woody Allen?
Il principale è proprio quello che gira un sacco di film. Uno all’anno è troppo, considerando il tempo e la cura necessari che si devono riporre sia nella fase di scrittura che nella pre-produzione che poi nel girare. Ormai Woody ha sviluppato un suo modello di lavorazione che gli consente di sfornare una pellicola dopo l’altra come se fosse in catena di montaggio e il problema è proprio questo. Spesso si ha la sensazione di un compitino annuale svolto con diligenza, senza però il fuoco dentro. Senza che ci sia una reale urgenza creativa. La voglia di dire e di fare, nonché l’anarchia di una pellicola come Io & Annie, sono ormai un ricordo lontano, persino nelle sue pellicole recenti più riuscite. C’è sempre l’impressione di una costruzione eccessiva, finta e ormai affiora una certa ripetitività. I personaggi di Woody continuano a essere una variante di Woody, pure in questo ultimo Blue Jasmine. Non inganni l’aspetto di Cate Blanchett, decisamente poco somigliante all’occhialuto regista newyorkese. Jasmine non è altro che un altro, l’ennesimo alter-ego di Allen. Come sarebbe Woody se fosse una bionda ricca che improvvisamente si trova con le pezze al culo?
Sarebbe così, sa-sa-sa-sarebbe Ja-ja-ja-jasmine.
"Beh dai, non sta andando nemmeno troppo male."

Con Blue Jasmine, Woody conferma comunque la sua abilità di scrittura perché questo, checché possa sembrare, è un altro esercizio di scrittura del regista e sceneggiatore precursore degli hipster. I dialoghi sono anche questa volta ottimi, i personaggi sono ben costruiti, qualche battutina azzeccata emerge qua e là, anche se l’umorismo è diventato più acido e feroce del solito.
La cosa migliore di Blue Jasmine è questa. Ci propone un Woody Allen incazzato. Non si sa bene in particolare con chi o con cosa. Forse con tutti. Ce n’è sia per la upper class che per i proletari.


"Io come Meryl Streep? Ma che scrive, quel Cannibal Kid?"
Eppure il film non morde del tutto. Così come l’interpretazione di Cate Blanchett. Brava, bravissima Cate Blanchett, ma la sua è una di quelle performance che sembrano più una strizzatina d’occhio all’Academy e alle varie giurie di premi piuttosto che un far vivere per davvero il suo personaggio. Uno di quegli esercizi di recitazione, una di quelle interpretazioni impeccabili alla Meryl Streep. La blue Jasmine della Blanchett è un personaggio notevole, ma resta per tutto il tempo un personaggio di fiction, non si trasforma mai in una persona vera. Anche le scene di maggior follia, recitate con una notevole intensità, non sfociano mai in un lasciarsi andare completo, liberatorio, come la straordinaria Natalie Portman de Il cigno nero, tanto per fare un esempio non a caso, o come il sorprendente Leonardo DiCaprio di The Wolf of Wall Street. Quindi brava, bravissima Cate Blanchett, ma l’Oscar io non glielo darei. Tanto l’Academy glielo consegnerà di sicuro, quindi a cosa conta la mia opinione?

"Beh, almeno noi non ci possiamo certo lamentare..."
Ho amato invece Sally Hawkins. Sally Hawkins sì che è un fenomeno. Come già capitato con la idola Poppy di Happy Go Lucky, Sally Hawkins è una di quelle attrici che riescono a trasformare un personaggio in una persona, una persona a tutto tondo, nonostante la costruzione molto fiction del cinema di Allen. La Hawkins l’ho adorata, così come anche Louis C.K., il grandissimo comico della sopra citata serie Louie. Uno che ha un tipo di umorismo parecchio alla Woody Allen, uno per giunta di New York City, uno quindi che non poteva mancare di comparire prima o poi in un suo film. In attesa che Woody gli regali una pellicola da protagonista assoluto, qui Louie, per quanto in un ruolo piccolo, ci regala i momenti più divertenti della visione. Applausi pure per gli altri attori del cast, soprattutto il tamarro Bobby Cannavale, il sempre più promettente Alden Ehrenreich che qui fa il figliastro della Cate Blanchett e il sempre sottoutilizzato e sottovalutato Peter Sarsgaard.

"Cannibal Kid, sono parecchio adirata con te!"
Menzione negativa invece per Michael Stuhlbarg e il suo macchiettistico personaggio del dentista maniaco.
Un’altra cosa che non mi convince mai del tutto nei film di Allen sono poi le musiche. Questo jazzettino che usa spesso e volentieri cosa mi rappresenta? È poco emozionante, poco trascinante e, più che come accompagnamento di una pellicola cinematografica, andrebbe bene come musica da ascensore. A spiccare qui è giusto una rilettura in chiave jazzata di “Blue Moon”, che pure è carina ma è incapace di creare un vero trasporto emotivo. Almeno per quanto mi riguarda. Tutto il film mi ha dato la stessa impressione. Guardabilissimo, scivola via che è un piacere, eppure la sensazione che manchi qualcosa non mi ha abbandonato dall’inizio alla fine. Per quanto questa volta sia incentrato su un personaggio femminile, per quanto sia un po’ meno comedy e più amarognolo del solito, alla fine è sempre il solito Woody. Non certo al suo peggio, in confronto al precedente To Rome with Love il livello è tornato per fortuna a essere molto ma molto più alto, però nemmeno al suo meglio. È un Woody medio, con tutti i pregi e i difetti del caso. Perché?
Ancora una volta torniamo lì. Al fatto che gira troppo. In questo Blue Jasmine c’è fondamentalmente solo un’idea narrativa: alternare il presente da miserabile poveretta in quel di San Francisco della protagonista al passato in cui era una benestante, molto benestante in quel di New York. Un espediente non certo nuovo e che dalla serie Lost in poi è diventato alquanto abusato e che comunque qui tutto sommato funziona. Basta che funzioni. Peccato sia anche l’unico spunto del film e te credo, quando uno ne gira uno all’anno, non è che può avere tutte le volte tremila idee.
Posso allora solo immaginare cosa tirerebbe fuori se girasse una pellicola ogni dieci anni. Ma so già che non lo scoprirò mai. Woody continuerà a sfornare il suo film annuale, io continuerò a guardare e apprezzare di più o di meno o a storcere il naso a secondo del caso, senza però mai rimanere travolto completamente dal suo cinema. Senza mai amarlo del tutto. E per questo motivo oggi mi sento un blue Cannibal.
(voto 6+/10)

martedì 4 dicembre 2012

Rock for aged

Rock of Ages
(USA 2012)
Regia: Adam Shankman
Cast: Julianne Hough, Diego Boneta, Tom Cruise, Russell Brand, Alec Baldwin, Paul Giamatti, Bryan Cranston, Catherine Zeta-Jones, Malin Akerman, Mary J. Blige, T.J. Miller
Genere: kitsch
Se ti piace guarda anche: Glee, Moulin Rouge!, Nine, Burlesque

Che tamarrata!
Una tamarrata con un grande Tom Cruise nella parte di un rocker ispirato a Bret Michaels, Axl Rose, Jon Bon Jovi, Anthony Kiedis, Nikki Sixx, Tommy Lee, al cantante degli Europe e a Satomi dei Bee Hive...

"Non ho più l'età per fare... che ora si è fatta? Le 8 di sera? Troppo tardi!"

...con la Barbie-gnocchetta Julianne Hough che è rock quanto un pezzo dei One Direction...
Cioè tantissimo!
XD

"Pettinata così sono più rock di Heather Parisi!"

...con il promettente Diego Boneta che assomiglia al protagonista del telefilmetal Todd and the Book of Pure Evil...

"Hey, baby, l'hai comprata la compilation di Natale di quel nuovo artista, quel Michael Bublé?"
"No, è troppo heavy-metal per me."
"Penso che tu non sia pronta per questa musica... ma ai nostri figli piacerà!"
...con Alec Baldwin nella parte di Mr. James Ford, con Russell Brand nella parte praticamente di se stesso, con un Bryan Cranston come al solito quando non è in Breaking Bad sprecatissimo, con una Catherine Zeta-Jones che sembra l’abbiano “ibernata nel culo di Margaret Thatcher”, con un’insopportabile scimmietta, con una sceneggiatura sfilacciata e con una selezione musicale che sembra uscita da Virgin Radio...
Tutto questo è Rock of Ages!

"Ma perché Katy Perry era sposata con te?"
"Ma semmai perché Kim Basinger era sposata con te?"

E poi?
Poi alcune scenette musicali sono ottime (tutte quelle con Tom Cruise), qualcuna divertente (Alec Baldwin + Russell Brand sulle note dei REO Speedwagon), qualcun’altra sembra una versione leggermente rock-oriented di High School Musical (quelle con Julianne Hough), qualcun’altra è penosa (Z-Jones in Chiesa) e qualcun’altra evitabile (Mary J. Blige che c’azzecca con il rock?).

"Dici che conciata così sembro più trans che rock? Certo che anche tu, con quel look da Ke$ha, non sei messa tanto meglio..."

Ambientato in un’epoca lontana lontana in cui la dubstep non era ancora stata inventata, Rock of Ages a tratti sembra una puntata di Glee in cui si cantano classici del rock anni ’80, ovvero una puntata di Glee qualsiasi, a tratti sembra una commedia 80s, a tratti è banalotto, a tratti è più un musical di Broadway che una pellicola cinematografica vera e propria, a tratti è piacevole e divertente.
Però, soprattutto, che tamarrata che è!
(voto 5,5/10)


sabato 22 settembre 2012

Una donna in corriera

Una donna in carriera
(USA 1988)
Titolo originale: Working Girl
Regia: Mike Nichols
Cast: Melanie Griffith, Sigourney Weaver, Harrison Ford, Alec Baldwin, Joan Cusack, Kevin Spacey, Oliver Platt, Jeffrey Nordling
Genere: laborioso
Se ti piace guarda anche: Crime d’amour, Il segreto del mio successo, Il diavolo veste Prada, Jerry Maguire, Wall Street

“Ho un cervello per gli affari e un corpo per il peccato, ci trovate qualcosa da ridire?”
Tess McGill (Melanie Griffith)

C’è qualcosa di più anni ‘80 di Una donna in carriera?
Forse possono competere giusto Il segreto del mio successo, Wall Street, gli Wham!, i paninari, il programma Drive In e Heather Parisi.
Che fine ha fatto Heather Parisi?
Non lo so e non lo voglio sapere. Probabilmente sta in mezzo alle cicale, cicale cicale cicale.





(Madonna che video!
Nel senso che Madonna un video così se lo sogna...)

Dalla prima fino all’ultima scena, Una donna in carriera (Working Girl) è un tripudio di ottantitudine.
A partire dal cast con Harrison Ford, Sigourney Weaver, Melanie Griffith e, soprattutto, i capelli di Melanie Griffith!


Tra le tante cose degli 80s che sono tornate di moda nel passato più o meno recente, per fortuna non ci sono state le pettinature vaporose come quella sfoggiata dalla Griffith all’inizio del film. Che l’umanità stia facendo progressi?

Il film è una celebrazione dei valori del capitalismo americano più spinto. Quello del farcela a tutti i costi. Farcela a fare cosa?
Ad avere una carriera e ad essere rispettati nel mondo del lavoro, meglio se nell’alta finanza, meglio se a Wall Street, altrimenti sei solo uno sfigato. Roba che se uscisse oggi ci sarebbe da guardarlo sdegnati, però all’epoca ci poteva stare. Anche perché poi Una donna in carriera è un film di denuncia…
Ehm, no eh?
Diciamo allora che cerca comunque di presentare un’etica del lavoro fondata sulla libera competizione, come quando Melanie Griffith la segretaria intraprendente gioca sporco con Sigourney Weaver la capa stronza, credendo che quest’ultima le abbia soffiato una sua idea, e forse è proprio così o forse no, e insomma il tutto si trasforma in un girl fight a tutti gli effetti, soltanto che anziché lottare nel fango, le due se le danno di santa ragione a suon di contatti con uomini potenti e finiscono invischiate immancabilmente pure in un triangolo amoroso con Harrison Ford. Indiana Jones in persona. Han Solo in persona. L’attore che non azzecca più manco mezzo film da almeno un decennio e forse anche da molto di più in persona.
Anche Melanie Griffith non arriva da un periodo molto fortunato, a livello di carriera; negli ultimi tempi la si è vista solo nella stagione finale di Nip/Tuck, dove interpretava la madre di Kimber, e da allora è passato già qualche anno. Colpa proprio di quella stessa chirurgia estetica protagonista di Nip/Tuck che l'ha trasformata così?


Meglio stanno andando le cose a Sigourney Weaver. Al di là dell’apparizione nell’atroce Avatar diretta dal suo regista preferito (e mio meno preferito) James Cameron, è infatti comparsa in qualunque film (Abduction, La fredda luce del giorno, Quella casa nel bosco, Ancora tu!, Paul, Rampart…) ed è protagonista pure della nuova serie Political Animals, discretamente interessante.
A me non è mai piaciuta e continua a non piacere, però devo dire che in Una donna in carriera, nella parte della stronzilla, se la cava alla grande. Sarà un caso?

Nel cast timbra il cartellino di presenza anche Kevin Spacey, in un’apparizione flash però memorabile in cui interpreta il tipico uomo d’affari 80s cocainomane e sessuomane, che così tanto assomiglia al tipico uomo d’affari d’oggi cocainomane e sessuomane. Performance breve, ma fenomenale. E poi c’è anche Alec Baldwin. Alec Baldwin e il suo petto villoso pure questo troppo 80s.

"Hey tu, ieri sera mi sembravi molto più sexy. Avrò mica bevuto troppo?"

"Auguri ai tuoi capelli! Sono 3 decenni che non vedono un parrucchiere, vero?"
Non l’ho ancora detto? Davvero? E allora lo dico: la pellicola è diretta dal solito buon Mike Nichols, uno che è riuscito a passare con disinvoltura attraverso i vari decenni, dal film simbolo dei 60s Il Laureato alla splendida disamina delle relazioni moderne di Closer.
La colonna sonora è poi firmata da Carly Simon. Una che se non ne sapete nulla di musica anni Ottanta dopo aver sentito il suo nome domanderete: “Chiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii?” perché è una cantante pure lei troppo 80s, di quelle che l’1 gennaio 1990, allo scoccare della mezzanotte, è sparita nel nulla. È finita in un’altra dimensione, insieme a molti altri artisti simbolo del decennio, spazzati via dal grunge, dall riff di Smells Like Teen Spirit, dalla Generazione X e da Quentin Tarantino.
Ma gli anni Ottanta si sarebbero rifatti qualche tempo più tardi, facendo la loro riapparizione nell’immancabile revival degli ultimi anni, a livello di musica, di stile, di cinema, di moda, ma per fortuna non di capigliature. Yuppie!
(voto 6,5/10)

ATTENZIONE SPOILER
P.S. Due parole, ma anche qualcuna in più, a proposito della scena finale della pellicola: Melanie Griffith corona il suo sogno di Working Girl e da semplice segretaria (nessuna offesa nei confronti delle semplici segretarie) ottiene un ufficio tutto suo. E senza nemmeno fare troppi pompini in giro, Harrison Ford a parte. La macchina da presa poi si allontana e ci mostra Melania dentro il suo ufficio, al fianco di decine, centinaia, di altre persone chiuse nei loro uffici del grattacielo. Il classico lieto fine, con la protagonista che ha ottenuto ciò che vuole. Bene così?
Montato con una musica differente, il finale potrebbe però essere visto sotto una luce ben più negativa. Come l’alienazione totale all’interno della società moderna. Il capitalismo più sfrenato che inghiotte le persone e le fa diventare dei criceti isolati, ognuno chiuso dentro il suo ufficetto, impegnato a fo**ere gli altri nella maniera migliore per ottenere un ufficio ancora più grande e ancora più isolato.
Happy ending, dunque, oppure uno dei finali più inquietanti e preoccupanti nella storia del cinema?

Post apparso anche su L'orablu.

mercoledì 24 marzo 2010

Complicato?

È complicato
Titolo originale: It’s Complicated
Regia: Nancy Meyers
Cast: Meryl Streep, Alec Baldwin, Steve Martin, Lake Bell, John Krasinski

È complicato apprezzare una commedia rivolta principalmente a un pubblico di donne in meno pausa?
Quando ci si trova davanti degli attori in grado di far ridere con una semplice espressione, non è poi così complicato. Meryl Streep è mostruosa anche in veste comica, non è una novità. Alec Baldwin non era un bravo attore. Anzi, era un pessimo attore. Da quando ha messo su quel chiletto (e forse anche di più) di troppo, suscita però un effetto risata assicurata. E a Steve Martin a questo giro non resca che perdere il confronto con una coppia così affiatata.

Un grande merito di “È complicato” è poi quello di essere una delle poche commedie americane degli ultimi anni a non proporre gag con animali e/o bambini, immancabili nei film del genere da “Tutti pazzi per Mary” in avanti e oramai davvero insopportabili. Certo, ci sono un paio di espedienti classici, le scenette con la video chat e la cannetta fumata dai non più giovanissimi Meryl Streep & Steve Martin, ma gli effetti sono talmente esilaranti che si ringrazia gli autori per averle inserite.
È complicato? No, è tutto così semplice.
(voto 6,5)

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