(mini-serie in 2 puntate)
Regia: Enzo Monteleone
Cast: Alessio Boni (Walter Chiari), Bianca Guaccero (Valeria Fabrizi), Dajana Roncione (Alida Chelli), Anna Drijver (Ava Gardner), Caterina Misasi (Lucia Bosè), Karin Proia (Sophie Blondel), Gerry Mastrodomenico (Bruno Guidazzi)
Genere: biopic Rai
Se ti piace guarda anche: Rino Gaetano - Ma il cielo è sempre più blu, J. Edgar, The Iron Lady
Era da parecchio tempo che non guardavo qualcosa su Raiuno, Mondiali di calcio a parte.
Possibile? Ma no, avrò di certo visto qualcosa di recente. Di sicuro Raiuno ha offerto un sacco di cose interessanti…
Ehm no. Forse era dai tempi di Ma il cielo è sempre più blu, la fiction dedicata a Rino Gaetano nel 2007 che non la guardavo. Non per più di 2 minuti, almeno, e non per mia volontaria scelta, almeno. A farmi tornare sulla prima rete nazionale è stata ora proprio un’altra miniserie biografica su un personaggio storico dell’intrattenimento del nostro paese di cui in verità non sapevo molto: Walter Chiari, vero nome Walter Annichiarico.
Anche se, va detto, mi sono recuperato la serie in rete e non in tv, per la serie: pagare il canone mi è davvero utile, yay!
La storia dell’ascesa e declino di Walter Chiari l’entertainer copre una larga fetta dell’ultimo secolo, con partenza dal dopoguerra e arrivo ai primi anni ’90. L’affresco socio-culturale che ne esce è molto superficiale: vediamo l’immancabile scenetta ambientata durante Italia - Germania 4 - 3, con Chiari che la segue impassibile in prigione, e qualche immagine di repertorio cucita insieme alla buona. Dopo tutto si tratta pur sempre di una fiction firmata mamma Rai.
Se la qualità televisivo-cinematografica è buona per gli standard Rai, è però ben al di sotto delle produzioni BBC o HBO o AMC, giusto per mettere le cose nella giusta prospettiva e non alimentare false speranze.
Nonostante a livello registico Enzo Monteleone non si segnali in modo particolare e la sceneggiatura sia piuttosto banalotta, la miniserie in due puntate fugge via piacevole e guardabilissima. Merito di un personaggio interessante, anche e forse soprattutto per chi di lui non ne sapeva fino ad ora un bel niente come me. E merito di un ottimo Alessio Boni in versione tour de force che si è immedesimato del tutto in Walter Chiari, nonostante qualche forzatura caricaturale non manchi. Un’interpretazione notevole che negli Usa gli avrebbe fruttato un Emmy Award o perlomeno una nomination, mentre qui in Italia si dovrà accontentare di... mah, un Telegatto? No, non ci sono manco più quelli. Allora dovrà accontentarsi di una pacca sulle spalle virtuale da parte di Pensieri Cannibali. È pur sempre qualcosa, no?
Il cast di contorno si segnala invece per la presenza di fanciulle più belle che brave a recitare ma che comunque si stagliano sopra la media-fiction nostrana, in particolare una divertente Dajana Roncione nei panni della moglie burina di Chiari e quella bonazza mediterranea di Bianca Guaccero.
"Ma quanti colori di capelli cambi? Vorrai mica farti pure Bianca? Uahaha!" |
La prima puntata è la più interessante delle due, grazie a una costruzione su due piani temporali: il Walter carcerato nel ’70 e i vari flashback riguardanti la sua ascesa al successo nel mondo dello spettacolo. Una costruzione che seppure lontana dalle stratificazioni di un J. Edgar risulta più efficace rispetto alla seconda puntata fin troppo lineare, che ci presenta invece la parte - di solito - più avvincente in questo genere di storie, ovvero quella del declino.
Riguardo all’ascesa, Walter Chiari è venuto fuori dal nulla, grazie al suo fascino magnetico, alla sua presenza sul palco e pure alla sua abilità nel raccontare barzellette. Dai palchi teatrali è passato quindi alla televisione e al cinema, diventando ben presto un personaggione capace di oscurare persino le dive che erano solite circondarlo, come una certa Ava Gardner. La parte più affascinante della storia è quella del Walter Chiari playboy che se le fa tutte, oltre alla Gardner pure Lucia Bosè, futura madre di Miguel Bosè, e alcune altre dive come Mina di cui però nella serie non si parla. Gli anni ’60 ricostruiti dalla fiction viaggiano da qualche parte tra Mad Men e La dolce vita, modelli citati ma ovviamente non eguagliati, nonostante una fuga dai paparazzi che sembra uscita dritta dritta dal film di Fellini. Poco spazio si ritaglia invece il mondo televisivo, forse per paura di dare un’immagine negativa della Rai e dimostrando quindi ben poco coraggio, soprattutto se paragonato al grande The Hour trasmesso dalla BBC, capace di attaccare profondamente la BBC stessa degli anni ’50.
Una frecciatina alla Rai però questa fiction la tira fuori comunque: dopo il processo per lo scandalo coca, Walter Chiari attraversa un lungo periodo lontano dalla televisione e quando una fan gli chiede se tornerà sul piccolo schermo, lui risponde: “Chiedetelo alla Rai”.
La seconda puntata, quella sul secondo tempo nella vita del Chiari, è quella del declino, con i media tradizionali che lo abbandonano e i riflettori che cominciano a spegnersi dopo la discussa vicenda del processo. Negli anni ’70, lo showman si ricicla quindi su palchi di terz’ordine di vari locali italiani, fino a tornare negli 80s in tv grazie alle reti locali: sfumato un contratto con Rete 4, finisce ad Antenna 3, seppure brevemente. Il mondo televisivo è però cambiato parecchio rispetto ai suoi tempi d’oro, c’è stato l’avvento del Berlusconi style, delle televendite, e il Walter non è più l’uomo giusto al posto giusto nel momento giusto. È in questo Viale del tramonto che la mini mini-serie avrebbe potuto giocare le sue carte migliori, grazie a una vicenda poi non molto lontana ad esempio dal George Valentin del premiatissimo The Artist. Peccato che ci troviamo pur sempre dentro a una fiction Rai e il declino venga quindi rappresentato giusto attraverso una drammatica, scontata (e probabilmente inventata) scenona del Chiari a pezzi per l’uso eccessivo di droga.
L’ultima occasione di riscatto arriverà quindi per lui non grazie alla perfida televisione, che certi scandali non riesce a dimenticarli, bensì con il cinema: è con il film Romance sul rapporto tra un padre e un figlio che Walter Chiari torna a far parlare di sé al Festival di Venezia, dove stava per vincere la Coppa Volpi di migliore attore, andata poi a Carlo delle Piane. Ma a non funzionare nella seconda puntata della fiction è il rapporto padre/figlio, proprio il punto vincente di una pellicola come Romance.
Riguardo a questo aspetto dalla vicenda, lascio la parola a Simone Annichiarico, il figlio di Walter oggi conduttore di Italian’s Got Talent, che in un’intervista ha dichiarato: “A livello qualitativo è una fiction molto buona; Alessio Boni è straordinario, da fargli un monumento per quanta dedizione ha messo nel personaggio. Da utente la giudico godibile. […] La prima parte è Walter, la seconda è Lenny Bruce. Se nella prima puntata l'85% delle cose sono vere e il restante 15 è romanzato, nella seconda è esattamente il contrario: l' 85% è inventato. […] Sfido chiunque ad averlo mai visto in down di cocaina da qualche parte. Non è mai stato licenziato da nessuna emittente televisiva, tantomeno da Antenna 3, al limite non lo chiamavano a lavorare. Il rapporto con me è assurdo, si vede addirittura che gli scanso la mano mentre mi accarezza. È un iper-mega-romanzo. Ne esce fuori un uomo fallito, dominato da brutti demoni, mentre lui era di un’allegria contagiosa, aveva un sacco di persone intorno. Tutto il contrario di quello che si è visto lì.”
Se Simone Annichiarico se l’è presa con la fiction va detto che forse il motivo, oltre che nelle invenzioni, è da trovare anche nel suo personaggio, che non ne esce alla grande: Simone è infatti impersonato da un bambino che definire cagacazzo e odioso è dire poco. Te credo che non l’abbia presa bene.
Nei giudizi contro la fiction c’è comunque chi ci è andato giù ancora più pesante. Un amico di Celentano, un certo Aldo Grasso, sul Corriere della sera scrive: “Per chi ha profondamente amato Walter Chiari, l'artista più che l'uomo, la biografia interpretata da Alessio Boni è stata una vera sofferenza. […] È una rivisitazione superficiale e maldestra. E dire che con tutto il materiale di repertorio che esiste su uno dei più grandi entertainer dello spettacolo italiano era quasi impossibile costruire una fiction così brutta. Ci sono riusciti.”
La visione della fiction è quindi consigliata più a chi di Walter Chiari non ne sapeva nulla e che quindi grazie a queste due puntate avrà un’infarinatura generale, vedrà la fotografia di un personaggio controverso, quanto affascinante e carismatico. Un uomo che sapeva far ridere gli uomini e far innamorare le donne. Un uomo con cui rivivere i decenni del dopoguerra italiano attraverso i suoi alti e i suoi bassi personali e di carriera. Ricordando che Alessio Boni sarà stato anche bravo e tutto però sì, si tratta pur sempre di una fiction Rai.
(voto 6,5/10)