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giovedì 4 ottobre 2012

Mad Men in Black

Men in Black 3
(USA, Emirati Arabi Uniti 2012)
Regia: Barry Sonnenfeld
Cast: Will Smith, Tommy Lee Jones, Josh Brolin, Emma Thompson, Michael Stuhlbarg, Alice Eve, Jemaine Clement, Nicole Scherzinger, Mike Colter, Michael Cernus, Bill Hader, David Rasche
Genere: retro-futurista
Se ti piace guarda anche: Men in Black 1 e 2, Ritorno al futuro 1, 2 e 3, Paul

Nostalgia canaglia.
Quando si finisce per rimpiangere anche delle cose pessime come i Men in Black, è un brutto segno. Sto proprio invecchiando. Dicono sia un processo irreversibile. Dicono non si torni più indietro. Non c’è macchina del tempo che tenga.
A dire la verità, non è che rimpianga proprio i Men in Black. È solo che sono diventato più indulgente, con i Men in Black. E ciò non va bene.

Il primo episodio, risalente addirittura al lontano 1997, non mi era piaciuto. Mi era sembrata una ruffianata pseudo fantascientifica pseudo simpatica buona giusta per lanciare la carriera dello pseudo attore pseudo rapper Will Smith.
Will Smith mi è sempre stato un po’ qui.
Qui dove, sulle palle? No, non esageriamo. Solo sullo stomaco. Willy il principe di Bel-Air era una serie davvero spassosa, però a far ridere erano soprattutto i personaggi di contorno, come il mitico Carlton o la Paris Hilton ante litteram e black Hilary Banks, mentre lui faceva troppo il figo e se la tirava già allora un casino. Come attore non l’ho mai retto, ma, se possibile, come rapper è persino peggio. Le sue rime sono roba che fanno passare Vanilla Ice per uno Shakespeare gangsta e a livello musicale sono la versione ultra-commerciale del vero hip-hop.
Adesso però non mi sta nemmeno così tanto sullo stomaco, o sulle palle. C’è gente in giro che fa di molto peggio, da quei ca**o di cantantucoli brasileiri come Michel Telò e Gusttavo Lima a robe come il Pulcino Pio. Non so se a cantare questa nuova vecchia fattoria 2.0 sia davvero un pulcino o chissà chi, però al confronto Will Smith appare ancora come un fenomeno.
Nostalgia canaglia.
Ti fa apparire meno terribili cose del passato che invece terribili lo erano eccome.

Men in Black 2 era ancora peggio del primo. Davvero una porcheria. Si salvava giusto una scena, quella del cane che abbaiava sulle note di “Who Let the Dogs Out” dei Baha Men. E sentendo il Pulcino Pio, si finisce per rimpiangere pure quell’agghiacciante canzone.
Nostalgia canaglia portami via.

"Ma 'sta roba sulla spalla non potevate metterla addosso
a Willy Smith? Quello non vede l'ora di fare il buffone..."
Men in Black 3 è costruito tutto sull’effetto nostalgia. Di una fantascienza molto anni ’90, con richiami diretti ai primi due episodi della serie e in particolare al primo. E pure alla fantascienza anni ’80, con evidenti e più che graditi richiami a Ritorno al futuro. E anche agli anni ’60, considerando come gran parte di questo episodio proprio lì sia ambientato. In questo episodio, il principe di Bel-Air viaggia infatti nel tempo, e senza l’aiuto di Delorean o coniglioni vari, per salvare la vita a un giovane Agente K. O meglio, a un non-giovane 29enne Agente K, interpretato con una azzeccata quanto ironica scelta dal 44enne Josh Brolin. Grande attore, sebbene qui monolitico come richiesto dal personaggio.

Sarà che con me il tema dei viaggi nel tempo funziona sempre come calamita attira attenzione (unica eccezione: La casa sul lago del tempo, davvero pessimo) e sarà che l’ambientazione 60s ha pur’essa sempre il suo fascino, sebbene i 60s ricreati nella pellicola non siano nemmeno paragonabili a quelli di Mad Men, eppure alla fine questo capitolo mi è sembrato più godibile rispetto ai primi due. Non dico mi sia piaciuto, però piaciucchiato sì.
Ci sono varie trovate carine, come l’Andy Warhol alieno, e c’è persino un tentativo, per quanto vago, di scherzare sul razzismo vigente all’epoca contro le persone di colore. E all’inizio fa pure la sua apparizione Nicole cognome impronunciabile Scherzinger, la cantante pussy delle Pussycat Dolls. Ho specificato che lei è la cantante perché le altre mica sono cantanti, sono ballerine, e a definirle ballerine e non spogliarelliste sono ancora stato gentile, e a definirle spogliarelliste e non escort sono stato ancora più gentile, e a definirle escort e non zoccole sono stato ancora ma ancora più gentile e a definirle zoccole e non…
Basta! La smetto.

C’è poi anche Michael Stuhlbarg, quello di Boardwalk Empire e di A Serious Man, qui simile al Robin Williams epoca La leggenda del re pescatore ma comunque piuttosto in parte, mentre non mi ha convinto il cattivone interpretato dal di solito divertente ma qui no Jemaine Clement, metà del duo Flight of the Conchords. Come cattivone è davvero poco credibile, persino come cattivone di una commedia.
Quanto alla regia, beh, è sempre quella che è. D’altra parte Barry Sonnenfeld è il regista di Wild Wild West, quindi non è che si possa pretendere molto di più.

"Guardate qui, cari lettori, e dimenticate che Cannibal abbia parlato bene di me!"
Alla fine è sempre tutta una questione di aspettative. Il cavaliere oscuro - Il ritorno mi sembra sia stato apprezzato di più da chi non aveva amato un granché i primi due capitoli della saga batmannolaniana e che quindi, non arrivando con enormi e insostenibili attese, è rimasta soddisfatta dal giocattolone. Chi invece sperava di non dover rimpiangere l’insostituibile Joker fatto vivere da Heath Ledger, è rimasto deluso.
Io da un terzo Men in Black non avevo alcuna aspettativa, nemmeno la più bassa, e quindi alla fine mi sono ritrovato con mia grande sorpresa a enjoyarmi, seppure moderatamente, lo spettacolo. Avrei continuato a vivere benissimo pure senza, a dirla tutta, però già che l’ho visto non mi è manco dispiaciuto.
Merito di Josh Brolin che come Tommy Lee Jones (non)giovane è più credibile di Tommy Lee Jones da vecchio e merito pure di Willy Smith che mi ha persino fatto ridere. Più di una volta. Non l’ho mai trovato divertente prima e ora sì? Proprio ora che è passato clamorosamente di moda? Sto davvero invecchiando.
Nostalgia canaglia.
(voto 6+/10)

domenica 25 marzo 2012

ATM - Il Banco(mat) vince sempre

ATM - Trappola mortale
(USA, Canada 2012)
Regia: David Brooks
Cast: Brian Geraghty, Alice Eve, Josh Peck, Aaron Hughes
Genere: 1 location
Se ti piace guarda anche: Buried - Sepolto, Phone Booth - In linea con l’assassino, Margin Call

Hanno girato un film tutto in una cabina telefonica, l’adrenalinico Phone Booth - In linea con l’assassino con Colin Farrell. Hanno realizzato persino un film interamente dentro una bara, il bruttarello Buried - Sepolto con Ryan Reynolds. Ne hanno fatti persino uno su una funivia e uno su un tizio in mezzo al canyon, volevate per caso che qualcuno non pensasse di ambientarne uno pure dentro un Bancomat?
Eddai, che se no questo si offende.
Se Phone Booth poteva giocare con la tematica delle comunicazioni nell’era della Comunicazione e Buried aveva in mano la carta della claustrofobia portata al più estremo livello, ATM - Trappola mortale ha dalla sua una possibilità (potenzialmente) ancora più interessante: il Bancomat rappresenta l’economia, i soldi che girano, il cash, il capitalismo. In periodo di recessione economica, quale occasione migliore per costruire un thriller-horror ad alta tensione su queste tematiche più che mai attuali?
A ciò aggiungiamo un altro spunto (sempre potenzialmente) interessante: i protagonisti sono 3 tizi che lavorano in una società finanziaria. Dei brokers, dei novelli yuppie, dei perfetti simboli (ancora una volta potenzialmente) di quello che non va nell’economia americana e mondiale degli ultimi anni.

"Bella raga, siamo ripresi come al Grande Fratello! Ché c'ho i capelli a posto?"
La partenza lascia quindi ben sperare e al (potenzialmente) forte tema economico si aggiunge una parte sentimentale. Uno dei protagonisti (l’anti-espressivo Brian Geraghty) trova finalmente il coraggio di farsi avanti con la biondina precaria che sta per lasciare l’ufficio, interpretata da Alice Eve, già vista in Il quiz dell'amore - Starter for 10, carina ma priva di quel “non so che” alla Jennifer Lawrence, per dirne una. La storia romantica, per quanto scontata, ci può stare e aiuta a coinvolgere emotivamente lo spettatore. Tutto bene, quindi. Fino a qui.
Aggiungiamo poi la presenza del terzo protagonista, Josh Peck, il più convincente dei tre a livello recitativo. E se uno che arriva dalla serie Nickelodeon Josh & Nick è il più convincente, figuratevi l’impegno messo dagli altri due. Il suo è il tipico personaggio cazzone, in grado di innestare una componente umoristica. Ancora meglio.

Le premesse per una pellicola di buon livello ci sono. Per un attimo si può immaginare persino di trovarsi di fronte a una versione più virata sull’horror di quel gran filmone sulla finanza di oggi che è Margin Call.
Per un attimo. Nel giro di pochi minuti, però, tutto va rapidamente a farsi fottere. Come in una seduta di borsa in cui le tue azioni vanno alla grande e a un certo punto cominciano a precipitare. Senza ragione apparente. Finita l’euforia del “compra compra!” inizia la depressione del “vendi vendì!”.
Così va con questo ATM, perfetto simbolo della depressione non solo economica, ma pure di idee.
I primi 15 minuti creano delle buone premesse che via via vengono mandate letteralmente in fumo da una sceneggiatura con il fisico da centometrista, che rimane subito a corto di fiato.

"Cari figlioli, io non ho mica intenzione di farvi del male. Volevo solo
consigliarvi di incappucciarvi per bene, che qua fuori fa un freddo porco!"
Lo sviluppo della storia, in breve?
I tre protagonisti rimangono chiusi tutta la notte dentro un Bancomat, perché fuori c’è un tizio incappucciato molto minaccioso. Per evitare di finire vittime di questo psicopatico, stanno lì dentro pensando di essere (potenzialmente) al sicuro. Ma la situazione, è ovvio, si farà ancora più complicata…
Da un possibile film sull’inspiegabilità del male, come il Duel di Spielberg quando Spielberg era ancora un grande regista, presto si scivolerà però nelle solite situazioni da thrillerino horrorino di bassa lega. Poco thriller e per nulla horror, se proprio vogliamo dirla tutta.

La cosa non sorprende quando scopriamo che la sceneggiatura porta la firma di Chris Sparling, stesso autore dello script del sopra citato Buried - Sepolto. Pure quello partiva con buone prospettive e si arenava di fronte all’evidenza: Sparling dovrebbe firmare sceneggiature per cortometraggi, in quello se la caverebbe pure bene. Però al momento non sembra avere le capacità per tenere desta l’attenzione per un intero lungometraggio. Per quanto breve come questo. Dopo pochi minuti, i suoi film infatti sembrano chiedersi e chiedere allo spettatore: “E mo’ adesso che faccio succedere?”. Domanda cui lo stesso Sparling non sa trovare una risposta adeguata e così si affanna in qualunque modo pur di allungare il minutaggio della pellicola. Con l’uso di qualche stratagemma vario che invece di far salire la tensione, fa scendere le palle.

Questo per il film sarebbe stato un finale migliore...
ATTENZIONE SPOILER
La pecca più evidente del film, che per la prima mezz’oretta si lascia anche guardare tranquillamente, è comunque non solo nello sviluppo (modesto), ma soprattutto nella (pessima) risoluzione. Già mi immagino lo Sparling mentre scrive il finale della pellicola pensare: “Sono un genio!”. E invece no, Sparling, non sei per niente un genio. Ti saresti potuto giocare la carta economica. Uno dei personaggi stessi della pellicola ipotizza che possano essere finiti in quella situazione da incubo proprio a causa del loro lavoro. Potrebbe essere un uomo che ha perso tutti i suoi soldi per colpa di qualche investimento finito male per colpa degli avidi yuppie 2.0.
E invece no. A finire male, nel peggiore dei modi, è il film. Non che accadano cose assurde tipo un atterraggio alieno (che a pensarci bene sarebbe stato almeno un modo originale per terminare il film), però è semplicemente una cagata. Con un atroce e didascalico spiegone conclusivo che sa molto di insulto nei confronti dell'intelligenza dello spettatore.
Lo so, uno spettatore intelligente sarebbe stato alla larga da un film del genere, così come una persona intelligente se ne sta alla larga da un bancomat sperso nel mezzo del nulla in piena notte, ma io non ce l'ho fatta a non vederlo...
Peccato, perché questa trappola mortale poteva essere orchestrata molto meglio. Invece di essere mortale per lo spettatore.

E poi adesso basta con tutti questi film girati in un luogo unico giusto per risparmiare i soldi nelle location. Non so, la prossima volta vogliamo ambientare un’intera pellicola all’interno di un cesso pubblico?
Hey, un momento: quest’idea è buona. Questa idea potrebbe essere vincente. Quasi quasi sviluppo la sceneggiatura, la intitolo “Il cesso che uccide”, specifico che il cesso in questione NON è Sarah Jessica Parker e poi vado a Hollywood a venderla.
Sento già l’odore dei soldi. O forse è un altro odore, sempre proveniente dal cesso?
(voto 4,5/10)

P.S. Evvai, sono riuscito a scrivere tutta la recensione evitando di fare qualche battutaccia sulla sigla ATM - Azienda Trasporti Milanesi!

mercoledì 22 settembre 2010

Back to the 80s

Il quiz dell’amore – Starter for 10
(UK, USA 2006)
Regia: Tom Vaughan
Cast: James McAvoy, Alice Eve, Rebecca Hall, Dominic Cooper, Simon Woods
Link: imdb

Ci sono due tipi di film di cui sono particolarmente contento di parlare calcando l’inchiostro virtuale su queste pagine. I primi sono quelli brutti, modesti, ridicoli che mi diverto a massacrare in allegria e magari qualche volta anche con un pizzico di cattiveria. Nonostante questa sadica gioia, le soddisfazioni maggiori arrivano però quando posso segnalarvi un film piccolo e sconosciuto, una gemma (non ho detto una Gemma del Sud) persa tra gli scaffali delle videoteche (se ne esistono ancora…) che però merita di essere conosciuta, vista, amata.
È questo secondo, per fortuna, il caso di Starter for 10, film inglese del 2006 uscito in Italia con l’imbarazzante titolo Il quiz dell’amore, ma reperibile in rete anche in lingua originale con sottotitoli italiani.

Ancor più dei film degli anni ’80, amo le pellicole ambientate negli anni ’80 (vedi il mio preferito Donnie Darko) e si dà il caso che questo Starter for 10 stia temporalmente a cavallo tra il 1985 e il 1986. Protagonista della storia è James McAvoy (visto anche nell’ottimo Espiazione e nel mediocre Wanted), un ragazzo di un piccolo paesino di provincia che ha sete di conoscenza ed ha l’opportunità di placarla quando entra a far parte di un prestigioso college britannico. Qui, da perfetto sfigato, entrerà a far parte della squadra di quiz con cui finirà persino in tv (in un quiz show che assomiglia a quello di Magnolia) ma soprattutto conoscerà due ragazze: la bionda e la mora. Non sono le Veline: la Blondie è molto sexy ma è pure provvista di un cervello, la mora è la studentessa militante, inkazzata e politicamente attiva. Di quale delle due si innamorerà, secondo voi?
I panni della bionda sono splendidamente indossati dalla bona Alice Eve, attrice piuttosto lanciata molto più affascinante qui che non nella recente commedia-boiata Lei è troppo per me; la mora niente male è invece Rebecca Hall, attrice ancora più lanciata tra Vicky Cristina Barcelona, The Prestige, Frost/Nixon e il nuovo hit americano The Town di Ben Affleck.

Il film è tratto dal libro Le domande di Brian di David Nicholls, che ne ha curato anche la sceneggiatura e che credo mi andrò a cercare al più presto in biblioteca. Tra l’altro il Nicholls è ora sulla cresta dell’onda grazie al suo nuovo romanzo Un giorno, che è diventato anche una pellicola con Anne Hathaway e di cui sono appena state terminate le riprese.

Ciò che più convince di Starter for 10 è la sua innocenza quasi naïf, una semplicità che non va alla ricerca di svolte sorprendenti o scene inserite giusto per creare scandalo. Elementi che lo fanno sembrare non solo ambientato negli anni ‘80 ma proprio uscito dallo scaffale di una vecchia videoteca (ho controllato e sì: ne esistono ancora anche oggi).
Spettacolare, assolutamente spettacolare la colonna sonora, quasi un greatest hits dei Cure (e un film che parte sulle note dolciamare di “Boys don’t cry” non può non essere quantomeno bello), più qualche altra chicca del periodo come “Situation” degli Yazoo o "Ever Fallen In Love" dei Buzzcocks, più Tears For Fears, Smiths, Style Council ecc ecc...
Un tuffo negli anni Ottanta, un personaggio in cui immedesimarsi, un film piccolo e poco noto da conoscere, guardare, amare.
(voto 8)

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