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martedì 21 luglio 2020

Valley Girl: ottanta voglia di anni ottanta





Valley Girl
Regia: Rachel Lee Goldenberg
Cast: Jessica Rothe, Josh Whitehouse, Chloe Bennet, Mae Whitman, Ashleigh Murray, Judy Greer, Logan Paul, Alicia Silverstone, Camila Morrone


Paninari in ascolto, siete sintonizzati sulla stazione radio troppo più giusta dell'Italia e oserei dire del mondo intero. Pensieri Cannibali FM. One blog, one world, one radio. Ah yeah!

Oggi vi parlerò di un film ambientato nel decennio più ganzo che ci sia mai stato. Cioè gli anni '80. Il film si chiama Valley Girl. Stiamo già ricevendo molte telefonate in proposito ma devo specificare subito che no, non è quello con un quasi esordiente Nicolas Cage che qui dalle nostre parti è uscito con il titolo La ragazza di San Diego. Questo è il remake di quella pellicola, che a sua volta era molto liberamente ispirata a Romeo e Giulietta di un certo William Shakespeare AKA il Bardo lo sbarbo. Mai sentito nominare?
Io no.


Il nuovo Valley Girl parte nel presente. C'è Alicia Silverstone, gloria degli anni '90 famosa per i video degli Aerosmith più sexy nella storia di MTV e per il cult movie Ragazze a Beverly Hills.


Non è più quella che era un tempo, e graziearcazzo gli anni sono passati pure per lei, ma io comunque me la farei ancora. E voi?
Via alle chiamate!
Nel frattempo ci ascoltiamo una hit degli 80s che è presente anche nella colonna sonora di Valley Girl. We Got the Beat. Yes, sono loro, le Go-Go's. Ah yeah.

   

Alicia Silverstone ricorda i tempi in cui era una giovane sgallettata Valley Girl, una ragazza della valle, della San Fernando Valley, in California, ah yeah. Che non è solo una definizione in basa alla residenza geografica, ma è anche un modo di definire una ragazza un po' superficiale, svampita, tutta apparenza. Una Material Girl come cantava Madonna, insomma. Ancora oggi più attuale che mai, we are living in a material world.

   

A sentire il racconto amarcord di Alicia Silverstone c'è sua figlia, ovvero Camila Morrone, attrice argentina emergente che è nientepopodimeno che la fidanzata di Leonardo DiCaprio.


Questa però è solo la cornice del film. Un po' come la parte con la vecchia del Titanic, giusto per rimanere in tema DiCaprio, dato che qui su Pensieri Cannibali FM è tutto connesso. One blog, one world, one radio. I told ya. Ah yeah, baby, parole in English totalmente random. Super cool. Super fresh. Yes.

Anyways, il cuore della pellicola batte forte sempre non all'Unieuro ma negli anni '80. Alicia Silverstone con il suo racconto torna indietro nel tempo e si trasforma in Jessica Rothe, la protagonista di Auguri per la tua morte e del suo sequel Ancora auguri per la tua morte.

"M'avete confusa per Madonna, vero?"

Non solo. Jessica Rothe aveva anche un piccolo ruolo in La La Land e non è un caso. Pure Valley Girl è un musical.


No, non scappate. Lo so che non a tutti fanno impazzire i musical e devo dire che anche a me non convincono sempre. O li amo totalmente, com'è il caso del citato La La Land oppure di Moulin Rouge!, o li odio altrettanto totalmente. Questo rientra per fortuna nella categoria di quelli che ho amato. Non che sia un capolavoro come i due titoli appena citati, ma nel suo piccolo riesce a essere un piccolo cult. Anche perché la colonna sonora è troooppo giusta, troooppo forte, troooppo ganza. Naturalmente tutta all'insegna degli anni '80. Ci sono un sacco di hit pop, ma c'è anche un lato punk. E a questo proposito, andiamo a sentirci un'altra track dalla soundtrack, Bad Reputation di Joan Jett.

   
 
Cosa c'entra il punk con la protagonista? Niente e il bello è proprio questo. Due mondi in apparenza opposti che si incontrano. La nostra Valley Girl si innamora di un tipo che non ha nulla a che fare con lei e con i suoi amici fighetti. Si innamora di un punk scapestrato che sconvolgerà la sua vita. Cosa succede dopo? Who knows?

"Tu saresti punk?"
"Certo che sì. Ho tutti i dischi di Avril Lavigne!"
"Ma siamo negli anni '80. Sta giusto nascendo da un momento all'altro. E poi sei sicuro che Avril sia punk?"
"Non osare criticarmi Avril che ti lascio."

Di più non vi dico. Vi suggerisco, anzi vi ordino di guardare e ascoltare a tutto volume questo film. Almeno se siete appassionati di anni '80. La sua colonna sonora vi farà girare la testa e il suo immaginario e i suoi riferimenti al cinema adolescenziale del periodo, cult di Howard Hughes in testa, vi faranno venire gli occhi a cuoricino. Non è un musical girato in maniera travolgente come La La Land. Sembra piuttosto una puntata di Glee ambientata negli 80s. I personaggi sono un po' stereotipati. I difetti non mancano, ok, e l'originalità non è certo di casa, ma il suo bello è anche e soprattutto questo. Valley Girl è puro revival. Nostalgia totale. Una pellicola così tanto anni '80 da essere più anni '80 degli stessi anni '80. Ottanta roba. Ah yeah.
(voto 7+/10)




lunedì 17 marzo 2014

SUPER CULT ANNI 90 - RAGAZZE A BEVERLY HILLS CON ALICIA SILVERSTONE




Ogni decennio ha l’icona femminile che si merita. Negli anni ’90, c’abbiamo avuto Alicia Silverstone.


Il nome di Alicia Silverstone non vi dice niente?
Se siete sotto i 30 anni o sopra i 40, è abbastanza normale. Ma se siete stati adolescenti nei 90s e non la ricordate, dove diavolo siete cresciuti? Sulla Luna? Nella giungla? In Canada?
Che la conosciate o meno, in ogni caso beccatevi una breve Alicia Silverstone Story.

Alicia diventa famosa nel 1993 grazie a uno stalker-thrillerino-soft-porno, La ragazza della porta accanto (The Crush), pellicola molto lolitesca che impone il suo fascino acerbo. A farla entrare nell’immaginario collettivo di noi 90s kids ci pensano quindi una manciata di video degli Aerosmith, in un’epoca in cui i videoclip musicali ce li vedevamo ancora su Mtv e non su YouTube. Cryin’ (in cui c'era anche Stephen Dorff), Crazy (in coppia con l’altrettanto esplosiva Liv Tyler) e Amazing compongono la “Trilogia della Silverstone” e hanno segnato un’intera generazione.



L’apice del successo Alicia lo tocca poi con la pellicola Ragazze a Beverly Hills, un teen cult assoluto degli anni ’90 che, soprattutto negli USA, si impone come autentico fenomeno della pop culture. Dopo questo super successo, la Silverstone sembra dover scoppiare come nuova diva mondiale, ottiene l’ambita parte di Batgirl in Batman & Robin ma… il film è una schifezza di proporzioni gigantesche, lei in seguito compie tutta una serie di scelte recitative sbagliate, interpretando un flop dietro l’altro (Babysitter… un thriller, Una ragazza sfrenata, Sbucato dal passato, Pene d’amor perdute) e le sue quotazioni precipitano. Quando il decennio finisce, è ormai chiaro a tutti che Alicia Silverstone vivrà per sempre sì, ma solo come simbolo, uno dei simboli supremi, degli anni ’90.

Ogni decennio ha l’icona femminile che si merita.
Negli anni ’50 c’è stata Marilyn Monroe.


Negli scintillanti 60s Brigitte Bardot.


Nei 70s l’angelo Farrah Fawcett.


Negli anni ’80 Molly Ringwald della trilogia di John Hughes (Sixteen Candles – Un compleanno da ricordare, Breakfast Club e Bella in rosa).


Negli anni zero arriva Lindsay Lohan.


Negli anni dieci attualmente in corso imperversa Miley Cyrus.
State già rimpiangendo Lindsay, vero?


Negli anni ’90 invece c’avevamo Alicia Silverstone e questo è il suo film più celebre.

Ragazze a Beverly Hills
(USA 1995)
Titolo originale: Clueless
Regia: Amy Heckerling
Sceneggiatura: Amy Heckerling
Cast: Alicia Silverstone, Stacey Dash, Elisa Donovan, Brittany Murphy, Paul Rudd, Donald Faison, Breckin Meyer, Jeremy Sisto, Justin Walker, Dan Hedaya, Wallace Shawn, Twink Caplan
Genere: 90s
Se ti piace guarda anche: Mean Girls, La rivincita delle bionde, 10 cose che odio di te, Giovani, pazzi e svitati, Fuori di testa, Fusi di testa

Mi è venuta voglia di recuperare il super cult di una ventina d’anni fa Ragazze a Beverly Hills dopo aver guardato (questa volta su YouTube e non più su Mtv) il nuovo video di Iggy Azalea e Charli XCX, “Fancy”, in cui le due nuove icone della musica pop di oggi sono andate a girare nelle stesse location della pellicola, recuperando vestiti e look di Alicia Silverstone & friends e omaggiando esplicitamente varie scene del film.



Capisci che stai invecchiando quando gli idoli che segui da una vita vengono accettati dal mainstream, trionfano ai Grammy Awards, come capitato quest’anno ai Daft Punk, oppure ottengono degli Oscar, come successo negli ultimi tempi a Jared Leto, Natalie Portman e Christian Bale. Quando lo vincerà pure Leonardo DiCaprio, allora lì capirai di essere davvero decrepito.
Capisci inoltre che stai invecchiando anche quando le nuove sgallettate del pop odierno vanno a riprendere i simboli della tua gioventù e li fanno apparire vintage. Come il video di Iggy Azalea e Charli XCX mette in chiaro, gli anni '90 ormai sono retrò e noi che in quel decennio ci siamo cresciuti siamo vecchi, siamo passato, siamo Storia.
NUOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!

Se non ci facciamo prendere troppo dalla tristezza, possiamo guardare a quel periodo con un velo di malinconia, senza cadere nella più profonda depressione. Così come possiamo cominciare a considerare i cult di quei magici tempi come veri e propri classici moderni, cui le nuove generazioni si abbeverano e prendono da esempio. Ragazze a Beverly Hills oggi è un classico moderno, chi l’avrebbe detto giusto qualche anno fa?

"Alicia, devi dire a tutti che Pensieri Cannibali è il sito più di moda
del momento, altrimenti ti sparo!"
"Hey, ma cos'è un sito?"
Ho detto classico moderno, non ho detto Capolavoro. Ragazze a Beverly Hills è a suo modo un film leggendario, che riapre tanti “aaah” ricordi. Quell’aaah, se non si era capito, era un sospiro.
Ragazze a Beverly Hills è un film generazionale, con uno stile inconfondibile. Una pellicola che allo stesso tempo rivista oggi appare naive, presenta un sacco di ingenuità, una trama troppo semplice e semplicistica. Persino un filo buonista. Un lavoro che, come tutte le pellicole generazionali che si rispettino, offre tutti i pregi e anche i difetti di un’epoca.
Ragazze a Beverly Hills è un film che guarda al passato, al passato remoto visto che è una rivisitazione moderna/parodia di Emma di Jane Austen, e al passato recente, in particolare alle commedie degli anni ’80 di John Hughes con la sopracitata Molly Ringwald, così come al caposaldo Fuori di testa, la pellicola del 1982 con Sean Penn, Jennifer Jason Leigh e Phoebe Cates diretta dalla stessa Amy Heckerling. Per quanto con un occhio buttato sullo specchietto retrovisore, Ragazze a Beverly Hills guarda comunque soprattutto ai suoi contemporanei, alla serie Beverly Hills, 90210 in particolare, di cui riprende le stesse ambientazioni glamour e chiccose e di cui rappresenta una specie di versione per il grande schermo. Fin dalla sequenza d’apertura, così come nelle scene delle feste, emerge poi evidente lo “stile Mtv”, quello che negli anni ’90 ha raggiunto il suo vertice assoluto. Naturalmente, anche la colonna sonora riveste un ruolo di primo piano, con dentro un po’ di tutto quel che passava all’epoca, spaziando in grande libertà dalle Salt-N-Pepa ai Radiohead, dai No Doubt ai Supergrass.

Pur guardando al passato e al presente, Ragazze a Beverly Hills è diventato un riferimento per il futuro. Per le citate starlette Iggy Azalea e Charli XCX, ma non solo. La moda di rileggere i classici della letteratura britannica in chiave 90s pop è stata aperta proprio da questo film e sarebbe poi proseguita con grande fortuna soprattutto andando a ripescare il repertorio di Shakespeare, tra un Romeo + Giulietta e un 10 cose che odio di te. Le buone azioni della protagonista Cher/Alicia Silverstone riecheggeranno quindi persino ne Il favoloso mondo di Amélie, mentre come personaggio avrà un’erede ideale nella Reese Witherspoon de La rivincita delle bionde. Che dire poi dell’influenza avuta da questa pellicola su Mean Girls?
Mean Girls, altro epocale film generazionale, altro non è che una versione imbastardita delle Ragazze a Beverly Hills, con la perfida Regina/Rachel McAdams che prende sotto la sua ala protettrice Cady/Lindsay Lohan in maniera parecchio meno disinteressata rispetto a quanto fa la qui presente Cher/Alicia Silverstone con la disadattata Tai/Brittany Murphy.
E qui scatta il momento lacrimuccia, perché Ragazze a Beverly Hills ha rappresentato l’esordio cinematografico di Brittany Murphy, splendida e promettentissima attrice prematuramente scomparsa nel 2009. Brittany Murphy, una delle prime icone di questo blog, aaah (anche questo era un sospiro, se non si era capito).


Alla fine torniamo al punto da cui abbiamo cominciato. Le icone femminili. Ragazze a Beverly Hills è un film carino, meno scemotto di quanto può apparire in superficie e che racconta una storia d’amore dai contorni incestuosi mica troppo scontata tra la protagonista e un giovane Paul Rudd. Rivisto oggi appare con tutti i suoi limiti bene in mostra, eppure è riuscito a invecchiare in maniera più che dignitosa, riuscendo persino a far dimenticare la poco esaltante omonima serie tv ispirata alla pellicola e trasmessa da noi su Raidue e Mtv. La forza trascinatrice dell’intero film era e rimane però solo lei: Alicia Silverstone. Ogni tanto ricompare qua e là in televisione (in Miss Match e Suburgatory), ma per noi kids trentenni e qualcosa di oggi resterà sempre uno dei simboli della nostra gioventù, l’icona bionda dei mitici, favolosi, maledetti anni Novanta.
(voto 7+/10)

martedì 6 novembre 2012

Aerosmith Gnocca Story

Gli Aerosmith mi sono sempre piaciuti per una ragione.
La musica?
Ma no!
Le ragazze che hanno sfoggiato nei loro video.
Il loro nuovo album “Music From Another Dimension!” esce oggi e non so se l’avete ascoltato ma, come direbbe Fantozzi: “È una cagata pazzesca”.
Piuttosto che infierire con una recensione massacro sul loro ultimo lavoro, ho allora pensato di celebrare la carriera del gruppo americano non tanto per le loro canzoni, ma per la gnocca che ci hanno regalato nel corso degli anni.
Tutto è cominciato con il videoclip di “Love in an Elevator” e con Brandi Brandt, playmate di Playboy anni ’80.
La band di Steven Tyler e Joe Perry c’ha quindi preso gusto e in “Janie’s Got a Gun” ha proposto la starlette Kristin Dattilo insieme all’attrice nominata agli Oscar Lesley Ann Warren.

La vera svolta è però arrivata con Alicia Silverstone, diventata protagonista della trilogia più clamorosa nella storia dei video musicali, da che mondo è mondo e da che Mtv trasmetteva ancora video musicali. Il primo “Cryin’” vede l’icona 90s per eccellenza Alicia insieme all’altro idolo 90s Stephen Dorff e a un giovane Josh Holloway molto pre-Lost.



Il secondo, “Amazing”, introduce il tema della realtà virtuale con un video che visto oggi fa molto jurassico. Il più memorabile è allora sicuramente il terzo della trilogia: “Crazy”, mia canzone preferita in assoluto degli Aerosmith e, ça va sans dire, mio video preferito degli Aerosmith (e forse non solo degli Aerosmith). Qui non c’è solo Alicia Silverstone, ma c’è pure la figlioletta di Steven Tyler, Liv Tyler, che comparirà poi anche in “I Don’t Wanna Miss a Thing”, soundtrack di quella michaelbayata di Armageddon, un film sulla fine del cinema, più che sulla fine del mondo.



Per il video di “Blind Man”, gli Aerosmith hanno poi convocato persino Pamela Anderson in persona e per di più in versione infermiera sexy, ma i risultati non sono stati all’altezza della mitica trilogia di Alicia Silverstone.
Poco male, visto che un nuovo video cult arriva con la splendida “Hole in My Soul”: in un chiaro omaggio al cult anni ’80 La donna esplosiva, un nerd interpretato da Branden Williams crea in laboratorio delle splendide gnugne: la prima è la futura star latina Eva Mendes, la seconda è una biondazza non meglio identificata, ma alla fine l’amore sboccerà con la secchiona (ma comunque gnocca pure lei) Alexandra Holden. For your info: nel video compare pure Seann William Scott, futuro Stifler di American Pie.



Nel 2001, i lungimiranti Aerosmith per “Jaded” ingaggiano la allora ancora non troppo conosciuta Mila Kunis. E non si rimpiange più nemmeno Alicia Silverstone.



Per la fantascientifica clip di “Fly Away From Here” prendono Jessica Biel, con una scelta che per una volta mi fa storcere un pochino il naso. Lo so, sono troppo choosy.
Nulla da eccepire invece per “Girls of Summer”, dove ce n’è davvero per tutti i gusti: c’è la simpatica bionda Jaime Pressly (quella di My Name is Earl), la modella di colore Nichole Robinson e la modella e attrice mora Kim Smith (apparsa anche in Friday Night Lights).



Ultima gnocca in ordine temporale ad essere selezionata da quei marpioni degli Aerosmith per il video Machete style di “Legendary Child”, primo singolo del nuovo album, è Alexa Vega. Se la ricordate come bambinetta nella serie di Spy Kids firmata da Robert Rodriguez beh, qui la trovere cresciuta. E parecchio bene.



Fine della rassegna. Un chiaro, chiarissimo omaggio solo e soltanto alla musica degli Aerosmith.

domenica 3 giugno 2012

Season finales (Hart of Dixie, Shameless, Suburgatory, GCB)

Ennesimo episodio della serie dei finali di stagione delle serie tv americane 2011/2012.
Ma prima, ricapitoliamo le scorse puntate...

"Ehm, non so chi scegliere... In Alabama la poligamia è legale?"
The Walking Dead
The Vampire Diaries
Gossip Girl
New Girl
2 Broke Girls
Don' Trust the B---- in Apartment 23

ATTENZIONE: presenti qua e là alcuni SPOILER!

"Le didascalie cannibali fanno ridere giusto i polli!"
"Hey, ma allora perché noi stiamo ridendo?"
Hart of Dixie
(stagione 1)

Serie caruccia immersa in un’atmosfera tra il country e Una mamma per amica, è la classica visione non imprescindibile ma comunque godibile. Lo guardi con piacere, però se ti perdi una puntata non è certo una tragedia. È come un Everwood però senza tutto il drama drama drama e, soprattutto, con Rachel Bilson tutto il tempo in hot pants e t-shirt bagnate al posto del Dr. Brown che consola qualche paziente cui sono appena morti tutti i conoscenti. Anche se il personaggio migliore, a sorpresa, si è rivelato quello della conservatrice e old-style Lemon, interpretata da una ottima Jaime King.
Tra casi medici poco o nulla interessanti e intrecci sentimentali scontati, la serie, pur gradevole, per la seconda stagione ha bisogno di una bella scossa (piccolo suggerimento: Rachel Bilson nuda!), altrimenti sarà costretta all’oblio.
(voto alla stagione: 6+
voto al season finale: 6,5)

"Sono io il sex-symbol della serie. Perché, avevate dubbi in proposito?"
Shameless US
(stagione 2)

Ottima stagione per la seconda famiglia Gallagher più disastrata della storia. Una season ancora più divertente e scoppiettante della prima, che però negli ultimi episodi ha trovato anche un notevole spessore drammatico. Parecchio interessante soprattutto il personaggio della madre tossica e bipolare della Gallagher family e niente male anche la story di Karen (Laura Wiggins) alle prese con una gravidanza non proprio da futura mammina ideale. Una sorta di Juno stronza. Per qualche altro personaggio invece è sembrata più una stagione di transizione e l’impressione è che la serie, per quanto valida, debba ancora regalarci il suo meglio.
Sempre grandioso comunque l’intero cast, con vertice negli immensi William H. Macy ed Emmy Rossum.
E a proposito di famiglie particolari, tenete d’occhio la nuova serie di Paul Abbott, il creatore di Shameless. Si chiama Hit and Miss e la protagonista è Chloe Sevigny.
(voto alla stagione: 7+
voto al season finale: 7)

"Anche la nostra è stata una parata all'insegna della sobrietà,
è costata meno di 3 milioni di euro. Una bazzecola!"
Suburgatory
(stagione 1)

Ancora ben lontana dall’essere giunta nel mezzo del cammin di sua vita, la sedicenne Tessa viene beccata in possesso di un pacchetto di preservativi e così il padre single decide di prendere armi e bagagli e trasferirsi con la figlia teenager dalla lussuriosa New York City ai sobborghi di periferia. Un luogo tranquillo fatto di villette a schiera e giardini ben curati che a qualcuno potrebbe sembrare un Paradiso, ma che per la nostra giovane protagonista si rivelerà, almeno inizialmente, un Inferno.
L’ambiente è infatti quello perfettino e precisino dei suburbs americani già osservato da vicino più e più volte a partire da quell’American Beauty scritto da Alan Ball (poi artefice di Six Feet Under e True Blood) e quindi in serie come Desperate Housewives o il più trasgressivo e “dopato” Weeds.

"Lo so anch'io che ero molto meglio negli anni '90,
non c'è bisogno che me lo ricordi tutte le volte..."
In Suburgatory i toni sono però ancora più da (divina) commedia, vicini a Cougar Town. E proprio come nella cittadina capitanata da Courteney Cox, anche qui il padre della protagonista si troverà di fronte a un esercito di MILF assatanate, sposate o meno, che gli daranno la caccia: dalla sua autodichiarata stalker personale fino a Dallas, la rifattissima “panterona” che gli dà il benvenuto nei suburbi. La figlia di Dallas è però Dalia (personaggio cult della serie), una Barbie-mean girl che diventa subito una sorta di nemesi della nostra protagonista Tessa, tipica newyorker alternativa che avrà qualche problemino a inserirsi in un contesto tanto plastificato e finto. Eppure anche lei scoprirà che dietro a protesi al seno e nasi rifatti potrebbe nascondersi qualcosa di più…
O forse no.
La prima stagione è proseguita tra su e giù, tra momenti esilaranti ed episodi riempitivo. Poco convincente l’ingresso nel finale di Alicia Silverstone, idola indiscussa degli anni ’90 cui è stato affidato un personaggio parecchio odioso. Io lei un tempo la AMAVO ma, cazzo, adesso non è che stia invecchiando proprio bene...
Scritta in maniera molto intelligente e pungente, Suburgatory rimane per ora sospesa nel limbo delle serie che potrebbero finire nel Paradiso dei cult tv oppure andare giù nell’Inferno del dimenticatoio. In ogni caso, proprio come la protagonista Tessa, riuscirà a uscire almeno dal Purgatorio?
(voto alla stagione: 6,5
voto al season finale: 6)

"Dio ti benedica, Cannibal Kid. Dio ti benedica!"
GCB
(stagione 1)

Gradevole variante in salsa texana delle Desperate Housewives, è riuscito a strapparmi qualche sorriso soprattutto grazie alla scatenata Kristin Chenoweth, l’interprete della super bigotta Carlene. Una serie dal forte sapore country che si è proposta come una satira troppo leggera sui valori tradizionali dell’America più conservatrice, finendo per diventarne quasi una celebrazione. GCB (ovvero Good Christian Bitches) non è stata confermata per una seconda stagione, ma non è che mi mancherà particolarmente. Mitica Kristin Chenoweth a parte, of course.
(voto alla serie: 6-
voto al series finale: 5,5)

giovedì 15 marzo 2012

L’arte di chiavarsela

Hip hipster hurrah!
Hip hipster hurrah!
Chi o cosa è un hipster?
Spesso, le immagini possono valere più di mille parole…




Comunque, se proprio necessitate di una spiegazione a parole, Wikipedia può correre in vostro aiuto:
“Hipster è un termine nato negli anni quaranta negli Stati Uniti per descrivere gli appassionati di jazz e in particolare di bebop. Si trattava in genere di ragazzi bianchi della classe media, che emulavano lo stile di vita dei jazzisti afroamericani. […] Norman Mailer descrisse gli hipster come esistenzialisti americani, che vivevano la loro vita circondati dalla morte - annientati dalla guerra atomica o strangolati dal conformismo sociale - e che decidevano di «divorziare dalla società, vivere senza radici e intraprendere un misterioso viaggio negli eversivi imperativi dell'io»
L'autore Frank Tirro, nel suo libro Jazz: a History (1977), definisce in questo modo gli hipster degli anni quaranta:
«Per l'hipster, Charlie Parker era il modello di riferimento. L'hipster è un uomo sotterraneo, è durante la seconda guerra mondiale ciò che il dadaismo è stato per la prima. È amorale, anarchico, gentile e civilizzato al punto da essere decadente. Si trova sempre dieci passi avanti rispetto agli altri grazie alla sua coscienza. Conosce l'ipocrisia della burocrazia e l'odio implicito nelle religioni, quindi che valori gli restano a parte attraversare l'esistenza evitando il dolore, controllando le emozioni e mostrandosi cool? Egli cerca qualcosa che trascenda tutte queste sciocchezze e la trova nel jazz.»”

Oggi la parola “hipster” ha però assunto dei connotati differenti, come sempre Wikipedia docet:
“Il termine è stato riattualizzato negli anni novanta e duemila e ora designa giovani sulla ventina, di classe medio-alta, istruiti e abitanti dei grandi centri urbani, che si interessano alla cultura alternativa - “non mainstream” - come l'indie rock, l'elettronica, i film d'autore e le tendenze culturali emergenti. Si professano ottimi conoscitori della lingua inglese e amano appropriarsi dei codici delle generazioni precedenti, ammantandosi di un caratteristico stile rétro. Si servono in negozi di abiti usati (infatti rigettano l'attitudine “ignorante e incolta” del consumatore medio), mangiano preferibilmente cibo biologico, meglio se coltivato localmente, sono vegetariani o vegani, preferiscono bere birra locale (o prodotta in proprio) e amano girare in bicicletta. Spesso lavorano nel mondo dell'arte, della musica e della moda, e rifiutano i canoni estetici della cultura statunitense e anche la sessualità predefinita. Non vogliono essere catalogati e eludono l'attualità. Le uniche religioni che tutti gli hipster riconoscono come tali sono i pantaloni attillati e i Wayfarer.
Il termine è utilizzato in maniera contradditoria, rendendo difficile l'identificazione di una cultura precisa, perché essa è un mix di stili ed è in costante mutazione. La peculiarità degli hipster, infatti, è la volontà di essere “inclassificabili”. Professano come loro valori il pensiero indipendente, la controcultura, la politica progressista, la creatività, l'intelligenza e l'ironia, ma si tratta più che altro di una posa piuttosto che di una reale attitudine.”

E ancora:
“Gli hipster sono quelli che sogghignano quando dici che ti piacciono i Coldplay. Sono quelli che indossano t-shirt con citazioni tratte da film di cui non hai mai sentito parlare e sono gli unici negli Stati Uniti a pensare ancora che la Pabst Blue Ribbon sia un'ottima birra. Indossano cappelli da cowboy o baschi e tutto in loro è attentamente costruito per darti l'idea che non lo sia.” (dal Time del luglio 2009)

FINE del copia/incolla da Wikipedia, promesso!

Detto - o meglio riportato - tutto questo, io sto ancora cercando di capire se posso rientrare nella categoria hipster o no. Per alcuni aspetti sì, per altri meno. Ma in quanto genere inclassificabile, quasi chiunque alla fine della fiera può essere considerato un hipster.
Sì, anche tu che odi la parola hipster.
E sì, pure tu che non pensavi saresti stato mai considerato un hipster. Proprio tu potresti essere ancora più hipster di chi si crede hipster. Perché cosa c’è di più hipster del non considerarsi hipster?
Ho creato tutta quest’introduzione lunghissima che fa molto hipster per parlare di un film di cui in realtà non ci sarebbe poi molto da dire, se non che è un filmetto hipster con un protagonista molto hipster.


Scazzo, raga?
L’arte di cavarsela
(USA 2010)
Titolo originale: The Art of Getting By
Regia: Gavin Wiesen
Cast: Freddie Highmore, Emma Roberts, Michael Angarano, Elizabeth Reaser, Alicia Silverstone, Sam Robards, Blair Underwood, Rita Wilson
Genere: hipster
Se ti piace guarda anche: Fa’ la cosa sbagliata, Igby Goes Down, Roger Dodger, L’amore che resta, The Good Girl, Tadpole

Vi siete mai chiesti perché da Il giovane Holden non è mai stato tratto un film?
Io sì. Roba da pensarci intere giornate o giù di lì.
Per prima cosa è uno di quei romanzi talmente letterari che portati sullo schermo non renderebbero allo stesso modo. Una cosa che però veniva detta ad esempio anche di American Psycho o del Signore degli anelli, ma alla fine le loro trasposizioni cinematografiche si sono rivelata piuttosto riuscite. Se il Signore degli anelli ha fatto il pieno di incassi, Oscar e consensi, nel caso di American Psycho la pur valida Mary Harron non ha reso tutta la stessa inquietante ambiguità e forza delle parole di B.E. Ellis, ma il suo tentativo non è stato comunque affatto disprezzabile.
Insomma, l’antifilmabilità di un romanzo non ha mai fermato nessuno dal realizzare un adattamento filmico.
Se il più grande romanzo americano del ‘900 non è diventato una pellicola, è allora probabilmente dovuto all’ostracismo di J.D. Salinger nei confronti del cinema, come si evince con facilità fin dalla primissima pagina dello stesso Giovane Holden: “Se c’è una cosa che odio sono i film. Non me li nominate nemmeno.”
"Ma secondo te Cannibal è hipster oppure no?"
In seguito alla morte del grande autore, sembra però essersi aperta la caccia ai diritti da parte delle varie multinazionali cinematografiche. Il Romanzo per eccellenza diventerà presto un film?

Per quanto non esista (finora) un adattamento ufficiale, Il giovane Holden ha vissuto sul grande schermo attraverso una moltitudine di personaggi a lui più o meno ispirati. Tra gli altri posso citare Igy Goes Down, Un giorno questo dolore ti sarà utile, Tadpole, Jake Gyllenhaal in The Good Girl, Chapter 27 (con l’assassino di John Lennon ossessionato oltre che dal Beatle pure dal romanzo di Salinger), se vogliamo anche una buona fetta del cinema di Wes Anderson, più Roger Dodger e Il calamaro e la balena, entrambi con Jesse Eisenberg. Se si facesse davvero una pellicola sul giovane Holden, il candidato numero uno per la parte per me sarebbe lui: Jesse Eisenberg.

"E' tutto il giorno che ci penso e ho concluso: Cannibal è più pirlster che hipster!"
A queste pellicole più o meno salingeriane, si aggiunge ora questo L’arte di cavarsela. Il protagonista è un tipo molto hipster, in più o meno tutti i vari sensi che nell’intro al post abbiamo visto. George è infatti un teenager apatico a cui non frega niente di seguire i dettami della società, di andare bene a scuola per poter entrare in un buon college, ottenere un lavoro ben pagato e condurre una decente quanto ordinaria vita borghese. George vorrebbe di più, ma non sa nemmeno lui cosa. Ok, ho descritto un teenager tipico, più che uno atipico. In più lui sembra vagamente interessato al mondo dell’arte per via della sua passione per la pittura e per via di un suo nuovo (unico?) amico. Anche se la cosa che (giustamente) sembra attirare di più la sua attenzione è una ragazza, Emma Roberts, figlia di Eric Roberts nonché nipotina di Julia Roberts, che si è già segnalata in altri film ad alto potenziale hipster come 5 giorni fuori e l’horror hipster Scream 4.
Tra loro inizia un rapporto di amicizia barra amore barra un misto tra le due cose e tutto il film è un po’ così: confuso su quale direzione prendere.

"Saremo noi vecchi, ma anche dopo questo "illuminante" post
non l'abbiamo mica capito cus'è  'sto hipster... Una malattia o un virus?"
Come il protagonista, il poco convincente Freddie Highmore (già bimbo piagnucolone di Neverland), rimane eternamente al bivio, incapace di scegliere. Sarebbe potuto essere un film più comico, se si fosse tentata la strada di una maggiore ironia. Sarebbe potuto essere un film più drammatico e toccante, se come in L’amore che resta si fosse giocata la carta della malattia terminale di qualcuno dei personaggi. Sarebbe potuto essere un film più estremo, se ci si fosse diretti sulla via del sesso droga e rock’n’roll. Invece di sesso ce n’è pochino, di droga giusto un accenno e di rock’n’roll manco a parlarne. Appena una manciata di pezzi indie.
Sprecata poi la presenza in un minuscolo ruolo di Alicia Silverstone, lei sì vera hipster ante litteram ai tempi dei video degli Aerosmith e del cult Ragazze a Beverly Hills, e presente in questo film con look nerd e occhialini molto... yes, hipster!
L’arte di cavarsela finisce per rimanere nel limbo di quelle pellicole troppo deboli per risultare cult e allo stesso tempo troppo deboli pure per dare fastidio, e risulta più che altro un’occasione persa per realizzare il film manifesto hipster degli Anni Zero.
Il giovane Holden l’avrebbe odiato. Così come tutti i film. Non nominateglieli nemmeno.
(voto 6-/10)

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