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sabato 17 ottobre 2015

Magic Mike XXL vs Showgirls





I muscoli al vento di Magic Mike XXL contro le tette al vento di Showgirls: chi vincerà?
La risposta non è così scontata, in questa supersfida tra film di enorme impegno sociale sulla dura vita degli spogliarellisti entertainer qui su Pensieri Cannibali.

I protagonisti

mercoledì 11 giugno 2014

3 DAYS TO KILL, MA PER UCCIDERE UN FILM BASTANO 3 MINUTI





3 Days to Kill
(USA, Francia, Grecia, Russia 2014)
Regia: McG
Sceneggiatura: Adi Hasak, Luc Besson
Cast: Kevin Costner, Amber Heard, Connie Nielsen, Hailee Steinfield, Tómas Lemarquis, Richard Sammel, Eriq Ebouaney, Marc Andréoni, Bruno Ricci, Alexis Jacquin
Genere: action movie della terza età
Se ti piace guarda anche: Unknown – Senza identità, Io vi troverò, Taken – La vendetta, The Next Three Days, Il grande match

In appena tre giorni, nel film 3 Days to Kill Kevin Costner riesce a:
A) Recuperare il rapporto con la figlia che non cagava da anni
B) Trombarsi la sua (quasi) ex moglie che non cagava da anni
C) Uccidere (almeno) una dozzina di criminali, che forse non cagavano da anni

Più modestamente, io cercherò di uccidere il sopra citato film in appena 3 minuti e attraverso 3 mosse:

"Che è 'sta roba? La nuova scatoletta del Rio Mare?"
A) Kevin Costner
Mai sopportato Kevin Costner. Sarà che ho visto Palla coi lupi quando ero troppo ggiovane e una visione del genere con il suo stile da vecchio western e la sua mortale durata da 3 o forse 4 ore non me la sono più scrollata di dosso. Non ho mai capito il motivo dei 7 premi Oscar che quella pellicola ha sgraffignato e da allora in poi Costner mi è sempre stato sulle scatole. Sarà anche che lo trovo inespressivo come pochi altri suoi colleghi, o sarà che interpreta quasi sempre film old-school più vicini ai gusti del mio blogger rivale Mr. Ford che non ai miei, o sarà anche perché fa sempre troppo il figo. Ok, sei Kevin Costner, sei un bell’uomo, però manco una bella figa a Portofino se la tira così tanto.
Negli ultimi tempi devo comunque ammettere che mi sto riappacificando con Costner. Forse è perché fa la pubblicità del Rio Mare, l’unico pesce che mangio. Lo so, agli occhi dei puristi della cucina sembrerò uno zozzone, ma così è e, d’altra parte, dopo la Top 10 dei miei cibi preferiti nessuno dovrebbe più sorprendersi. O magari è perché di recente ho seguito la mini-serie Hatfields & McCoys (di cui parlerò prossimamente) che lo vede tra i protagonisti e non mi è dispiaciuta nemmeno tanto. Così come il Costner non mi ha infastidito troppo nemmeno qui in Three Days to Kill. Certo, ancora una volta non la smette per un solo secondo di fare il figo con il suo sguardo da marpione, ma tutto sommato sono riuscito e reggere 2 ore di Costner senza aver voglia di ululare contro i lupi.

B) Il regista McG
McG è un regista scarso. A guardare i suoi film, come i pessimi Charlie’s Angels e il pur gradevole Una spia non basta, i suoi modelli cinematografici sembrano essere due: Michael Bay e Luc Besson. Non a caso quest’ultimo figura tra gli sceneggiatori di questo Three Days to Kill, ma soprattutto ricorda Michael Bay, solo un Michael Bay più noioso. Nelle due eccessive ore di durata della pellicola, McG si diletta in una serie di scene action, tra sparatorie e inseguimenti, davvero pessime. Sarebbe bello poter dire che Three Days to Kill è un film girato da cani. Invece no, è peggio di così. È un film girato da McG. Nonostante questo, la trama è ruffiana abbastanza da lasciarsi seguire come intrattenimento modesto, molto modesto, ma comunque intrattenimento. Le parti più carine sono soprattutto quelle del rapporto che lega Kevin Costner alla figlia, alias Hailee Steinfield vista ne Il Grinta dei fratelli Coen, tanto per restare in linea con il cinema old-style/western del suo paparino cinematografico. Le parti famigliari sono ruffianissime, eppure rispetto alle fracassone scene d’azione, o ai non troppo riusciti momenti pseudo comici proposti, sono la cosa migliore del film.

C) Gli action movie della terza età
Non ci sono più gli action heroes de ‘na vorta. Meno male, aggiungo io. La vecchia scuola composta da quei discoli dei vari Stallone, Schwarzenegger, Willis, Van Damme, Seagal e compagnia brutta che spopolava soprattutto negli anni ’80 non ha poi trovato dei degni eredi. Non c’è stato un vero ricambio generazionale, fatta eccezione per un Jason Statham che comunque, saga di Crank a parte, gira un sacco di schifezze invereconde peggio dei suoi ormai anziani predecessori. Mancando dei nuovi punti di riferimento, il cinema action di oggi ha cercato di inventarsi eroi improbabili, come Matt Damon, o più che altro si è affidato alla cara vecchia terza età. L’action hero che oggi spopola di più nei cinema americani?
Incassi alla mano è Liam Neeson, classe 1952, non proprio un giovanotto. Il clamoroso successo dell’abominevole saga di Taken l’ha trasformato nel “nuovo” fenomeno del cinema d’azione. Insieme a lui c’è poi la vecchia guardia rappresentata dai soliti noti sopra citati, capitanati da Sly Stallone che, stanco della vita da pensionato, si è inventato la serie degli Expendables. A questo agguerrito gruppetto di nonnetti col catetere ma ancora in grado di tirare due pugni si aggiunge ora Kevin Costner, stufo pure lui della vita al ricovero e delle canzoni di Orietta Berti suonate in loop, uno che con le sue apparizioni in L’uomo d’acciaio e Jack Ryan – L’iniziazione si è ormai orientato verso il cinema action e con questa parte da protagonista in Three Days to Kill punta dritto al titolo di nuovo Liam Neeson. Che culo!

"Eeh, 'ste fan non riesco a staccarmele di dosso un secondo."
"Ma papà, io sono tua figlia!"
"Certo, certo..."
Se il confronto è quello, Costner riesce a vincere a mani basse. Paragonato a Io vi troverò e Taken – La vendetta, Three Days to Kill fa un figurone. Al punto che è riuscito a battere, oltre ai film con Liam Neeson, persino le mie perfide intenzioni iniziali di una stroncatura secca. Pur nella sua mediocrità assoluta, non sono riuscito a detestare questo film come avrei voluto, dannazione! Magari è per merito della sempre gradevole presenza di Amber Heard, o perché Kevin Costner aveva senso odiarlo quando vinceva Oscar e dominava i botteghini. Oggi che non se lo fila quasi più nessuno, casalinghe arrapate dello spot del Rio Mare a parte, non è più detestabile come un tempo.
Forza allora, Kevin, vai via insieme a quel registucolo di McG. Per questa volta vi va bene, siete salvi. Ho deciso di non massacrare il vostro filmetto, ma non fateci l’abitudine. Levatevi dalla mia vista, ora, prima che cambi idea.
No, Amber Heard no. Tu puoi rimanere!
(voto 5/10)

lunedì 18 novembre 2013

MACHETE KIIIII? MACHETE KILLED... BY CANNIBAL KID




Machete Kills
(USA, Russia 2013)
Regia: Robert Rodriguez
Sceneggiatura: Kyle Ward
Cast: Danny Trejo, Demian Bichir, Amber Heard, Mel Gibson, Michelle Rodriguez, Sofía Vergara, Vanessa Hudgens, Alexa Vega, Charlie Sheen, Lady Gaga, Cuba Gooding Jr., Antonio Banderas, Walton Goggins, Tom Savini, Marko Zaror, Jessica Alba
Genere: B-movie in HD
Se ti piace guarda anche: Machete, L’uomo con i pugni di ferro, Hobo with a Shotgun

Machete non manda messaggi. Machete non twitta. Machete è totalmente anti-tecnologico. Ma le cose cambiano. Basta che una Amber Heard qualunque gli mandi una fotina sexy e Machete diventa un nerd fissato con i computer e apre pure un suo blog, dedicato a figa & armi.


Questa è la trama di Machete Kills, il secondo capitolo delle avventure dedicate all’immortale (letteralmente) personaggio interpretato da Danny Trejo?
Non proprio. Forse sarebbe stato più interessante così, visto che la sceneggiatura di questo nuovo episodio non è che brilli in maniera particolare.
Sceneggiatura?
Perché, Machete Kills ha una sceneggiatura?
In teoria sì, in pratica è giusto un pretesto. Machete viene incaricato dal presidente degli Stati Uniti, un sempre divertente ma un po’ scontato Charlie Sheen, pardon Carlos Estevez, in versione Bunga Bunga, di uccidere il folle terrorista messicano Mendez, un Demian Bichir molto bravo nella serie The Bridge e nel film Per una vita migliore - A Better Life, per cui ha anche ricevuto la nomina all’Oscar, ma qui totalmente fuori parte come pazzo psicopatico dalla doppia personalità.
A non funzionare è proprio il tanto variegato e strombazzato cast, dettaglio mica da poco per un film che, anziché sulla storia, punta tutto sulla comparsa uno dopo l’altro dei vari personaggi che appaiono all’interno dello spettacolo personale di Machete.

Vogliamo parlare di Lady Gaga?
Per la seconda volta nel giro di pochi giorni mi tocca massacrarla. Pensare che fino a qualche tempo fa in questo blog veniva idolatrata. Negli ultimi tempi mi sembra invece che tutto ciò che tocca si trasformi in poop. La sua apparizione in Machete Kills appare giusto una mossa di marketing per far parlare della pellicola. Mossa non riuscita, considerati i risultati penosi al botteghino americano. La comparsata della Germanotta è poco più di un cameo e si limita a essere un update della sua parte nell’ottimo video di “Telephone” girato con Beyoncé e diretto da Jonas Akerlund, ai tempi in cui tutto ciò che toccava si trasformava  in oro. Tempi che sembrano lontani un’eternità e invece era giusto il 2010. Tralasciando ciò e parlando di recitazione, quali sono i livelli di espressività esibiti dalla Gaga in questo Machete Kills?
Non pervenuti.

"Cannibal, in questi giorni m'hai proprio rotti li cojoni!"

Altrettanto pessime pure le apparizioni del terribile Cuba Gooding Jr., uno dei più vergognosi vincitori di premi Oscar nella storia del cinema, così come del sempre più irritante Antonio “Mulino Bianco” Banderas, per non parlare di Mel Gibson. Nei panni del cattivone di turno è del tutto improbabile e riesce persino a far rimpiangere il villain del primo capitolo interpretato da Steven Seagal. E ho detto Steven “attore più merdoso del mondo” Seagal, mica Al Pacino.

"Recitare male io? Ahah!"

"Ho appena visto un pezzo di girato e...
in effetti quel Cannibal Pirl non ha tutti i torti."

Tra una comparsata e l’altra, il film comunque è più che altro un one man-show tutto dedicato al bellissimo e poco rugoso Machete/Danny Trejo. Un Machete qui agguerrito, ma decisamente più attapirato rispetto al primo episodio. D’altra parte se ti uccidono la tua Jessica Alba davanti agli occhi proprio a inizio pellicola, è difficile poi non essere un po’ attapirati.
A provare a tirargli su il morale, e pure qualcos’altro, ci pensa allora Amber Heard, con il personaggio di una spia sotto copertura nelle vesti di Miss San Antonio. Bene così? Insomma, il suo personaggio troppo stereotipato, lei troppo castigata e la scenona di sesso in 3D con Machete, anziché essere geniale o anche solo divertente come vorrebbe essere, lascia il tempo che trova.


A provare a rendere più caliente la pellicola ci provano pure le tre sventolone latine sfoggiate: una scatenata ma più che altro invasata Sofíona Vergara...


...più una sempre bona Vanessa Hudgens, più la rivelazione Alexa Vega (Michelle Rodriguez no, lo siento pero no me gusta, es muy masculina para mí).
Alexa Vega che nella saga di Spy Kids firmata dallo stesso Rodriguez io ricordavo così...


E che adesso si è trasformata in questa roba qui…


Machete Kills sarà anche un film pieno di figa, però ci viene mostrata in veste muy castigata, ed è proprio questo il problema. Non mi riferisco solo al fatto che non ci siano nudi. Sì, anche quello, ma non solo, sul serio. È tutta la pellicola in generale ad essere pulitina e precisina, pure a livello di fotografia e di montaggio. Machete Kills è come una versione in HD di un grindhouse movie e tradisce in questo modo lo spirito originario dell’operazione, partita tutta da un trailer fittizio presente nella doppia visione Planet Terror dello stesso Robert Rodriguez e Grindhouse – A prova di morte del suo amichetto Quentin Tarantino.
Machete Kills è una versione ripulita di Machete. Ci regala qualche bel momento splatterone all’inizio, che strappa pure la risata, c’è qualche scenetta divertente qua e là, il tutto però in tono minore rispetto al precedente episodio. Quando la battuta migliore “Machete non twitta” è solo una versione riciclata del vecchio “Machete non manda messaggi”, d’altra parte, c’è qualcosa che non va. Così come quando un film che vorrebbe essere di puro e cazzaro intrattenimento, e a tratti riesce pure ad esserlo, finisce invece nella lunga ed estenuante parte finale per annoiare, anche lì si capisce che qualcosa non va.
Di una cosa in ogni caso sono sicuro riguardo a questo film: tra topa, sparatorie, esplosioni, battutacce, effettacci speciali e registici, il regista Robert Rodriguez dev’essersi divertito un mondo. Su un’altra cosa sono sicuro: lo spettatore, anche il più patito di action, di trash o di B-movies (che poi questo come detto è più che altro un B-movie in HD), e persino il più fan/la più groupie di Machete non si sarà mai divertito quanto lui. E qualcuno, come me, a un certo punto avrà anche cominciato a sbadigliare.

La saga di Machete, visti gli incassi disastrosi al box-office, finirà qui? Oppure Rodriguez tornerà a divertirsi come un bambino e riuscirà a girare Machete Kills Again… in Space?
Non saprei cosa sperare. Da una parte questo Machete Kills si è rivelato un sequel ancora più inutile e spento di quanto potessi immaginare, dall’altra il trailer di Machete Kills Again… in Space si è rivelato la cosa più divertente dell’intera pellicola e quindi potrebbe nascerne un episodio migliore del secondo.
Nell’indecisione, direi di chiuderla qui. La saga e pure il post.
Machete Kills?
Nah, a questo giro Machete Sucks.
(voto 5,5/10)



martedì 1 maggio 2012

Dopo la passione di Cristo, la passione del giornalista

"Forse mi conviene mettere su gli occhiali da sole. Forse..."
Oggi è il Primo Maggio. Festa del lavoro o anche Festa dei lavoratori. Lo sapevate già, eh? Non posso mica sempre inventarmi cose nuove. Sì, potrei dire che oggi è il giorno di Natale, ma ciò mi farebbe apparire solo psicopatico, più che originale.
In occasione di questa festa, allora, Pensieri Cannibali dedicata un post speciale al lavoro più bello del mondo.
Il pornodivo?
L’imprenditore pedofilo?
Il politico imprenditore pedofilo?
Il ballerino di Amici che si piomba Belen?
No, no, no e ancora no.
Il mestiere più bello del mondo è… il giornalista.
‘Azzo ridete? Non ho detto il più remunerativo.
E non ho detto nemmeno il più rispettabile, se come giornalista consideriamo l’inviato a Londra di Studio Aperto che ogni giorno deve pescare una notizia contro Murdoch se no lo fustigano pubblicamente.
Mi riferisco a un mestiere che, se fatto con passione, può essere molto soddisfacente.
No, eh?
Vabbè, era solo una scusa per parlare oggi del seguente film. Perché in fondo è anche questo ciò che fanno i giornalisti: scovano collegamenti inesistenti tra le notizie (e a volte sono inesistenti pure le stesse notizie).
E a (s)proposito di lavoro, giornalismo e collegamenti inesistenti, vi segnalo i miei nuovi pezzi per Ed è subito serial e per Wait! Music. Tenete d'occhio questi due siti, mi raccomando!


"Ma perché ho girato questo film?"
The Rum Diary - Cronache di una passione
(USA 2011)
Regia: Bruce Robinson
Cast: Johnny Depp, Amber Heard, Aaron Eckhart, Giovanni Ribisi, Michael Rispoli, Richard Jenkins, Bill Smitrovich, Amaury Nolasco, Marshall Bell
Genere: annacquato
Se ti piace guarda anche: Paura e delirio a Las Vegas, Zodiac, Chico & Rita

Se avete qualche dubbio sul fatto che quello del giornalista possa essere il mestiere più bello del mondo, guardatevi questo film e ve ne convincerete. Di certo non è il film più bello del mondo, però Johnny Depp se la spassa alla grande: beve tutto il giorno, va ai party, entra in contatto con i potenti di turno, si fa Amber Heard. Devo aggiungere altro?
Detto così, sembra una figata, e lui probabilmente se l’è spassata alla grande nel girarlo. Noi a vederlo, un po’ meno…

"Ora ricordo il perché: per farmi Amber Heard!"
Johnny Depp torna a interpretare una pellicola tratta da un romanzo del giornalista e scrittore Hunter S. Thompson, dopo Paura e delirio a Las Vegas. Il film di Terry Gilliam può suscitare impressioni del tutto diverse nello stesso spettatore:
- Se lo guardi da lucido, è una cazzata pazzesca.
- Se lo guardi da fatto, è una figata pazzesca.
- Se lo guardi da strafatto, beh, è il trip definitivo.
Adesso che vi ho citato quel film, toglietevelo subito dalla mente. The Rum Diary infatti è più rassicurante e, in qualunque stato fisico e/o mentale lo si guardi, resta sempre un film loffio.
Ma si può trarre un film loffio da un romanzo cult di uno dei giornalisti e autori più fuori e "gonzi" di sempre?
Evidentemente si può. Soprattutto quando decidi di aprire la pellicola sulle note di Volare nella versione Dean Martin.
Cos’è? L’ultimo di Woody Allen?
Anche se da una simile intro potrebbe sembrare, il film non è ambientato in Italia bensì a Porto Rico. Nel caliente Porto Rico. Non esattamente il posto più indicato per lavorare in maniera professionale e per restare sobri. Paul Kemp, l’alter-ego di Hunter S. Thompson intepretato da Johnny Depp, a smettere di bere non ci prova nemmeno. A parole dice che ha intenzione di farlo, ma i suoi occhi (rossi) raccontano un’altra storia.
Quale storia?

"Amber, quando hai capito di essere lesbica?"
"Facile: la prima volta che mi sono guardata allo specchio."
Questo film non racconta nessuna storia. Si limita a seguire il protagonista nelle sue peregrinazioni. Detto così ci potrebbe anche stare bene, più che bene. Un sacco di film splendidi non raccontano niente, eppure finiscono per raccontare tutto. Peccato che il regista Bruce Robinson segua il protagonista da lontano, senza mai farcelo vivere. Questo personaggio ci piace o non ci piace? Ci sta simpatico? Dobbiamo fare il tifo per lui? Boh, la pellicola si mantiene sempre troppo distante per farcelo capire con chiarezza.
Bruce Robinson era assente dalla regia da una ventina d'anni, da Gli occhi del delitto con Uma Thurman del 1992, e fondamentalmente non è che sentissimo granché la sua mancanza. Il suo stile è molto classicheggiante, per essere gentili e non dire piatto. La forza della scrittura di Hunter S. Thompson sta proprio in un forte stile, quello ricreato alla perfezione dall’altrettanto allucinato Terry Gilliam, mentre qui lo beviamo annacquato in una forma priva di spunti e di idee. L’unico momento “visionario” è quello del trip da droga vissuto dal protagonista insieme all’amico con la lingua che si allunga, ma è giusto una scena una e tra l’altro appare slegata da tutto il resto.

"Me lo rinfaccerai ancora a lungo che ero in Avatar?"
"Almeno per tutta la vita, come minimo."
Non male invece il cast. Johnny Depp va avanti in modalità pilota automatico. Questa non verrà certo ricordata come una delle sue interpretazioni più brillanti, però se non altro sembra ritornato su livelli decenti dopo le sue agghiaccianti performance negli ancor più agghiaccianti The Tourist e Alice in Wonderland: qualcuno, vi prego, mi dica che la Deliranza in realtà non è mai esistita e me la sono solo immaginata durante un trip da LSD.
Quindi c'è il sempre valido e (quasi) sempre sottoutilizzato Aaron Eckhart e in un piccolo ruolo c’è pure Giovanni Ribisi. Giovanni Ribisi, it boy negli anni ’90, che fine aveva fatto? Boh. Ah sì, aveva avuto una piccola parte in Avatar, ma pure quello come la Deliranza desidererei cancellarlo dalla memoria.
E poi, have you heard? C’è Amber Heard. Compare in maniera molto misteriosa come una sirena e altrettanto misteriosamente a un certo punto sparisce dalla scena. È lei il vero motore della vicenda, se in questo film c’è una vicenda principale. Peccato sia sfruttata davvero poco, troppo poco.

Anche il rum tanto sbandierato nel titolo, non è che giochi poi tutto questo ruolo centrale. Il film si adagia su ritmi sonnacchiosi, in perfetto stile Porto Rico poco fico e con poca musica, zero ritmo, finendo paradossalmente per essere una pellicola fredda invece che caliente come ci si poteva aspettare dall’ambientazione o come l’ingannevole trailer lascerebbe supporre. Per respirare di più l’odore del sesso (come direbbe Figabue Ligabue) e i ritmi latinoamericani, vi consiglio allora Chico & Rita, che pur essendo una pellicola d’animazione è molto più hot e sexy di questo rum on the rocks.
Vediamo Johnny Depp bere in più di un’occasione, eppure non sentiamo mai l’odore dell’alcool. Come effetto alcolico, The Rum Diary non provoca l’eccitazione di quando si comincia a bere. Provoca piuttosto l’intontimento delle ore successive, e verso la fine pure un cerchio alla testa da hangover. Un film con i ritmi da pennichella pomeridiana, anziché da venerdì sera alcolico. Più che di rum, un film che sa di birra. Birra analcolica.
(voto 5,5/10)

venerdì 27 aprile 2012

The Avengers nel vento dei morti

"Ford l'avete chiamato?"
"No, con noi vogliamo solo il Cucciolo Eroico!"
Cosa c'è nei cinema questa settimana?
Come siete impazienti. Volete sapere tutto e subito.
Leggete qui di seguito le mie presentazioni illuminate, insieme a quelle spente del mio blogger/rivale/pericoloso criminale Mr. James Ford e vi farete un'idea.
Comunque, se volete il riassunto, ci sono: supereroi, un Fassbender d'annata, un Miyazaki d'annata anzi molto d'annata, una nuova smielata da Nicholas Sparks, qualche solita cazzata italiana e Amber Heard. Soprattutto Amber Heard.

The Avengers di Joss Whedon
Il consiglio di Ford: Vendicatori uniti... Contro il Cucciolo Eroico!
Da appassionato di fumetti nonchè tamarro cronico non posso che attendere con ansia il titolo fracassone della settimana, ormai pubblicizzato da anni in coda ad ogni film targato Marvel - Hulk, Iron man, Thor, e chi più ne ha più ne metta -.
Tra l'altro, dietro la macchina da presa c'è Joss Whedon, che farà andare il mio antagonista in brodo di giuggiole, tentando l'impresa di mettere d'accordo i due più acerrimi nemici della blogosfera: ci riuscirà?
Attendete le prossime visioni e lo scoprirete!
Il consiglio di Cannibal: Joss Whedon, salvaci tu dai supereroi!
Da non appassionato di fumetti, da non appassionato di supereroi e soprattutto da non appassionato di tamarri, di questo The Avengers non me ne frega più di tanto, anche considerando che i film di Iron Man, Thor e Hulk finora mi hanno fatto tutti piuttosto pena. Insomma, a gran voce grido: basta pellicole sui supereroi!
La sorpresa però potrebbe arrivare dalla regia, firmata dal mio preferito Joss Whedon, il paparino di Buffy. Riuscirà a evitare che sia la solita operazione di marketing spacciata per film?
E riuscirà Ford a scrivere commenti validi invece di sproloqui senza senso spacciati per la Verità suprema sul Cinema?
In entrambi i casi, ne dubito…

"Urka, fantastico questo "L'ultima estate di Joan e altri racconti" di Marco Goi
The rum diaries - Cronache di una passione di Bruce Robinson
Il consiglio di Ford: rum, rum, noi vogliamo del rum!
Dal titolo parrebbe un biopic incentrato sulla vita piratesca del vostro vecchio cowboy Ford, invece altro non è se non un tentativo di riportare Johnny Depp ai fasti di Paura e delirio a Las Vegas dopo le recenti schifezze interpretate da uno degli attori più amati delle ultime generazioni.
In realtà il film è stato girato una vita fa, ma in una settimana di ripescaggi come questa la cosa non suona neppure strana: potrebbe rivelarsi una schifezza atomica da bottigliate o una discreta ficata. Staremo a vedere, perchè in ogni caso non mi perderei mai un film che è l'incontro tra road movie, alcool e letteratura.
E brindo alla faccia di quel pusillanime del mio antagonista sempe chiuso in casa vestito da Coniglione!
Il consiglio di Cannibal: viva il rum, abbasso WhiteRussian!
Leggendo il titolo non mi viene certo in mente la vita piratesca (?) del Ford. A spasso con Daisy, quello sì che è un titolo che mi fa venire in mente il vecchio Ford! Uahahah
E poi Ford smettila di fingerti tutto ‘sto gran bevitore, che sei talmente un fisichella che manco bevi la birra, femminuccia che non sei altro!
Il film comunque si preannuncia una discreta schifezza. Negli Usa è stato ignorato alla grande e sembra la versione di noiosa e di serie B di Paura e delirio a Las Vegas. L’unico motivo per vederlo? Non un Johnny Depp dopo The Tourist ormai sempre più in caduta libera, bensì Amber Heard.
E ora tutti a bere, alla faccia di quell’astemio del whiterussian Ford!

FOTO IN ESCLUSIVA per Pensieri Cannibali: Ecco il luogo
dove Ford si è esiliato dopo la disfatta nell'ultima Blog War.
Laputa - Il castello nel cielo di Hayao Miyazaki
Il consiglio di Ford: meglio un castello nel cielo che un Cannibale in terra!
Non mi spiego per quale motivo venga distribuito in sala un film targato Miyazaki ormai di secoli fa, ma poco importa: le opere del Maestro e fondatore dello Studio Ghibli sono sempre una garanzia, quindi sarebbe da folli perdersele.
Io, giusto per essere partecipe, potrei rispolverare il dvd che acquistai almeno cinque anni fa, quando per la prima volta uscì nei negozi italiani.
Il consiglio di Cannibal: alla buon'ora - parte 1
Questo film è solo di 27 anni fa, quindi massì perché non farlo uscire adesso?
Io davvero non so cosa abbiano dentro la testa i distributori italiani. Forse farfalle, forse niente, forse degli omini che fanno un incontro di wrestling come dentro il cranio di Ford…
Non lo so, fatto sta che fanno uscire sto film in presumibilmente una decina massimo di sale, quando la pellicola è già disponibile in italiano da un sacco. C’era arrivato persino Ford, non certo la pistola più veloce del West, voi distributori italiani ci arrivate dopo appena 27 anni?
Comunque, il film è tra quelli di Miyazaki che mi mancano. Sarà all’altezza delle sue pellicole migliori? E, soprattutto, dentro la testa di Ford lo scontro sarà vinto da Hulk Hogan o da John Cena?

"Caspita! Il libro di Cannibal è molto meglio di quelli di Nicholas Sparks!"
Ho cercato il tuo nome di Scott Hicks
Il consiglio di Ford: non ti ho cercato, Cannibale. E non ti cercherò.
Una schifezza atomica dall'alto tasso di retorica a stelle e strisce di quelle malsane e per nulla pane e salame, infarcita di luoghi comuni e come se non bastasse interpretata da quel parruccone di Zac Efron.
Un High school musical a ritmo di Iraq e zuccherosi sentimenti che lascio ben volentieri al Cucciolo Eroico, chissà mai che, abbagliato dal suo idolo teen, non trovi il suo film dell'anno.
Il consiglio di Cannibal: ho cercato il tuo nome tra le lapidi del cimitero, Ford. Uahahahah!
I film tratti dai romanzi di Nicholas Sparks sono l’equivalente americano di quelle di Moccia in Italia, con in più l’aggiunta di una componente da drammone strappalacrime di quelli in grado di far piangere il finto duro Ford. Roba che quindi prima o poi vedrò, per farmi delle risate di gusto.
Quanto a Zac Efron, negli ultimi tempi si è gonfiato di steroidi e quindi ormai più che un teen idol cannibale può entrare a pieno diritto tra i Ford idol. E poi ammettilo Ford che il friday night ti fai le seratone di karaoke cantando le hit di High School Musical!

"Sì, Ford: sei pronto per combattere
contro The Rock. Ma adesso calmati..."
Interno giorno di Tommaso Rossellini
Il consiglio di Ford: tutti i radical chic verranno rispediti all'esterno a suon di bottigliate.
Ed eccoci al primo film italiano inutile della settimana, una polpettonata radical chic infarcita di figli d'arte che solo al pensiero mi fa incazzare come un toro.
Materia cannibalesca dal primo all'ultimo minuto. Io faccio finta di nulla, altrimenti finisce che comincio a fare andare le mani.
Il consiglio di Cannibal: interno giorno? Meglio l’esterno notte
Materia cannibalesca sta roba? Ma se sei tu il fan numero uno della famiglia Rossellini? Io faccio volentieri a meno sia dei film del nonno che ancor di più di quelli del nipotino d’arte. Neo neorealismo? Ford ha già un posto prenotato al cinema!

"Ford, quando hai detto che mi ospitavi da te,
mi aspettavo un posto un pochino più accogliente..."
Hunger di Steve McQueen
Il consiglio di Ford: in Italia per avere film interessanti in sala dobbiamo ripescare cose uscite da anni.
Hunger è il primo film di Steve McQueen, autore del recente Shame.
Come quest'ultimo, non mi aveva convinto al massimo, nonostante la messa in scena ottima e l'interpretazione incredibile di Fassbender: eppure, a fronte di titoli made in Terra dei cachi come quello appena segnalato, Hunger potrebbe facilmente diventare il film della settimana.
Il consiglio di Cannibal: alla buon'ora - parte 2
Se per Laputa ci sono voluti 27 anni, per Hunger ce ne sono voluti appena 4, quindi: Hallelujah!
La distribuzione italiana dimostra così sempre più di essere la cosa più lenta sulla faccia della terra dopo… esatto: Mr. Ford.
Il primo film di Steve McQueen comunque non mi ha esaltato parecchio, è una pellicola interessante però ho trovato molto meglio Shame, quello sì un cazzo di capolavoro!

"Vorrei dedicare una canzone a Mr. Ford: Old Man Blues"
Maternity blues - Il bene dal male di Fabrizio Cattani
Il consiglio di Ford: il blues vero viene guardando le prospettive del nostro Cinema.
Secondo titolo che mi puzza di tentativo pseudo d'esportazione con venature radical chic e poco altro.
Tema scomodo, grandi ambizioni, ma risultato "troppo italiano".
Altra roba che scarico volentieri sul Cannibale insieme ad una camionata di mattoni.
Il consiglio di Cannibal: più che il bene dal male, io vedo solo del male e basta
Laddove Ford parla come al solito di radical-chic, io vedo invece l’ennesimo polpettone neo neorealista. Ognuno ha le sue ossessioni, no? Qualunque siano le ragioni, entrambi comunque eviteremo questa Ciofeca blues. Alla fine, ecco un film che ci mette d’accordo!


"Ford, i tuoi film neorealisti hanno ROTTOOOOO!"
La casa nel vento dei morti di Francesco Campanini
Il consiglio di Ford: il vento dei morti è quello delle proposte italiane.
Terzo titolo italiano della settimana, e terzo film che non vedrei neanche sotto minaccia di convivenza forzata con il Cannibale.
Mano alle bottiglie e rullo di tamburi: Ford 3, Cinema italiano 0.
Palla al centro e attendiamo la prossima settimana.
Il consiglio di Cannibal: il cinema nel vento dei morti
Consiglio a tutti di guardare il trailer di questo film, perché è una vera chicca di trash allo stato puro.
Quanto a Ford, fa le triplette contro il cinema italiano, ok, ma ci va davvero poco. Quando se la deve vedere con un rivale cannibale nelle Blog Wars, invece, il risultato è decisamente meno a suo favore. Buahaha!

lunedì 12 dicembre 2011

Amber Heard: Cotta adolescenziale 2011 n. 6

Amber Heard
Genere: biondazza bonazza
Provenienza: Austin, Texas, USA
Età: 25
Il passato: All the Boys Love Mandy Lane, The Beautiful Ordinary, Never Back Down, Strafumati, The Informers, The Joneses, Benvenuti a Zombieland, Il segreto di David
Il suo 2011: The Playboy Club, The Ward - Il reparto, And Soon the Darkness, Drive Angry 3D
Il futuro: The Rum Diary, Syrup
Perché è in classifica: che ve lo dico a fare?
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Amber Heard. Due parole che separate possono non dire nulla, ma che unite danno vita a una delle più meravigliose creature che Dio, o i suoi piccoli aiutanti, abbiano mai ideato.
Lo scorso anno si trovava in seconda posizione, quest’anno scende così come Carey Mulligan visto che la classifica aveva bisogno di essere rivoluzionata. Un calo dovuto non certo alle sue qualità fisiche e recitative, entrambe in costante crescita, quanto al boicottaggio che il mondo, e in particolare gli Stati Uniti, sembra le abbia riservato. Tutti i suoi progetti dell’annata si sono infatti rivelati dei bei flop, in primis la serie tv The Playboy Club, un telefilm ambientato negli anni ’60 che non sarà stato un capolavoro alla Mad Men, ma di certo avrebbe meritato più delle misere 3 puntate di messa in onda che la NBC le ha riservato. Se non altro perché ammirare Amber Heard vestita da coniglietta era uno spettacolo che da solo valeva la conferma per almeno 4 o 5 stagioni. Poi sono passati inosservati il valido horror And Soon the Darkness, il buon ritorno di Carpenter The Ward – Il reparto (in cui Amber offre la sua prova recitativa migliore finora) ha ricevuto critiche parecchio contrastanti e il super flop Drive Angry 3D con Nicolas Cage era del tutto evitabile (a parte la sua presenza scenica). Come qualunque film con Nicolas Cage negli ultimi anni, d’altra parte. E, infine, persino The Rum Diary accanto al super divo Johnny Depp negli USA è uscito tra l’indifferenza generale.
Insomma, gli Stati Uniti stanno boicottando Amber Heard, but why, you bastards?







domenica 16 ottobre 2011

Indignados

America, cosa ci hai tolto?
Ieri sono avvenute proteste in tutto il mondo da parte di centinaia di migliaia di Indignados. Come è andata a finire nel mondo e come è andata a finire in Italia l'abbiamo visto tutti.
La vera domanda però è: ma indignati per cosa, per la crisi economica?
Sì, anche, però il motivo principale in realtà è un altro: la cancellazione di The Playboy Club, che il network americano NBC ha deciso di eliminare dal suo palinsesto dopo la messa in onda di appena 3 episodi…

The Playboy Club
(serie tv, stagione 1, primi 3 episodi)
Rete americana: NBC
Rete italiana: non arrivato (e a questo punto dubito arriverà)
Creato da: Chad Hodge
Cast: Amber Heard, Eddie Cibrian, Laura Benanti, Jenna Dewan-Tatum, Naturi Naughton, Leah Renee Cudmore, Sean Maher, Wes Ramsey, David Krumholtz, Troy Garity, Katherine Cunningham
Genere: patinato
Se ti piace guarda anche: La coniglietta di casa, Pan Am, Mad Men

The Playboy Club è l’autorevole detentore del ben poco ambito titolo di primo floppone floppissimo della stagione televisiva autunnale americana. I risultati di ascolto delle prime tre puntate sono infatti stati piuttosto disastrosi e la serie è andata incontro a una tragica, prematura soppressione.
Cosa che mi fa porre varie e profonde domande sul mondo in cui viviamo.
È vero, la serie ha un sacco di limiti: è scritta piuttosto malamente, cerca di essere un nuovo Mad Men senza avvicinarsi nemmeno lontanamente, il belloccio protagonista maschile Eddie Cibrian non ha neanche un’oncia del fascino e della classe di Don Draper/Jon Hamm, la maggior parte dei personaggi non brilla certo per spessore o simpatia, la presenza “oscura” di spalle o al telefono di Hugh Hefner (o di un simil-Hugh Hefner che dir si voglia) è una pacchianata fastidiosa ed evitabile, la componente thriller sembra davvero campata per aria e, soprattutto, pur chiamandosi The Playboy Club è una serie castigatissima e “pudica” se paragonata a show come Californication, The L Word o True Blood, con le tematiche dell’emancipazione femminile e dell’omosessualità che sono accennate in maniera troppo timida… e questa non è che solo una parte dell’elenco dei suoi difetti.
Però, c’è un però.
Grande come una casa.
Macchedico? Grande come una mansion. Una Playboy Mansion.
In questa serie c’è Amber Heard.
E non è finita: c’è Amber Heard in versione coniglietta di Playboy!
Avete capito bene: aboliremo l’ICI su tutte le prime case…
Ah no, scusate, mi hanno passato il discorso sbagliato.
Rifacciamo.

Avete capito bene: Amber Heard lavora come cameriera nel primo mitico originale Playboy Club, quello fondato nella Chicago anni ’60 come sorta di versione formato locale del magazine di Hugh Hefner; un luogo dove si intrecciano le storie dei vari personaggi, nonché una sorta di anticamera per molte cameriere conigliette che poi potrebbero diventare vere e proprie playmate fotografate sulla rivista Playboy.
E adesso gli americani, dopo appena tre puntate certo non perfette ma che comunque in confronto a quelle di Terra Nova hanno la statura del capolavoro, già vogliono bocciare una serie del genere? Cioè, la guerra in Afghanistan la portano avanti dal 2001 e alle conigliette di Playboy non concedono più di 3 puntate?
Io personalmente a un telefilm con Amber Heard (s)vestita da coniglietta darei il rinnovo sulla fiducia per almeno 10 stagioni di 22 episodi l’una. Per di più riuscite a immaginare qualcosa di più bello di Amber Heard che balla il twist? Evidentemente il pubblico yankee non la pensa così e quindi cercherò di farmene una ragione.

Cos’altro funziona comunque in questa serie, o meglio abbozzo di serie, a parte Amber Heard, che tra l’altro oltre a essere uno splendore d’altri tempi e avere il physique du rôle perfetto per la parte se la cava pure bene a recitare?
Nient’altro?

Un tizio si è suicidato perché sapeva che non avrebbe
più potuto vedere Amber Heard in versione coniglietta
Non proprio. Le atmosfere 60s infatti riescono ad avere sempre il loro fascino, sebbene non siano all’altezza della ricostruzione di Mad Men, o dell’altra nuova e più azzeccata serie Sixties Pan Am. Le musiche poi sono di buon livello, con artisti che ricreano concerti realmente avvenuti nel locale (o almeno, penso sia così), ad esempio la cantante pop Colbie Caillat che interpreta la parte di Lesley Gore con la sua memorabile “It’s my party”, oppure Ike & Tina Turner (non Ike & Tina Turner veri, ma degli attori/cantanti che li impersonano).
Per il resto, il grande problema della serie sembra uno, e decisamente paradossale. Nonostante la presenza di Amber Heard e di una serie di graziuose figliuole coume Jenna Dewan-Tatum (moglie di Channing Tatum con cui ha girato il dimenticabile Step Up) e Naturi Naughton (che era Lil’ Kim nel film Notorious B.I.G.), la serie manca l’obiettivo di essere sexy, eccitante, sensuale. I 60s qui ricreati all’interno del locale non sembrano un luogo misterioso e hot. È vero che Playboy non è Hustler e l’essere patinato è una sua prerogativa, però l’insieme è davvero troppo freddo. E per una serie che si basa sul marchio Playboy non c’è peccato peggiore. Probabilmente è per questo che non ha funzionato.
Però io comunque mi domando una cosa: vogliamo davvero vivere in un mondo in cui viene cancellata una serie con Amber Heard coniglietta?
(voto 6/10)


Per fare il punto attuale della situazione sull'autunno televisivo americano, decisamente più combattuto e interessante del campionato di calcio (per lo meno se siete interisti), ecco le serie cancellate finora:
The Playboy Club
Free Agents
How to be a gentleman
Charlie’s Angels

Hanno invece avuto la conferma per una stagione completa:
Hart of Dixie
Revenge
Suburgatory
Up all night
Whitney

martedì 12 luglio 2011

Il più grande spettacolo dopo Amber Heard

The Beautiful Ordinary - Remember the Daze
(USA 2007)
Regia: Jess Manafort
Cast: Amber Heard, Alexa Vega, Leighton Meester, Lyndsy Fonseca, Charles Chen, Shahine Hezell, John Robinson, Melonie Diaz, Katrina Begin, Stella Maeve, Aaron Himelstein, Chris Marquette, Sean Marquette, Michael Walsh, Robert X. Golphin, Caroline Dollar, Moira Kelly, Brie Larson
Genere: teen
Se ti piace guarda anche: Skins, Kids, Friday Night Lights, Il giardino delle vergini suicide

L’infanzia è fatta di magia,
ma l’adolescenza è fatta di mistero
è il momento in cui il mondo si avvicina improvvisamente
i colori diventano più vivaci
e le regole sembrano fatte per essere distrutte.

Trama semiseria
1999. 24 ore nella vita di un gruppo di adolescenti americani all'ultimo giorno di scuola del penultimo anno di liceo. Solita cittadina di provincia, solito intreccio di sesso, droga, storielle d'amore, solito ordinary film? Non proprio...

Avete notato il poster di Kurt Cobain, oppure solo qualcos'altro?
Recensione cannibale
Lo so, lo so. Ultimamente vi sto proponendo un sacco di film con Amber Heard: And soon the darkness, Drive Angry 3D, The Ward - Il reparto, The Informers e ora questo The Beautiful Ordinary... qualcuno di voi ha qualcosa da ridire in contrario? Ditelo subito che nel caso ho giusto un paio di scagnozzi che potrebbero sistemarvi, oppure tacete per sempre.
Questo The Beautiful Ordinary è un film teen apparentemente come tanti, ma in realtà ha un tocco leggero, delicato, anche poetico che riesce a distinguerlo da molti altri "colleghi" adolescenti. La regista esordiente Jess Manafort non cerca infatti la morbosità, lo scandalo, l'estremo. I ragazzi e le ragazze del suo film bevono, si drogano, fanno sesso promiscuo, non gliene frega un cazzo della scuola, però il tutto viene mostrato senza l'appiccicoso voyeurismo di uno speciale di Studio Aperto, senza il finto gggiovanilismo di un Federico Moccia, senza esagerare negli intrecci gossip di molte serie drama americane (qualcuno ha detto Gossip Girl o One Tree Hill?). Siamo più vicini al telefilm Skins (versione britannica), o dalle parti di un Larry Clark ma con protagonisti meno violenti e disadattati e il tutto girato con un tocco femminile che ricorda vagamente Sofia Coppola. Non proprio a quei livelli, però considerando che la regista è un’esordiente classe 1982 e suo padre non è uno dei grandi del cinema, di strada può ancora farne. Anche perché la sua leggerezza e la sua ordinarietà in mezzo a un cinema (e a un mondo) in costante ricerca di scandali sembrano qualcosa di davvero straordinario.

Niente male il cast pieno di giovani talenti: oltre a una Amber Heard in grado sempre non di bucare ma di letteralmente sfondare lo schermo, ci sono anche Lyndsy Fonseca (Kick-Ass e The Ward con la stessa Amber), Leighton Meester (la Blair del sopracitato Gossip Girl qui in versione blonde), Alexa Vega (bambina di Sky Kids che cresce bene), John Robinson (il biondino di Elephant qui in versione dark), i divertenti Aaron Himelstein, Chris Marquette e Michael Walsh (tutti dalla serie Joan of Arcadia) e la mitica Brie Larson (United States of Tara, Scott Pilgrim). Insomma, questo film è un po' l'equivalente cinematografico del vivaio del Barcellona.

A livello personale, a farmi affezionare ancora di più a questo film senza grandi ambizioni, ma dai risultati al di sopra delle aspettative, è anche l'ambientazione a fine anni '90, che è proprio il periodo in cui anch'io facevo il liceo, e una colonna sonora in cui spiccano gruppi troooppo ma troooppo 90s e quindi cazzo, figata! come Fun Lovin’ Criminals, Sneaker Pimps e Third Eye Blind. Anche se a regalare all'atmosfera un tocco magico e a tratti quasi onirico ci pensano soprattutto le musiche di Dustin O'Halloran, uno dei compositori di musica classica "moderna" migliori in circolazione. La scena finale un po’ Donnie Darko style scorre poi sulle note di Morning Life dei Feeder, una di quelle canzoni talmente belle da riuscire a rendere il ricordo, anzi il retro gusto del film ancora più piacevole.


Non una visione fondamentale o necessaria per cambiare i destini del mondo o del cinema, piuttosto “solo” un piccolo film intimo e personale, in un certo senso spensierato eppure non scemo, riassumbile nello slogan (questo sì un po' scemo) lanciato da uno dei suoi protagonisti: "Smoke. Drink. Don't think."
(voto 7)

martedì 31 maggio 2011

Roba da matti: un manicomio pieno di fi*a

The Ward - Il reparto
(USA 2010)
Regia: John Carpenter
Cast: Amber Heard, Lyndsy Fonseca, Danielle Panabaker, Mamie Gummer, Jared Harris, Mika Boorem, Sean Cook, Laura-Leigh
Genere: questa è la follia
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Trama semiseria
1966. Amber Heard dà fuoco a una fattoria e viene rinchiusa in un manicomio.
“Perché sono finita qui?” chiede.
Il direttore del manicomio scientificamente le risponde: “Perché hai dato fuoco a una fattoria e poi perché sei una bella gnocca e in questo ospedale psichiatrico ospitiamo solo belle gnocche. Ti sta bene questo?”
Amber Heard, che recentemente ha fatto coming out dichiarando la sua omosessualità, ha replicato: "Hell yeah, bitches!"

Recensione cannibale
John il Carpentiere ritorna dopo un'assenza bella lunga sul grande schermo e il tocco del maestro si vede eccome. Non che tutti i suoi film siano capolavori o film memorabili, però l'immensa classe della sua presenza dietro la macchina da presa si fa sempre sentire.
Tra l'altro John Carpenter, per quanto il suo ultimo lungometraggio risalga al 2001 (il poco eccezionale Fantasmi da Marte), non è stato del tutto a poltrire o a girare il mondo in crociera e ha diretto due episodi della serie Masters of Horror, due mini-film di assoluto valore: Il seme del male (Pro-Life), una storia malata di aborto e fanastismo religioso, e soprattutto Cigarette Burns - Incubo mortale, che racconta di un cinefilo a caccia dell'introvabile La Fin Absolue du Monde, una pellicola maledetta che manda letteralmente fuori di testa chi la guarda. Assolutamente consigliato rintracciare non tanto La fin absolue du monde, che potrebbe solo condurvi alla pazzia, quanto piuttosto questo episodio, visto che è tra le cose horror migliori degli ultimi 10 anni (e tranquilli che gli episodi di Masters of Horror sono indipendenti uno dall'altro, quindi non dovete vederveli tutti).

The Ward - Il reparto ci riconsegna Carpenter in splendida forma, con una storia di malattia mentale (quasi) tutta ambientata tra le pareti di un'ospedale psichiatrico. Niente di nuovo, nessuna rivoluzione, ma un lavoro di mestiere notevole, con un'impeccabile scelta sia nelle riprese inquiete che nelle atmosfere irrequiete. Un Carpenter impeccabile pure, diciamolo, nella scelta del cast: Amber Heard è una Dea ed è anche una delle scream queen migliori in circolazione (vedi All the boys love Mandy Lane, And soon the Darkness e Benvenuti a Zombieland, ma anche Drive Angry 3D) e qui è alla sua interpretazione più convincente. Cose da matti succedono in questi giorni e così mentre da Milano finalmente è stata cacciata la Moratti, la cosa davvero pazzesca di quest’ospedale psichiatrico è che è pieno di figa! Più di qualunque villa di Arcore (ma ancora per poco...). E così oltre alla Amber, ci sono Lyndsy Fonseca (Kick-Ass, Un tuffo nel passato, la serie tv Nikita) in versione pseudo nerd e Danielle Panabaker (da non confondere con l'insopportabile sorella Kay Panabaker delle serie Summerland e No ordinary family), impegnate tra l'altro in una splendida scena con un balletto very 60s e very sexy.
E a proposito: il look anni ’60 (ricordo che il film è ambientato nel 1966) regala ulteriore fascino alla pellicola, e a rendere il tutto più Mad Men ancora ci pensa la presenza di uno degli attori della serie nelle vesti del direttore dell’ospedale psichiatrico, ovvero Jared Harris (Lane Pryce in Mad Men).

Non da poco inoltre le riflessioni messe in atto e i quesiti posti dalla pellicola, ovviamente inseriti all'interno di un contesto horrorifico: cosa è reale e cosa solo frutto della nostra immaginazione? La protagonista è una ragazza apparentemente piuttosto sobria e normale, ma sarà davvero così? L’ospedale psichiatrico è infestato da alcune misteriose ed inquiete presenze, oppure sono solo le “pazze” a immaginerselo? Quale posto migliore di un manicomio per porsi interrogativi del genere?
La tensione è costante dall'inizio alla fine e il maestro carpentiere è qui (quasi) ai livelli della sua pellicola che preferisco: Il seme della follia. Nonché un'ulteriore conferma che i film di paura migliori alla fine sono composti da pochi essenziali elementi, in questo caso specifico: follia, visioni & figa. What else?
(voto 7+)

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