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venerdì 7 giugno 2013

WARM BODIES, L'ALBA DEI BIMBIMINKIA VIVENTI




Warm Bodies
(USA 2013)
Regia: Jonathan Levine
Sceneggiatura: Jonathan Levine
Tratto dal romanzo: Warm Bodies di Isaac Marion
Cast: Nicholas Hoult, Teresa Palmer, John Malkovich, Rob Corddry, Analeigh Tipton, Dave Franco, Cory Hardrict
Genere: zombie sentimentali
Se ti piace guarda anche: In the Flesh, Benvenuti a Zombieland, Chronicle, Beautiful Creatures



Prima di tramutarsi in uno zombie, da umano Nicholas Hoult era noto per essere stato il bambino dell’ottimo About a Boy (film tratto da un romanzo di Nick Hornby che presto diventerà anche una serie tv, for your information).
"Ciao bambini!"

Qualche anno più tardi, è ritornato in vita (artistica) tra i protagonisti della grandiosa serie inglese Skins, nelle prime due stagioni, le migliori, dove vestiva i panni del bello stronzo Tony Stonem.

"Ciao zoccole!"

Ma soprattutto, Nicholas Hoult da umano era noto per essersi sbattuto Jennifer Lawrence.

"Ciao Jennifer Lawrence!"

Poi lei l’ha mollato e lui è diventato uno straccio o, più propriamente, è diventato uno zombie. Reazione normale a una rottura con Jennifer Lawrence.
È così che lo ritroviamo in questo Warm Bodies. Un giovane zombie bimbominkia. Uno zombie con una coscienza, consapevole della sua zombietudine. Cosa che provoca un sacco di risate, in una prima parte del film davvero ironica e frizzante. Se la pellicola procedesse così per tutta la durata, ci troveremmo di fronte a un nuovo zombie cult movie spassoso come Benvenuti a Zombieland o L’alba dei morti dementi. Così non è, perché il film, dopo una partenza a razzo, si adagia su una camminata lenta, più in stile zombie.

"Teresa, lo sapevi che io prima stavo con Jennifer Lawrence?"
"Sì, certo. Come no?"
La seconda parte del film frena inoltre sui ritmi blandi da pellicola romanticosa e dudu dadadà. Da tipico boy meets girl movie. Magari non proprio tipico tipico, visto che qui ci troviamo di fronte a uno zombie meets girl movie, ma la sostanza non cambia molto. I due protagonisti all’inizio sembrano parecchio differenti, sarà perché lui è morto mentre lei è viva, ed è pure una gran bella sventola:  Teresa Palmer, che già faceva battere forte il cuoricino ai protagonisti di Take Me Home Tonight e L’apprendista stregone, così come i nostri. Questa volta Teresa ha vita un po’ più dura, a provare a far battere il cuore a un morto vivente, ma ci riesce pure in questo caso. Mai sottovalutare il potere della gnocca. Poco a poco, i due naturalmente finiranno per avvicinarsi l’uno all’altra. In questo aspetto, lo zombie meets girl movie non è molto differente dal classico boy meets girl, ve l’ho detto.

Fino a qui tutto bene. Warm Bodies si presenta come una fiaba dark, quasi una versione zombie di Pinocchio, con un pizzico di Romeo + Giulietta che non guasta. Romanticismo e umanità, non proprio ciò che si aspetteranno i puristi degli zombie movie tradizionali, ma tant’è. Se cercate un film horror, qui di brividi non ne troverete e quindi è meglio se vi rivolgete altrove. Warm Bodies non è per fortuna però nemmeno una versione zombie di Twilight, come i produttori $ucchia$oldi hanno cercato di venderlo. La dose abbondante di ironia (volontaria) riesce infatti a far chiudere un occhio sui momenti più puccettosi e zuccherosi, e soprattutto su una parte finale non all’altezza del resto.

Il film è diretto in maniera diligente da Jonathan Levine, che aveva fatto di meglio con 50 e 50 e All the Boys Love Mandy Lane (il film che ha lanciato Amber Heard!) ma che pure qui porta a casa la pagnotta evitando di finire invischiato troppo nelle paludi dei teen fantasy. Un po’ però ci scivola anche lui, con una conclusione troppo buonista e priva di quell’ironia che aveva contraddistinto la prima parte del film.
Tra le note liete, va messa dentro anche la variegata colonna sonora, che vanta “Patience”, la mia canzone preferita dei Guns’n’Roses, “Hungry Heart” (canzone perfetta per uno zombie innamorato), una delle mie preferite di Bruce Springsteen di cui per il resto non sono certo un gran fan, ma anche cose più recenti come M83, Feist, The National, oltre alla super hit anni ’80 “Missing You” di John Waite e un uso hilarious di “Pretty Woman” di Roy Orbison.

Warm Bodies è in conclusione un intrattenimento leggero, persino troppo, e il suo difetto principale è quello di non riuscire a uscire dalla categoria del “carino”. È un film carino, pochi dubbi su questo, ma quel che c’è da chiedersi è: è giusto che un film di zombie sia cariiino?
(voto 6+/10)



sabato 19 gennaio 2013

STUDENTESSE DEL DAMS STRESSATE O DAMSELS IN DISTRESS

Damsels in Distress - Ragazze allo sbando
(USA 2011)
Regia: Whit Stillman
Sceneggiatura: Whit Stillman
Cast: Greta Gerwig, Analeigh Tipton, Megalyn Echikunwoke, Carrie MacLemore, Adam Brody, Ryan Metcalf, Hugo Becker, Jermaine Crawford, Caitlin Fitzgerald, Aubrey Plaza, Nick Blaemire, Billy Magnussen, Alia Shawkat, Zach Woods
Genere: college movie atipico
Se ti piace guarda anche: Girls, The Last Days of Disco, Bunheads, Ragazze a Beverly Hills

La donzelletta oggi non vien dalla campagna, vien dal college. Non ci sono più i sabati del villagio de ‘na vorta, di leopardiana memoria. I tempi sono cambiati e su questo Whit Stillman riflette nel suo nuovo film, il primo dopo una lunga pausa terrencemalickiana durata più di dieci anni, dal 1998 di quello splendido The Last Days of Disco, un cult cannibale assoluto.
Le donzelle in pericolo, le damsels in distress del titolo originale, in realtà non è che siano così in pericolo. Come nella sua pellicola precedente, le ragazze sono forti e determinate, mentre i personaggi maschili appaiono decisamente con meno palle. Il titolo originale assume quindi una valenza ironica, rasa al suolo dal sottotitolo messo del tutto a caso in Italia: Ragazze allo sbando… ma perché? Un sottotitolo del genere la fa apparire come una pellicola anni ’90 su ragazze tossiche e ribelli, tutte sesso, droga e rock’n’roll. Così non è. È tutto l’opposto, semmai.
Le 4 donzelle protagoniste sono delle tipe fissate con l’igiene personale e i profumi. Un buon profumo può cambiarti la vita. Di sesso si parla sì ma non viene mostrato e credo questo sia l’unico college movie senza manco una scena di sesso (robe Disney a parte, ma non so se la Disney ha mai fatto un college movie). Droga niente, rock’n’roll non parliamone. Persino di party ce n’è uno giusto a inizio visione, poi bom.
Quello di Stillman è quindi un college movie del tutto particolare e inoltre, per chi avesse dubbi in proposito, nonostante il titolo l’università in cui è ambientato il film non è il Dams, bensì un college americano che sembra uscito da una canzone dei Vampire Weekend, più che dalla realtà.

"Ecco, così attireremo molti più teenager emo!"
A capeggiare queste mean girls sui generis c’è Violet (Greta Gerwig), che è una tipa difficile da inquadrare: è paranoica, ha manie di controllo su ogni cosa che le succede intorno ed è sempre pronta a criticare tutto e tutti. È una tipa antipatica, fondamentalmente. Avevo quasi dimenticato perché avevo adorato The Last Days of Disco, perché anche lì, come qui, tutti i personaggi sono antipatici.
A me stanno simpatiche le persone antipatiche: Mourinho, Sgarbi, Bret Easton Ellis, Lars Von Trier... Quelli che dicono ciò che pensano, non importa quanto impopolare, politically incorrect o spregevole ciò possa risultare. Anzi, tanto meglio se ciò che dicono risulta impopolare. I film di Whit Stillman sono pieni di personaggi spregevoli, magari meno sopra le righe rispetto ai nomoni sopra citati, ma anche qui non troviamo troppi piacioni e tipi simpa. Credo sia anche per questo che il cinema di Whit Stillman rimarrà sempre per pochi, perché non vuole proprio piacere. Si impegna a non piacere.
A dei personaggi sull’antipatico andante si contrappongono comunque atmosfere decisamente piacevoli, da pellicola nouvelle vague d’altri tempi. Damsels in Distress è quindi un college movie, ma il più atipico dei college movie. I personaggi non sono per nulla teen. Siamo più dalle parti di una sofisticata commedia newyorkese a metà strada tra Woody Allen e la serie tv Girls, al limite di un Ragazze a Beverly Hills meno glamour. Ci sono momenti esilaranti, ma siamo ben lontani dalla goliardia di Porky’s o American Pie. Su tutti, la vetta comica viene raggiunta dal personaggio di Thor (Billy Magnussen), un tizio che non sa distinguere… i colori.

"Ballo meglio di Ryan di The O.C.? Non è che sia 'sto gran complimento..."
Punto di forza principale del film sono i dialoghi, fenomenali e imprevedibili, tra Grindhouse - A prova di morte di Quentin Tarantino e il telefilm Bunheads. Niente male anche il cast, con una serie di serie candidate al titolo di reginetta della scena indiependente americana: da Greta Gerwig, possibile nuova Chloe Sevigny (che non a caso svettava in The Last Days of Disco) ad Analeigh Tipton, già rivelazione di Crazy, Stupid, Love., , fino alla fenomenale Aubrey Plaza, vista in Safety Not Guaranteed, Scott Pilgrim e in Parks and Recreation, qui nel ruolo di un’aspirante suicida piccolo, ma in grado di lasciare comunque il segno. E poi c'è pure Adam Brody, ex mitico Seth Cohen di The O.C., la cui carriera cinematografica non è (ancora) decollata ma che di recente abbiamo avvistato pure in Cercasi amore per la fine del mondo.

"Hey guarda, un asino che vola!"
"No caro, lo so che te li confondi sempre, ma è solo Cannibal Kid su un aereo."
Per il resto, la scrittura di Whit Stillman ripercorre in maniera piuttosto fedele quella del precedente The Last Days of Disco, come se dieci e passa anni non fossero per lui passati. Laddove là si ripercorrevano gli anni di declino della musica disco, a inizio anni ’80, qui ci fa assistere alla decadenza della gioventù contemporanea americana. Una specie di declino dell’impero romano ai giorni nostri, considerando come le confraternite del campus in cui la pellicola è ambientata sono fissati proprio con l’immaginario romano, benché i toga party di Animal House siano ricordi lontani.
Meglio ancora, questo è un film sul declino della decadenza. Damsels in Distress è un’altra perla di commedia più anti-romantica che romantica, leggera, leggerissima al punto da sembrare inconsistente e invece alla fine sa piazzare un paio di riflessioni interessanti. Prima di gettarsi pure qui in un finale danzereccio, a passo di Sambola. Perché alla fine quelli di Whit Stillman non sono commedie né drammoni, sono musical. Solo che, al posto delle canzoni, ci sono le parole.
(voto 7+/10)




sabato 26 novembre 2011

Questo piccolo grande (ma pure pazzo e stupido) amore

Crazy, stupid, love
(USA 2011)
Regia: Glenn Ficarra, John Requa
Cast: Steve Carell, Ryan Gosling, Emma Stone, Julianne Moore, Analeigh Tipton, Jonah Bobo, Marisa Tomei, Liza Lapira, Kevin Bacon, Josh Groban, Julianna Guill, Beth Littleford
Genere: intrecciato
Se ti piace guarda anche: Magnolia, Love Actually, Le amiche della sposa

Crazy stupid love dice il titolo. Se il love glielo concediamo, visto che Love is all around e tutta la commedia gira intorno a quello, tanto crazy questo film (purtroppo) non è. Ma (per fortuna) non è nemmeno stupid.
Eh va beh, allora mettiamo titoli a caso.
Hey, un attimino… anche io lo faccio sempre, quindi siete perdonati, cari i miei due registi autori della pellicola.
"Davvero ho bisogno di cambiare look???"
Crazy stupid love ha quindi il pregio di non essere un’altra stupida commedia americana, visto che l’ispirazione sembra trovarla, sarà anche per via della rossa presenza di Julianne Moore, più che altro in Magnolia, un riferimento anche per quel vero splendore di comedy recente che è Le amiche della sposa. Se pensare che un melodrammone come Magnolia possa essere diventato un punto di riferimento per la nuova commedia a stelle e strisce fa un po’ strano, il risultato che ne è venuto fuori in questo caso è piuttosto di buon livello, sebbene siamo molto lontani dal capolavoro andersoniano.

L’intreccio dei personaggi è costruito in maniera interessante, con due storie che sembrano viaggiere in parallelo senza sfiorarsi mai. Fino a che, inevitabilmente finiranno per incrociarsi e sbattere quasi una contro l’altra.
Da una parte c’è la situazione ormai tipica da American Beauty in poi della crisi famigliare: Julianne Moore vuole divorziare dal marito Steve Carell e lui finisce per doversi reinventare. Lui che nella vita è stato con una sola donna, adesso deve ritornare sulla piazza e per farlo troverà l’inaspettato aiuto dell’uomo più figo del momento:
Ryan Gosling.

E poi non dite che su questo sito ci sono solo donnine ignude...
Ero molto curioso di vedere come se la sarebbe cavata il buon Ryan, uno dei miei attori preferiti fin da tempi insospettabili, alle prese per una volta con la commedia. Il suo volto da bravo ragazzo ma venato di un’ombra oscura e inquietante gli aveva infatti portato fino ad ora più che altro parti in ruoli parecchio ambigui. Se escludiamo gli esordi nella serie del Giovane Hercules (aaaaaaRGH!), è stato infatti l’ebreo antisemita in The Believer, l’insospettabile killer di All good things, il marito con qualche sclero di Blue Valentine, l’autista (quasi) autistico che quando gli attaccano i 5 minuti son cazzi di Drive e varie altre parti sempre in qualche modo da “spostato” (Lars e una ragazza tutta sua, Formula per un delitto, Stay…).
Anche questa volta il supercool Ryan interpreta un personaggio che ha il suo doppio lato, seppure entrambi i lati risultino molto più palestrati del solito: da una parte l’insensibile e superficialone playboy un po’ alla Christian Troy di Nip/Tuck che se ne fa una diversa ogni sera, dall’altra il sensibile e profondo cucciolone che cadrà innamorato come una pera cotta per Emma “easy girl” Stone, a formare una delle coppie cinematografiche più belle degli ultimi tempi.
I due tra l’altro sono protagonisti di un “Dirty Dancing moment”, che ormai e chissà perché sembra diventato immancabile in ogni buona commedia che si rispetti, visto che è il cult movie di Zooey Deschanel nella sitcom New Girl e gioca un ruolo importante anche nella gradevole commedia francese Il truffacuori.
Altra fissazione delle commedie, questa volta tutta all’insegna di Emma Stone, è la mania di citare La lettera scarlatta, cui il film Easy Girl (molto) vagamente si ispirava e che pure qui viene menzionato. Strane coincidenze che denotano pure come questa pellicola per quanto ben orchestrata non sia esattamente il massimo dell’originalità.

Oltre alla coppia d’oro Stone/Gosling, funziona un po’ meno il resto del cast: Julianne Moore e Marisa Tomei la sfangano con professionalità ma a me sembrano più a loro agio con il drama, Kevin Bacon è sprecato in un piccolo ruolo che poteva essere molto più bastardo, poi ci sono anche la giovane promettente Analeigh Tipton e il meno promettente Josh Groban, cantante tenore pop, una sorta di Bocelli americano e vedente, nei panni dell’insopportabile fidanzato di Emma Stone. Parte che, chissà perché, gli riesce assolutamente naturale. Quella del tipo insopportabile, non del boyfriend della Stone più sexy dai tempi di Sharon in Basic Instinct.
Il protagonista principale è invece uno Steve Carell più convincente del solito che però limita il suo apporto umoristico. Che poi il limite principale di questo Crazy, Stupid, Love è proprio quello di funzionare più su un versante riflessivo, ma poco dal punto di vista comico. Insomma, in questa comedy si ride un po’ pochino. Però la parte drama non è niente male.

Altri difetti? Ritmi lenti che portano a una durata un filo eccessiva e soprattutto un finale come al solito troppo, troppo happy per i miei gusti, con la consueta scenona del discorso pubblico finale di quelle che capitano solo nei film ammericani.
Cosa devo fare per evitare che le commedie finiscano necessariamente con un discorso pubblico?
Dite che l’unico modo è fare un discorso pubblico?
Ma allora questo è un circolo vizioso che non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine
(voto 6,5/10)
no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha
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