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giovedì 2 maggio 2013

CHI VA ALL’HOST PERDE IL POST


The Host
(USA 2013)
Regia: Andrew Niccol
Sceneggiatura: Andrew Niccol
Tratto dal romanzo: L’ospite di Stephenie Meyer
Cast: Saoirse Ronan, Diane Kruger, Max Irons, Jake Abel, William Hurt, Chandler Canterbury, Evan Cleaver, Frances Fisher, Rachel Roberts, Scott Lawrence, Boyd Holbrook, Emily Browning
Genere: possessione
Se ti piace guarda anche: In Time, Hunger Games, Amabili resti, Hanna

Vedere o non vedere The Host, questo è il problema.
CONTRO: È tratto da un romanzo di Stephenie Meyer, l’autrice della saga di Twilight.
PRO: La protagonista è Saoirse Ronan, già piccola ma grandissima attrice in grandi film come Amabili resti, Hanna ed Espiazione.

Riflettiamoci bene.
CONTRO: Stephenie Meyer!
PRO: Saoirse Ronan è diventata maggiorenne e quindi posso finalmente fare commenti sconci su di lei!

VERDETTO: vada per vederlo!

"Fatti vedere bene... Mmm, sì, mi ti farei!"
Se Twilight partiva da un presupposto orrido, ovvero: ragazza vergine incontra vampiro vegetariano e i due aspettano fino al matrimonio per farlo, questo The Host si basa almeno su un’idea certo non rivoluzionaria, ma se non altro un minimo intrigante. Pure in questo caso si tratta della classica stepheniemeyerata clamorosa: l’autrice immagina infatti che la Terra sia un pianeta pacifico, senza guerre e con tutte le persone felici e buone.
E che palle!
Giusto la Stephenie Meyer scrivendo un romanzo di fantascienza poteva immaginare un futuro tanto noioso.
Lo spunto più o meno interessante quindi non è questo, ma è quello che la Terra è stata colonizzata da degli alieni che hanno preso possesso dei corpi degli umani. Una roba stile L’escorcista, solo che la possessione degli alieni è pacifica. In pratica sono una razza superiore che ha eliminato la cattiveria e la voglia di (auto)distruzione tipica dell’uomo.
E che palle, di nuovo!

"Fatti vedere ancora... Mmm sì, mi ti farei proprio."
"Sì bravo, ma a forza di accecarmi io intanto non te la smollo più."
A questo contesto tanto buonista quanto noioso, naturalmente c’è qualcuno che si oppone. I pochi umani rimasti a non essere asserviti al fabiofazismo degli alieni conquistadores. Tra di loro c’è Saoirse Ronan…
Io adesso sono emozionato. La ragazza è cresciuta, è maggiorenne e finalmente ho il permesso della legge per dire su di lei le peggio smaialate… però non ci riesco.
Saoirse Ronan non è una di quelle gnoccolone giganti come, per dire, Amber Heard o Kate Upton. Saoirse Ronan è carina caruccia, è bellina, una bellezza fine, non una figona e quindi anche se ormai è maggiorenne (non maggiorata) e vaccinata non ci riesco.
Mi limito quindi a dire che ancora una volta ci regala un’ottima prova d’attrice. La pellicola non sarà di quelle fenomenali, i dialoghi non l’aiutano più di tanto, eppure lei riesce a regalare una performance notevole con un personaggio complesso che in mani ad altre avrebbe potuto portare a risultati tragici.
Dico solo: Kristen Stewart.

La protagonista di The Host Melanie è un’umana ribelle che cerca di suicidarsi per sfuggire a quei cattivoni degli alieni. Sti alieni usciti dalla folle mente di Stephenie Meyer sono talmente cattivoni che le salvano la vita. Certo, il prezzo da pagare è che le impiantano dentro un’aliena. In pratica, nel corpo di Melanie convivono contemporaneamente la nuova aliena chiamata Viandante e il vecchio spirito di Melanie che resiste. Siccome il nome Viandante fa schifo, ma schifo tanto, decidono di chiamarla Vanda che è un po’ meglio, ma nemmeno troppo.
A me fa venire in mentre Wanda Osiris…
This movie is sponsored by Acuvue.
In pratica, Saoirse Ronan si trova a dover gestire due personaggi, due personalità del tutto opposte all’interno dello stesso corpo, il suo bel corpicino di fanciulla appena maggiorenne su cui ho deciso di non fare commenti da maiale. Mi limito a dire che io un film con 2 ore 2 di Saoirse Ronan protagonista assoluta per tutta la durata e con una parte doppia che regge alla grande MI RIFIUTO DI BOCCIARLO A PRIORI.
E non mi interessa che è un parto della contorta mente aliena di Stephenie Meyer. Saoirse Ronan è più forte di tutte le Stephenie Meyer del mondo. Anche se comunque spero non ce ne sia più di una, che già una basta e avanza e se ce ne fossero due si metterebbero a parlare in stereo come la protagonista del film e non si capirebbe più un accidente AAARGH!

La protagonista come detto è il punto di forza del film. Ricorda in qualche modo la povera Susie Salmon di Amabili resti, il personaggio più memorabile portato fin’ora sullo schermo dalla piccola grande Saoirse Ronan. Anche la Melanie di The Host è infatti come bloccata, costretta a guardare la sua vita sfuggire via. Non dall’aldilà, come Susie, ma dall’aldiquà, intrappolata in un corpo controllato da un’aliena. La fuga di Melanie dalla sua cercatrice Diane Kruger ricorda invece vagamente quella di un altro personaggio ronaniano, ovvero l’Hanna dell’omonimo film che scappava in maniera analoga dalle grinfie di Cate Blanchett.
L’altro personaggio che mi ha ricordato questa Melanie/Vanda con tutto il suo parlare con se stessa è… il Gollum del Signore degli anelli. Diciamo che Saoirse Ronan qui è la versione bella fighetta del Gollum.

"Lei non sa chi sono io!!!"
"Mah, veramente sì: lei è William Hurt."
"Ah ok, mi scusi."
Al di là della protagonista, le note positive della pellicola non sono molto numerose. Tra esse, io ci metto una quasi totale mancanza di scenone d’azione e di effettoni speciali. Per qualcuno, per chi si aspetta una pellicola fantascientifica di quelle spettacolari e fracassone, questo può rappresentare un difetto, per me è invece un pregio mica da poco, una scelta anti-commerciale per un film commerciale.
Quanto alla regia, Andrew Niccol è ormai ad anni luce di distanza dai suoi lavori migliori, Gattaca e Lord of War, e qui si limita al compitino, con un risultato che va più dalle parti del suo recente In Time, però The Host mi è sembrato almeno un filo meglio rispetto a quello.

Il personaggio e l’interpretazione di Saoirse Ronan comunque sono talmente buoni da passare sopra i difetti, e ce ne sono eccome, del film. Innanzitutto la parte sci-fi della storia è sviluppata in maniera molto soft e di tutti gli spunti potenzialmente infiniti su una colonizzazione aliena ne vengono sviluppati ben pochi. Quindi ci sono una serie di dialoghi tutto fuorché eccezionali, sebbene non si scada nel ridicolo come nella saga di Twilight. Attorno alla Ronan, il resto del cast si muove in maniera parecchio più svogliata, con un William Hurt gigione, una Diane Kruger discreta e i due protagonisti maschili Max Irons e Jake Abel che sono ben poco convincenti.

"Alla fine i commenti sconci su di me non sono arrivati?
Questo post l'ha scritto davvero Cannibal, o un alieno buonista?"
Due protagonisti maschili perché, ebbene sì, pure qui come in Twilight non può mancare un triangolo amoroso. Attenzione però, perché in realtà non si tratta di un triangolo, ma di un quadrangolo: Saoirse Ronan umana è innamorata di Max Irons, mentre Saoirse Ronan aliena è innamorata di Jake Abel, solo che Saoirse Ronan umana è intrappolata nel suo corpo che però ormai è controllato dalla Saoirse Ronan aliena e quindi se si vuole fare Max Irons sono casini, e viceversa.
Tutto chiaro, vero?

La parte sentimentale, immancabile, rientra tra le altre parti debolucce del film, però non è così preponderante rispetto al resto. Il resto che è rappresentato da una grande doppia Saoirse Ronan, in grado di oscurare (o quasi) i fastidiosi echi new-age presenti e persino un finale tanto buonista che giusto una mente malata come quella di Stephenie Meyer poteva conce-pirla, intendevo concepirlo.
Alla fine, se non si era ancora capito, Saoirse Ronan non mi è dispiaciuta e nemmeno il film. Sono proprio un bimbominkia.
(voto 6+/10)



martedì 28 febbraio 2012

In time - Raga, vi presento mia mamma: Olivia Wilde

In Time
(USA 2011)
Regia: Andrew Niccol
Cast: Justin Timberlake, Amanda Seyfried, Olivia Wilde, Cillian Murphy, Johnny Galecki, Matt Bomer, Alex Pettyfer, Vincent Kartheiser, Rachel Roberts, Jessica Parker Kennedy, Melissa Ordway
Genere: fantamoney
Se ti piace guarda anche: I guardiani del destino, Demolition Man, Io Robot, Il mondo dei replicanti

In Time parte da un bello spunto, una buona base di partenza per una storia: in un ipotetico futuro, tutte le persone sono geneticamente modificate in modo da avere 25 anni per sempre.
Forever young, I want to be forever young, do you really want to live forever, forever young?
Lacrimuccia alphavillosa.
La tematica si fa quindi molto Peter Panesca, anche molto vampiresca. Le saghe letterarie, cinematografiche, telefilmiche sui succhiasangue da Twilight a The Vampire Diaries vanno forte per quale motivo? Perché i vampiri sono creature non solo immortali, ma anche eternamente giovani e fighe. Avete mai visto un vampiro cesso?
Sì, una volta in True Blood ce n’era uno obeso e inguardabile, ma infatti l’han fatto durare giusto una o due puntate…
Come si gioca questa carta dell’eternà giovinezza il film In Time? Male, il tema non viene assolutamente sviluppato a sufficienza. Se non con scenette come quella mostrata nel trailer: queste sono mia moglie, mia suocera e mia figlia. E sono tre biondazze giovani che sembrano uscite da un catalogo di Victroia's Secret.

"Aiuto, voglio la mamma! Anzi, la vorrei anche se non fossi in pericolo..."
Andiamo avanti nel time con la trama.
Dopo aver raggiunto i 25 fatidici anni, ogni persona ha un solo altro anno di vita. A meno che non si guadagni più tempo. Sì, guadagnare, perché il tempo è la moneta del futuro, o almeno di questo strambo futuro. Niente euro. Niente dollari. Niente yen. Il tempo è denaro, letteralmente.
Bello spunto di partenza dicevamo. Peccato che sortisca anche degli effetti ridicoli assai.
Il protagonista Justin Timberlake ha infatti come mamma… Olivia Wilde!
Olivia Wilde mamma di Justin Timberlake?!?!
What the fuck!
Credo che in questo caso la parola M.I.L.F. (Mother I'd Like to Fuck) non sia nemmeno abbastanza sufficiente per definire la situazione dentro cui si trova il Justin. Una situazione in cui se non pensi all’incesto non sei normale.
Il pericolo di scadere in situazioni potenzialmente ridicole è di per sé molto presente nel cinema di fantascienza, più che in altri generi. Alcuni film riescono comunque ad aggirare l’ostacolo bene, qui invece l’ostacolo non viene saltato proprio.
Olivia Wilde mamma di Justin Timberlake?
Dai, è davvero troppo comico.
Ci manca solo la scena in cui Justin fa conoscere la mamma agli amici:
"Per l'ennesima volta, Justin: sei troppo grande per essere ancora allattato!"
“Hey raga, vi presento mia mamma… E dai, non sbavate. È pur sempre mia mamma. Sì, va bene, anch’io c’ho perso la vista a forza di fare pensieri impuri su di lei, però dai raga, è la mia vecchia mamma. Riallacciatevi quei pantaloni, forza. Mamma, io comunque ti amo… ehm, volevo dire ti voglio bene. Come un figlio può voler bene a una madre, non intendo mica come un camionista che vorrebbe possederti carnalmente in un cesso di uno squallido benzinaio sull’autostrada potrebbe volerti bene. Ah, mamma: questa sera posso dormire insieme a te che ho ancora quegli incubi ricorrenti?”.

ATTENZIONE SPOILER
Fatto sta che questa situazione tanto assurda non regge molto. Tempo una manciata di minuti e la povera mamma MILF super MILF super extra MILF di Justin ci rimette la vita, in una sequenza altamente patetica, eccessiva e ridicola in cui Justin si ritaglia il solito momento da filmone americano, dove è lasciato libero di gridare:
“NOOOOOOOOOOOOOO! Prendi meeeeeeeee!”

"Sei meno figa della mia anziana madre, Amanda, però mi ti farei comunque..."
Quindi la storia si evolve, entra l’inevitabile interesse amoroso che ha le vesti di Amanda Seyfried, da me anche ribattezzata Amanda Seyfrigida. Tipa caruccia, ma che non mi ispira troppo sesso. Sarà l’omosessualità che avanza… chi lo sa?
Fatto sta che la premiata (?) accoppiata Justin + Amanda together forever tiene in piedi la baracca di una storia che si sfilaccia mano a mano che procede, ma che rimane comunque entro i limiti della guardabilità. Come se ci trovassimo di fronte a un film con Will Smith, però senza l’insopportabile presenza di Will Smith. Differenza non da poco.
Non che JT sia fenomenale in questo film, in The Social Network ad es. era molto più convincente, però è pur sempre moooooolto meglio di WS. Sia al cinema che in ambito hip-hop.
Yo, Willy, beccati questa.
"Affare fatto, Vincent: se tu torni a fare Mad Men, io torno insieme a Britney."
Dietro la macchina da presa siede un regista che un tempo faceva sperare grandi, grandissime cose. Andrew Niccol ha infatti esordito alla regia con quell’autentico gioiellino della fantascienza recente che è Gattaca, uno spettacolo per gli occhi come per il cuore, grazie alla toccante parabola di un uomo imperfetto in un mondo di essere geneticamente perfetti e programmati per eccellere, di cui questo In Time è solo un pallido riflesso.
Subito dopo, il buon Niccol firmava anche la sceneggiatura di The Truman Show, pellicola che nel 1998 affrontava credo prima di tutti gli altri la complessa tematica della reality tv, che avrebbe poi segnato, e purtroppo segna tutt’ora, i successivi Anni Zero.
Dopodiché Niccol aveva girato un’altra riflessione interessante sul rapporto reality-fiction con la diva creata al computer di S1mOne, film magari non del tutto riuscito ma comunque affascinante che aveva tra l’altro il merito di lanciare una giovanissima Evan Rachel Wood. Scusate tanto se è poco.
Quindi, Niccol sganciava un'altra bomba come Lord of War, pellicola notevolissima sul commercio d’armi in cui - udite udite - riusciva a far passare Nicolas Cage per un attore vero! Era il 2005 e quello sarebbe stato l’ultimo film decente con Cage protagonista [in Kick-Ass, per fortuna, è solo un comprimario di lusso (lusso?)].
Viene da chiedersi allora cosa sia successo tra quelle pellicole, in cui delineava un suo stile bello personale, e un filmetto d’intrattenimento, decente ma nemmeno dei migliori, come questo. La risposta sono sicuro ve la possiate immaginare anche perché è un po’ la tematica di In Time stesso: il denaro.
È un vero peccato che grandi talenti visivi passino da grandi film a robette commerciali del genere, parlo di Andrew Niccol ma anche di un altro regista che me lo ricorda come Alex Proyas, trasferitosi dagli ottimi e scurissimi Il Corvo e Dark City a - per parlarci chiaro - puttanatine come Io, Robot e Segnali dal futuro. Non a caso con i già menzionati Willy Smith e Nicky Cage.

"Sbrigati, che se la nostra fuga funziona ti posso cantare: Aaamanda è libera!"
Ci sono esempi di pellicole di fantascienza entertaining che riescono a fare il loro porco dovere alla grande, come un paio con gli eroi del mio antagonista Mr. Ford, ovvero Demolition Man con Stallone e Atto di forza con Schwarzy, ma questo In Time resta a un livello inferiore, diciamo più dalle parti de Il sesto giorno sempre con l’ex governatore della California. O anche de Il mondo dei replicanti, quello invece con Bruce Willis. Ecco, In Time pressappoco è su quei livelli lì. È un film che scivola e ogni tanto cade proprio nel ridicolo ed è un peccato, perché da Andrew Niccol mi aspettavo molto di più. E perché alla fine la pellicola lancia anche un bel messaggio anti-capitalista sulla redistribuzione della ricchezza che, soprattutto di questi tempi, avrebbe potuto condurre a ben altre e più alte riflessioni. Invece si è preferito puntare sul solito filmone, o meglio filmino, di puro intrattenimento di stampo action hollywoodiano blockbusteriano. In Time? Sì, magari l’avessero fatto negli anni Novanta. Adesso è arrivato un pochino fuori… time.
(voto 5,5/10)

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