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giovedì 20 settembre 2012

O mia bruta Madunina

Benvenuti al Nord
(Italia 2012)
Regia: Luca Miniero
Cast: Claudio Bisio, Alessandro Siani, Angela Finocchiaro, Valentina Lodovini, Nando Paone, Giacomo Rizzo, Paolo Rossi, Ippolita Baldini, Francesco Brandi
Genere: guerra di secessione
Se ti piace guarda anche: Benvenuti al Sud, Giù al Nord, Zelig (il programma tv)

“Testina, facciamo il sequel di Benvenuti al Sud, lo ambientiamo nella Gran Milan e il cash è garantito. Taaac.”
Reazione del produttore nordico di Benvenuti al Sud dopo il successo del film.

“Miiinnghia, il seguito di Benvenuti al Sud lo facciamo all’estero, su in quel posto vicino al Polo Nord. Le risate son garantite, uè uè.”
Reazione del produttore terr… ehm, meridionale di Benvenuti al Sud dopo il successo del film.

Tanto perché ci troviamo di fronte a un film costruito UNICAMENTE sugli stereotipi, partiamo pure noi in fase di recensione così, super stereotipati. Ma proseguiamo oltre.

"Come attore faccio pena, ma almeno mi consolo con il Milan,
che sta facendo una grande stagione. No, eh?"
Benvenuti al Nord non è un film. Siamo seri. Questo non è cinema. È un’unione (infelice) di gag di impronta per lo più televisiva messe insieme alla buona. Alcune fanno anche ridere, per carità, però il cinema è un’altra cosa.
Benvenuti al Nord come operazione di marketing è invece un’operazione perfettamente riuscita. Unisce l’efficienza economica del Nord, con la volontà di capitalizzare il successo del primo episodio nella maniera più efficace possibile, e la simpatia caciarona del Sud, aggiungendo una buona dose di spira tanto sentimento e di anime e core alla fredda cassoeula milanese.
Il film (?) sembra realizzato in serie come fosse uscito da una catena di montaggio, visto che ripete passo a passo trama e battute del primo capitolo, peraltro di suo già “copiato”, pardon fotocopiato dal francese Giù al Nord. I francesi, nonostante il successo di quella superhit, non hanno però pensato a replicarlo. Stupidi francesi. E allora ci abbiamo pensato noi, con quello che a oggi si sta rivelando il maggior incasso del box-office italiano del 2012. Sì, anche più di The Avengers, dei film d'animazione e di tutti gli altri blockbusteroni americani.
Dicevamo che il film, anzi l’operazione di marketing, è persino esagerata nel voler essere riuscita a tutti i costi. Pure con i sentimentalismi e gli ammiccamenti al grande pubblico, eccedendo davvero troppo con il volemose bene e presentando un finale da diabete immediato pure per i non diabetici. Se già l’happy ending del primo era da cartolina, con questo hanno fatto persino nevicare, manco ci trovassimo in uno spot natalizio è Natale a Natale si può fare di piùùùùù, è Natale a Natale si può dare di piùùùùù, è Natale a Natale puoi andare a dar via il cùùùùù!

"Il blog Pensieri Cannibali? E' 'na fetecchia, ecco cos'è!"
A proposito di pubblicità, o di réclame come la chiamano a Milan, più che cinema questo è uno spottone. Alle Poste Italiane, che per quanto pseudo criticate ne escono più simpatiche o comunque più umane. Sarà che sono notoriamente antipatiche, le Poste Italiane, e quindi a farle uscire meglio non ci va molto. Così come ci sono le Fiat e altri spottoni e momenti di product placement assolutamente gratuiti. Gratuiti per lo spettatore, certo non gratuiti per i produttori che con essi ci hanno finanziato la pellicola. Ma al di là dei numerosi prodotti pubblicizzati, è proprio la pellicola a ricalcare lo stile degli spot. Quando passerà in tv, la regia di questo film sarà indistinguibile da quella delle réclame che passeranno. Può darsi che apparirà persino più vecchia, degli spot, visto che prima del suo passaggio televisivo ne passerà ancora un po’, di tempo.
Se visivamente e cinematograficamente la pellicola (?) adotta uno stile pubblicitario, la comicità (?) presentata è di stampo televisivo. Più precisamente, di stampo Zelig. Claudio Bisio come attore è meno credibile di L. Ron Hubbard come santone di una religione, Alessandro Siani magari farebbe anche ridere ma continuo a non capire quello che dice. E la Finocchiaro no. Semplicemente la Finocchiaro è improponibile. Il peggio è quando fa la vecchina milanese, in una serie di sketch che sarebbero indigesti già se proposti all’interno di uno show di cabaret, figuriamoci dentro a un film. O presunto tale.

"Cannibal, sei licenziato!"
L’unica trovata di Benvenuti al Nord è dunque quella di prendere il primo capitolo e “tradurlo” in salsa milanese. Questa volta è Siani che viene su nella capitale lumbarda e deve cercare di adattarsi agli infernali ritmi lavorativi locali, mentre il Bisio si trova alle prese con un matrimonio in crisi e una crisi di mezza età alla American Beauty. Vabbuò, diciamo alla Italian Biuti. Per cercare di variare la formula un pochino, ma proprio un pochino pochino pochino, gli sceneggiatoroni, che si sono impegnati davvero tanto ma proprio tanto tanto tanto, hanno aggiunto anche un Paolo Rossi (no, non il calciatore, bensì il "comico") in versione megadirettore galattico delle Poste Italiane che appare come un mix letale tra Marchionne e Brunetta… sì, l’orrore fatto persona.
In più una colonna sonora penosa e parecchio sanremese che ci propone Dolcenera, Amanda Lear, Davide Van Des Sfroos, musica elettronica finto ggiovane e, sui titoli di coda, un bel (?) videoclippone di Emma Marrone che vomita sulle ceneri di Nel blu dipinto di blu. Tanto per non farci mancare il markettone conclusivo e pseudo musicale.



"Sapete cosa? Mi sono appena ricordata di non saper suonare la chitarra...
E sapete cos'altro? Mi scappa la cacca."
Criticato il criticabile, mi allineo allo smielatissimo happy ending del film-spottone e chiudo con qualche parola positiva: non sarà cinema, proprio no, però qualche scena fa ridere, dopo tutto con gli stereotipi su Nord e Sud è sempre facile andare a segno, e tutto sommato può costituire un’alternativa più che valida rispetto a una serata davanti a Zelig. Il fatto che questa mega marketta pubblicitaria sia il film più visto al cinema, non in tv sottolineo al cinema, dell’annata nostrana è però davvero inquietante.
Benvenuti in Italia.
(voto 4,5/10)

domenica 2 settembre 2012

Bar Sporc

Bar Sport
(Italia 2011)
Regia: Massimo Martelli
Cast: Claudio Bisio, Giuseppe Battiston, Antonio Catania, Angela Finocchiaro, Lunetta Savino, Antonio Cornacchione, Claudio Amendola, Teo Teocoli
Genere: da bara, più che da bar
Se ti piace guarda anche: Zelig (non di Woody Allen)

Uh, impresa mica da ridere quella di confrontarsi con un libro cult.
Negli ultimi mesi ci hanno provato in tanti, con cast altisonanti e notevoli dispieghi di mezzi, e in tanti hanno fallito, vedi i ben poco riusciti Un giorno questo dolore ti sarà utile (recensione prossimamengi) e Molto forte, incredibilmente vicino. Il confronto tra un romanzo, soprattutto un romanzo molto amato, e l’adattamento cinematografico è sempre ostico. Non sono molti i casi in cui un film riesce a rendere davvero la forza del libro da cui è tratto. Tra i più osannati esempi di trasposizione riuscita si può citare sicuramente Il signore degli anelli versione Peter Jackson dal tomo fantasy per eccellenza di J.R.R. Tolkien. Tra i più splendidi esempi di parole trasformate in immagini, a livello personale cito poi il mio adorato Le regole dell’attrazione di Roger Avary, che trae la sua forza dall’infedeltà e dalla lettura personale data all’opera omonima di Bret Easton Ellis.

Oddio, ci mancava solo questo qua...
In questo caso non posso fare un confronto diretto con il libro, non avendolo letto, però è notoria la fama e lo stato di cult assoluto nella nostra letteratura del Bar Sport di Stefano Benni. A distanza di una trentina d’anni dalla sua uscita, si sono cimentati con la sua trasposizione su grande schermo. Finalmente? O purtroppo?
Il giudizio sulla fedeltà al romanzo lo lascio ai fan del Benni. Per quanto mi riguarda, posso solo giudicare il risultato cinematografico dell’operazione e, come film, mi duole dire che Bar Sport è davvero poca cosa. La sensazione avuta è che non è che qualcosa sia andato lost in translation nel passaggio da carta a pellicola. La sensazione è quella di un eccessivo attaccamento letterario alle parole dello scrittore, con una semplice trasformazione di queste in immagini. O tentativo di trasformazione in immagini. Non un lavoro di traduzione da un media a un altro media del tutto differente, ma un lavoro pigro e svogliato, come a voler realizzare non un film, non del cinema vero e proprio, bensì un libro illustrato per immagini, per scenette pseudo-cinematografiche e in realtà più da gag per uno show televisivo.

E pure queste qua...
La difficoltà maggiore di far diventare un libro come quello del Benni una pellicola fatta e finita è il fatto che contenga una miriade di personaggi, un sacco di storie e micro-storie, alcuni più aneddotti che vicende vere e proprie, slegate tra loro. Voler rendere il tutto un film omogeneo e non troppo sfilacciato era quindi una vera impresa e di certo non si può definire riuscita. Possiamo giusto limitarci a prendere atto che il film non finisce nemmeno per essere una porcheria gigantesca, come lo slegatissimo e noiosissimo Baaria di Tornatore. Una piccola consolazione, che però ci regala un ennesimo esempio di cinema medio (o meglio medio-basso-bassissimo) italiano parecchio sconfortante.
Parecchio preoccupante è anche la scena attoriale, una sfilata di volti da cabaret tv più che da cinema, con i soliti volti da Zelig o da fiction come Claudio Bisio, Claudio Amendola, Teo Teocoli, Antonio Cornacchione, etc.
E Angela Finocchiaro? Non fatemi parlare di Angela Finocchiaro... insopportabile!

E pure lui... NOOOOOOOOOOOOOOOO!
A ciò aggiungiamo il fatto che come commedia faccia ridere poco o nulla. Diciamo nulla. In più, c’è qualche inserto animato, con cui si cerca letteralmente di animare una narrazione che non attira mai lo spettatore al suo interno, per via di una serie di sketch attaccati insieme a caso. Ne escono una serie di ritrattini su un’Italia anni Settanta ricostruita alla buona (sulla colonna sonora 70s, tanto per dire, si poteva lavorare sicuramente meglio), delle barzellette, delle vignette che però non vanno a costituire un fumetto completo. E di certo non vanno a costituire un film. Uno vero.
Se poi volete passare comunque dalle parti del Bar Sport, andateci per una birretta e una sfogliata alla Gazzetta, ma lasciate stare il cinema, datemi retta.
(voto 4-/10)


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