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mercoledì 10 giugno 2015

PITCH MICA TANTO PERFECT 2





Pitch Perfect 2
(USA 2015)
Regia: Elizabeth Banks
Sceneggiatura: Kay Cannon, Mickey Rapkin
Cast: Anna Kendrick, Hailee Steinfeld, Rebel Wilson, Brittany Snow, Anna Camp, Skylar Astin, Adam DeVine, Ben Platt, Alexis Knapp, Katey Sagal, Hana Mae Lee, Ester Dean, Birgitte Hjort Sørensen, Flula Borg, Elizabeth Banks, John Michael Higgins, David Cross, Snoop Dogg, Christina Aguilera, Adam Levine, Pharrell Williams, Pentatonix
Genere: a cappella
Se ti piace guarda anche: Voices (Pitch Perfect), Glee

Quando si parla di canto a cappella, in genere in Italia vengono in mente loro. Non parlo dei ragazzi di Glee. Parlo dei Neri per caso. Uno dei più inspiegabili successi nella storia della musica italiana, almeno prima dell'avvento de Il Volo. C'è stato un periodo, per fortuna breve, in cui i Neri per caso dalle nostre parti erano famosi quasi quanto i Beatles dei tempi d'oro. Nessuno sa il perché, eppure all'epoca c'era gente che ha davvero speso dei soldi per comprarsi un CD di questi qua che cantano a cappella. E poi ci chiediamo da dove abbia avuto inizio l'attuale crisi economica...

martedì 2 settembre 2014

TRUE BLEAH





True Blood
(stagione 7)

Pensieri (cannibali) sparsi dopo aver visto il series finale di True Blood, che ha posto un paletto nel cuore al telefilm vampiresco andato avanti per sette stagioni tra più bassi che alti.

"Sooka!"
"Ma io mi chiamo Sookie."
"Infatti mica ti stavo chiamando..."

A sorpresa, visto come si erano messe le cose nelle ultime pessime stagioni, non è stato il peggior finale di una serie di sempre. Non fraintendetemi. È stata uno schifo di conclusione, ma di recente Dexter e How I Met Your Mother erano riuscite a fare di peggio.

Nemmeno la settima stagione è stata così terribile. Ha fatto anch'essa schifo, però mi aspettavo ancora di peggio. Rispetto alle orripilanti quinta e sesta stagione, c'è stato un leggero miglioramento. Si è cercato di non inserire troppe linee narrative, un difetto presente in molte serie della HBO (si veda Game of Thrones) e alcuni inutili personaggi secondari sono stati per fortuna fatti fuori, mentre altri sono stati relegati sullo sfondo. Il punto più a favore della stagione è stata la ripresa della love-story migliore dell'intera serie, quella tra Hoyt e Jessica, anche perché le altre coppie dello show, ovvero Sookie insieme a chiunque, hanno fatto pena.
Peccato invece per Lafayette, all’inizio uno dei personaggi più idoleschi, ammosciatosi parecchio in questa settima stagione, per finire addirittura nel dimenticatoio nell'ultimissimo episodio in cui quasi non si è visto.

Bilancio complessivo: le uniche due stagioni davvero riuscite di True Blood sono state la seconda, grazie alla presa per i fondelli dei fanatici religiosi, e la terza, grazie a un grande villain come Russell Edgington. La prima stagione invece è stata troppo introduttiva e c'ha messo parecchio a ingranare, mentre dalla quarta in poi si è assistito a un progressivo declino che ha portato alle ultime agghiaccianti seasons. Un po' poco per un telefilm andato avanti per ben sette lunghi anni.

True Blood è partito come possibile erede di Buffy l'ammazzavampiri, le cui vette non sono mai manco lontanamente state eguagliate nemmeno nel corso dei suoi momenti migliori, ed è finito per diventare una versione più adulta, ironica e porno di Twilight. Non proprio il massimo.


Anna Paquin grazie alla serie ha conquistato una grande popolarità e un marito (Stephen Moyer), ma allo stesso tempo si è sputtanata la sua promettentissima carriera. Fino a qualche anno fa era infatti una delle giovani attrici emergenti migliori di Hollywood, forte di ottime interpretazioni in film come Lezioni di piano, Quasi famosi, Scoprendo Forrester, La 25a ora e Il calamaro e la balena, mentre ora il suo volto e il suo sorriso con tanto di caratteristica spaziatura tra i denti saranno per sempre associati nell'immaginario collettivo a Sookie Stackhouse, uno dei personaggi più insopportabili nella storia del piccolo schermo insieme a Meredith Grey di Grey's Anatomy.

Se c'è un pregio che va riconosciuto a True Blood, è quello di essere sempre stata una serie poco politically correct e molto esplicita sia a livello di violenza e di sangue mostrato, arrivando in varie scene a essere persino splatter, che soprattutto sessuale. True Blood è un soft porno e, diciamolo, fondamentalmente è stato per il pubblico femminile quello che Baywatch è stato per il pubblico maschile negli anni ’90. Così come lì c’era stata una gran parata di tette siliconate al vento, qui c’è stata una gran parata di manzi: il vampiro vichingo Alexander Skarsgard, il licantropo muscolato Joe Manganiello, il playboy umano Ryan Kwanten e, per le amanti dei DILF, il vampiro stagionato Stephen Moyer.
Anche il pubblico maschile comunque ha avuto di che tenere impegnati gli occhi, tra una Anna Paquin che con la bocca chiusa e le zinne di fuori la sua porca figura la fa sempre – e con porca intendo proprio porca –, le sexy Anna Camp e Ashley Hinshaw, più la splendida rossa Deborah Ann Woll, che credo sia il motivo principale per cui ho trovato il coraggio di proseguire nel vedere le ultime stagioni. Oltre alla curiosità di scoprire in quale terribile modo avrebbero fatto finire il tutto.


ATTENZIONE SPOILER
Riguardo al finale, la storia tra Hoyt e Jessica è finita con un matrimonio affrettato in una maniera ridicola. Un momento Jessica dice che non è giusto che si sposino, l'attimo dopo decide di convolare a nozze quel giorno stesso.
Quanto ad Eric e Pam (quest'ultima forse il personaggio migliore di tutta la serie), nell'ultimo episodio hanno avuto meno spazio di quanto avrebbero meritato. Il motivo? Concentrare tutta l'attenzione sul terrificante addio a Bill Compton, il quale ha deciso di lasciarsi morire, nonostante vi fosse una cura per il virus vampiresco di cui era malato. Non si sa bene il perché. Nessuno l’ha capito. Nemmeno gli stesso attori che hanno recitato le battute con volti increduli.
Bill si sacrifica perché così Sookie può finalmente avere una vita normale?
Ma per favore!
E poi perché nei film e nelle serie tv americane c'è sempre qualcuno che si deve sacrificare?
Davvero odiosa, questa mania di eroismo buonista.

"Quando mi hanno proposto un'ottava stagione, m'è venuta un'improvvisa voglia di morire."

ATTENZIONE SPOILER DI NUOVO!
Una serie così esplicita ed estrema, anche nell'affrontare la tematica religiosa, ha commesso alla fine il peccato peggiore in assoluto, con un finale che non solo è un happy ending. Dopo la tragicomica e per nulla toccante morte di Bill Compton, si è assistito al tripudio degli happy ending. Persino Jason Stackhouse, il più grande trombatore del piccolo schermo dopo Fonzie e Christian Troy di Nip/Tuck, si accasa. Il series finale di True Blood si è rivelato una clamorosa celebrazione del matrimonio, della famiglia, del focolare domestico, di una vita normale. Una serie partita come trasgressiva ed estrema, finita come credo manco Settimo cielo.
Che true tristezza.
(voto alla serie nel complesso 6-/10
voto alla settima stagione 4,5/10
voto al series finale 4/10)

Settimo cielo True Blood ci saluta così.

mercoledì 4 settembre 2013

FAKE BLOOD




True Blood
(serie tv, stagione 6)

La stagione 6 di True Blood è stata una delle peggiori stagioni in assoluto di una serie che mi sia mai capitato di vedere per intero nella mia carriera di telespettatore. Roba al livello delle ultime di One Tree Hill e Gossip Girl. Ho passato tutti i 10 episodi a chiedermi perché ancora continuo a guardare questa versione scadente di un soft porno, con l’aggiunta di vampiri e altre creature soprannaturali random.
Perché lo sto ancora vedendo, peeeeerché?

Ah già, Deborah Ann Woll vestita da scolaretta!


ATTENZIONE SPOILER (da qui in avanti)
Che pure la Deborah Ann, a dirla tutta, in questa stagione è comparsa pochino, o almeno io l'avrei fatta comparire molto di più, e il suo personaggio è stato trattato da schifo. L’hanno fatta uccidere delle tipe a caso e avere una storia d’amore, ma più che altro di sesso, con un vampiro a caso conosciuto in prigione (perché le prigioni sono la moda dell’anno, nelle serie tv 2013). Un vampirello hippie così buono da far apparire Edward Cullen di Twilight un vero bad ass.
Vogliamo poi parlare di Warlow (Robert Kazinsky)? Quello che doveva essere il temutissimo cattivone più cattivo di tutti i tempi?
Tempo di vedere le tette di Sookie (Anna Paquin) e quello già parlava di matrimonio…


"Sono talmente cattivo che mi mordo da solo!"

Ma avere Sookie tutta per sé non è facile come può pensare. La più grande sgualdrina nella storia dei telefilm, d’altra parte con un nome come il suo non poteva essere altrimenti, lasciato per il momento da parte il triangolo con i vampiri Bill ed Eric, ci riprova persino con Sam Merlotte, non si sa bene perché, e oltre a ciularsi Warlow fa pure i conti con la sua eterna attrazione per il licantropo palestrato Joe Manganiello.
E a proposito di Joe Manganiello, l’attorone Joe Manganiello… beh, lui è la versione al maschile di Pamela Anderson in Baywatch, con i muscolazzi al posto delle tettazze. Le capacità recitative sono le stesse.

"Il paragone con Pamela Anderson? Ne sono lusingato!"

A ciò va aggiunto uno spazio eccessivo a personaggi secondari di cui a nessuno frega nu cazz niente come Sam, Tara, Holly, Arlene e Terry (Todd Lowe). A quest’ultimo fanno fare una brutta fine, forse per sfoltire un cast ormai talmente numeroso da far invidia a Game of Thrones, ma se non altro gli autori gli hanno regalato una sepoltura degna di un episodio di Dawson’s Creek in cui moriva qualcuno. Una cerimonia persino eccessiva per un personaggio che nessuno s’era mai filato prima.

"Hanno dedicato un intero episodio a me? Ma che so' scemi?"

Quanto ai personaggi che in passato hanno riservato le cose migliori: Jason ha deluso, Eric ormai esagera nel fare il figo al punto da essersi trasformato in un Superman vampiro volante (WTF?) e Lafayette è stato davvero sottoutilizzato in questa stagione. Bene invece Pam, la vampira più divertente del lotto, la sexy new-entry Violet (Karolina Wydra) e soprattutto la re-entry Sarah (Anna Camp), la più cazzuta bigottona timorata di Dio che si possa immaginare, insieme alla Taryn Manning di Orange Is the New Black.

"Ti sei tagliato la testa pur di non vedere il finale di stagione?
Perché non c'ho pensato anch'io?"

Inspiegabile invece il modo in cui sono stati fatti fuori brutalmente e in maniera affrettata personaggi promettenti come le figlie fate dalla crescita rapidissima dello sceriffo Andy, a parte una, la più lagnosa, che è sopravvissuta, e il governatore anti-vampiri Truman Burrell che sembrava dovesse spaccare tutto e invece…
Per non parlare di un Billith (la versione remix di Bill + Lilith), inverosimile come villain e interpretato in maniera sempre più agghiacciante dall’antiespressivo Stephen Moyer.

"Ma perché tutti mi dicono che avrei bisogno di una doccia?
E perché tutti mi dicono che dovrei smettere di recitare? Non capisco..."

Che dire poi della scena finale che preannuncia l’arrivo di un gruppo di tamarrissimi vampiri-zombie???
La settima stagione si preannuncia allora ancora più all’insegna del trash rispetto alla precedenti, ma se non altro la HBO ha annunciato anche che sarà la season conclusiva. Siete liberi di esultare.

2 ORE DOPO...
State ancora in estasi, manco vi foste bevuti del sangue di fata?

5 ORE DOPO...
Ok, adesso potete anche smetterla di festeggiare.

Per concludere, True Blood ha vissuto una stagione pasticciatissima, quasi quanto questo post. Ma adesso io dico basta! Voglio il sangue vero. Il Tru Blood ormai mi dà la stessa soddisfazione di bere birra analcolica al posto della birra vera, porca Lilith e porco Billith!
(voto 4/10)


mercoledì 6 febbraio 2013

PITCH PERFECT: LA PUNTATA DI GLEE PERFETTA

Voices - Pitch Perfect
(USA 2012)
Titolo originale: Pitch Perfect
Regia: Jason Moore
Sceneggiatura: Kay Cannon
Tratto dal romanzo: Pitch Perfect di Mickey Rapkin
Cast: Anna Kendrick, Skylar Astin, Anna Camp, Brittany Snow, Rebel Wilson, Ben Platt, Alexis Knapp, Hana Mae Lee, Ester Dean, Adam DeVine, Utkarsh Ambudkar, John Michael Higgins, Elizabeth Banks, Har Mar Superstar, Donald Faison, Christopher Mintz-Plasse
Genere: a cappella
Se ti piace guarda anche: Glee, Smash, Breakfast Club
Uscita italiana: non ancora prevista


I film musicali giovanili si rivelano spesso il migliore specchio dei tempi, delle nuove mode e delle nuove tendenze.
Ma che frase d’apertura da vecchio ho usato? Hey, Santo Peter Pan, starò mica invecchiando pure io?
In ogni caso, in genere queste pellicole sanno fare bene il punto della situazione, a livello cinematografico, musicale e pure sociale. La febbre del sabato sera ci ha raccontato tutto (o quasi) sulla tamarraggine disco di fine '70. Film come Flashdance e Footloose fotografavano bene il kitsch degli anni ’80, sia inteso ciò sia in senso positivo che negativo, così come un Save the Last Dance era un film che rendeva alla perfezione l’era di Eminem, in cui l’hip-hop entrava definitivamente in ambito mainstream, a livello musicale quanto come stile di vita.
Pitch Perfect fa la stessa cosa. Rende al meglio (o al peggio?) la musica e la vita dei ggiovani della Glee generation. Non che poi ciò debba coincidere con la realtà vera vera, soprattutto quella italiana, però così almeno è come se la immaginano la gioventù di oggi Mtv o gli autori degli spot tv, quelli che vedono i ggiovani non come delle individualità, ma come un target pubblicitario a cui puntare.

Immagine NON tratta da un episodio di Glee.
Con una premessa di questo tipo, a questo punto potrete immaginarvi partire una dura critica da parte mia al Sistema e a un film come questo, e invece no. I limiti di Pitch Perfect sono quelli di un’eccessiva semplificazione, di una notevole lontananza dalla realtà e dal realismo e quello di presentare personaggi giocati più che altro sugli stereotipi. Però questa è pur sempre una commedia, e la commedia per far ridere sugli stereotipi ci campa. Ci sguazza. E comunque se non altro va dato atto agli autori di aver adottato oltre ai soliti stereotipi (la ragazza ribelle protagonista VS. la solita bionda depersonalizzata), anche dei nuovi stereotipi. Stereotipi da Glee generation, appunto, come il tipo di colore dalla sessualità confusa o la ragazza grassa consapevole di essere grassa e non complessata per questo, giacché è lei stessa la prima che si fa chiamare Fat Amy.
La morale della fiaba qui raccontata è quindi la stessa dei suoi “colleghi” precedenti, come Footloose o Save the Last Dance, ovvero che la musica è più forte di tutti i pregiudizi. I valori su cui punta poi naturalmente sono quelli di amicizia e amore. Tutto prevedibile, tutto nella norma.
Però adesso basta con le critiche. E che roba che sono diventato. Sempre a criticare tutto.

"Nooo, un burrito sprecato! Dio, come puoi permettere una simile atrocità?"
Vediamo allora anche le cose positive: Pitch Perfect è una commedia che funziona. Intrattiene e lo fa bene, dall’inizio alla fine. Diverte, strappa qualche sorriso, ci regala una storia che, per quanto banale e per quanto il finale sia già scolpito fin dall’inizio nelle nostre teste, è carina. Con tutte le cosine al posto giusto. Poco importa che la storia sembri rubata da Glee. La vicenda è infatti quella di una ragazza appassionata di musica che, per fare contento il padre e non essere troppo asociale, si iscrive a una confraternita/gruppo vocale al femminile. Una specie di Glee club.
Pitch Perfect è derivativo, ok, però ricorda il Glee brillante frizzante e scintillante degli esordi, piuttosto che quello spento degli ultimi tempi. Merito anche della presenza di alcuni personaggi davvero spassosi: su tutti la citata Fat Amy, interpretata dalla nuova fenomena della comedy Rebel Wilson, già vista anche in Le amiche della sposa, The Wedding Party e Che cosa aspettarsi quando si aspetta. È con lei che il film vive i suoi momenti più divertenti e diciamo che - eccolo il mio maledetto spirito critico che ritorna a fare capolino - al suo personaggio poteva essere regalato maggiore spazio. Fantastica poi la tipa orientale (Hana Mae Lee) che parla con un livello vocale impercettibile


e simpatico il piccolo ruolo di Christopher Mintz-Plasse, meglio noto come McLovin di Suxbad. Bene anche Anna Camp (vista in The Mindy Project e True Blood) nei panni di bionda tiranna bitch perfect e ancor meglio Anna Kendrick nei panni della protagonista rebel rebel ma non troppo.
Non fatemi fare il bimbominkia, però lo devo dire: Anna Kendrick è FAN-TA-STI-CAzzi! OMG. Oh My God, è troppo la meglio. La candidata agli Oscar che si masturba al cinema guardando Ryan Gosling qui si improvvisa pure rapper in versione Anna Kendrick Lamar sulle note di “No Diggity” dei Blackstreet con Dr. Dre. Cosa pretendere di più?



"Pure tu odi il blog WhiteRussian? Sei davvero la ragazza perfetta!"
Meno bene invece la parte maschile del cast, con tale Skylar Astin che non regge al fianco di una Anna Kendrick. Non regge. Mentre il cattivone sbruffone di turno Adam DeVine con quella faccia da pirla che c’ha un paio di sorrisi ce li regala, però il suo personaggio poteva essere ancora più maligno e perfido.

Un punto di forza del film è invece quello di avere un linguaggio suo e di coniare nuovi termini, come in passato era riuscito ad altri cult giovanili tipo Mean Girls, che può vantare la nascita di termini come frico, stronzilla e strilonza, mentre qui il nuovo termine da inserire nel dizionario è stepmonster, stregamatrigna, oltre ad altri vari giochi di parole, soprattutto con il termine “a cappella”. Perché sì, questo è un film sul canto a cappella. Sì, ho detto cappella e non ci faccio battutacce sceme sopra. Sto maturando. Sono quasi una persona adulta. Sono troppo vecchio per esaltarmi con un film ggiovane del ggenere?
Forse non del tutto.

Da un punto di vista musicale, Pitch Perfect è una pellicola molto vicina anche in questo caso a Glee, con la combinazione tra hit pop recenti (certo che a David Guetta hanno fatto proprio un bel marchettone) e pezzi dal passato, soprattutto dagli anni ’80. Se in Glee erano fissati con “Don’t Stop Believin’” dei Journey, qui il pezzo cult è “Don’t You (Forget About Me)” dei Simple Minds. Il pezzo che chiude il cult movie 80s Breakfast Club di John Hughes, omaggiato esplicitamente. Il film dà quindi una rappresentazione ottimale della musica di oggi, delle playlist dell’iPod in cui tutti i generi e tutte le epoche si mixano tra loro in maniera del tutto random.
Una scena esemplare per fornire le coordinate musicali della pellicola è quella in cui le protagoniste si mettono a cantare tutte insieme sul pullman. Un omaggio a Almost Famous, forse? In ogni caso, laddove là il pezzo che riusciva a riunire il gruppo era “Tiny Dancer” di Elton John, qui la canzone inno da cantare in coro è “Party in the U.S.A.” di Miley Cyrus. Sign o’ the times. The times they are a-changin’.

"Solo 7-? GRRR, ora odio Pensieri Cannibali persino più di WhiteRussian!"
Pitch Perfect nella sua imperfezione è proprio così. Un film piacevole come un disco pop fresco di uscita e pronto a balzare in cima alle charts mondiali. Niente a vedere con quel mattonazzo di Les Misérables, un musical vecchio stile vero e proprio, laddove questo è più una pellicola musicale in cui le canzoni sono usate come canzoni e non per esternare i sentimenti dei personaggi o per sostituire i dialoghi.
Negli USA Pitch Perfect è diventato addirittura un piccolo grande cult e questo mi sembra un filo eccessivo. Noi siamo infinito (The Perks of Being a Wallflower), quello sì che è un nuovo cult adolescenziale. Questo no. Ma magari è colpa mia. Qualche anno fa avrei eletto a cult assoluto pure un film come Pitch Perfect. Adesso invece no. Sarà mica che anche io sto invecchiando?
(voto 7-/10)



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