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giovedì 13 dicembre 2018

Un piccolo favore: ecco quali film NON vedere questa settimana






Un pezzo di storia del web cinematografico è oggi ospite di questa rubrica sulle uscite del weekend. Insieme alla leggenda dell'Internet Cannibal Kid alias il modesto sottoscritto, e alla peggiore sciagura capitata al mondo dei computer dal Millennium Bug, ovvero il mio rivale Mr. James Ford, la guest star settimanale è Obsidian M del blog The Obsidian Mirror, in attività fin dal 2011. Un sito vecchio quasi quanto Pensieri Cannibali, ma neanche lontanamente anziano quanto l'anziano Ford. A lui la parola.


Obsidian: Concedetemi due parole introduttive per ringraziare i miei ospiti di questo inaspettato invito a partecipare alla loro esclusiva rubrica di anticipazioni cinematografiche. Grazie mille! Ecco fatto. Erano giusto due parole. Me la sarei potuta cavare anche con una ma, ve ne sarete accorti, sono uno a cui piace complicare le cose. Da qualche parte qui attorno dovrebbe esserci anche un link al mio blog per cui non serve dire altro e vengo subito al tema di oggi: “Sette validi motivi per non andare al cinema”.


Un piccolo favore
"Devo fidarmi a berlo?"
"Hai paura che ti abbia avvelenato il cocktail?"
"No, ho paura che sia un White Russian."

martedì 25 ottobre 2016

Mike e Dave – Un annuncio da sballo





AAA Cercasi ragazze per collaborazione con il sito Pensieri Cannibali.
Le ragazze potranno scrivere recensioni cinematografiche e pubblicare news di intrattenimento a 360°, oltre a essere libere di potersi spogliare ogni volta che lo riterranno opportuno e pubblicare poi i loro scatti hot direttamente sul sito.
Non sono richieste capacità o competenze particolari, se non una comprovata abilità nell'arte del selfie. Si richiede la massima non-serietà. Sì perditempo!
Se interessate, potete mandare i vostri CV e soprattutto le vostre foto all'indirizzo marcogoi82@gmail.com

Postato su Craigslist!
Vediamo adesso se questo annuncio otterrà lo stesso successo di quello pubblicato da Mike e Dave Stangle nel febbraio 2013. Un annuncio che ha fatto talmente parlare da diventare persino un film.

Mike & Dave – Un matrimonio da sballo
(USA 2016)
Titolo originale: Mike and Dave Need Wedding Dates
Regia: Jake Szymanski
Sceneggiatura: Andrew Jay Cohen, Brendan O'Brien
Cast: Zac Efron, Adam DeVine, Anna Kendrick, Aubrey Plaza, Sugar Lyn Beard, Sam Richardson, Stephen Root, Stephanie Faracy, Mary Holland, Alice Wetterlund, Jake Johnson
Genere: stupidoso
Se ti piace guarda anche: 2 single a nozze, Nonno scatenato, Non mi scaricare

mercoledì 10 giugno 2015

PITCH MICA TANTO PERFECT 2





Pitch Perfect 2
(USA 2015)
Regia: Elizabeth Banks
Sceneggiatura: Kay Cannon, Mickey Rapkin
Cast: Anna Kendrick, Hailee Steinfeld, Rebel Wilson, Brittany Snow, Anna Camp, Skylar Astin, Adam DeVine, Ben Platt, Alexis Knapp, Katey Sagal, Hana Mae Lee, Ester Dean, Birgitte Hjort Sørensen, Flula Borg, Elizabeth Banks, John Michael Higgins, David Cross, Snoop Dogg, Christina Aguilera, Adam Levine, Pharrell Williams, Pentatonix
Genere: a cappella
Se ti piace guarda anche: Voices (Pitch Perfect), Glee

Quando si parla di canto a cappella, in genere in Italia vengono in mente loro. Non parlo dei ragazzi di Glee. Parlo dei Neri per caso. Uno dei più inspiegabili successi nella storia della musica italiana, almeno prima dell'avvento de Il Volo. C'è stato un periodo, per fortuna breve, in cui i Neri per caso dalle nostre parti erano famosi quasi quanto i Beatles dei tempi d'oro. Nessuno sa il perché, eppure all'epoca c'era gente che ha davvero speso dei soldi per comprarsi un CD di questi qua che cantano a cappella. E poi ci chiediamo da dove abbia avuto inizio l'attuale crisi economica...

giovedì 28 maggio 2015

IL FASCINO INDISCRETO DEL CINEMA






Questa settimana qualcosa di interessante nei cinema sembra esserci: un sequel forse non del tutto inutile, un paio di pellicole d'autore ad alto tasso di radicalchicchismo in arrivo da Ucraina e Francia, e...
Alexandra Daddario!
Per saperne di più, ecco i film in uscita nei cinema italiani questo weekend commentati dai due blogger peggiori dell'universo conosciuto: il qui presente Cannibal Kid e il purtroppo pure lui presente Mr. James Ford.

Pitch Perfect 2
"Sono pronta a tutto.
Persino a una Blog War!"

lunedì 11 maggio 2015

MA CHE CAKE HAI DETTO?





Cake
(USA 2014)
Regia: Daniel Barnz
Sceneggiatura: Patrick Tobin
Cast: Jennifer Aniston, Adriana Barraza, Sam Worthington, Anna Kendrick, Felicity Huffman, William H. Macy, Chris Messina, Mamie Gummer, Britt Robertson, Lucy Punch
Genere: depresso
Se ti piace guarda anche: Rabbit Hole, Still Alice, In the Bedroom

Jennifer Aniston ha le visioni. Prende un sacco di droghe e medicinali antidepressivi e ha le visioni. E cosa vede? Vede Anna Kendrick.
Jennifer, dammi l'indirizzo del tuo pusher che le tue droghe le voglio prendere anch'io!

A dirla tutta, negli ultimi tempi vedo Anna Kendrick in continuazione pure io. E senza manco il bisogno di droghe. La vedo in qualunque film. Per lo più film mediocri, quando non addirittura pessimi.
Anna Kendrick io la adoro. Mi piace parecchio come attrice...

venerdì 17 aprile 2015

THE VOICES - UN FILM, NON UN NUOVO TALENT SHOW





The Voices
(USA, Germania 2014)
Regia: Marjane Satrapi
Sceneggiatura: Michael R. Perry
Cast: Ryan Reynolds, Gemma Arterton, Anna Kendrick, Jacki Weaver, Ella Smith
Genere: psicopatico
Se ti piace guarda anche: Maniac, American Psycho, Bates Motel, Stoker


mercoledì 8 aprile 2015

INTO THE (HOLLY)WOODS





Ieri sera ho visto un film davvero originaaale
una pellicola fantastica e particolaaare
una cosa così mai vista priiima
quasi più bella della visione di una vagiiina

C'è dentro Cenerentola
che è pure una gran sventola,
c'è persino Johnny Depp
guarda un po' ti improvviso un rap

yo, da quando ha fatto il Cappellaio Matto
s'è sputtanato più di un autoscatto
qui tocca un punto ancor più in basso nella carriera
peggio della storia delle vignette del Corsera

"Mi nascondo che è meglio."


domenica 5 aprile 2015

ABBASSO GLI ZOMBIE, MA VIVA LE ZOMBIE!





Con gli zombie ho un rapporto un po' conflittuale. D'altra parte sono un cannibale, tra noi c'è rivalità. Con le zombie però potrei avere già un atteggiamento di maggiore riguardo. Chissà? Mentre un'altra pessima stagione di The Walking Dead si è chiusa in maniera pessima, proverò a scoprirlo con una serie e un film che vedono come protagoniste proprio due fanciulle zombie.
Nella giornata che festeggia il primo ritorno in vita nella storia dell'umanità, se non altro il primo ufficialmente riconosciuto, ecco un paio di proposte che hanno a che fare con i non-morti. O meglio con le non-morte.

lunedì 23 febbraio 2015

OSCAR 2015: IL VOLO DI BIRDMAN





Per la prima volta nella storia di questo blog, posso dire che l'Academy ha fatto delle scelte giuste!
Quest'anno agli Oscar ha davvero vinto il film dell'anno. O se non altro il mio preferito, cosa che non capitava dal lontano 2000 con American Beauty, solo che allora Pensieri Cannibali non esisteva ancora.
Birdman ha vinto 4 Oscar: miglior pellicola dell'anno, miglior regia, miglior sceneggiatura e miglior fotografia. Quattro premi sacrosanti che non mi sarei mai aspettato. Per una volta non ha vinto il film evento o il caso mediatico o il lavoro di impegno politico, sociale o storico. Ha vinto una pellicola girata da Dio che non è solo un mero sfoggio di tecnica cinematografica sopraffina, ma anche un film pieno di cuore e con dentro tutta la magia del cinema. Basta vedere l'ultima scena.
Sono allora contento di aver sbagliato le mie predizioni riguardanti Birdman, mentre le altre bene o male le ho azzeccate abbastanza. Alla fine ho preso 13 pronostici su 21, un po' meno rispetto al mio solito. Io comunque ieri l'avevo detto che avrebbe vinto Il Volo e chi è che vola se non un uomo uccello?
Se il trionfo di Birdman è stato per me inaspettato quanto gradito, devo dire che anche gli altri premi sono stati piuttosto azzeccati, o comunque non ci sono state scelte troppo scandalose.
Quella robetta di American Sniper se n'è tornato a casuccia sua con le pive nel sacco e un solo Oscar vinto, quello per il montaggio sonoro, ovvero un premio minore persino all'interno dei premi minori, mentre Grand Budapest Hotel ha giustamente vinto nelle categorie tecniche, tra cui l'Oscar per i migliori costumi andato alla nostra fenomena Milena Canonero. Molto bene anche i tre premi finiti al film rivelazione dell'anno Whiplash, che conferma il dominio del cinema indie su quello mainstream, e quello per il miglior attore al sorprendente Eddie Redmayne di La teoria del tutto.
Qualcosina qua e là ovviamente l'avrei cambiata, ma va bene, va benissimo così.
Quest'anno non mi posso davvero lamentare. E nemmeno questo signore genio qui sotto, che ieri notte ha davvero uccellato tutti.

giovedì 15 maggio 2014

RAPTURE-PALOOZA, QUESTA (NON) È LA FINE DEL MONDO




Rapture-Palooza
(USA 2013)
Regia: Paul Middleditch
Sceneggiatura: Chris Matheson
Cast: Anna Kendrick, Craig Robinson, John Francis Daley, John Michael Higgins, Ana Gasteyer, Rob Corddry, Tyler Labine, Paul Scheer, Rob Huebel, Thomas Lennon, Ken Jeong
Genere: aporcalittico
Se ti piace guarda anche: Facciamola finita, Benvenuti a Zombieland, South Park, Fatti, strafatti e strafighe

Rapture Palooza è uno dei film più idioti che abbia mai visto. E sì che ne vedo parecchi, sia di film che di idioti. È un film talmente stupido, che non gli si può nemmeno voler troppo male. La sua assurdità è così assurda che fa quasi tenerezza. Al suo confronto, capolavori della demenzialità come Facciamola finita o Fatti, strafatti e strafighe appaiono come pellicole per intellettuali.

Di che parla, siffatto filmone?
Lo spunto di partenza della pellicola è ormai parecchio abusato: i protagonisti si trovano nel bel mezzo dell’Apocalisse, sai che novità! Questa volta però, una volta tanto, niente zombie o eventi paranormali, bensì l’avverarsi delle profezie della Bibbia. I credenti, i fedeli, vengono chiamati su in Paradiso, mentre tutti gli altri rimangono giù sulla Terra che però si trasforma in un mezzo Inferno. Cominciano a piovere meteoriti infuocati, locuste che gridano: “Soffri!”, e altre cose di questo tipo.
Tra i sopravvissuti sulla Terra c’è Anna Kendrick insieme alla sua famiglia (almeno fino a che il padre non schiatta) e al suo boyfriend (l’inconsistente John Francis Daley). Se già in condizioni normali c’è crisi economica, figuriamoci durante un’Apocalisse, e così Anna Kendrick e il fidanzato si trovano costretti ad andare a lavorare per l’Anticristo in persona. Non Marilyn Manson, non il bambino che sta per nascere nel recente La stirpe del male, non i ragazzi metallari di Fino a prova contraria - Devil's Knot o qualcuno del genere, poiché la cosa avrebbe avuto troppo senso, bensì Craig Robinson, attore comico di colore piuttosto noto negli USA mentre da noi un mezzo emerito sconosciuto, anzi un totale emerito sconosciuto. Come Anticristo non è che sia molto convincente, visto che si tratta semplicemente di un gangsta pappone che parla come la parodia di un rapper ed è più arrapato di S. Berlusconi. Appena vede Anna Kendrick, giustamente, se ne innamora e vuole sposarla. La ragazza, anche se già impegnata, può mica rifiutarsi all’Anticristo, benché sia un Anticristo davvero improbabile, e così accetta. Per tirarsi fuori da questa ingarbugliata situazione, insieme a quell’idiota di boyfriend che si ritrova, la bella Kendrick orchestra un piano…
Un piano che è più assurdo di quanto già raccontato finora ed è, un po’ come tutte le altre idee presenti nel film, idiota e senza senso e nemmeno troppo divertente.

Rapture Palooza in pratica è una cacchiata apo(r)calittica. Un film che all’inizio riesce persino a metterti il sorriso sulle labbra, quasi fosse un tentativo di replica di Benvenuti a Zombieland, ma che ben presto scivola nella noia. La vicenda poteva offrire degli spunti anti-religiosi notevoli, invece lo sberletto è limitato e di molto inferiore a qualunque puntata a caso di South Park. L’umorismo presente non è un granché, si punta troppo su una serie di varie volgarità assortite, il linguaggio usato è parecchio esplicito e il film non si tira indietro di fronte a niente. Un po’ poco comunque per affermare che si tratti di una comedy coraggiosa o politically incorrect. Rapture Palooza non riesce a rapire per niente ed è davvero un mistero come Anna Kendrick, dopo la nomination agli Oscar per Tra la nuvole e il grande successo americano di Voices (Pitch Perfect), di cui è in preparazione il seguito, possa accettare di girare robette del genere.
Considerando che è quasi estate, ce lo possiamo far passare come intrattenimento minimo per una afosa e disimpegnata serata? Se non ci si aspetta la fine del mondo massì, può andare giusto per il rotto della cuffia. E poi, a certi film così idioti, come fai a volere troppo male?
(voto 5-/10)

domenica 20 ottobre 2013

DRINKING BUDDIES, LA ROMCOM PER CHI AMA LA BIRRA




Drinking Buddies
(USA 2013)
Regia: Joe Swanberg
Sceneggiatura: Joe Swanberg
Cast: Olivia Wilde, Jake Johnson, Anna Kendrick, Ron Livingston, Jason Sudeikis, Mike Brune, Ti West, Joe Swanberg
Genere: alcolico
Se ti piace guarda anche: Smashed, Sideways, Separati innamorati, Something Borrowed

Negli ultimi tempi sto vedendo parecchi film in cui si beve un sacco: La fine del mondo, Grabbers, Smashed, volendo pure Gli amanti passeggeri…
Perché lo faccio? Un po’ per caso e un po’ per autoconvicermi di non essere poi così alcolizzato. Insomma, in queste pellicole c’è gente che beve davvero tanto, molto più di me, quindi io e il mio fegato per il momento possiamo dormire sonni tranquilli. Più o meno.
Se film del genere nel Regno Unito sono piuttosto comuni, negli USA la moda della pellicola alcolica credo sia stata sdoganata da Sideways – In viaggio con Jack, passando poi per qualche altro film indie come il citato Smashed fino ad arrivare a questo Drinking Buddies.
Drinking Buddies è stato inserito da Quentin Tarantino nella sua prestigiosa lista dei migliori 10 film del 2013, lista che negli ultimi giorni ha rettificato, dichiarando che il suo preferito in assoluto dell’anno è il thriller israeliano Big Bad Wolves. Adesso però non è che starò a parlarne bene solo perché è piaciuto all’idolo Tarantino, anche perché se no dovrei parlare bene persino di The Lone Ranger e, sebbene non l’abbia ancora visto, non ho tutta questa intenzione di farlo.
Quindi ne parlerò bene perché sono moralmente obbligato nei confronti di Dio Quentin o ne parlerò male per fargli un dispetto?
Nessuna delle due. Ne parlerò bene semplicemente perché mi è piaciuto.

"Cosa c'è in quella tazza, caffè?"
"Ma va. Birra!"
Drinking Buddies è un film piccolo, tranquillo, normale, in cui non succede un granché. La cosa più figa della pellicola è che i protagonisti bevono. Bevono sempre. In quasi ogni scena c’è almeno un personaggio, preferibilmente tutti, con in mano un bicchiere, preferibilmente di birra, ma nel corso dell’ora e mezza di pellicola che va giù tutta d’un sorso v’è spazio pure per shottini di rum, di tequila e pure per un po’ di vino.
L’altra cosa forse ancora più figa del film è che chi beve non viene trattato come un alcolista. Nei film e nelle serie tv americane, se un personaggio si fa una birra o un bicchiere di vino anche solo una volta ogni tanto, finisce immancabilmente col picchiare la moglie, i figli, o finisce per deludere tutti quelli che lo circondano, o finisce dagli alcolisti anonimi, o finisce per fare un incidente d’auto oppure ancora finisce morto stecchito.
Qui ATTENZIONE SPOILER no. Qui i personaggi bevono, bevono parecchio, ma la parola “alcolista” non viene pronunciata neanche una volta e l’alcol non viene visto come un problema. Semmai è un fattore di aggregazione sociale. FINE SPOILER

In questo film, l’alcool viene preso in considerazione per un’analisi sociologica. C’è una scena molto bella in cui in montaggio alternato ci vengono mostrati da una parte Olivia Wilde e Jake Johnson che bevono birra e si divertono in maniera cazzara, dall’altra Anna Kendrick e Ron Livingston che sorseggiano vino e si struggono in maniera seriosa.



"Problema con l'alcool?
L'unico problema che ho con l'alcool sono le persone che non bevono alcool."
Ecco, Drinking Buddies con questa sequenza ci mette di fronte a una grande verita: nel mondo esistono due tipi di persone. In realtà, esiste anche un’altra categoria, quella di chi non beve proprio. Allora diciamo che tra i bevitori, tra i consumatori di alcool, esistono due categorie principali: quelli che bevono birra e quelli che bevono vino. I primi lo fanno per divertirsi, per lasciarsi andare, meglio se accompagnando il tutto con del cibo spazzatura e della musica rock o ballabile; i secondi invece bevono per gustarsi il sapore del vino, magari accompagnato da un piatto prelibato e da un sottofondo jazzato. I primi sono più sciolti, i secondi più raffinati. Se per attitudine radical-chic dovrei appartenere alla seconda categoria, in realtà per quanto riguarda bevande e cibo faccio invece parte nettamente della prima categoria, quella di chi beve birra e predilige il junkie food.
Per carità, esistono anche gli intenditori di birra, quelli che se la vogliono gustare come se fosse un vino ricercato. Dalle mie parti c’è ad esempio un pub in cui il gestore prima di servirti una ricercatissima birra proveniente da qualche zona sperduta del mondo ti fa aspettare 30 minuti buoni perché deve spillarla per bene, lasciarla meditare, etc. Una cosa giustissima, assolutamente, ma se uno va di fretta e vuole solo bersi una birra e via, non è il posto migliore dove andare.
Cosa voglio dire con questo?
Voglio dire che la mia teoria che esistono due categorie di bevitori è una cazzata. Come sempre quando si cerca di ridurre tutto in categorie, la verità è più complicata di così. Volendo semplificare, comunque, ci sono tipi più da birra e tipi più da vino.

I protagonisti di Drinking Buddies sono tipi più da birra. Olivia Wilde e Jake Johnson lavorano in un birrificio, lei si occupa del marketing, lui della produzione, e la sera escono insieme agli altri colleghi per bere qualcosa. Bere birra, soprattutto. In pratica, tutta la loro vita gira intorno alla birra ed è difficile immaginare un lavoro e una vita più fighi.
Cosa succede, poi?
"Possibile che in tutte le foto del post stiamo bevendo?"
Niente di clamoroso. Drinking Buddies è una pellicola indie, intima, leggermente romantica ma nemmeno troppo, in cui non dovete aspettarvi chissà quali svolte. È tutto giocato sui dialoghi e sulle ottime interpretazioni dei protagonisti. Olivia Wilde finora l’avevo considerata solo un gran bel pezzo di fregna, però qui dimostra inedite capacità recitative e il ruolo da bevitrice accanita (non ho detto alcolista) le calza a pennello, così come Jake Johnson è sempre l’irresistibile cazzone che abbiamo imparato a conoscere e amare nella serie New Girl. Di molto non c’è altro, c’è qualche complicazione sentimentale, quando entrano in gioco anche i rispettivi compagni dei due protagonisti, la sempre brava Anna Kendrick e il sempre lagnoso Ron Livingston, e in una piccola parte da attore c’è pure il regista fenomeno dell’horror Ti West, però per il resto c’è solo una cosa a svettare su tutto e su tutti: la birra.
In Drinking Buddies c’è tanto alcool ingerito, quanto nelle pellicole di Quentin Tarantino ci sono sangue versato e “fuck” pronunciati. Forse è per questo che a lui è piaciuto tanto e forse è per questo che anche a me è piaciuto tanto questo piccolo grande nuovo cult del cinema alcolico.
(voto 7+/10)



giovedì 30 maggio 2013

UN GRAN VOCIARE DI VOICES




Voices – Pitch Perfect sta per arrivare nei cinema. Si tratta di una pellicola musicale, ma non un classico musical disneyano dove la gente si mette a cantare all’improvviso senza ragione. Qui si mettono a cantare, ma più che altro per sfidarsi a livello canoro, come nel bel Glee dei primi tempi.
Voices è insomma una commedia musicale molto frizzante e divertente di cui vi avevo già parlato nella mia recensione di qualche tempo fa e a partire dal 6 giugno arriva anche nelle sale cinematografiche nostrane.


In occasione del lancio italiano della pellicola, potete partecipare a un’iniziativa davvero troppo simpa. Andando sulla pagina Facebook del film, potete registrare una demo vocale per entrare a far parte delle Bellas, il gruppo di Anna Kendrick, Anna Camp, Rebel Wilson e delle altre protagoniste della pellicola.


Non avendo grandi doti canore, non parteciperò a questo concorso, ma a un’altra iniziativa legata alla pellicola.
Un Riff-Off, ovvero un botta e risposta a suon di canzoni, sullo stile della seguente scena del film.



Per l’occasione, io sfoggio un pezzo dalla colonna sonora della pellicola, rappato nel film da una in formissima Anna Kendrick. Si tratta di “No Diggity”, pezzo hip-hop super figoso firmato dai Blackstreet con la partecipazione straordinaria di Dr. Dre e Queen Pen. Check it out.



domenica 28 aprile 2013

LA REGOLA DEL SILENZIO NON SBAGLIA MAI


La regola del silenzio
(USA 2012)
Titolo originale: The Company You Keep
Regia: Robert Redford
Sceneggiatura: Lem Dobbs
Tratto dal romanzo: La regola del silenzio di Neil Gordon
Cast: Shia LaBeouf, Robert Redford, Susan Sarandon, Anna Kendrick, Brit Marling, Julie Christie, Nick Nolte, Terrence Howard, Chris Cooper, Stanley Tucci, Brendan Gleeson, Richard Jenkins, Jackie Evancho, Sam Elliott
Genere: thriller politico
Se ti piace guarda anche: Il debito, Leoni per agnelli, La donna che canta, La chiave di Sara

La regola del silenzio non sbaglia mai. Se sei amico di una spia in galera finirai. E comunque chi fa la spia non è figlio di Maria, non è figlio di Gesù, quando muore va laggiù, va laggiù da quel folletto che si chiama diavoletto. Meglio quindi tenere la bocca chiusa e restare lontani dallo sguardo di occhi indiscreti.

Robert Redford dopo l’intrigante Leoni per agnelli torna in duplice veste regista/attore con una nuova pellicola dal forte sapore politico. Il regista va infatti a ritirare fuori il tema delle proteste contro la guerra nel Vietnam degli anni Settanta. Gli anni di piombo americani, se così vogliamo chiamarli in maniera impropria ma forse è meglio di no e quindi me lo ritiro che poi se no qualcuno magari si offende. Il passato che riemerge nel presente, in ogni caso, come in tutto un filotto di pellicole recenti da La chiave di Sara a Il debito, passando per gli ottimi Valzer con Bashir e La donna che canta.
Per di più, La regola del silenzio è anche un thriller. Un thiller politico dalle buone premesse che però si materializza in un nulla di fatto. Il classico nulla di fatto. La pellicola è diretta con mano solida dal Sundance Kid Robert Redford, qui molto poco Sundance, è recitata abbastanza bene dallo stesso Redford e da uno Shia LaBeouf che inserisce un altro metro abbondante di distanza tra sé e la saga fracassona di Transformers. Meno spazio invece per l’ottima parte femminile del cast, con ruoli troppo minuscoli per le sottoutilizzate Anna Kendrick, Susan Sarandon e Brit Marling. Comunque si tratta di un cast di quelli davvero notevoli, che comprende pure Terrence Howard, Stanley Tucci, Richard Jenkins, Chris Cooper, Julie Christie, Brendan Gleeson e un sempre più ciccionissimo Nick Nolte.

Una confezione di facciata messa su con notevole professionalità che garantisce una pellicola vedibile. Purtoppo, niente più di questo. La parte thriller infatti non riesce a catturare, ad avvincere, a portarti con sé dentro la sua ragnatela di personaggi. A livello umano, questi personaggi sono ben costruiti fino a un certo punto, poi anche loro quando dovrebbero darti la mazzata e farti provare un moto di empatia emotiva non ce la fanno. Laddove il film fallisce maggiormente nei suoi intenti è però soprattutto nella parte politica. Quello di Robert Redford vorrebbe essere un film controcorrente? Vuole mettere in discussione la politica degli Stati Uniti, il capitalismo, farsi portavoce dei rivoluzionari? Vorrebbe sollevare dubbi sullo ieri e sull’oggi?
Nelle sue intenzioni, può darsi. Peccato che gli unici dubbi che riesce davvero a sollevare nello spettatore sia sulla sua reale utilità. Come intrattenimento funziona anche, sebbene proprio ai minimi livelli, non annoia troppo, è tutto ben fatto. È anche però un film senza coraggio, senza forza, senza voce, che si dimentica subito, che lascia poco o niente, in cui si intravedono le buone intenzioni dell’autore ma che non riesce davvero a provocare una riflessione, come invece capitava con il precedente Leoni per agnelli.
Robert Redford, sarai mica stato troppo agnello, questa volta?
(voto 6-/10)

"Hey, ma dove diavolo è finito il resto della recensione?"

"Magari l'hanno pubblicata sul giornale... No, non c'è..."

"Lo confesso, ci sono io dietro gli attentati di Boston e Palazzo Chigi,
ma della scomparsa della recensione cannibale non ne so niente!"

"E tu l'hai vista, la recensione cannibale?"
"Ma che è? Se magna?"

"Bambina di cui non ricordo il nome, tu lo sai dov'è finita la recensione?"
"Ma papà, io non so manco leggere..."



mercoledì 6 febbraio 2013

PITCH PERFECT: LA PUNTATA DI GLEE PERFETTA

Voices - Pitch Perfect
(USA 2012)
Titolo originale: Pitch Perfect
Regia: Jason Moore
Sceneggiatura: Kay Cannon
Tratto dal romanzo: Pitch Perfect di Mickey Rapkin
Cast: Anna Kendrick, Skylar Astin, Anna Camp, Brittany Snow, Rebel Wilson, Ben Platt, Alexis Knapp, Hana Mae Lee, Ester Dean, Adam DeVine, Utkarsh Ambudkar, John Michael Higgins, Elizabeth Banks, Har Mar Superstar, Donald Faison, Christopher Mintz-Plasse
Genere: a cappella
Se ti piace guarda anche: Glee, Smash, Breakfast Club
Uscita italiana: non ancora prevista


I film musicali giovanili si rivelano spesso il migliore specchio dei tempi, delle nuove mode e delle nuove tendenze.
Ma che frase d’apertura da vecchio ho usato? Hey, Santo Peter Pan, starò mica invecchiando pure io?
In ogni caso, in genere queste pellicole sanno fare bene il punto della situazione, a livello cinematografico, musicale e pure sociale. La febbre del sabato sera ci ha raccontato tutto (o quasi) sulla tamarraggine disco di fine '70. Film come Flashdance e Footloose fotografavano bene il kitsch degli anni ’80, sia inteso ciò sia in senso positivo che negativo, così come un Save the Last Dance era un film che rendeva alla perfezione l’era di Eminem, in cui l’hip-hop entrava definitivamente in ambito mainstream, a livello musicale quanto come stile di vita.
Pitch Perfect fa la stessa cosa. Rende al meglio (o al peggio?) la musica e la vita dei ggiovani della Glee generation. Non che poi ciò debba coincidere con la realtà vera vera, soprattutto quella italiana, però così almeno è come se la immaginano la gioventù di oggi Mtv o gli autori degli spot tv, quelli che vedono i ggiovani non come delle individualità, ma come un target pubblicitario a cui puntare.

Immagine NON tratta da un episodio di Glee.
Con una premessa di questo tipo, a questo punto potrete immaginarvi partire una dura critica da parte mia al Sistema e a un film come questo, e invece no. I limiti di Pitch Perfect sono quelli di un’eccessiva semplificazione, di una notevole lontananza dalla realtà e dal realismo e quello di presentare personaggi giocati più che altro sugli stereotipi. Però questa è pur sempre una commedia, e la commedia per far ridere sugli stereotipi ci campa. Ci sguazza. E comunque se non altro va dato atto agli autori di aver adottato oltre ai soliti stereotipi (la ragazza ribelle protagonista VS. la solita bionda depersonalizzata), anche dei nuovi stereotipi. Stereotipi da Glee generation, appunto, come il tipo di colore dalla sessualità confusa o la ragazza grassa consapevole di essere grassa e non complessata per questo, giacché è lei stessa la prima che si fa chiamare Fat Amy.
La morale della fiaba qui raccontata è quindi la stessa dei suoi “colleghi” precedenti, come Footloose o Save the Last Dance, ovvero che la musica è più forte di tutti i pregiudizi. I valori su cui punta poi naturalmente sono quelli di amicizia e amore. Tutto prevedibile, tutto nella norma.
Però adesso basta con le critiche. E che roba che sono diventato. Sempre a criticare tutto.

"Nooo, un burrito sprecato! Dio, come puoi permettere una simile atrocità?"
Vediamo allora anche le cose positive: Pitch Perfect è una commedia che funziona. Intrattiene e lo fa bene, dall’inizio alla fine. Diverte, strappa qualche sorriso, ci regala una storia che, per quanto banale e per quanto il finale sia già scolpito fin dall’inizio nelle nostre teste, è carina. Con tutte le cosine al posto giusto. Poco importa che la storia sembri rubata da Glee. La vicenda è infatti quella di una ragazza appassionata di musica che, per fare contento il padre e non essere troppo asociale, si iscrive a una confraternita/gruppo vocale al femminile. Una specie di Glee club.
Pitch Perfect è derivativo, ok, però ricorda il Glee brillante frizzante e scintillante degli esordi, piuttosto che quello spento degli ultimi tempi. Merito anche della presenza di alcuni personaggi davvero spassosi: su tutti la citata Fat Amy, interpretata dalla nuova fenomena della comedy Rebel Wilson, già vista anche in Le amiche della sposa, The Wedding Party e Che cosa aspettarsi quando si aspetta. È con lei che il film vive i suoi momenti più divertenti e diciamo che - eccolo il mio maledetto spirito critico che ritorna a fare capolino - al suo personaggio poteva essere regalato maggiore spazio. Fantastica poi la tipa orientale (Hana Mae Lee) che parla con un livello vocale impercettibile


e simpatico il piccolo ruolo di Christopher Mintz-Plasse, meglio noto come McLovin di Suxbad. Bene anche Anna Camp (vista in The Mindy Project e True Blood) nei panni di bionda tiranna bitch perfect e ancor meglio Anna Kendrick nei panni della protagonista rebel rebel ma non troppo.
Non fatemi fare il bimbominkia, però lo devo dire: Anna Kendrick è FAN-TA-STI-CAzzi! OMG. Oh My God, è troppo la meglio. La candidata agli Oscar che si masturba al cinema guardando Ryan Gosling qui si improvvisa pure rapper in versione Anna Kendrick Lamar sulle note di “No Diggity” dei Blackstreet con Dr. Dre. Cosa pretendere di più?



"Pure tu odi il blog WhiteRussian? Sei davvero la ragazza perfetta!"
Meno bene invece la parte maschile del cast, con tale Skylar Astin che non regge al fianco di una Anna Kendrick. Non regge. Mentre il cattivone sbruffone di turno Adam DeVine con quella faccia da pirla che c’ha un paio di sorrisi ce li regala, però il suo personaggio poteva essere ancora più maligno e perfido.

Un punto di forza del film è invece quello di avere un linguaggio suo e di coniare nuovi termini, come in passato era riuscito ad altri cult giovanili tipo Mean Girls, che può vantare la nascita di termini come frico, stronzilla e strilonza, mentre qui il nuovo termine da inserire nel dizionario è stepmonster, stregamatrigna, oltre ad altri vari giochi di parole, soprattutto con il termine “a cappella”. Perché sì, questo è un film sul canto a cappella. Sì, ho detto cappella e non ci faccio battutacce sceme sopra. Sto maturando. Sono quasi una persona adulta. Sono troppo vecchio per esaltarmi con un film ggiovane del ggenere?
Forse non del tutto.

Da un punto di vista musicale, Pitch Perfect è una pellicola molto vicina anche in questo caso a Glee, con la combinazione tra hit pop recenti (certo che a David Guetta hanno fatto proprio un bel marchettone) e pezzi dal passato, soprattutto dagli anni ’80. Se in Glee erano fissati con “Don’t Stop Believin’” dei Journey, qui il pezzo cult è “Don’t You (Forget About Me)” dei Simple Minds. Il pezzo che chiude il cult movie 80s Breakfast Club di John Hughes, omaggiato esplicitamente. Il film dà quindi una rappresentazione ottimale della musica di oggi, delle playlist dell’iPod in cui tutti i generi e tutte le epoche si mixano tra loro in maniera del tutto random.
Una scena esemplare per fornire le coordinate musicali della pellicola è quella in cui le protagoniste si mettono a cantare tutte insieme sul pullman. Un omaggio a Almost Famous, forse? In ogni caso, laddove là il pezzo che riusciva a riunire il gruppo era “Tiny Dancer” di Elton John, qui la canzone inno da cantare in coro è “Party in the U.S.A.” di Miley Cyrus. Sign o’ the times. The times they are a-changin’.

"Solo 7-? GRRR, ora odio Pensieri Cannibali persino più di WhiteRussian!"
Pitch Perfect nella sua imperfezione è proprio così. Un film piacevole come un disco pop fresco di uscita e pronto a balzare in cima alle charts mondiali. Niente a vedere con quel mattonazzo di Les Misérables, un musical vecchio stile vero e proprio, laddove questo è più una pellicola musicale in cui le canzoni sono usate come canzoni e non per esternare i sentimenti dei personaggi o per sostituire i dialoghi.
Negli USA Pitch Perfect è diventato addirittura un piccolo grande cult e questo mi sembra un filo eccessivo. Noi siamo infinito (The Perks of Being a Wallflower), quello sì che è un nuovo cult adolescenziale. Questo no. Ma magari è colpa mia. Qualche anno fa avrei eletto a cult assoluto pure un film come Pitch Perfect. Adesso invece no. Sarà mica che anche io sto invecchiando?
(voto 7-/10)



martedì 27 novembre 2012

The Blair Witch Police

Stazione di polizia chiama agente Cannibal, ci sente?
Abbiamo un codice 390D, necessitiamo immediatamente di una recensione massacro. Negli ultimi tempi sta dando troppe sufficienze, sta salvando un sacco di film e non tutti lo meritavano e insomma non va davvero bene. Non ci siamo. Abbiamo End of Watch, questa nuova pellicola su due poliziotti in servizio in un quartiere malfamato di Los Angeles, nel barrio dove si combatte una guerra quotidiana tra messicani e afroamericani, e vorremmo che la demolisse. Capito, agente Cannibal? Comprende?

Agente Cannibal a rapporto. Vi sento forte e chiaro. Dite che sono stato troppo buono, negli ultimi tempi?
Sì, mi sa che avete ragione. Mi sono rammollito? Forse, o forse è solo che non mi sono capitate le pellicole giuste da odiare. Adesso però ho anch’io voglia di scagliarmi contro un film e prenderlo a cazzotti come si deve. Vediamo se questo End of Watch può fare al caso mio. Sono pronto in modalità tolleranza zero.

"Scendi dall'auto e ripeti che Donnie Darko fa schifo,
se ne hai le palle!"
End of Watch - Tolleranza zero
(USA 2012)
Regia: David Ayer
Cast: Jake Gyllenhaal, Michael Peña, Anna Kendrick, Natalie Martinez, David Harbour, Frank Grillo, America Ferrera, Cody Horn, Everton Lawrence, Diamonique
Genere: poliziesco
Se ti piace guarda anche: Training Day, The Shield, Harsh Times - I giorni dell’odio, La notte non aspetta

End of Watch, cominciamo dallo start. L’inizio fa ben sperare, in senso negativo. Nel senso che sono pronto per una bella rece massacro. Riprese a mano in stile finto documentario… Ci troviamo per caso di fronte a una versione poliziottesca di The Blair Witch Project? Bene, bene, mi sa che ci sarà da divertirsi a prendere a botte questo film, però… però c’è Jake Gyllenhaal e mi dispiacerebbe farlo. Anche perché non ho mai visto un film brutto con Jake Gyllenhaal.
Ah no, ho dimenticato Prince of Persia!

"Amigo, con quella telecamera sei più inquietante di quando
parlavi con i coniglioni giganti. Fai te..."
Jake Gyllenhaal ancora una volta offre una interpretazione notevolissima e ci scaraventa dentro la vita del suo personaggio e del suo amico messicano interpretato da Michael Peña, che con il cognome che si ritrova sarebbe troppo facile dire che come attore fa pena, ma non sarebbe vero. Pure lui se la cava bene. Il migliore però resta Jake Gyllenhaal. È talmente calato nella parte che io se lo vedo per strada non gli chiedo l’autografo ma gli do’ subito patente e libretto.
Lui e il suo amigo messicano se ne vanno in giro per le strade di Los Angeles con “Harder Than You Think” dei Public Enemy che pompa nelle casse dello stereo e sembra di essere insieme a loro, come dentro un Training Day parte 2 girato in stile YouTube. Che poi il film non è girato tutto in stile mockumentary. Anche se potrebbe sembrare, in realtà non è un fottuto The Blair Witch Police. E questo è un bene.
"Oh no! Ora che la saga di Twilight è finita, mi toccherà fare solo film decenti..."
"Perché, Anna, c'eri pure tu in Twilight? Io non t'ho proprio notata ahaha!"
Allo stesso tempo però non è nemmeno un Cloverfield poliziesco. E questo è un male. End of Watch sta lì a metà strada, tra riprese nude e crude mockumentary e riprese più propriamente cinematografiche. Non è né carne né pesce. È qualcos’altro, un mix confuso e non del tutto riuscito, ma che comunque dimostra una buona vitalità e riesce a catturare. Grazie alle vicende dei due poliziotti, che ci vengono mostrati non solo sul lavoro ma anche nella vita privata.

Ed è qui che entra in gioco Anna Kendrick. Anna Kendrick come al solito riesce a illuminare lo schermo, nonostante la sua presenza sia limitata a poche scene. Anna Kendrick non è una figona. Anna Kendrick ha quel tipo di fascino, quello non della tipa da una botta e via. Quello della tipa da sposarti. E infatti Jake Gyllenhaal nel film non se lo fa ripetere due volte. Anna Kendrick ha quel fascino lì, un po’ come Taylor Swift che nella vita reale usciva con Jake Gyllenhaal ma lui in quel caso non se l’è sposata e ora they are never ever ever getting back together.
"Dite che ero più sexy quando facevo Ugly Betty? Non è una bella cosa..."
Like ever.

Come comprimarie sulla strada compaiono invece America Ferrera e Capo Cody Horn. America Ferrera è l’ex Ugly Betty che qui anche senza occhiali e senza apparecchio resta sempre ugly e Cody Horn che invece l’abbiamo già vista in Magic Mike ma è talmente poco sexy che guardando il film veniva più voglia di farsi Channing Tatum o Matthew McCounaghey o Alex Pettyfer e insomma sia America che Cody fisicamente non mi piacciono proprio e non mi metterei mai con loro, like ever, ma con il loro fare mascolino sono perfettamente calate nella parte delle sbirre e quindi per la pellicola è meglio così. Anche perché una sbirra troppo sexy non è credibile. Vedi Kristin Kreuk nella serie Beauty & the Beast, che invece di una scena del crimine, sembra più pronta per una sfilata in passerella.

"Proprio così Betty cozz... ehm, America Ferrera. Proprio così."
Vita di strada e vita privata, poliziesco e squarci di romanticismo, mockumentary e fiction. End of Watch è un gran calderone in cui rientra di tutto e di più e qui sta il suo fascino. Così come il suo limite. Con la sua varietà di scelte stilistiche, il regista e sceneggiatore David Ayer non sa bene da che parte stare, eppure riesce a proporci una pellicola nuda e cruda che pur nella sua discontinuità tiene inchiodati sui sedili dell'auto insieme a Jake Gyllenhaal e Michael Peña. A non convincere fino in fondo è semmai la scelta di presentarci dei poliziotti troppo buoni. Va bene che non tutti i poliziotti devono essere corrotti o bastards come la sigla A.C.A.B. ci suggerisce, però questi due non si lasciano tentare nemmeno per un attimo dall’idea di prendersi una parte dei soldi ritrovati a degli spacciatori e non ci pensano un secondo a gettarsi tra le fiamme per salvare dei bambini. Per questo aspetto, nonostante il suo stile mockumentarystico-realistico, End of Watch finisce per somigliare a una pellicola fantascientifica, tanto che in questo caso più che di A.C.A.B. si può parlare di A.C.A.H., All Cops Are Heroes.
(voto 7-/10)

Stazione di polizia chiama agente Cannibal, ci riceve?
E questa le sembra una stroncatura, le sembra? Noi volevamo una recensione massacro e lei ancora una volta ha regalato una sufficienza, anzi addirittura una più che una sufficienza. E per fare il cattivone al 7 ha aggiunto un misero meno!?! Tutta qua la sua brutalità?
Cannibal, ci riconsegni immediatamente distintivo, pistola e tastiera. Lei è licenziato. Con effetto immediato.

The End (of Watch)


giovedì 27 settembre 2012

Che cosa non aspettarsi quando si aspetta

"Una nuova recensione cannibale? Eccellente!"
Che cosa aspettarsi quando si aspetta
(USA 2012)
Titolo originale: What to Expect When You’re Expecting
Regia: Kirk Jones
Cast: Cameron Diaz, Matthew Morrison, Jennifer Lopez, Rodrigo Santoro, Elizabeth Banks, Ben Falcone, Anna Kendrick, Chace Crawford, Brooklyn Decker, Dennis Quaid, Chris Rock, Joe Manganiello, Amir Talai, Rob Huebel, Thomas Lennon, Megan Mullally, Rebel Wilson, Wendi McLendon-Covey
Genere: genit(ori)ale
Se ti piace guarda anche: Capodanno a New York, Appuntamento con l’amore, un cinepanettone a caso

Che cosa aspettarsi da un film come Cosa aspettarsi quando si aspetta?
Ci si può aspettare che succeda qualcosa di minimamente interessante o divertente e si può stare lì ad aspettare e mettersi a sedere comodi e tranquilli che tanto non arriverà niente né nell’uno né nell’altro senso.
Che cosa aspettarsi allora, più realisticamente?
Ci si può aspettare un cinepanettone preparato all’americana.
Pensate un po’ che gli americani negli ultimi tempi stanno messi talmente male a livello di idee che sono venuti a pescare pure nella commedia all’italiana. Quella degli anni ’60? No, quella di oggi dei Manuale d’amore e dei cinepanettoni, appunto.
Manco noi li cuciniamo più, ormai, ‘sti cacchio di cinepanettoni di cui abbiamo fatto indigestione dopo una cura ingrassante durata quasi trent’anni. Nelle prossime festività invernali per una volta non avremo più il solito Natale a… sto ca**o, bensì Colpi di fulmine, il nuovo imperdibile capolavoro di Neri Parenti con Christian De Sica. Che si preannuncia non molto distante da questa roba yankee qua…

"Evvai, sono riuscita a scattare la mia prima foto!"
Il modello del film a episodi, con delle storielle (pseudo) romantiche che si intrecciano tra loro è ormai diventato un marchio di fabbrica anche a Hollywood: hanno fatto il cine-Bacio Perugina sul S. Valentino, Appuntamento con l’amore, che purtroppo mi sono perso, quindi il cine-spumante sul Capodanno, il terrificante Capodanno a New York, che purtroppo mi sono visto, e ora ecco a voi il cine-Pampers sul tema della gravidanza.
Unico pregio del film? È un po’, ho detto solo un po’, meglio di Capodanno a New York. Per il resto, è la stessa storia, con un gruppo di attori celebri, meglio se avviati sul viale del tramonto, accoppiati a qualche altra stella emergente. Premettendo che è meglio non aspettarsi niente di che da nessuno, andiamo a vedere chi se la cava più e chi meno bene, con la top 5 delle coppie presentate dal film:

5. Brooklyn Decker e Dennis Quaid
La bella e la bestia. Lei gnocchissima, lui ormai candidato ufficialmente al titolo di rivale numero 1 di Nicolas Cage, perché dove c’è un film di merda, ormai è gara tra loro due a chi se lo aggiudica. Questa volta ha vinto Quaid, sorry Cage, sarai più fortunato la prossima volta.

"Hey, Dennis, hai avuto una paresi facciale?"
"In realtà ti sto sbirciando le tette con la vista periferica.
La paresi invece ce l'ho avuta già una decina di film fa..."

4. Cameron Diaz e Matthew Morrison
Cameron Diaz come donna in dolce attesa non è davvero credibile. Non c’è proprio tagliata. Mai vista una Cameron così fuori parte, porco Diaz. E Matthew Morrison senza Sue Sylvester che lo prende per il culo per i suoi capelli è piuttosto inutile. La storia dei loro due personaggi che si innamorano sul set della versione americana di Ballando con le stelle fa molto Belen Rodriguez/Stefano De Martino e sinceramente ne avevamo già abbastanza di loro due.

"Chissà se gli usciranno i capelli già ingellati come i tuoi, Matthew?"

"Ahahah, guarda che dice Pensieri Cannibali sul tuo ruolo in Lost."
"Ma chetteridi? Non hai visto quel che dice su di te?"
3. Jennifer Lopez e Rodrigo Garcia
A sorpresa, sorpresona per quanto mi riguarda, J. Lo non è nemmeno la cosa più terribile in un film. Solo quando nei paraggi c’è Dennis Quaid può capitare qualcosa del genere!
E Rodrigo Garcia chi è? Ai patiti di Lost il suo volto risulterà familiare. Pensateci bene. Chi era?

Due ore dopo…
Sì, era Paulo, personaggio introdotto nella terza stagione insieme alla fidanzata Nikki. Se non ve li ricordate, è più che normale, visto che sono stati i due personaggi peggiori nell’intera storia della serie e, visto che nessuno se li filava, sono stati fatti fuori malamente tanto per cancellare in fretta e furia la pagina più nera (altroché uomo in nero) di Lost.

"Se c'è una cosa che non reggo proprio, sono i bambini!"
"Ehm, sono incinta..."
"I marmocchi? Io li adoro, quei piccoli demoni!"
2. Anna Kendrick e Chace Crawford
Ecco la coppia teen della pellicola, quella cui è riservata la storia più non dico profonda, non dico triste, ma almeno un filo meno happy e idiota rispetto alle altre che hanno la profondità di una piscina per bambini, tanto per rimanere in tema di gravidanze, poppanti e affini. Lei, Anna Kendrick, da sola alza di qualche chilometro il livello recitativo qui presente. Lui, il gossip boy Chace Crawford, fa il suo solito ruolo da “so’ figo ma so’ anche sensibile, però più che altro so’ figo” e, grazie anche alla presenza della Kendrick, riesce a portare a casa la pagnotta.


1. Elizabeth Banks e Ben Falcone
Elizabeth Banks non sempre mi fa impazzire, e nemmeno qua lo fa. Però in questo film è se non altro quella che si impegna di più, la più in parte con il pancione e insieme a lei, dai che ci esce la rima… c’è Ben Falcone.
M’è uscita la rima!
"Caro, fammi sentire scalciare il bambino."
"Ma non sono incinto, ho solo messo su qualche chilo..."
Ben Falcone nome da picciotto e volto simpatico da tipo che sai già di aver visto in qualche sitcom o in qualche commedia in qualche ruolo minore e non ti ricordi bene dove ma non importa. Fatto sta che, contro i VIPs e i giovincelli, surprise surprise si aggiudicano loro questo Gioco delle coppie, Cannibal edition. Contro ogni pronostico.

E allora, cosa aspettarsi dal film Cosa aspettarsi quando si aspetta?
Qualche rivelazione sulla gravidanza, sulla maternità, sulla paternità?
Nah, meglio non aspettarsi un bel niente, se non un cinepanettone cucinato all’americana, senza Cipollino ma con in più tanti pancioni.
Cosa aspettarsi invece dalla recensione cannibale di Cosa aspettarsi quando si aspetta?
Vi ho fatto pure il Gioco delle coppie, che altro volete di più?
(voto 3/10)

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