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lunedì 22 ottobre 2018

La recensione da darkoni di Dark Hall





"Sono così dark che mi faccio paura da sola."


Questa mattina mi sono svegliato, e avrei preferito non essermi mai svegliato. Avrei cioè tipo preferito essere come quelli che sono in coma. O come quegli altri che riposano in pace per sempre. Sì giusto, quelli lì... i morti.

Per migliorare – o forse dovrei dire peggiorare? – il mio mood giornaliero adesso mi sento la mia compilation mix che ho fatto inserendo pezzi dei Nirvana e dei Joy Division, con l'aggiunta di un pizzico di My Chemical Romance e di altri gruppi del periodo d'oro dell'emo. Che poi l'emo non è mai morto, vive dentro di noi. Questa playlist l'ho intitolata “Mainajoy”. Lo confesso, dentro c'ho piazzato anche un pezzo di Adele, benché non faccia esattamente il mio genere preferito, però come deprimono le sue canzoni, nessuno mai, quindi ci sta. Bella Adele, thank you per la botta di depression.

martedì 3 dicembre 2013

C’ERA UNA VOLTA UN’ESTATE, IL FILM PIU’ FUORI STAGIONE DELLA STAGIONE




C’era una volta un’estate
(USA 2013)
Titolo originale: The Way Way Back
Regia: Nat Faxon, Jim Rash
Sceneggiatura: Nat Faxon, Jim Rash
Cast: Liam James, AnnaSophia Robb, Steve Carell, Toni Collette, Sam Rockwell, Maya Rudolph, Allison Janney, Rob Corddry, Amanda Peet, River Alexander, Zoe Levin, Nat Faxon, Jim Rash
Genere: estivo
Se ti piace guarda anche: Adventureland, Camp, Dirty Dancing

C’era una volta un’estate è una storia di formazione giovanile estiva che in qualche modo mi ha ricordato Dirty Dancing. Un Dirty Dancing senza le cazzo di scene di danza, diciamo. Anzi, una scenetta di ballo c’è pure qui, però è piuttosto simpatica. Per il resto ci sono parecchie differenze: in questo caso il protagonista è un ragazzino, ha una mezza storiella romantica ma niente di paragonabile alla travolgente passione di Baby per Patrick Swayze, non siamo negli anni Sessanta bensì nel presente e insomma adesso che ci penso i due film non hanno quasi niente in comune.
E allora perché mai mi ha ricordato Dirty Dancing?
Perché il protagonista, proprio come Baby, vive un’estate che è “the time of his life”.



Avete capito bene, questo è un film estivo e quei furboni della distribuzione italiana hanno deciso di farlo arrivare nei nostri cinema in questi giorni, in concomitanza con l’arrivo del grande freddo e a ridosso del Natale.
Peeerché?
Ma cosa c’è, dentro il loro cervello?
Se già io c’ho le scimmie urlatrici, loro cos’hanno?
Tra l’altro i furboni, giusto per farsi ulteriormente del male, hanno deciso di sottolineare come fosse un film di ambientazione estiva trasformando il titolo originale The Way Way Back in C’era una volta un’estate.
Vorrei davvero sapere cosa passa nella mente di un titolista o di qualcuno che si occupa della distribuzione cinematografica nel nostro paese in certi momenti. Davvero non ne ho idea… Prima di prendere certe decisioni, gli passerà tutta la loro vita davanti agli occhi?

Fatto sta che avrei potuto aspettare la prossima estate per guardarlo, ma non ce l’ho fatta e me lo sono visto in una fredda, gelida serata di novembre e mi è anche piaciucchiato abbastanza, però so che avrebbe reso al massimo nel periodo più caldo dell’anno che no, direi proprio che non è questo. Odio guardare i films fuori dalla loro stagione naturale ma che volete farci, mi sono fatto contagiare dai dettami della schizofrenica industria cinematografica nazionale.
Vabbè, vogliamo parlare del film, oppure no?

No, cazzeggiamo ancora un po’, che tanto anche la pellicola è parecchio giocata sul cazzeggio. Tra le altre cose viene trattato un argomento ostico come quello del divorzio e della reazione di un ragazzo al disgregarsi della propria famiglia, però il tutto è condotto con toni leggeri e senza scadere mai nel pesante o nel patetico. È un film estivo. Non una commedia goliardica sboccata, quanto una pellicola intimista e dal lieve tocco indie, ma è pur sempre un film estivo, quindi molto sciallato.
La regia d’esordio dell’accoppiata di attori comici formata da Nat Faxon e Jim Rash non si nota in maniera particolare e anche la sceneggiatura, firmata sempre da loro due, non ha trovate così geniali o originali. La pellicola va venire alla mente parecchi altri film estivi, al di là di Dirty Dancing, e soprattutto ricorda molto da vicino Adventureland, gioiellino di Greg Mottola con Jesse Eisenberg e Kristen Stewart. Anche qui abbiamo un ragazzino timido e introverso che vivrà l’estate della sua vita lavorando in un parco acquatico (laddove in Adventureland era un luna park senza acqua) e anche qui abbiamo qualche problema famigliare e qualche lieve risvolto sentimentaleggiante, ma niente di troppo smielato.

La cosa che fa breccia nel cuoricino di noi spettatori sensibili è allora l'avvicinarsi della pellicola al suo protagonista (il giovane Liam James già visto nella serie The Killing, dov’è il figlio della Linden) in maniera delicata, senza forzare mai la mano. Con grande calma di fa fare conoscenza di questo giovanotto insicuro che si trova a dover fare i conti con il nuovo compagno della madre (Toni Collette, qui alle prese con il ruolo per lei anormale di una persona normale). Nuovo compagno interpretato da uno Steve Carell mai tanto stronzo. Ruolo in cui è parecchio convincente. A me non sta simpaticissimo, Steve Carell, e quando fa i ruoli da buono non mi ha mai convinto granché e ora ho capito perché: deve fare il villain. È quella la sua vocazione.

"Ti tengo d'occhio, Cannibal."

Tutto il cast comunque è piuttosto convincente, da un Sam Rockwell che resta sempre sottoutilizzato dal cinema che conta, passando a una scatenata alcolizzata Allison Janney, ora come ora super impegnata in tv in Masters of Sex e nella sitcom Mom, fino alla sempre adorabile e cariiiiiiiinissima AnnaSophia Robb, la giovane Carrie Bradshaw di The Carrie Diaries, nonché mai dimenticata protagonista femminile di Un ponte per Terabithia, gioiellino di film che io l♥vv♥ troppo.

E poi?
Poi basta. È un film gradevole come un bel bicchiere di tè freddo. Potete guardarlo adesso e non è male, almeno se ve lo sorseggiate nel calduccio di casuccia vostra con il caminetto acceso e delle babbucce da bimbiminkia ai piedi. Però devo avvertirvi che mette addosso una gran malinconia, per l’estate ormai decisamente alle spalle e per quel periodo in cui avevi 14 anni e tutto ti sembrava più importante, intenso e nuovo di adesso. Il secondo avvertimento è che ho l’impressione che questo film visto d’estate sia ancora meglio. Quindi per una volta vi consiglio di non fare come me. Meglio aspettare qualche mese, per godervelo di più. Mai dare retta alla distribuzione italiana.
(voto 6+/10)



giovedì 24 gennaio 2013

THE CARRIE DIARIES, SEX AND THE 80S

The Carrie Diaries
(serie tv, stagione 1, episodi 1-2)
Rete americana: The CW
Rete italiana: non ancora arrivata
Sviluppata da: Amy B. Harris
Tratta dal romanzo: The Carrie Diaries di Candace Bushnell
Cast: AnnaSophia Robb, Austin Butler, Ellen Wong, Katie Findlay, Brendan Dooling, Chloe Bridges, Matt Letscher, Stefania Owen, Freema Agyeman
Genere: tanto Ottanta
Se ti piace guarda anche: Jane by Design, Sex and the City, Lipstick Jungle, Sixteen Candles - Un compleanno da ricordare

La volete sapere una cosa?
A me The Carrie Diaries piace!
Non pigliatemi subito per il culo da qui all'eternità. Aspettate a farlo. Prima date un’occhiata alla serie e poi, quando pure voi ne sarete dipendenti, anche se non lo ammetterete mai, tornate qui con la coda tra le gambe. The Carrie Diaries è una serie che funziona. Presto potrebbe degenerare come molte altre serie The CW, il canale più giovane della programmazione americana che lo trasmette, ma per il momento funziona.

Prima premessa fondamentale: io non sono un fan di Sex and the City. Non ho mai sopportato Sarah Jessica Parker. Mi viene un senso di repulsione al solo vederla. Avendo guardato giusto una manciata di puntate della serie, non voglio nemmeno stare a criticarla più di tanto. Se ci sono persone, soprattutto donne ma non solo, che hanno seguito tutte e 6 le stagioni, tutti e 94 gli episodi, più i due film cinematografici realizzati, e magari li hanno visti anche più e più volte fino a saperli a memoria, al punto da prendere le 4 protagoniste come modelli esistenziali, chi sono io per criticare tutto ciò?
Qualcuno potrà dire che è una serie troppo per femmine, tu sei un maschio e non puoi capire gnu gnu gnu gnugnu. Vero, probabilmente, però ciò non mi impedisce ad esempio di reputare grande una serie come Girls, davvero interessante, ben scritta e ben girata. Non metto nemmeno in dubbio che S&TC abbia avuto una notevole influenza su diverse serie venute dopo, prime fra tutte le Desperate Housewives, però a me non ha proprio mai detto niente.

"Hey Carrie, vedo che il pessimo gusto nel vestire ce l'hai sempre avuto!"
Tutta questa premessa perché?
Per chi non lo sapesse, The Carrie Diaries nasce come spinoff, o meglio come specie di prequel (ma i produttori della serie ci tengono a precisare che non lo è) di Sex and the City. La protagonista è infatti Carrie Bradshaw, proprio quella Carrie Bradshaw, quella intepretata dalla da me odiata Sarah Jessica Parker, però quando era una ragazzina negli anni ’80, e la serie è tratta dall’omonimo romanzo di Candace Bushnell. Già un altro romanzo della W. Bush(nell) oltre a Sex and the City era stato trasformato in una serie, il non altrettanto grande successo Lipstick Jungle, durato appena un paio di stagioni. Vedremo se le cose andranno meglio a questo The Carrie Diaries.

La percezione che possono avere i fan di Sex and the City di questa nuova serie ovviamente sarà radicalmente diversa dalla mia. I punti di lontananza da quella celebre serie saranno visti da loro come un difetto, per me come un pregio. A dirla tutta, lo stile di The Carrie Diaries è più da commedia 80s di John Hughes che da Sarah Jessica Parker and the City. Il che per me è un bene. Da Sex riprende giusto la voce fuori campo della protagonista e (forse) poco altro.
La vicenda raccontata da questa simpatica nuova serie è molto teen e molto semplice e ricalca parecchio quella di un’altra piacevole bimbominkiata recente, Jane by Design, purtroppo cancellata dopo appena una stagione. Anche qui la protagonista si trova divisa tra due mondi: quello più infantile e sempliciotto del liceo della quieta cittadina in cui vive e quello più adulto e sofisticato della Grande Mela, dove paparino le ha trovato uno stage, a ‘sta raccomandata.

A regalare un tono di drammaticità al tutto c’è il fatto che Carrie è orfana di madre e vive quindi insieme solo a quel rompiballe di suo papà e alla sua sorellina minore (Stefania Owen, già comparsa in Amabili resti), che è una dark con maglietta e poster dei Joy Division quindi è immediatamente diventata la mia idola della serie.
Tra gli altri personaggi si segnalano poi la fichetta orientaleggiante Ellen Wong, la versione odierna del bel tenebroso, ovvero il simil-Justin Bieber Austin Butler (già visto nell’ottima serie Life Unexpected), la rivale di Carrie interpretata da Chloe Bridges (mi sta simpatica già solo per essere l’acerrima nemica di Carrie). C’è anche la coppietta formata da Brendan Dooling e Katie Findlay, l’indimenticata Rosie Larsen di The Killing. Una coppietta che non funziona tanto visto che lui non vuole fare sesso con lei. E lì pensi subito: “Ma questo qua è gay,” e infatti poco dopo scopri che questo qua è… gay. Che sorpresa!

Niente di nuovo sotto il sole quindi a livello di personaggi, di situazioni o di altro, tutto è giocato sui soliti risvolti sentimentali e sulla voglia di emergere della giovane Carrie nella scintillante NYC. Il punto di forza della serie è allora un altro: è una serie tanto Ottanta.
Sui blog più fashion ho già sentito disquisire su come la moda, i trucchi e le pettinature degli anni ’80 siano stati rivisti con occhio moderno e quindi non molto fedele all’epoca. Questo non lo so. Ciò che più interessa a me è che la colonna sonora è qualcosa di fa-vo-cazzo-lo-so. Nei soli primi due episodi hanno sparato dentro Talking Heads + Violent Femmes + Go-Go’s + Duran Duran + Billy Idol + Madness + New Order + Kim Carnes + Cyndi Lauper + qualunque altro altro artista o gruppo fico vi possa venire in mente degli anni ‘80. Roba da andar fuori di testa. Roba da continuare a seguire ‘sta serie solo per la colonna sonora. Per fortuna la serie, oltre a questo non trascurabile pregio, si lascia comunque guardare che è un piacere, come un guilty pleasure trash, ma nemmeno troppo trash rispetto ad altre serie che il network The CW ci ha regalato e ci regala tutt’ora.

Sarah Jessica Parker (a sinistra) insieme ad AnnaSophia Robb.
Il pregio maggiore della serie comunque non l’ho ancora detto. Nella parte della giovane Carrie Bradshaw c’è un’attrice che con Sarah Jessica Parker per fortuna non ha nulla a che fare (perdonatemi fans di Sex and the City, ma devo ribadire il mio odio nei suoi confronti!), se non per la bionda chioma riccia. Si tratta di AnnaSophia Robb, già vista ne La fabbrica di cioccolato di Tim Burton, nei panni della surfista Bethany Hamilton in Soul Surfer e soprattutto in Un ponte per Terabithia, uno dei film più commoventi nella storia del cinema moderno. Una ragazzetta carina e anche un’ottima attrice. Altroché Sarah Jessica Parker.
Se credete di trovarvi di fronte soltanto a una serie teen, in realtà The Carrie Diaries ci sbatte di fronte alla domanda telefilmica più misteriosa dai tempi del tormentone “Chi ha ucciso Laura Palmer?” di Twin Peaks.

La domanda è: cosa è capitato di male nella vita a Carrie Bradshaw, e soprattutto al suo naso, per trasformarsi da così…


a così?


(voto 6,5/10)


mercoledì 24 agosto 2011

Hey surf sister

Soul Surfer
(USA 2011)
Regia: Sean McNamara
Cast: AnnaSophia Robb, Dennis Quaid, Helen Hunt, Carrie Underwood, Kevin Sorbo, Lorraine Nicholson, Ross Thomas, Cody Gomes, Sonya Balmores
Genere: let’s go surfing
Se ti piace guarda anche: Clay Marzo – Just Add Water, Blue Crush, Lords of Dogtown, Point Break, Un mercoledì da leoni

Una bella storia non sempre fa un bel film: Il discorso del re ne è un esempio lampante. Che poi in quel caso avevamo un re viziato balbuziente che dopo anni di training riusciva a fare un discorso di 60 secondi davanti a un microfono, mentre qui, scusate se è poco, abbiamo una ragazzina di 13 anni che ha perso un braccio ma è riuscita a rimettersi in piedi sulla tavola e a diventare una campionessa di surf. Volete mettere?
Preparate dunque i fazzoletti se siete sensibili (non ho detto sensitivi) e ucci ucci tenerucci, d’altronde la protagonista del film è AnnaSophia Robb, ottima giovane attrice già vista ne Un ponte per Terabithia che, per la cronaca e per il mio sputtanamento personale, è una delle pellicole che più mi ha fatto piangere in tutta la mia vita. Non fatemici pensare che mi vengono ancora le lacrime agli occhi. Che magone quel film, che magone!
Ueeeeè
ueeeeeeeè

Ok, scusate lo sfogo. Riprendiamo…
Il regista di Soul Surfer si chiama Sean McNamara, come uno dei due chirurghi plastici di Nip/Tuck: sarà un semplice caso di omonimia (non ho detto omosessualità)? In ogni caso la qualità registica non è certo memorabile e quindi possiamo passare oltre…
Nel cast, oltre alla Robb c’è anche la cantante country Carrie Underwood, notevole sgnacchera parecchio nota negli States, una sorta di Taylor Swift però con più tette. Quindi ci sono anche Dennis Quaid, che ormai ha preso il patentino per i filmetti, e una Helen Hunt che sta invecchiando parecchio male. *_*
Nella modesta e stracommerciale colonna sonora invece c’è roba tipo Michael Franti con “The Sound of Sunshine”, in una versione per fortuna senza Jovanotti, probabilmente lasciato in riva al mare. E quindi avete già capito che pure la soundtrack è poca roba.

La vera Bethany Hamilton (a sinistra) con AnnaSophia Robb
Il film è tratto dalla storia vera di Bethany Hamilton, una ragazzina hawaiiana che ha sempre vissuto su una tavola da surf fin da bambinettissima (forse ha imparato prima e surfare che a camminare) e che all’età di 13 anni si è vista portare via un braccio da uno squalo. Per chi si chiede come possano capitare cose del genere, la risposta è da trovare nel fatto che qualcuno gliel’ha gufata pesantemente: quando la sua migliore amica Alana (non ho detto anal) a inizio film, felice della sua vita alla Hawaii tra surfare di mezzanotte e vita da spiaggia tira fuori la domanda retorica: “Ma quanto fortunate siamo, noi?” sappiamo già che porterà una sfiga micidiale. E infatti…
Il giorno dopo Bethany viene azzannata da uno squalo. E non è come essere morsi da una zanzara. O da un vampiro, cosa che, l’abbiamo imparato da film & serie tv, ti renderebbe solo molto più figo. La povera ragazza perde un braccio, ma riesce a sopravvivere grazie al tempestivo salvataggio del padre dell’amica, un certo Hercules alias Kevin Sorbo!
La cosa più impressionante e che pare non sia solo un’invenzione della fiction, ma una caratteristica della vera Bethany, è la sua notevole forza d’animo e il suo coraggio: nonostante la scena da film horror di cui è protagonista, non piange non strilla non si mette a frignare e a rompere i maroni, ma anzi reagisce al tragico evento con un comportamento stoico. Troppo per una ragazzina di 13 anni?

Se la storia è carina e coinvolgente, peccato che su tutto il film pesi, pesante come un macigno, una forte morale cristiana a rovinare tutto. Però esistendo, fino a prova contraria, il libero arbitrio, l’interpretazione che ognuno può dare agli eventi può essere diversa. Se per il film, e anche per la vera Bethany Hamilton, ogni cosa succede per una ragione e la tragedia che le è capitata si è trasformata in qualcosa di positivo, visto che lei non solo è sopravvissuta, ma è anche riuscita a realizzare il suo sogno di diventare comunque una surfista professionista ed è diventata un modello di ispirazione per un sacco di persone con problemi fisici di varia natura.
Questa però è la sua personale interpretazione. La mia visione anti-religiosa mi porta invece a pensare a come Dio le abbia assestato un bel pugno secco allo stomaco, di quelli che ti tolgono il fiato, ma lei sia riuscita a reagire con determinazione. Non si è fatta mettere al tappeto, ha lottato e alla fine ha risposto con un bel calcio in culo e un gancio destro da K.O.
Per quanto mi riguarda quindi: Bethany batte Gesù bambino 2 a 1.
(voto 6-/10)

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