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lunedì 17 marzo 2014

SUPER CULT ANNI 90 - RAGAZZE A BEVERLY HILLS CON ALICIA SILVERSTONE




Ogni decennio ha l’icona femminile che si merita. Negli anni ’90, c’abbiamo avuto Alicia Silverstone.


Il nome di Alicia Silverstone non vi dice niente?
Se siete sotto i 30 anni o sopra i 40, è abbastanza normale. Ma se siete stati adolescenti nei 90s e non la ricordate, dove diavolo siete cresciuti? Sulla Luna? Nella giungla? In Canada?
Che la conosciate o meno, in ogni caso beccatevi una breve Alicia Silverstone Story.

Alicia diventa famosa nel 1993 grazie a uno stalker-thrillerino-soft-porno, La ragazza della porta accanto (The Crush), pellicola molto lolitesca che impone il suo fascino acerbo. A farla entrare nell’immaginario collettivo di noi 90s kids ci pensano quindi una manciata di video degli Aerosmith, in un’epoca in cui i videoclip musicali ce li vedevamo ancora su Mtv e non su YouTube. Cryin’ (in cui c'era anche Stephen Dorff), Crazy (in coppia con l’altrettanto esplosiva Liv Tyler) e Amazing compongono la “Trilogia della Silverstone” e hanno segnato un’intera generazione.



L’apice del successo Alicia lo tocca poi con la pellicola Ragazze a Beverly Hills, un teen cult assoluto degli anni ’90 che, soprattutto negli USA, si impone come autentico fenomeno della pop culture. Dopo questo super successo, la Silverstone sembra dover scoppiare come nuova diva mondiale, ottiene l’ambita parte di Batgirl in Batman & Robin ma… il film è una schifezza di proporzioni gigantesche, lei in seguito compie tutta una serie di scelte recitative sbagliate, interpretando un flop dietro l’altro (Babysitter… un thriller, Una ragazza sfrenata, Sbucato dal passato, Pene d’amor perdute) e le sue quotazioni precipitano. Quando il decennio finisce, è ormai chiaro a tutti che Alicia Silverstone vivrà per sempre sì, ma solo come simbolo, uno dei simboli supremi, degli anni ’90.

Ogni decennio ha l’icona femminile che si merita.
Negli anni ’50 c’è stata Marilyn Monroe.


Negli scintillanti 60s Brigitte Bardot.


Nei 70s l’angelo Farrah Fawcett.


Negli anni ’80 Molly Ringwald della trilogia di John Hughes (Sixteen Candles – Un compleanno da ricordare, Breakfast Club e Bella in rosa).


Negli anni zero arriva Lindsay Lohan.


Negli anni dieci attualmente in corso imperversa Miley Cyrus.
State già rimpiangendo Lindsay, vero?


Negli anni ’90 invece c’avevamo Alicia Silverstone e questo è il suo film più celebre.

Ragazze a Beverly Hills
(USA 1995)
Titolo originale: Clueless
Regia: Amy Heckerling
Sceneggiatura: Amy Heckerling
Cast: Alicia Silverstone, Stacey Dash, Elisa Donovan, Brittany Murphy, Paul Rudd, Donald Faison, Breckin Meyer, Jeremy Sisto, Justin Walker, Dan Hedaya, Wallace Shawn, Twink Caplan
Genere: 90s
Se ti piace guarda anche: Mean Girls, La rivincita delle bionde, 10 cose che odio di te, Giovani, pazzi e svitati, Fuori di testa, Fusi di testa

Mi è venuta voglia di recuperare il super cult di una ventina d’anni fa Ragazze a Beverly Hills dopo aver guardato (questa volta su YouTube e non più su Mtv) il nuovo video di Iggy Azalea e Charli XCX, “Fancy”, in cui le due nuove icone della musica pop di oggi sono andate a girare nelle stesse location della pellicola, recuperando vestiti e look di Alicia Silverstone & friends e omaggiando esplicitamente varie scene del film.



Capisci che stai invecchiando quando gli idoli che segui da una vita vengono accettati dal mainstream, trionfano ai Grammy Awards, come capitato quest’anno ai Daft Punk, oppure ottengono degli Oscar, come successo negli ultimi tempi a Jared Leto, Natalie Portman e Christian Bale. Quando lo vincerà pure Leonardo DiCaprio, allora lì capirai di essere davvero decrepito.
Capisci inoltre che stai invecchiando anche quando le nuove sgallettate del pop odierno vanno a riprendere i simboli della tua gioventù e li fanno apparire vintage. Come il video di Iggy Azalea e Charli XCX mette in chiaro, gli anni '90 ormai sono retrò e noi che in quel decennio ci siamo cresciuti siamo vecchi, siamo passato, siamo Storia.
NUOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!

Se non ci facciamo prendere troppo dalla tristezza, possiamo guardare a quel periodo con un velo di malinconia, senza cadere nella più profonda depressione. Così come possiamo cominciare a considerare i cult di quei magici tempi come veri e propri classici moderni, cui le nuove generazioni si abbeverano e prendono da esempio. Ragazze a Beverly Hills oggi è un classico moderno, chi l’avrebbe detto giusto qualche anno fa?

"Alicia, devi dire a tutti che Pensieri Cannibali è il sito più di moda
del momento, altrimenti ti sparo!"
"Hey, ma cos'è un sito?"
Ho detto classico moderno, non ho detto Capolavoro. Ragazze a Beverly Hills è a suo modo un film leggendario, che riapre tanti “aaah” ricordi. Quell’aaah, se non si era capito, era un sospiro.
Ragazze a Beverly Hills è un film generazionale, con uno stile inconfondibile. Una pellicola che allo stesso tempo rivista oggi appare naive, presenta un sacco di ingenuità, una trama troppo semplice e semplicistica. Persino un filo buonista. Un lavoro che, come tutte le pellicole generazionali che si rispettino, offre tutti i pregi e anche i difetti di un’epoca.
Ragazze a Beverly Hills è un film che guarda al passato, al passato remoto visto che è una rivisitazione moderna/parodia di Emma di Jane Austen, e al passato recente, in particolare alle commedie degli anni ’80 di John Hughes con la sopracitata Molly Ringwald, così come al caposaldo Fuori di testa, la pellicola del 1982 con Sean Penn, Jennifer Jason Leigh e Phoebe Cates diretta dalla stessa Amy Heckerling. Per quanto con un occhio buttato sullo specchietto retrovisore, Ragazze a Beverly Hills guarda comunque soprattutto ai suoi contemporanei, alla serie Beverly Hills, 90210 in particolare, di cui riprende le stesse ambientazioni glamour e chiccose e di cui rappresenta una specie di versione per il grande schermo. Fin dalla sequenza d’apertura, così come nelle scene delle feste, emerge poi evidente lo “stile Mtv”, quello che negli anni ’90 ha raggiunto il suo vertice assoluto. Naturalmente, anche la colonna sonora riveste un ruolo di primo piano, con dentro un po’ di tutto quel che passava all’epoca, spaziando in grande libertà dalle Salt-N-Pepa ai Radiohead, dai No Doubt ai Supergrass.

Pur guardando al passato e al presente, Ragazze a Beverly Hills è diventato un riferimento per il futuro. Per le citate starlette Iggy Azalea e Charli XCX, ma non solo. La moda di rileggere i classici della letteratura britannica in chiave 90s pop è stata aperta proprio da questo film e sarebbe poi proseguita con grande fortuna soprattutto andando a ripescare il repertorio di Shakespeare, tra un Romeo + Giulietta e un 10 cose che odio di te. Le buone azioni della protagonista Cher/Alicia Silverstone riecheggeranno quindi persino ne Il favoloso mondo di Amélie, mentre come personaggio avrà un’erede ideale nella Reese Witherspoon de La rivincita delle bionde. Che dire poi dell’influenza avuta da questa pellicola su Mean Girls?
Mean Girls, altro epocale film generazionale, altro non è che una versione imbastardita delle Ragazze a Beverly Hills, con la perfida Regina/Rachel McAdams che prende sotto la sua ala protettrice Cady/Lindsay Lohan in maniera parecchio meno disinteressata rispetto a quanto fa la qui presente Cher/Alicia Silverstone con la disadattata Tai/Brittany Murphy.
E qui scatta il momento lacrimuccia, perché Ragazze a Beverly Hills ha rappresentato l’esordio cinematografico di Brittany Murphy, splendida e promettentissima attrice prematuramente scomparsa nel 2009. Brittany Murphy, una delle prime icone di questo blog, aaah (anche questo era un sospiro, se non si era capito).


Alla fine torniamo al punto da cui abbiamo cominciato. Le icone femminili. Ragazze a Beverly Hills è un film carino, meno scemotto di quanto può apparire in superficie e che racconta una storia d’amore dai contorni incestuosi mica troppo scontata tra la protagonista e un giovane Paul Rudd. Rivisto oggi appare con tutti i suoi limiti bene in mostra, eppure è riuscito a invecchiare in maniera più che dignitosa, riuscendo persino a far dimenticare la poco esaltante omonima serie tv ispirata alla pellicola e trasmessa da noi su Raidue e Mtv. La forza trascinatrice dell’intero film era e rimane però solo lei: Alicia Silverstone. Ogni tanto ricompare qua e là in televisione (in Miss Match e Suburgatory), ma per noi kids trentenni e qualcosa di oggi resterà sempre uno dei simboli della nostra gioventù, l’icona bionda dei mitici, favolosi, maledetti anni Novanta.
(voto 7+/10)

giovedì 16 dicembre 2010

Man of the year 2010 - n. 9 Stephen Dorff

Stephen Dorff
Genere: bad boy
Provenienza: Atlanta, Georgia, USA
Età: 37
Nel 2010 visto in: Somewhere
Il passato: S.F.W. - So Fucking What, A morte Hollywood!, Backbeat, Blade, Nemico Pubblico, Shadowboxer, Oscure presenza a Cold Creek
Lo vedremo in: Born to be a star, Rites of passage, Immortals
Perché è in classifica: dopo anni di attesa ha finalmente avuto il ruolo della vita

Stephen Dorff è stata l’eterna promessa di Hollywood così a lungo che credo persino lui avesse ormai smesso di puntare fiches su se stesso. Errore, perché poi un giorno ti arriva una Sofia Coppola in casa e ti fa diventare protagonista del suo nuovo “Somewhere” e finalmente ti si riaprono le porte del Nuovo Cinema Paradiso.

Due sono i miei cult personali che lo vedono protagonista: la scoppiettante satira del mondo cinematografico “A morte Hollywood!” di John Waters e il sottovalutatissimo “S.F.W. So Fucking What”, il film manifesto del grunge (per musica, attitudine, stile registico, interpretazione di Dorff) che nel 1994 anticipava di un decennio riflessioni molto interessanti sulla tv reality e la spettacolarizzazione della cronaca. Una pellicola che fotografa alla perfezione gli anni ’90 e prefigurava gli anni zero, insomma un piccolo capolavoro da riscoprire. Quindi nel 1998 in “Blade” interpreta un perfido straordinario vampiro; anche stavolta però è arrivato troppo in anticipo sui tempi, visto che eravamo lontani non solo dalla moda dei vari “Twilight”, “True Blood” e “The Vampire Diaries” ma eravamo anche prima dell’esplosione di “Buffy”.

Dopodiché sono arrivate per lui parti in filmicini action, un video splendido (per una volta NON sono ironico) e censuratissimo di Britney Spears in versione suicida ma più spesso, con quella faccia lì, interpretazioni nelle vesti di pazzo psicopatico. Pellicole poco interessanti, fino a un ruolo in “Nemico pubblico” di Michael Mann e quest’anno l’apoteosi con “Somewhere”. Se ce l’ha fatta Robert Downey Jr. (eterna promessa dai lontani anni ’80 e diventato big di Hollywood solo negli ultimi anni) adesso forse è arrivato anche il suo momento. Dai, cazzo!



venerdì 26 novembre 2010

Take Death

Take That “Progress”
Provenienza: Manchester United
Genere: boy band
Se ti piace ascolta anche: Robbie Williams, Duran Duran, Spandau Ballet, East 17, Boyzone

The boy bands are back in town. Forse ispirati dagli Expendables di Stallone o più probabilmente no, i fab-five di Manchester sono tornati tutti insieme alla formazione originale. Più forti che mai? Beh, più o meno; i loro volti sono inevitabilmente segnati dalle prime rughe e le loro movenze feline di un tempo sono limitate, anche perché un colpo della strega a una certa età può sempre essere dietro l’angolo.

Dopo lo scioglimento nel 1996 (ricordo ancora le lacrime di disperazione delle mie compagne delle medie) i Take That si erano già riformati nel 2006 con l’ex cicciobombo cannoniere Gary Barlow, l’ex bimbominkia Mark Owen e i due manichini (non ex manichini) Howard Donald e Jason Orange e avevano riscosso un successo clamoroso, soprattutto in Uk, mentre la carriera di Williams stava vivendo una fase di fisiologico calo. E allora adesso Robbie Frusciante è rientrato nel gruppo e questo nuovo album “Progress” in Gran Bretagna ha subito stabilito la miglior prima settimana di vendita degli ultimi 13 anni, alla faccia della crisi del disco.

L’inizio dell’album gioca con l’epicità, come era lecito attendersi da una buona reunion che si rispetti, con il primo singolo “The Flood”.


Il secondo pezzo “SOS” è davvero un grido di SOS, ma persino eccessivamente lamentoso, con una voce stridula e acuta che domina (dev’esserci lo zampino di Mark Owen…).
“Wait” è un pezzo con una basetta electro anni ’80 venato di malinconia tra Duran Duran e Pet Shop Boys: pezzo migliore del lotto? Mi sa di sì.


“Kidz” è da apprezzare per il titolo e per il ritornello da sbronza al pub mentre “Happy now” è un pezzo disco-gay che sembra rubato agli Scissor Sisters. Poi, come succedeva abitualmente negli album commerciali degli anni ’90 (e ogni tanto ancora oggi) la seconda parte scema decisamente e viene piazzato qualche riempitivo di troppo con i pezzi più deboli che, non a caso, sono quelli in cui la presenza di Robbie Williams si sente meno (o per nulla).
La produzione, ad essere pignoli, sarebbe potuta essere migliore, soprattutto se paragonata a certe sborronerie electro-hip-hop del mainstream americano attuale, ma le canzoni hanno comunque una buona piacevolezza pop e soprattutto c’è quel sapore di nostalgia che riporta indietro ai brufolosi anni ‘90. The boys are back in town.
(voto 6+)

domenica 4 aprile 2010

LA Grunge

Pasqua. Periodo di resurrezioni e nuovi inizi. Molti sono i gruppi risorti ultimamente dalle ceneri degli anni Novanta. Chi per soldi, chi per una ritrovata ispirazione e sintonia, chi ancora per... ehm, soldi.
Cranberries, Skunk Anansie, a breve i Soundgarden, tanto per dirne alcuni. Io vi propongo il comeback di uno dei più grandi, ma allo stesso tempo sottovalutati, gruppi del periodo grunge. Direttamente non da Seattle, ma dalla California: gli Stone Temple Pilots.
Nei 90s hanno avuto un paio di grandi hit



inciso una manciata di buoni album e splendide canzoni



ma a causa di qualche eccesso di droga di troppo e una creatività che andava e veniva a fasi alterne non sono mai riusciti ad imporsi definitivamente nell’immaginario collettivo, nonostante il leader Scott Weiland sia stato (è ancora?) uno dei più carismatici e rock’n’roll personaggi emersi negli ultimi due decenni. Dopo una rapida avventura da solista e con i Velvet Revolver (insieme a Slash), Weiland si è infine ricongiunto con i suoi vecchi compari grunge-rockers. Un nuovo album è in arrivo a breve e il primo pezzo rilasciato mette la carica e anche un tantinello di nostalgia da anni Novanta.
Adesso però mettiamo da parte i fazzoletti e prepariamoci al pogo con questo pezzaccio molto Scott Weiland, ma anche molto Kurt Cobain.
Stone Temple Pilots. Between the lines. Tirate su il volume.

you always were my favourite drug
even when we used to take drugs

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