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lunedì 1 agosto 2016

Green Room, il nazi-punk-suvival-thriller-horror-gabba-gabba-hey






Green Room
(USA 2015)
Regia: Jeremy Saulnier
Sceneggiatura: Jeremy Saulnier
Cast: Anton Yelchin, Imogen Poots, Alia Shawkat, Callum Turner, Patrick Stewart, Joe Cole
Genere: punkabbestia
Se ti piace guarda anche: 10 Cloverfield Lane, The Divide, Fuori di cresta, CBGB



lunedì 20 giugno 2016

Anton Yelchin, addio playboy nerd






Ho sempre pensato che Anton Yelchin fosse un tipo fortunato. Nel corso della sua breve carriera si è fatto alcune delle più belle attrici in circolazione. Non lui personalmente, o almeno, questo non lo so. Intendo i personaggi dei suoi film. Sul grande schermo è riuscito a conquistare Jennifer Lawrence (in Mr. Beaver), Felicity Jones (Like Crazy), Berenice Marlohe (l'ottimo 5 to 7), Imogen Poots (Fright Night – Il vampiro della porta accanto), Addison Timlin (Il luogo delle ombre – Odd Thomas), Kat Dennings (Charlie Bartlett), Zooey Deschanel (il nuovo Niente cambia, tutto cambia – The Driftless Area), Mia Wasikowska (Solo gli amanti sopravvivono), Alexandra Daddario e Ashley Greene, queste ultime due addirittura nello stesso film, Burying the Ex.
In pratica, il più grande playboy di Hollywood della storia recente. Questo nonostante non fosse un Adone o un Michael Fassbender, ma avesse un aspetto più vicino a un Elijah Wood. Ha rappresentato sul grande schermo la rivincita dei nerd. Ha fatto sognare tutti noi non-Adoni di poterci fare un giorno una tipa come Jennifer Lawrence o Alexandra Daddario o le altre. Il fatto che questo giorno per noi non sia ancora arrivato è giusto un dettaglio. Il cinema è sogno e Anton Yelchin lo incarnava alla perfezione.

venerdì 25 settembre 2015

Rudderless

Regia: William H. Macy
Origine: Usa
Anno: 2014
Durata: 105'




La trama (con parole mie): Un ragazzino con la passione per la musica se ne sta nella camera del dormitorio del suo college a strimpellare la chitarra e a cantare stonato come un ubriacone, quand'ecco che succede una tragedia. Un pazzo fa irruzione armato nel campus universitario. Tra i morti c'è anche il ragazzino stonato.
La pellicola ci racconta il modo di affrontare la perdita del figlio da parte del padre, che affoga il dispiacere nell'alcol e va a vivere su una barca nel porto di un paesino dimenticato da Dio. Fino a che un giorno entra in un bar dove si esibiscono dei musicisti locali e lui realizza: “Se quegli sfigati possono suonare e cantare in pubblico, perché non posso farlo anch'io?”.






Ogni tanto ricordo ancora di quando fui giovane.
Non è facile. È passato tanto tempo. Ma proprio tanto tanto tanto. Erano gli anni ottanta. Di quale secolo, preferisco non rivelarvelo.
Per un certo periodo, comunque, anche io sono stato giovane, per quanto sia difficile da credere. È stato un periodo durato davvero poco. Quando ai miei coetanei cadevano i denti da latte, a me cadevano quelli del giudizio. E quando ai miei coetanei spuntavano i primi peli sul pube, a me spuntavano i primi capelli bianchi.
Per un brevissimo periodo, ricordo però di essere stato giovane e la prima scena del film Rudderless me l'ha riportato alla memoria. Anche io strimpellavo la chitarra, seguendo il modello del mio mito Brus Pristi. Anche io scrivevo canzoni. Era roba profonda. Un mio brano ad esempio faceva:
Magari ti chiamerò:
“Trottolino Amoroso, Dudu dadadà”
ed il tuo nome sarà
il nome di ogni città,
di un gattino annaffiato
che miagolerà.
Poi però me l'hanno fregato e ne hanno realizzato una versione davvero splendida. Certo che avrebbero potuto almeno citarmi tra i crediti della canzone.
A proposito, la canzone della prima scena di Rudderless mi ha ricordato la mia giovinezza. Ve l'ho già detto?
Può darsi, visto che ripeto sempre le stesse cose. Tipo che Sylvester Stallone è l'attore migliore del mondo ed è anche un gran bell'uomo, me lo farei troppo, e che il wrestling è uno sport vero, non solo una pagliacciata più finta di Beautiful come credono tutti.
Dopo la prima scena, comunque, è terminato l'amarcord di quando ero giovane e mi sono ritrovato ad immedesimarmi nella figura del padre, interpretato dal Billy Crudup di Almost Famous. Perché anche io sono un padre, questo credo di non avervelo ancora detto. D'altra parte questa è una cosa che non dico mai. Ho solo una t-shirt che indosso sempre durante i miei allenamenti di pesi, quando riesco a sollevare ben 2 kg per braccio, con scritto: “Best dad in the world”. Perché io non sono un semplice padre. Io sono il padre migliore del globo e anche di tutti i tempi. Volete che vi parli di mio figlio?
Ma perché perdere tempo a parlare di lui, quando posso narrarvi di me e di quanto sono figo come padre migliore di tutti i luoghi tutti i laghi tutto il mondo?
La stessa cosa la fa il film. Una volta messo da parte il figlio, che ATTENZIONE SPOILER muore subito nei primi minuti FINE SPOILER si concentra unicamente sul padre. È lui la vera figura cardine della pellicola. Lui e il modo davvero coraggioso di affrontare il suo lutto: ruba le canzoni che aveva scritto il figlio, mette su una rock band, ha successo e si dà alla bella vita!
Non vi sembra un modo eroico di superare la perdita di un figlio?
A me sì.
Qualcun altro come il mio blogger rivale avrebbe potuto incentrare l'intero post sulla breve apparizione di Selena Gomez, o sulla partecipazione del cantautore Ben Kweller, ex leader della grunge band anni novanta Radish, o di come ci sia Anton Yelchin e pure qui quel maledetto riesca a farsi una bella fighetta (Zoe Graham di Boyhood), o di come una volta abbia incontrato Felicity Huffman, che è molto più affascinante dal vivo mentre su schermo sembra sempre un mezzo cesso, o di come questo sia il film d'esordio alla regia del marito della Huffman, ovvero William H. Macy di Shameless, o di come ci sia una divertente comparsata musicale di Kate Micucci della serie tv Garfunkel & Oates, o di come la pellicola abbia una gran bella colonna sonora indie-rock, con vertice da brividi nella canzone finale.
Io invece non vi parlerò di tutte queste cose. Per me il film sono solo Billy Crudup e il suo personaggio.
Rudderless è un chiaro esempio di come si possa superare una tragedia così grande come la perdita di un figlio con dignità, forza di volontà, coraggio, che dimostra come noi padri siamo gli esseri migliori dell'intero universo.
Soprattutto quelli come me.
Soprattutto me.



MrCannibal



“Con i nostri chiar di luna
quando al cinema si va
il bambino mio fa festa
e un po' anche il suo papà
ma nel buio sul più bello
lui ti dice così:

Mi scappa la pipì... ih
mi scappa la pipì... ih
mi scappa la pipì papà
non ne posso proprio più
io la faccio qui.”
Pippo Franco - “Mi scappa la pipì” -







Lo stile di questo post vi ricorda per caso quello di un altro blogger?
Può darsi che abbia fatto come il protagonista del film Rudderless: ho fregato il lavoro di un altro, spacciandolo per mio. Ma hey, non chiametelo plagio, né tanto meno furto. Chiamatelo “omaggio”.

giovedì 23 luglio 2015

5 to 7, un film da vedere rigorosamente tra le 5 e le 7






5 to 7
(USA 2014)
Regia: Victor Levin
Sceneggiatura: Victor Levin
Cast: Anton Yelchin, Bérénice Marlohe, Lambert Wilson, Olivia Thirlby, Frank Langella, Glenn Close, Jocelyn DeBoer, Eric Stoltz
Genere: romcom chic
Se ti piace guarda anche: Closer, Prima dell'alba, Cashback

Che film avete scelto di vedere, questa sera?
5 to 7?
Ottima scelta, complimenti! Siete delle persone davvero raffinate. Quindi cosa ci fate, qui su Pensieri Cannibali?
Hey, comunque, aspettate un momento: che ore sono?
Sono le 9:30 di sera?
Allora fermi: non potete guardarlo! Questo film va visto rigorosamente tra le 5 e le 7 del pomeriggio. Lo dice il titolo e lo ribadisce pure la pellicola stessa. E le regole, mai come in questo caso, vanno rispettate.

mercoledì 8 luglio 2015

Burying the Ex - What's in your ex, in your e-e-e-ex, zombie, zombie, zombie





Burying the Ex
(USA 2014)
Regia: Joe Dante
Sceneggiatura: Alan Trezza
Cast: Anton Yelchin, Ashley Greene, Alexandra Daddario, Oliver Cooper
Genere: zombie
Se ti piace guarda anche: Cursed - Il maleficio, Drag Me to Hell, iZombie L'alba dei morti dementi, Fright Night, Buffy l'ammazzavampiri, Benvenuti a Zombieland, Life After Beth

È giusto cambiare per amore?
Beh, se la tua tipa ha l'aspetto di Ashley Greene, ha sempre voglia di ciulare e in più ogni tanto si veste pure da infermiera sexy per farti contento, direi che un pensiero lo si può fare.

domenica 23 marzo 2014

ODD THOMAS, IL POCO STRANO FILM SULLO STRANO THOMAS




Odd Thomas
(USA 2013)
Regia: Stephen Sommers
Sceneggiatura: Stephen Sommers
Tratto dal romanzo: Il luogo delle ombre di Dean R. Kootz
Cast: Anton Yelchin, Addison Timlin, Gugu Mbatha-Raw, Willem Dafoe, Melissa Ordway, Nico Tortorella, Kyle McKeever, Patton Oswalt
Genere: senitivo
Se ti piace guarda anche: Il sesto senso, Ghost Whisperer, Donnie Darko, R.I.P.D. – Poliziotti dall’aldilà

Vedo la gente morta.
Pure tu? Ormai siete in tanti.
Odd Thomas è chiamato così per un errore all’anagrafe, in teoria avrebbe dovuto chiamarsi Todd, e anche perché è un tipo strano. È strano perché vede i morti… Ma, scusate un po’, che c’è di tanto strano?
Ormai è più fuori dal comune trovare come protagonista di un film uno che non li vede. Per tutta la durata della pellicola, i personaggi non fanno poi altro che dire quanto sia strano Thomas, lui per primo, solo che non è così strano. A parte il piccolo fatto di vedere i fantasmi, anzi i bodach, così vengono chiamati gli spiriti in questo film per fare un po’ gli originali, Odd Thomas è un ragazzo piuttosto normale. Anziché considerarlo un freak, un fenomeno da baraccone, un tipo fuori di testa, un povero malato di mente, tutti lo ritengono parecchio cool. Le ragazze gli sbavano dietro: ha una tipa stragnocca, più una biondazza che non vede l’ora di farselo. I ragazzi anziché riempirlo di botte tutto il giorno o sfotterlo, come ParaNorman ad esempio, lo rispettano e i poliziotti si fidano persino di lui. Invece di volerlo rinchiudere in un manicomio, il detective Willem Dafoe pende letteralmente dalle sue labbra.
Insomma, Odd Thomas non è un disadattato come Donnie Darko o il bambino de Il sesto senso, che nel frattempo è diventato così…


Odd Thomas è l’idolo paranormale locale, nella cittadina californiana in cui vive. Nonostante questo, tutti continuano a ripetergli: “Oh, certo però che sei strano,” e “Che cose strane che dici, però ti dobbiamo lo stesso dare ascolto”. E a forza di dirlo e a ridirlo pure lui si convince di essere strano, ma tanto tanto strano.
La sceneggiatura del film ripete la parola strano più volte di quanto lo stia facendo io in questo post. Strano, vero?

"Perché me ne sto qui su in cima a una collina con un'aria misteriosa?
Perché fa tanto strano. O fa solo scemo?"
E mentre tutti gli ripetono che è strano forte, anche noi spettatori cominciamo a credere che questo Thomas lo sia. Il film invece è ben poco strano. È la solita pellicola dai toni teen fantasy di quelle che negli ultimi tempi vanno per la maggiore e vorrebbe forse diventare l’erede di Donnie Darko, mentre il risultato finale va più dalle parti di Donnie Darko 2, ma anche peggio. Mi ha ricordato persino la versione cinematografica di Dylan Dog. Nel caso abbiate dei dubbi in proposito, non è un complimento. E mi ha fatto venire in mente pure il recente R.I.P.D. – Poliziotti dall’aldilà, che al confronto appare quasi come un film divertente.
Ma chi è l’artefice di una simile porcheria?

Odd Thomas è il personaggio protagonista di un paio di libri dello scrittore americano Dean Koontz: Il luogo delle ombre e Nel labirinto delle ombre, cosa che mi fa temere nella possibilità di un sequel anche al cinema. Ipotesi al momento per fortuna remota, visto che il film mi pare sia stato a mala pena distribuito nei cinema americani e in Italia ovviamente non è manco arrivato. I libri magari sono anche fighissimi. Magari sono persino davvero strani. La versione cinematografica è invece atroce e andando a scoprire il nome di chi si è occupato dell'adattamento non stupisce più di tanto. A produrre, sceneggiare e a dirigere il film vi è Stephen Sommers, già regista dei due La mummia, mediocri ma ancora decenti, e di due robacce inguardabili come Van Helsing e G.I. Joe – La nascita dei cobra. Dopo queste grandi produzioni, fa piacere vedere che il Sommers si è avventurato a girare una pellicola più piccola. Dopo aver visto il film, non fa più piacere.

"Hai girato questo film solo per recitare con me, vero?"
"Più che al recitare, veramente pensavo di fare con te qualcos'altro..."
La trama del film risulta assurda persino all’interno di un contesto fantasy, i dialoghi sono ridicoli, tra i peggiori ascoltati di recente (The Counselor a parte), i personaggi macchiettistici, ogni tanto arrivano improvvise zuccherose dosi di romanticismo che nemmeno in Twilight, gli effetti speciali sono onnipresenti e fastidiosi e la regia di Stephen Sommers, ci fosse il bisogno di sottolinearlo, è tutt’altro che fenomenale.
L’unica cosa positiva da segnalare in pratica è l’ingente quantità di figame presente: Addison Timlin, già fattasi notare in Californication e Uomini di parola, è qualcosa di straordinario, il vero effetto speciale più sorprendente del film. In più ci sono la sexy bionda Melissa Ordway e la notevole Gugu Mbatha-Raw, splendida attrice che purtroppo sceglie di comparire solo in progetti fallimentari come le serie cancellate Touch e Undercovers o il pessimo film di e con Tom Hanks L’amore all’improvviso – Larry Crowne.
Il protagonista maschile è invece uno spento Anton Yelchin, pure lui specialista in pellicole non proprio riuscite come Fright Night – Il vampiro della porta accanto, Mr. Beaver e il nuovissimo Only Lovers Left Alive.
Odd Thomas è allora un teen fantasy bocciatissimo che vorrebbe essere il nuovo Donnie Darko e finisce invece per essere peggio di una puntata di Teen Wolf. Una puntata brutta di Teen Wolf (non che ce ne siamo molte di belle). E, nonostante cerchi di esserlo con tutte le sue forze, non è certo un film strano. Ma manco un po’.
(voto 4/10)

mercoledì 19 marzo 2014

ONLY LOVERS LEFT ALIVE, TWILIGHT SECONDO JIM JARMUSCH




Solo gli amanti sopravvivono - Only Lovers Left Alive
(UK, Germania, Francia, Cipro, USA 2013)
Titolo originale: Only Lovers Left Alive
Regia: Jim Jarmusch
Sceneggiatura: Jim Jarmusch
Cast: Tom Hiddleston, Tilda Swinton, John Hurt, Anton Yelchin, Mia Wasikowska, Jeffrey Wright
Genere: vampiresco
Se ti piace guarda anche: Byzantium, Twixt, Il buio si avvicina, This Must Be the Place

Pensate che due vampiri più noiosi di Edward Cullen e Bella Swan di Twilight non possano esistere?
Pensate che non li potreste mai trovare, nemmeno se voi stessi foste vampiri che vivono per migliaia di anni?
Piano, gente, piano. Ho da presentarvi due succhiasangue che, in quanto a rottura di palle, non hanno poi molto da invidiare ai due vampirelli verginelli interpretati da Robert Pattinson e Kristen Stewart.
Ecco a voi Adam ed Eve. Sì, si chiamano proprio così i due vampiri protagonisti di Only Lovers Left Alive. Adam è Tom Hiddleston, quello che in Thor nei panni di Loki somigliava a Marco Travaglio e che qui in alcune scene ricorda invece più che altro Jared Leto in Dallas Buyers Club. E non fa manco il vampiro trans. Eve è Tilda Swinton, l’attrice più androgina del mondo, una che, per carità, sarà anche una bravissima interprete, ma la trovo così sexy che non me la ciulerei manco fosse davvero l’ultima lover left alive su tutta la Terra.

Adam ed Eve con i loro bei nomini biblici sono sposati, ma vivono le loro vite immortali da separati. Probabilmente perché sono così noiosi da essersi stufati l’uno dell’altra. Lui se ne sta a Detroit, la capitale americana dell’auto ormai parecchio in crisi, che nelle sue macerie odierne ci viene mostrata in alcuni dei passaggi più significativi della pellicola. E cosa combina? Adam è un polistrumentista, un vero e proprio patito di musica e compone un sacco, però preferisce stare lontano dalle luci della ribalta, lontano da tutti, soprattutto da quelli che lui chiama “zombie”, ovvero gli umani, ed esce solo per fare una capatina in ospedale a recuperare il sangue di cui nutrirsi. Eve invece sta a Tangeri, in Marocco, legge un sacco ed esce ogni tanto per andare a rifornirsi pure lei di sangue dal suo amico Ian Hart.
Come avrete intuito, i due non vanno in giro a fare stragi di zombie, cioè umani, ma fanno una vita da monotoni vampiri vegani, come ormai sempre più spesso capita di vedere in film e serie tv, dall’Angel di Buffy – L’ammazzavampiri, il capostipite di tutti i succhiasangue buonisti, fino a quelli di True Blood, The Vampire Diaries e Twilight.

Magari è soltanto una mia fantasia malata, ma quando Jim Jarmusch si è messo a lavorare su questa sua nuova pellicola ha immaginato una versione adulta dei due protagonisti del super successo Twilight. Forse si è chiesto: “Come sarebbero Edward e Bella dopo anni e anni di matrimonio?”.
La risposta la vediamo rappresentata in Only Lovers Left Alive. Prima di cominciare a preoccuparvi, specifico subito che questa pellicola per il resto non ha niente a che vedere con la saga di Twilight. È in tutto e per tutto un film di Jim Jarmusch, con i pregi e limiti che ciò comporta.
Con Jim Jarmusch ho un rapporto combattuto. Da una parte gli sarò sempre grato per avermi dato Ghost Dog, uno dei miei film preferiti di sempre, e anche per Dead Man, uno dei pochi western insieme a Django Unchained ad avermi detto qualcosa. Sarà perché non è per nulla un western classico. Anzi, forse non è un western per niente. Altre sue pellicole invece le trovo estenuanti, come Broken Flowers o soprattutto il recente The Limits of Control, che non sono manco riuscito a vedere fino alla fine talmente mi ha stremato.

Only Lovers Left Alive è un altro suo tipico film. Lento, lentissimo, infinito, con una trama, se è presente una trama, appena abbozzata e tutto costruito intorno ai personaggi protagonisti. Solo che qui non abbiamo un killer samurai figo come Ghost Dog o un giovane William Blake figo come il Johnny Depp di Dead Man, bensì come detto due vampiri. Due vampiri noiosissimi che decidono di ritrovarsi e così Eve raggiunge Adam a Detroit. Pensate che a questo punto succeda qualcosa di interessante?
No.
A interrompere la loro vita monotona ci pensa, dopo circa un’ora di film, l’arrivo della sorella di Eve, Ava, interpretata da una scoppiettante Mia Wasikowska. È con lei che la pellicola finalmente si anima e il Jim Jarmusch ci regala in un club rock alcuni dei momenti più belli sulle note dei Black Rebel Motorcycle Club. A livello di singole scene, il regista conferma ancora una volta di saperci fare, eccome. La sequenza roteante all’inizio e i primi piani in cui i vampirelli si “fanno” di sangue come dei tossici sono notevoli. Nel complesso però il film non decolla mai. Persino l’arrivo della Wasikowska è appena un’illusione e ben presto tutto si sgonfia e si torna a vagare in mezzo a mari non di sangue, solo di noia. Il film è la rappresentazione perfetta dell'eternità della vita di due esseri immortali, come ha scritto in maniera altrettanto perfetta Dikotomiko nel suo blog.
Pure i dialoghi non riescono a essere minimamente incisivi o profondi. “Sai che Jack White dei White Stripes è l’ultimo di dieci figli?”. E chissenefrega.

È apprezzabile la visione personale che Jim Jarmusch dà del mondo dei vampiri. Solo che non è poi nemmeno così originale. Negli ultimi tempi i succhiasangue non sono stati protagonisti solo di saghette fantasy ma anche di vari film d’Autore, dal singolare Twixt di Francis Ford Coppola a Byzantium di Neil Jordan, pellicole che in qualche modo questa rievoca. Così come a me è venuto in mente anche This Must Be the Place, per via del personaggio di Tom “Travaglio” Hiddleston, un musicista annoiato in crisi di mezza età come lo Sean Penn del film di Paolo Sorrentino, che a sua volta era un lavoro dalle atmosfere alla Jim Jarmusch e quindi tutto torna. Tutto gira in cerchio come nella sequenza d’apertura del film.
Ciò che non torna è il senso di un lavoro come questo. La pellicola è esteticamente molto bella, come uno spot pubblicitario d'Autore, ha una colonna sonora post-rock niente male, sfoggia alcune singole sequenze molto ben girate. Nel complesso però non va da nessuna parte. Only Lovers Left Alive è un film affascinante, ma mai davvero coinvolgente. Il problema sta tutto nei protagonisti che, Edward e Bella permettendo, sono i due succhiasangue più pallosi nella storia dei vampiri. Dracula a vederli si starà rivoltando nella tomba. E non è un modo di dire.
(voto 6-/10)


)

mercoledì 28 marzo 2012

Like Crazy, Pazzi di mer*a

Like Crazy
(USA 2011)
Regia: Drake Doremus
Cast: Anton Yelchin, Felicity Jones, Jennifer Lawrence, Charlie Bewley, Alex Kingston, Oliver Muirhead, Keeley Hazell, Kayla Barr
Genere: neo romanticismo indie
Se ti piace guarda anche: Blue Valentine, Last Night, L’amore che resta, Prima dell’alba, L’arte di cavarsela
Uscita italiana: non ancora prevista

UUUuuuUuuuuuuuH
Siete pazzi?
UUUUUUUUUUuuuuuuuHHuuUUUUUUh
Siete pronti?
UuuuUUUUUUUUUhhhhHHHH
Dite che mi devono rinchiudere in un manicomio, preferibilmente insieme ad A delle Pretty Little Liars, e gettare via la chiave?

In realtà, a dispetto del titolo, in Like Crazy di pazzesco c’è davvero poco. L’unica cosa pazzesca che emerge dalla sua visione, oltre a questo post, è la burocrazia americana. E poi ce n’è anche un’altra, ancora più pazzesca. Ma facciamo un passo indietro.

"Ma a parte io e te che ci abbracciamo e facciamo i tenerosi,
gli sceneggiatori non hanno pensato ad altro?"
Like Crazy è puro neo romanticismo indie. Un filone che possiamo definire nuovo, ma che altro non è se non la variante vagamente alternative di una pellicola sentimentale classica. Un neo genere non genere degenere che negli ultimi tempi sta producendo esemplari più o meno interessanti come Blue Valentine, L’amore che resta o L’arte di cavarsela e in cui Like Crazy si inserisce alla perfezione come una volta Julia Roberts e Meg Ryan si inserivano, e oggi Katherine Heigl e Kate Hudson si inseriscono, in una romcom tradizionale.
La storia – semplice semplice – è quella boy meets girl. Un ragazzo conosce una ragazza, si innamorano, hanno dei problemi, si ricongiungono, hanno degli altri problemi e poi… chissà? Guardate il film per scoprirlo, senza aspettarvi chissà quali travolgenti colpi di scena.

La variante messa qui in atto è il problema che si frappone nella loro relazione.
I due si innamorano a Los Angeles. E fin qui tutto normale. Solo che lei è una studentessa inglese e ha un visto per stare negli Stati Uniti soltanto per il periodo del college. Terminato il quale, cosa fa?
La volpona britannica decide di rimanere per un’intera estate a letto con il suo boyfriend. E anche qua niente di male. No, lei non finisce nemmeno incinta, quindi va liscia come l’olio. Dopodiché fa la vaccata di tornare brevemente nella sua vecchia Inghilterra e poi se ne ritorna negli USA come se niente fosse: ed è qui che è fregata!
"Io che ti faccio cosa? Ahahah, no, quello non l'ho letto in sceneggiatura!"
Non avendo rispettato il suo vecchio visto studentesco, la girl ora non può più rimettere piede sul sacro suolo degli Stati Uniti. La trattano come una terrorista e la rispediscono @ home. Vagli a spiegare che lei è innamorata e vuole stare a L.A.: gli yankee sono romantici solo nei film, mentre nella realtà non gliene frega un fuck dei due piccioncini in love e why the hell am I writing in English?
I don’t know.
Il loro è dunque un amore ostacolato. Non da insanabili conflitti famigliari shakespeariani come in Romeo + Juliet, ma meno poeticamente dalla burocrazia americana e dalle sue rigidissime regole. Roba che in Italia può sembrare fantascienza, ma negli USA è così che funzionano le cose. Crazy loro o crazy noi?

Jennifer Lawrence, signori e signorence!
La storia di questo amore molto forte, intenso, profondo, toccante come il sole che spunta all’alba di un nuovo giorno (scusate, Stephenie Meyer ha deciso di contribuire a questo blog…) viene raccontata in maniera molto lineare e semplice dal regista emergente Drake Doremus, uno che ha uno sguardo vivace e molto indie, molto Sundance (dove il film nel 2011 ha vinto il Gran premio della giuria) e regala i momenti cinematografici più interessanti grazie a un ottimo uso del montaggio. Però al momento sembra ancora difettare in personalità e la sceneggiatura, neo realista o semplicemente prevedibile?, non gli dà una grossa mano. Le capacità ci sono tutte, il colpo vincente manca ancora.
Il grande punto di forza della pellicola va allora ricercato nelle interpretazioni molto spontanee e per nulla di maniera (di maniera alla Meryl Streep, per dire) dei protagonisti: se il simil-Elijah Wood Anton Yelchin è bravo, Felicity Jones (vista in Flashbacks of a Fool e Hysteria) è addirittura bravissima. Il film si regge interamente su loro due che però, per quanto ottimi, non possono compensare le lacune di una sceneggiatura fragile.
In un ruolo minore compare pure Jennifer Lawrence, che già faceva coppia con il fortunello Yelchin nel pessimo Mr. Beaver. Ed è qui che succede la cosa più pazzesca del film: capisco che il tipo possa essere preso dalla Felicity Jones, capisco che il loro amore possa essere quello con la A maiuscola eccetera eccetera, però uno non si può non innamorare totalmente di Jennifer Lawrence. A meno che non sia davvero un pazzo, perchè Jennifer Lawrence è Jennifer Lawrence.
Se non sapete chi è Jennifer Lawrence vergognatevi un pochino, ma comunque don’t worry, perché tra poco esce anche in Italia The Hunger Games, già campionissimo d’incassi negli USA, e il suo volto arriverà OVUNQUE. E solo i crazy se ne lamenteranno.


"Non ce stanno abbastanza scene d'abbraccio in 'sto film, famone n'artra!"
Like Crazy eccede in melensaggine, soprattutto nella prima parte, e non ha dialoghi brillanti quanto quelli di un Prima dell’alba, tanto per citare un sommo esempio di film sentimentale costruito unicamente (o quasi) sull’incontro un ragazzo/una ragazza. In più non ha la forza drammatica di un Blue Valentine, non riesce a essere commovente come L’amore che resta o One Day, e nella sua eccessiva serietà è lontano anni luce dal divertimento di quella chicca di (500) giorni insieme, finendo più che altro dalle parti di una pellicola in classico stile Sundance, senza però l’originalità e la brillantezza tipica di un bel film in stile Sundance. Un neo romanticismo indie troppo romantico e troppo poco indie.

ATTENZIONE SPOILER
Nel finale, Like Crazy azzecca la sua scena più simbolica. Una volta che gli ostacoli del cuore (scusate, adesso Ligabue ed Elisa si sono impossessati del mio blog) sono stati superati, lo sguardo dei due innamorati, forse poi non così innamorati, diventa confuso e incerto. Proprio come questo film.
(voto 6/10)

lunedì 22 agosto 2011

Justin Beaver

"Beh, non avete mai visto un uomo
con un castoro sul braccio?"
Mr. Beaver
(USA 2011)
Regia: Jodie Foster
Cast: Mel Gibson, Jodie Foster, Anton Yelchin, Jennifer Lawrence, Cherry Jones, Riley Thomas Stewart
Genere: sì, ma parlare con i castori è normale
Se ti piace guarda anche: Wilfred, American Beauty, Nell, Il mio piccolo genio

Un uomo può affrontare in vari modi una crisi esistenziale. C’è chi si vuole fare la cheerleader del liceo come in American Beauty, c’è chi si vuole fare la ragazzina liceo romano come in L’ultimo bacio, c’è chi si vuole fare tutte le ragazzine come ad Hardcore e insomma sembra che l’unico modo sia farsi qualche ragazzina.
Ma per Mel Gibson le cose vanno diversamente. Inspiegabilmente stanco della sua vita, del suo matrimonio, della sua famiglia felice, di essere il dirigente pieno di soldi di un impero di giocattoli, viene divorato dal male oscuro della depressione e se ne sta tutto il giorno a letto a dormire, arrivando al punto di tentare il suicidio. Fino a che succede qualcosa. Qualcuno entra nella sua vita: non una cheerleader, bensì un castoro pupazzo prende possesso del suo braccio. Mel Gibson se ne va quindi in giro come un ventriloquo con il castoro Mr. Beaver appresso.
Vi sembra una cosa ridicola?
Lo è.

Jodie Foster: "Tuo padre adesso parla tramite Mr. Beaver"
Bambino: "Oh no, Justin Bieber???"
Jodie: "No, Beaver, un castoro pupazzo."
Bambino: "Già meglio, ma a scuola me le daranno lo stesso"
Da uno spunto tanto folle ne può uscire una porcata, oppure una genialata. La base di partenza ricorda da vicino la serie tv Wilfred, in cui il 30enne Elijah Wood, in precoce crisi di mezza età, sta per farla finita, quando all’improvviso si mette a parlare con il cane della sua vicina che lui vede sotto le sembianze di un uomo dentro un costume canino. E da lì la sua vita cambierà per sempre.
Spunto simile, svolgimento diverso. Se Wilfred infatti centra il bersaglio della genialità, grazie alla sua cattiveria, ironia, al suo andare sempre verso il politically scorrect, Mr. Beaver imbocca tutt’altra strada, prendendo la pazza idea di partenza e trasformandola nella solita vicenda buonista hollywoodiana di scoperta e accettazione di se stessi. Retorica, sentimentalismi accessori, dosi abbondanti di moralismo compresi.

La storia, prevedibilissima, attraversa tutte le fasi da manuale della sceneggiatura, come quelle che seguiva uno dei due Nicolas Cage ne Il ladro di orchidee (Adapatation) di Spike Jonze scritto da Charlie Kaufman. Ecco, un film del genere avrebbe avuto bisogno di un’accoppiata del genere per conservare la follia per tutta la sua durata. Invece Jodie Foster, a 16 anni dall’ultima regia, ritorna con una pellicola convenzionale fino al midolla, con la “follia” di Mr. Beaver che inizialmente viene accettata, fa persino successo, si trasforma in un caso mediatico da un talk-show all’altro, prima di sprofondare nella drammatica, scontata, parte finale. Pochi gli spunti di interesse, che comunque ci sono.
Non sto parlando della storia principale. Mel Gibson nei panni dell’uomo in crisi che si mette un castoro al braccio risulta davvero non credibile. Già è un attore (e un uomo) che a me non è mai piaciuto, ma questo non è davvero il suo ruolo; avrei piuttosto visto molto meglio Robin Williams, in una parte che sembra scritta apposta per lui. Lui forse sarebbe riuscito a dare vita a questo strambo allucinato personaggio. Ma Mel Gibson no, neanche lontanamente. Poco convincente pure Jodie Foster, nei panni della sua inconsistente moglie.
Meglio allora la parte legata al figlio del protagonista, quel Anton Yelchin visto in Star Trek, Alpha Dog, Charlie Bartlett, nella serie tv Huff (sempre a proposito di casi psicologici) e che fisicamente ricorda parecchio Elijah Wood, proprio il protagonista del Wilfred di cui parlavamo sopra. Insieme a lui c’è Jennifer Lawrence, l’attrice fenomeno di Un gelido inverno - Winter’s bone, graffitara e pure lei con dei casini famigliari, ma solo accennati. Sono loro due la parte più interessante di questa edificante, poco riuscita novella, che avrebbe dovuto regalare maggiore risalto ai personaggi di contorno, molto più interessanti del Gibson-castoro.
Non bastano comunque nemmeno loro, così come un estratto di “Exit music (for a film)” dei Radiohead, inserita un po’ a casaccio verso la fine, a salvare un film che parte da un’idea ridicola e via via lo diventa ancora di più.
Da uno spunto tanto folle ne può uscire una porcata, oppure una genialata. Per la seconda scendete insieme alla serie tv Wilfred o ai film sceneggiati da Kaufman, per la prima la fermata giusta è quella di Mel Gibson che parla insieme a un pupazzo più ridicolo di Justin Bieber.
(voto 4/10)

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