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lunedì 30 dicembre 2019

I film preferiti da Pensieri Cannibali nel 2019, e non ho detto i migliori per non scatenare discussioni





L'anno scorso aveva vinto Chiamami col tuo nome. E quest'anno?

Andiamo a scoprirlo con la Top 20 dei migliori film... pardon, dei film preferiti da Pensieri Cannibali nel 2019.


lunedì 22 luglio 2019

Pedro Almodolor y Gloria





Dolor y Gloria
Regia: Pedro Almodóvar
Cast: Antonio Banderas, Penélope Cruz, Asier Etxeandía, Leonardo Sbaraglia, Asier Flores, César Vicente, Cecilia Roth, Rosalía


Un bel film, finalmente! Era da un po' di tempo che non mi capitava di vederne uno. Magari è colpa mia. Non ho visto quelli giusti e a dirla tutta di recente, e non solo di recente, ho prestato più attenzione alle serie che non alle pellicole. O magari negli ultimi mesi non è che siano usciti tutti questi film clamorosi. Dolor y Gloria non è che sia un film clamoroso. È semplice. È naturale. È personale. È proprio in questa sua apparente semplicità che sta la sua forza. Pedro Almodóvar non punta agli effetti speciali, cosa che d'altra parte non ha mai fatto, ma nemmeno a trucchi, maschere o travestimenti. Il regista spagnolo si mette a nudo con un coraggio che sbalordisce, soprattutto per uno che, se è davvero come il suo alter-ego cinematografico Antonio Banderas in questo film, soffre di attacchi di panico e di ansia.

giovedì 16 maggio 2019

Cinema y Gloria? No, mi sa più Dolor y Cinema





Da una Sonia all'altra.
Dopo Sonia Cerca, questa settimana l'ospite della rubrica co-condotta dal sottoscritto Cannibal Kid e dal mio Thanos personale alias Mr. James Ford è Sonia (non so il cognome) del blog letterario Il salotto del gatto libraio.

Cosa ci fa l'autrice di un blog letterario da queste parti?

Cerca di rovinarsi la reputazione, ecco cosa. Vediamo se ci sarà riuscita o meno, andando a leggere i suoi, e i nostri, commenti ai film in arrivo nei cinema italiani questo fine settimana.


Dolor y Gloria

Sonia: Quindi mi state dicendo che Banderas ha tradito Rosita, la gallina del mulino bianco per ritornare sul grande schermo? Tra l'altro ho anche sentito dire che lui insieme a Penelope Cruz, l'altra protagonista del film, è una delle "muse" ispiratrici del regista Pedro Almodóvar... Curiosi di vedere il film? Personalmente io e i film spagnoli non andiamo molto d'accordo...
Cannibal Kid: ¿Qué tienes Sonia contra el cine español? (grazie Google Traduttore)
Devo dire che pure io non sono mai stato un enorme fan del cinema spagnolo però, dopo La casa de papel, la mia fiducia nei prodotti provenienti dalla terra iberica è cresciuta parecchio. Pure con i film di Pedro Almodóvar non ho un rapporto troppo stretto, ma ho trovato molto bello e sottovalutato il suo ultimo Julieta e sono parecchio fiducioso in questo suo nuovo lavoro, la storia di un regista in declino. Che sia autobiografico?
Presto è in arrivo anche la versione 2.0 con Banderas nei panni di Ford, che racconterà la storia di un blogger in declino. E tranquilli, non mancherà di fare un cameo pure Rosita.
Ford: Almodovar è un signor regista che nel corso della sua lunga carriera ha regalato davvero grandi film. Negli ultimi anni è apparso molto appannato, ma con il recente Julieta pare aver ripreso la vena dei tempi migliori, dunque direi che questo Dolor y gloria potrebbe sorprendere in positivo, rispolverando uno dei primi attori feticcio del Pedrone, il fordiano Banderas.
Dunque avanti così, con tanto dolor per Cannibal e tanta gloria per Ford.

"Ford mi ha definito fordiano... com'è che m'è venuta un'improvvisa voglia di annegare?"

giovedì 13 luglio 2017

The Blog War – Il cinema delle scimmie






Scimmie, cani o farfalle?
Questa settimana i cinema italiani, già invasi dall'Uomo Ragno, completano la loro trasformazione in zoo, grazie alle animalesche uscite del weekend. E a proposito di robe animalesche, anche 'sta volta questa rubrica è co-condotta da me insieme a quello scimmione del mio nemico Mr. Ford.


The War – Il pianeta delle scimmie
"Forza, Generale Ford: questo è il momento giusto per attaccare gli umani cannibali!"

mercoledì 4 marzo 2015

AUTOMATA, MA CHE CAGATA!





Anno 2044 dopo Cristo.
Il mondo è stato decimato da una serie di tempeste solari che hanno trasformato la superficie terrestre in un deserto radioattivo ed è diventato così un posto davvero triste. L'unico blog di cinema rimasto è Pensieri Cannibali, riuscite a immaginare qualcosa di più triste?
Nel desolante panorama della critica cinematografica, la voce di Cannibal Kid detta quindi legge. Se un film piace a lui, tutti corrono a vederlo. Se lui lo boccia, il pubblico diserta le sale. Pensieri Cannibali in pratica possiede il monopolio delle opinioni sui film.
Questo almeno fino all'arrivo di Ford-800, un robot automa incapace di sviluppare pensieri propri, programmato apposta dalle major cinematografiche riunite che gli fanno scrivere ciò che vogliono loro. Il suo blog, WhiteRobot, nelle ultime settimane ha ottenuto un successo crescente, che Pensieri Cannibali ha cercato di contrastare sparando opinioni sempre più astruse e anti popolari. Una scelta strategica non proprio azzeccata che l'ha portato a perdere ulteriori lettori.
Questa che vi proponiamo qui sotto è la sua ultima recensione dedicata al film Automata. Una pellicola apprezzata da quasi tutti quelli che l'hanno vista, ma non da Cannibal Kid. Dopo questo post, Pensieri Cannibali ha perso così anche i suoi ultimi utenti ed è stato smantellato. Adesso al suo posto è stato aperto un Carrefour.


lunedì 8 settembre 2014

I MERCENARI 3 – THE EX ACTORS





I mercenari 3 – The Expendables
(USA, Francia 2014)
Titolo originale: The Expendables 3
Regia: Patrick Hughes
Sceneggiatura: Sylvester Stallone, Creighton Rothenberg, Katrin Benedikt
Cast: Sylvester Stallone, Jason Statham, Mel Gibson, Arnold Schwarzenegger, Dolph Lundgren, Randy Couture, Terry Crews, Wesley Snipes, Kelsey Grammer, Antonio Banderas, Kellan Lutz, Ronda Rousey, Glen Powell, Victor Ortiz, Jet Li
Genere: old school
Se ti piace guarda anche: I mercenari 1 e 2, Il grande match

Il gioco è bello quando dura poco, recita un proverbio, uno di quelli che piacciono tanto ai vecchi e che quindi Sylvester Stallone e amici dovrebbero conoscere bene.
Che poi il gioco fosse bello, è ancora tutto da vedere. I mercenari 1 e 2 erano sì film più o meno decenti, almeno all’interno del loro genere, ma certo non è che fossero delle robe così memorabili. Il primo poteva vantare dalla sua parte la carta nostalgia, con il recupero di un certo modo di fare cinema action andato (per fortuna) perduto negli anni Ottanta, mentre il secondo riusciva a spremere tale spunto quel tanto che bastava per non annoiare troppo. Adesso però finiamola. Adesso però con questo terzo modestissimo episodio è ora di dire basta!
L’effetto nostalgia si è trasformato in una tristezza infinita. A vedere i sempre più anzianotti Sly & Schwarzy & Dolph Lundgren & Mel Gibson combattere, sparare, menar le mani e saltare per aria si prova solo una gran pena. Nella vita bisogna sapere quando è ora di smetterla e farsi da parte. Una lezione che a un certo punto del film lo stesso Stallone sembra aver compreso. Messi in un angolo i suoi vecchi (e con vecchi intendo proprio vecchi) amici, recluta alcune nuove leve per dargli una mano a sconfiggere il suo eterno nemico Mel Gibson.
Ma Mel Gibson non era morto in uno dei due film precedenti?
Dite che negli altri due non c'era?
Ah già, era nell'altrettanto inutile Machete Kills che aveva un ruolo di cattivone molto simile a questo.

"Attento a quel che dici, Cannibal.
Mi sono gonfiato i muscoli apposta per gonfiarti la faccia."

Fatto sta che Sly sceglie una nuova ciurma di Expendables per affiancarlo. Tra di loro c’è persino una donna!
Femminismo 1 – Stallone 0.
Ovviamente, la prescelta Ronda Rousey non è un’attrice fenomenale, bensì si tratta di braccia rubate alle arti marziali.
Recitazione 0 – Stallone 1.

"Se meno più forte di quella femminuccia di Cannibal Kid?
Certo che sì!"

Tra gli altri giovincelli arruolati c’è un enorme Kellan Lutz. Enorme intendo fisicamente, non a livello interpretativo. D’altra parte era uno che nella saga di Twilight faceva passare Robert Pattinson come un Signor Attore. E forse persino Kristen Stewart come un’attrice da Oscar.
No, beh. Quest’ultima cosa forse no.

Tra le altre nuove reclute c’è poi il non giovane Antonio Banderas ed è qui che viene la nota più dolente della pellicola. Mister Mulino Bianco ha in teoria la parte del personaggio simpa di turno. Un latino americano chiacchierone pronto a fare di tutto pur di entrare nelle grazie di Stallone e degli altri Expendables. Il problema è che non fa ridere e risulta solo odioso. In un film che certo non si segnala per la presenza di molti simpaticoni, riuscire a essere il più detestabile non era impresa facile, ma Banderas ce l’ha fatta. Olè.

"Hey Antonio, quello negli spot Mulino Bianco è il tuo miglior ruolo da anni."
"Aahahah, ma lo sa che hai ragione?"

Per colpa sua viene così a mancare quasi del tutto l’elemento ironico che nei primi due episodi risultava la vera arma vincente per riuscire ad arrivare a fine visione senza troppi sbadigli. Lo humour presente in questo capitolo è invece ormai trito e ritrito. Come confermano i disastrosi risultati al box-office americano, è un umorismo che non fa ridere più nessuno, a parte forse giusto le groupie del genere come il mio blogger rivale Mr. James Ford.
Con la parte diciamo “comica” del tutto annientata, quella che resta è una sequela infinita di interminabili scene action in cui si mettono in mostra i vari action heroes di ieri e di oggi messi in campo da Mister Stallone. La parte finale, una mezz’ora abbondante di mitragliate, esplosioni e scazzottate, è qualcosa di davvero difficile da digerire per i meno amanti del genere. E ormai magari pure per i più patiti.
Se la sceneggiatura si può riassumere in “Stallone vuole uccidere Mel Gibson e basta!” pure la componente action lascia alquanto a desiderare, “grazie” anche alla pessima regia di tale Patrick Hughes, capace di far rimpiangere non solo la direzione di Stallone del primo episodio, ma persino quella del penoso Simon West del secondo.

Oltre a sparatorie, bombe, botte e battute che non fanno ridere, cosa capita?
Sly & friends si danno i pugnetti l’uno con l’altro per tutto il tempo, ma a parte questo succede ben poco e la noia prevale. Le new-entries del cast non contribuiscono a ravvivare le cose, anzi. Oltre ai già citati spenti giovincelli, c’è addirittura il recupero di Wesley Snipes, uno che erano parecchi anni che non si vedeva in giro. Perché?
Questo film ci ricorda il perché: è davvero un pessimo attore e qui, nella parte del criminale fuori di testa e fuori di prigione, ce ne offre una nuova conferma.

"Sly, sei troppo vecchio per armeggiare con 'ste nuove tecnologie.
Guarda! Ti sta sanguinando il cervello..."

Pure sulla comparsata di uno spentissimo Harrison Ford è meglio stendere un velo pietoso.
Persino i vecchi protagonisti, nel passaggio dal primo al terzo capitolo, sembrano essere sempre più stanchi e annoiati, stessa impressione avuta da altri film recenti con nonnetti come Last Vegas e Il grande match. Ormai Stallone e compagni hanno fatto il loro tempo, hanno dato tutto quello che c’era da dare e non fanno altro che ripetersi. A questo punto, c’è giusto soltanto una cosa che manca a questo gruppo di ex attori, o meglio di ex glorie action…
Morire?
No. Per chi mi avete preso? Non sono così perfido. Non quanto Mel Gibson, almeno. La cosa che manca loro e che dovrebbero fare al più presto è un’altra: andare in pensione.
(voto 4/10)

lunedì 10 dicembre 2012

Ruby Sparks, Rubacuori immaginaria

Ruby Sparks
(USA 2012)
Regia: Jonathan Dayton, Valerie Faris
Sceneggiatura: Zoe Kazan
Cast: Paul Dano, Zoe Kazan, Chris Messina, Annette Bening, Antonio Banderas, Steve Coogan, Elliott Gould, Deborah Ann Woll, Alia Shawkat, Aasif Mandvi
Genere: amore immaginato
Se ti piace guarda anche: Lars e una ragazza tutta sua, La donna esplosiva, Harvey, Il ladro di orchidee, Se mi lasci ti cancello


Ruby Sparks è un film sul blocco dello scrittore.
Certe volte scrivi e scrivi e scrivi e scrivi e non riesci più a smettere, altre volte semplicemente non ti escono più le parole
















"Sicura di fare Sparks di cognome e non Rubacuori?
Non vorrei poi veder arrivare un salatissimo conto da pagare..."
Oh, merda!
Ma allora il blocco dello scrittore è contagioso…
Il blocco dello scrittore è un male che può arrivare all’improvviso, senza presentare sintomi particolari. A un certo punto, non sai più cosa scrivere. È come per la musica: tutto è già stato suonato, così come tutto è già stato scritto. O forse no?
Forse si può scrivere proprio del blocco dello scrittore. È un bel modo per rompere il ghiaccio dello scrittore. Ed è proprio ciò che fa il film numero 2 di Jonathan Dayton e Valerie Faris. Una coppia di registi, ma anche una coppia nella realtà. I due sposi hanno realizzato vari notevolissimi video musicali, su tutti il grandioso e premiatissimo “Tonight, Tonight” degli Smashing Pumpkins, ma pure quello altrettanto meraviglioso ed epocale per “1979”, e poi hanno debuttato col botto nel cinema. Il loro esordio Little Miss Sunshine ha vinto due Oscar, ottenuto nomination e riconoscimenti vari ed è diventato un cult per qualcuno (il mio blogger enemy Little Miss Ford, ad esempio). Una commedia indie stralunata e riuscita a cui era difficile dare un seguito degno. Di cosa parlare, allora, in un nuovo film?
Massì, proprio di questo. Della difficile opera seconda. Perché il secondo album è sempre il più difficile, nella carriera di un artista, come diceva Caparezza.



Nel caso di Dayton e Faris non si parla di un album musicale, bensì di un film, il difficile secondo film, e nel caso del protagonista del film, lo scrittore Calvin Weir-Fields, interpretato dal Paul Dano lanciato anch’esso da Little Miss Sunshine, si tratta del difficile secondo romanzo.
Calvin Weir-Fields ai tempi dell’esordio letterario è stato osannato come un nuovo Salinger, o un nuovo Francis Scott Fitzgerald (omaggiato, oppure l’opposto?, con il nome del suo cane). Da quell’esordio letterario sono però ormai passati una decina d’anni, trascorsi in preda al blocco dello scrittore. Perché certe volte semplicemente capita

















Di nuovo?
Oh, andiamo. Non si può nominare, che subito ti prende, dannato blocco dello scrittore!
Eppure, come tutte le cose brutte, prima o poi anche il blocco finisce e ti rimetti a scrivere. Così fa Calvin, ispirato da una musa, una ragazza che gli appare in sogno. Da lì in poi scrive di lei, tale Ruby Sparks, e non la finisce più.
Fino a che lei…



Che succede, un altro blocco dello scrittore?
No, questa volta mi arresto in maniera volontaria, per evitarvi spoiler.
Se volete proseguire nella lettura, fatelo solo a vostro rischio e pericolo.

ATTENZIONE SPOILER
Senza svelarvi troppo, il film si evolve in una direzione assurda, in una maniera che ricorda Charlie Kaufman e le sue pippe mentali. Pippe mentali geniali, ma pur sempre pippe mentali. La storia ricorda però anche la pellicola cult degli anni ’80 La donna esplosiva (Weird Science), in cui due nerd creavano attraverso un primordiale PC la loro donna ideale in carne e ossa. Solo che laddove là ne usciva la bombona sexy Kelly LeBrock

"Hey ragazzi, volete vedermi le tette?"

Oggi i canoni estetici sono un pochino cambiati. O almeno lo sono quelli di Calvin Weir-Fields. La donna dei suoi sogni che esce dalla sua macchina da scrivere è infatti un tipo di bellezza definiamola meno appariscente  e più indie, che ha il volto e il corpo di Zoe Kazan

"Hey ehm... ragazzi... ehm... cioè... l'avete visto l'ultimo
di Wes Anderson? Carino, ehm... vero?"

Zoe Kazan (nipote del regista Elia Kazan, non di Mubarak) non sarà dirompente quanto Kelly LeBrock, però ha il suo fascino indie. E poi dalla sua Zoe ha il fatto di essere non solo un’attrice promettente, ma anche di essere una sceneggiatrice dal potenziale notevole. La sceneggiatura è infatti firmata dalla stessa Zoe Kazan, un’esordiente che curiosamente scegliere di parlare della difficile opera seconda.
Nel suo prossimo script di che parlerà? Della difficile opera terza?

"Il vero mistero del film è: ma perché cavolo sono l'unico
pirla al mondo che ancora usa una macchina da scrivere?"
Cosa succede, poi? Così come al protagonista del film, anche alla sceneggiatrice/attrice Zoe Kazan sfugge di mano il controllo della script. Dopo una prima parte ottima e del tutto avvincente, nella seconda il film diventa leggermente ripetitivo e si accartoccia su se stesso. Non eccezionale ad esempio la parentesi famigliare, con la madre new-age Annette Bening e il patrigno caliente Antonio Banderas che sono due semplici macchiette, più che personaggi a tutto tondo come invece erano quelli della famiglia di Little Miss Sunshine. Ma a Ruby Sparks, pardon Zoe Kazan, qualche difettuccio lo si può perdonare. È pur sempre un’esordiente totale. E poi i meriti del film eccedono i suoi difetti.

Ruby Sparks è una riflessione parecchio interessante sul lavoro di creazione, sul processo creativo, così come sulla solitudine e sulla difficoltà di trovare una persona con cui stare davvero bene, chiamatela anima gemella, chiametela l’altra metà della mela, chiamatela yin al vostro yang o chiametela come caxxo volete.
Non sta ricevendo e non riceverà le stesse acclamazioni di Little Miss Sunshine, ma Ruby Sparks è una preziosa perla di cinema indie di cui innamorarsi e ora non so più come finire la recensione, mi sa che il blocco dello scrittore sta di nuovo avendo la meglio























(voto 8/10)


domenica 18 marzo 2012

Apelle, figlio di Apollo fece una palla di pelle (che abito) di pollo

La pelle che abito
(Spagna 2011)
Titolo originale: La piel que habito
Regia: Pedro Almodovar
Cast: Antonio Banderas, Elena Anaya, Marisa Paredes, Jan Cornet, Eduard Fernandez, Blanca Suarez, Barbara Lennie
Genere: trans-genesi
Se ti piace guarda anche: La donna che visse due volte, Gattaca, Nip/Tuck

Recensione breve
Che stronzata di film!

Recensione lunga
Resta sempre una stronzata di film, però parliamone.
Pedro Almodovar alle prese con il thriller era un’idea che sulla carta mi stuzzicava parecchio. Benché non rientri tra i grandi fan del regista, il trailer prometteva una pellicola dalle atmosfere hitchcockiane, raffinate e sensuali.
Il problema primo e principe è però: il thriller ‘ndo sta?
Un thriller non si dovrebbe basare sulla tensione?
A parte le assordanti musiche di accompagnamento inserite sempre e comunque, pure tipo quando Antonio Banderas sta andando al cesso a fare pipì, non c’è nessun motivo per essere tesi. Anche se per quanto riguarda le musiche, più che tesi si rimane infastiditi.
Il film poi non è per niente verosimile. Perché?

ATTENTION SPOILER
Perché Elena Anaya è troppo bella e “femmena” per una parte del genere. Non ci sta. Proprio non ci sta. Elena Anaya in questa storia no. Non può essere. Noooooo.
Se poi avessero optato per una scelta opposta, ovvero una donna nel corpo di un uomo, almeno il film si sarebbe potuto intitolare in maniera stra-cult: Le palle che abito. Possibile protagonista: Valerio Scanu.


"Pedro, non è che tolta la benda sto conciata come Scanu, vero?"
Secondo motivo, e questo non è uno spoiler per nessuno, ma una semplice constatazione di fatto: Antonio Banderas come attore proprio non ci sta. No. Non esiste. E in questo film è persino peggio del suo solito.
Già mi pregustavo un chirurgo plastico coi controfiocchi e con i controcazzi come l’eterno idolo Christian Troy della superserie supercult Nip/Tuck e invece… Cosa mi rappresenta, costui?
Per favore, Antonio: iAndale! iAndale!

Volendo chiudere un occhio, anzi due, anzi tre (vorrete mica discriminare chi ha tre occhi?) sui due protagonisti improbabili per ragioni diverse, uno perché troppo incapace l’altra perché troppo figa, anche il resto della storia è decisamente assurdo.
"Sul serio, Pedro, niente scherzi che ti faccio gridare
de puta madre, altroché Todo sobre mi madre!"
Il film è ambientato nel futuro, nel lontano, lontanissimo… 2012 (specifichiamo che il film è uscito nel 2011). Negli ultimi mesi la fantascienza ha offerto lo spunto di partenza per pellicole splendide e piene di riflessioni importanti (Another Earth, Melancholia, Non lasciarmi, Attack the Block, Source Code…), ma La pelle che abito non è proprio uno di questi casi. Se anche ci beviamo la storia, e io sinceramente non mi ci sono nemmeno bagnato le labbra, cosa vuole comunicarci Almodovar con questo film?
L’unico motivo per cui sono arrivato fino alla fine della visione con un briciolo di interesse era capire dove volesse andare a parere. Invece il finale è scontato, banale, prevedibilissimo già due ore prima e il film dura circa… due ore. Un film d’autore si suppone ci regali una visione del mondo appunto dell’autore, ma con questo La pelle che abito il Pedro cosa ci dice? Che la vendetta è un piatto che va servito freddo? Non ce l’avevano forse già detto, peraltro con stile parecchio più fico, Quentin Tarantino con Kill Bill o una dozzina di registi orientali?

"T'ho rifatta un po' meglio della Parietti, che dici?"
Anche se Almodovar avesse voluto lanciare qualche messaggio che io non sono riuscito a cogliere, cosa resta poi di questa pellicola?
Una confezione impeccabile e una regia elegante (per essere gentili e non bollarla come noiosa e autoreferenziale), però per quanto io dia importanza alla visione estetica di un regista, la confezione curata è qui un modo per nascondere un contenuto inesistente, senza alma.
Almodovar per quanto mi riguarda fallisce miseramente alla prova con il thriller. Proprio non è il suo genere, non è la sua roba, e finisce per sconfinare spesso in una copia amatoriale di Hitchcock, quando non addirittura nel ridicolo e nel kitsch. Kitsch che è una componente fissa dei suoi film, così come la sessualità e il travestitismo, però laddove nelle sue pellicole migliori come Tutto su mia madre il kitsch vira verso il sublime, in questo suo ultimo tentativo scade semplicemente nel trash. Qualcuno ha menzionato il tipo tigrato???
Aaaaargh!

"To', una scena che al Grande Fratello non s'è mai vista:
qualcuno che legge un libro!"
A co-firmare la sceneggiatura della pellicola, tratta dal romanzo Tarantola di Thierry Jonquet, per la prima volta Pedro si è avvalso di Agustin Almodovar. E chi è costui se non il fratello dello stesso regista? La sagrada familia. Evidentemente con le raccomandazioni alla parentela non si va avanti solo in Italia, ma pure in Spagna. A giudicare dai risultati, Pedro fatti dare un bel consiglio disinteressato, la prossima volta lascia la famiglia a casa e pigliati uno sceneggiatore bravo, perché qui la storia fa acqua da tutte le parti.

Le atmosfere futuristiche e il tema della transgenesi potevano rimandare a Gattaca e invece finiscono per ricordare Splice. Non è la stessa cosa.
La componente della chirurgia plastica avrebbe potuto ricordare un episodio di Nip/Tuck, peccato manchi lo stesso senso del glamour. Nonché la stessa tensione (si vedano in proposito gli episodi della seconda stagione con il Macellaio), che qui arriva ad essere paragonabile a mala pena a una puntata di CSI: Miami.
I tentativi di costruzione delle atmosfere thriller tentano di imitare i maestri Hitchcok, De Palma, Polanski e Cronenberg, peccato il risultato assomigli sì a Cronenberg, ma solo a quello dell'asettico A Dangerous Method.
Se proprio devo salvare qualcosa, salvo la prima parte, dove almeno c’è ancora un barlume di speranza che il film possa prendere la piega di un thriller avvincente. Poi nel secondo tempo il film scade e cade nel ridicolo.
Qualcuno al solo vedere il nome di Pedro Almodovar ha parlato subito di Capolavoro. Per me La pelle che abito è, a dir tanto, un thriller di serie B di quelli che se non portassero la firma del celebrato regista spagnolo non passerebbero manco in una seconda serata di Rai 2. A proposito: è da un po’ che, quella stronzata di Sanremo a parte, non seguo più la vecchia tele: ma li danno ancora quei bei thrilleroni schifosi nelle nottate di Rai 2?
(voto 5-/10)

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