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venerdì 27 giugno 2014

ROMPIBALLE A NEW YORK




Rompicapo a New York
(Francia, USA, Belgio 2013)
Titolo originale: Casse-tête chinois
Regia: Cédric Klapisch
Sceneggiatura: Cédric Klapisch
Cast: Romain Duris, Audrey Tautou, Cécile De France, Kelly Reilly, Sandrine Holt, Flore Bonaventura, Peter Hermann, Jason Kravits, Benoît Jacquot, Zinedine Soualem, Adrian Martinez
Genere: espatriato
Se ti piace guarda anche: L’appartamento spagnolo, Bambole russe, Before Midnight

Volevate che non vi parlassi di Rompicapo a New York?
Vi ho rotto le balle con L’appartamento spagnolo, vi ho assillato con un post delirante riguardante Bambole russe e ora non dovrei occuparmi anche del terzo capitolo della trilogia di Cédric Klapish con protagonista Romain Duris in giro per il mondo?

Eccoci allora a parlare dell’ultima (almeno per ora) parte di una saga che avevo bellamente ignorato per tutta la mia vita e che invece nel giro di tre giorni mi sono recuperato per intero e mi ha appassionato più di Game of Thrones. La percezione che posso averne io sarà parecchio differente da chi aveva già guardato le prime due pellicole L’appartamento spagnolo nel 2002 e Bambole russe nel 2005. Io invece i protagonisti li ho visti crescere nel giro di un solo weekend ed è stata una bella botta. Anche se poi, c’è da chiedersi, ma questi personaggi sono maturati davvero?
Il protagonista Romain Duris è diventato padre, è vero, però è sempre lo stesso cazzaro sognatore infantile di una volta. È diventato solo più malinconico, più triste. Quello che qui manca rispetto al freschissimo primo film, e anche al secondo, per quanto fosse meno riuscito, è lo stesso tocco leggero. A essere maturati non sembrano tanto i personaggi della serie di films, quanto l’autore Cédric Klapisch. Nonostante pure a questo giro non si faccia mancare qualche trucchetto registico e qualche fantasiosa soluzione narrativa che fa molto tardo-adolescenziale, i suoi toni si sono fatti più seriosi. Rimaniamo sempre nell’ambito della comedy, eppure il riso è diventato amaro.

Chiudendo un occhio, e magari anche tutti e due, sul finale troppo consolatorio e positivo, probabilmente inserito per accontentare la produzione, a emergere dal film è soprattutto una sensazione di disagio esistenziale. Una sensazione che si poteva pensare legata all’adolescenza e invece no. Una volta cresciuto e ormai intorno ai 40 il protagonista è ancora, e forse ancora più di prima, confuso, spaesato, alla ricerca di un senso della vita che gli sfugge e continua a sfuggirgli. La sua intera esistenza è un rompicapo che non riesce a risolvere e probabilmente il senso della vita sta proprio in questo. Così come la cosa più importante in un viaggio non è tanto la destinazione, quanto il viaggio di per sé, la cosa più importante nella vita non è risolvere il cubo di Rubik, ma giocarci.

"Cibo spazzatura americano + film radical-chic francese:
con i consigli cannibali si va sempre sul sicuro!"
Come viene detto nel film, la parte interessante di una storia è il dramma. Rompicapo a New York allora non è una commedia, non come lo potevano essere L’appartamento spagnolo e Bambole russe. È un dramma esistenziale, di cui fanno parte il protagonista così come le donne della sua vita, pure loro non cambiate tantissimo nel corso degli anni. Martine (Audrey Tautou) è diventata più pragmatica e quindi ancora più lagnosa, mentre Isabelle (Cécile de France) è sempre alla ricerca di passera nuova e Wendy (Kelly Reilly) è cambiata sì, ma solo perché a ogni film diventa più figa.
Quella che può essere vista solo come una girandola sentimentale che vede ruotare Romain Duris attorno a queste belle fanciulle è in realtà una profonda riflessione esistenziale. A tratti un po’ semplicistica, i più cattivi potranno anche dire fabiovolesca, eppure straordinariamente efficace, come il miglior Woody Allen. Al punto che, dopo aver vissuto per anni ignorandone l’esistenza, adesso che la trilogia è finita mi sento perso, smarrito, vorrei a tutti i costi un nuovo episodio, magari questa volta ambientato in Italia. Come ad esempio To Rome With Love
Nah!
Cédric Klapisch, Romain Duris, Audrey Tautou, Cécile De France e soprattutto Kelly Reilly mi mancherete tantissimo, però mi sa che è meglio chiudere la vostra saga qui. Prima che facciate la fine dei Cinepanettoni.
(voto 7+/10)

mercoledì 25 giugno 2014

BAMBOLE RUSSE, C’ERASMUS TANTO AMATI




Bambole russe
(Francia, UK 2005)
Regia: Cédric Klapisch
Sceneggiatura: Cédric Klapisch
Cast: Romain Duris, Audrey Tautou, Kelly Reilly, Cécile de France, Kevin Bishop, Evguenya Obraztsova, Lucy Gordon, Irene Montalà, Aïssa Maïga, Gary Love, Martine Demaret, Zinedine Soualem, Federico D’Anna, Cristina Brondo, Barnaby Metschurat, Christian Pagh
Genere: il secondo secondo me
Se ti piace guarda anche: L’appartamento spagnolo, Rompicapo a New York, Before Sunset – Prima del tramonto

Dare alla gente ciò che vuole. È di questo che parla Bambole russe, il seguito de L’appartamento spagnolo, il cult movie della Erasmus Generation. Sì, certo, parla anche di amore, amicizia e altre cosette del genere, ma per me soprattutto è un film che si scontra con il tema di quello che la gente si aspetta da noi. Nell’affrontare il sequel di una pellicola che si era rivelata un piccolo cult, il regista e sceneggiatore francese Cédric Klapisch si è trovato di fronte a un bivio: fare un Appartamento spagnolo 2 – Il ritorno, o fare qualcosa di diverso? Dare alla gente ciò che vuole o tentare un approccio differente?

Nel piccolo del mio blog, è un quesito che mi pongo anch’io spesso quando preparo un nuovo post. Devo confezionare il classico pezzo di merda cannibale, con qualche frase ironica piazzata in mezzo a una recensione, inserendo didascalie e immagini che cercano di strappare un sorriso o un mezzo sorriso, tentando un approccio simpatico in mezzo a qualche riflessione più o meno seria? Oppure, tanto per cambiare, potrei cercare di fare qualcosa di diverso? Potrei fare un post serioso al 100%? Alla gente piacerebbe?
E poi ancora, devo parlare bene di un film soltanto perché il resto della blogosfera l’ha osannato, oppure devo massacrarlo per fare la voce fuori dal coro? Per fare il bastard contrario?
La gente vuole leggere un’opinione per sentire una campana differente, oppure vuole sentire qualcosa che la faccia sentire meno sola, meno forever alone? La gente legge una recensione per trovare un nuovo punto di vista, oppure vuole solo essere confortata, sapere di avere ragione perché c’è qualcun altro che la pensa come lei?
La gente che legge Il Giornale lo fa per avere conferma che Berlusconi è un grande uomo ed è un povero perseguitato da quei bruti dei magistrati comunisti?
La gente che legge La Repubblica lo fa per avere conferma che Renzi è il Salvatore unico della Patria, l’uomo della provvidenza che cambierà il volto dell’Italia?
La gente che legge La Repubblica o Il Giornale lo fa per avere conferma che Beppe Grillo è un cattivone fascista?
La gente che legge il blog di Beppe Grillo lo fa per avere conferma che tutto il resto del mondo all’infuori del Movimento 5 Stelle fa schifo ed è composto da ladri e corrotti?
La gente che guarda Studio Aperto lo fa perché vuole vedere delle tette e dei servizi stupidi sulle mode del momento?
La gente che legge Pensieri Cannibali si è rotta di tutte queste domande?
Riguardo alle precedenti non lo so, ma la risposta alle ultime due è sì.

Tutti questi quesiti riconducono a una sola, fondamentale domanda: è nato prima l’uovo o la gallina?
Nah, questa era una di quelle solite stupide battutine cannibali che inserisco a caso tanto per fare contento il mio pubblico. La vera domanda essenziale è quella di inizio post: chi fa comunicazione, che sia attraverso la produzione di un film o anche solo di un post stupido come questo, deve dare al suo pubblico ciò che vuole, o deve provare a sorprenderlo?
Nel primo caso si gioca sul sicuro. Nel secondo c’è il rischio che possa deluderlo, questo pubblico.

"Amélie, proprio bello questo tuo look da no-global."
"Ma grazie!"
"Veramente ti stavo pigliando per il culo."
Cédric Klapisch si dev’essere trovato di fronte a tale dilemma, una volta che si è messo a lavorare al seguito de L’appartamento spagnolo, e qui infine dopo mezz’ora arriviamo a parlare di Bambole russe. Fondamentalmente, il film segue l’andamento del primo. Un’introduzione in terra francese in cui il protagonista Xavier (Romain Duris) non è più uno studente di economia bensì ormai uno scrittore. Ancora una volta si trova però alle prese con il suo primo amore, quella smorfiosetta di Audrey Tautou che trovo perfetta in questa saga, visto che anch’io provo nei suoi confronti un rapporto di amore-odio. Più odio che amore, se devo dirla tutta.
Dopodiché, Bambole russe viaggia in giro per l’Europa. Non Barcellona come nel capitolo 1, bensì Londra, San Pietroburgo e Mosca. La vicenda cambierà anche collocazione geografica, ma la trama resta sempre incentrata sui casini esistenziali e soprattutto sentimentali del protagonista. A questo giro riescono a ritagliarsi un pochetto di spazio in più i personaggi secondari. Martine (la citata Audrey Tautou) è diventata un’attivista no global e una mamma, il cazzaro William (Kevin Bishop) ha messo la testa a posto e a sorpresa è il primo della gang a sposarsi, Isabelle (Cécile de France) è quella che sembra essere cambiata di meno e continua (giustamente) a godersi la sua vita da lesbica single. Più attenzioni ancora sono riservate all’inglese Wendy, interpretata da una Kelly Reilly che nel precedente film era caruccia, mentre qui si trasforma definitivamente in una delle donne più fighe nella Storia dell’umanità.

"Pensieri Cannibali scrive che sei una delle donne più fighe della Storia."
"Ha assolutamente ragione!"
"Vedo che sei anche una delle donne più modeste della Storia."
Nonostante il maggior peso dei comprimari, anche questo secondo episodio resta di base tutto incentrato sul protagonista. Intatto pure l’approccio dello sceneggiatore e regista Cédric Klapisch, che sceglie una narrazione concitata che mescola i piani temporali e geografici, inserendo delle trovate registiche fantasiose che però sorprendono meno rispetto al primo capitolo. Bambole russe è come L’appartamento spagnolo, solo che questa volta manca un forte contesto da pellicola generazionale, regalato nell’altro film dal pretesto dell’Erasmus, così come manca la stessa freschezza.
Nella scelta se dare o meno alla gente ciò che vuole, Cédric Klapisch sembra allora aver scelto la strada più semplice. Ha replicato la sua hit senza rischiare, senza proporre qualcosa di nuovo. Ma è davvero questo che la gente voleva?

Io ho adorato L’appartamento spagnolo e ho trovato questo secondo capitolo della saga piacevolissimo. Eppure la magia della pellicola precedente qui è svanita. Se il primo era un piccolo cult generazionale, questa è “solo” una gradevole commedia romantica.
ATTENZIONE SPOILER
A confermare quest’impressione è anche il finale. Quello de L’appartamento spagnolo era un inno all’individualità, al vivere la propria vita senza responsabilità e senza farsi ingabbiare dalla società, hip hip hurrà. Questo di Bambole russe è il solito scontato, prevedibile, banale happy ending da romcom. Proprio ciò che la gente voleva.
Oppure no?
(voto 6,5/10)

domenica 22 giugno 2014

L’APPARTAMENTO SPAGNOLO, MI CASILLAS ES TU CASILLAS




L’appartamento spagnolo
(Francia, Spagna 2002)
Regia: Cédric Klapisch
Sceneggiatura: Cédric Klapisch
Cast: Romain Duris, Audrey Tautou, Cécile De France, Kelly Reilly, Xavier De Guillebon, Judith Godrèche, Cristina Brondo, Federico D’Anna, Barnaby Metschurat, Christian Pagh, Kevin Bishop, Irene Montalà, Iddo Goldberg, Paulina Gálvez
Genere: Erasmus
Se ti piace guarda anche: Santa Maradona, Prima dell’alba, Bambole russe, Rompicapo a New York

L’appartamento spagnolo m’ha fatto venire una gran voglia di Erasmus.
Perché non l’ho fatto, nei tempi ormai ahimè lontani di quando ero uno studente universitario di belle speranze?
Fondamentalmente per la burocrazia. Come viene mostrato in apertura di pellicola, è troppo uno sbattone dover procurarsi tutti i moduli e i documenti per potervi accedere. E se è un casino in Francia, figuriamoci in Italia.
Il protagonista del film Romain Duris, ottimo attore che io avrei scoperto con colpevole ritardo solo con il frizzante Il truffacuori, non si fa però scoraggiare da ciò e parte per un anno in Spagna, a Barcellona. La scusa è quella di completare i suoi studi alla facoltà di Economia. In realtà nel film di università ce n’è ben poca, per lasciare spazio al resto dell’esperienza espanola, soprattutto la vita con i suoi coinquilini. L’economo francese si trova a dividere la casa con una spagnola piuttosto antipatica (Cristina Brondo), con un italiano piuttosto anonimo (Federico D’Anna), con un nordico piuttosto anonimo pure lui (Christian Pagh), con un crucco piuttosto crucco (Barnaby Metschurat), con una belga piuttosto lesbica (Cécile De France in versione mora), con una inglese piuttosto anzi parecchio bona (Kelly Reilly, sempre sia lodata), cui alla fine si aggiunge pure il piuttosto stronzo ma piuttosto simpatico fratello della tipa inglese (Kevin Bishop).

Da un miscuglio di razze del genere ne sarebbe potuto uscire un bello spottone per l’Unione europea da far oggi felici Renzi e la Merkel, e un pochino lo è, sia inteso in senso positivo. Il rischio era anche quello che ne venisse fuori una pellicola ricca di stereotipi sulle varie nazioni e sulle varie culture, con tanto di battute e situazioni scontate. Ne sarebbe potuta uscire insomma benissimo una porcatona come Fuga di cervelli, l’avventura in terra inglese (anche se in realtà l’hanno chiaramente girato a Torino) di Paolo Ruffini. Per fortuna così non è. L’appartamento spagnolo non scade troppo nei cliché, sebbene alcuni personaggi come l’italiano o il tedesco rimangano molto in superficie.
La cosa che più colpisce del film è la sua freschezza, il suo tocco leggero eppure non stupido. È la perfetta fotografia dell’Erasmus generation e allo stesso tempo, nonostante abbia sul groppone già più di 10 anni, riesce ad apparire ancora parecchio attuale. Si sente forte il tocco personale, autentico del regista e sceneggiatore Cédric Klapisch, ricco di invenzioni e trovate registiche che rendono il racconto più dinamico. Merito della riuscita della pellicola va poi al variegato e multinazionale cast, a un’ottima colonna sonora che usa come leitmotiv “No Surprises” dei Radiohead e, nella scena più delirante, ubriaca con “Aerodynamic” dei Daft Punk. E soprattutto regala un finale esaltantissimo. Un vaffanculo al crescere, al prendersi delle responsabilità, a vivere una vita in ufficio. Un vaffanculo a tutto, tranne ai propri sogni.

I Selfie fino a una decina di anni fa.
Nonostante il godurioso finale sulle note di “Que viva la noche” di tali Sonia y Selena (le Paola & Chiara della Spagna), L’appartamento spagnolo è anche un film che lascia sospesi, con la voglia di saperne di più di questi personaggi, di vedere come proseguiranno le loro storie. Qualcosa di analogo a quanto capita con Prima dell’alba. Proprio come in quel caso, è un vero piacere sapere di avere davanti ancora due episodi che continueranno a raccontarci di Romain Duris, della sua lagnosa ex Audrey Tautou (che avrebbe poi ritrovato pure in Mood Indigo - La schiuma dei giorni di Michel Gondry) e dei suoi coinquilini spagnoli.
L’Erasmus finisce, la vita va avanti. Come?
Lo scopriremo presto, con i prossimi due capitoli internazionali: Bambole russe e il nuovissimo Rompicapo a New York...
(voto 8/10)

venerdì 20 settembre 2013

IL FAVOLOSO MONDO DI GONDRY




Mood Indigo – La schiuma dei giorni
(Francia, Belgio 2013)
Titolo originale: L’écume des jours
Regia: Michel Gondry
Sceneggiatura: Michel Gondry, Luc Bossi
Ispirato al romanzo: La schiuma dei giorni di Boris Vian
Cast: Romain Duris, Audrey Tautou, Omar Sy, Gad Elmaleh, Aïssa Maïga, Charlotte Lebon, Michel Gondry, Philippe Torreton, Natacha Régnier, Kid Creole
Genere: fuori
Se ti piace guarda anche: Wrong, L’arte del sogno, Holy Motors, Il favoloso mondo di Amélie

Sono pazzi questi francesi. Guardi una pellicola come Wrong di Quentin Dupieux, o un qualsiasi film o video di Michel Gondry e pensi che questi stanno tutto il giorno sotto la Tour Eiffel a bere assenzio. Probabilmente vivono davvero così.
Probabilmente viveva così anche Boris Vian, lo scrittore autore del libro La schiuma dei giorni (L’écume des jours) che non ho letto e che fino a qualche giorno fa nemmeno conoscevo, come i miei attenti lettori mi hanno subito fatto notare. In attesa di recuperarlo, mi è quindi impossibile stabilire quanto ci sia del lavoro di Vian dentro questo film. Quel che so per certo è che questo è un Gondry al 100%. Gli ipogondryaci sono avvertiti.
Michel Gondry vestito per casa.
Se anche questo film non fosse autografato, come un quadro anonimo, sarebbe semplice risalire al suo Autore. Come ne L’arte del sogno, ancor più che ne L’arte del sogno, Gondry è tornato a controllare ogni aspetto della sua Opera, dimenticando la sbandata commerciale, comunque nemmeno troppo malvagia, di The Green Hornet. Il talentuoso regista francese ha così preso la visione di Vian, l’ha inserita dentro il suo mondo e l’ha fatta sua. O almeno così sembra.

Cosa potete trovare quindi in Mood Indigo – La schiuma dei giorni?
Tutto il favoloso mondo di Gondry.
Ci sono le invenzioni grafiche che fanno strabuzzare gli occhi, come i piatti in movimento, che rimandano alle animazioni pazzesche di alcuni suoi vecchi videoclip come “Human Behaviour” di Bjork e “Fell in Love with a Girl” dei White Stripes, così come alle magie visive di “Let Forever Be” dei Chemical Brothers e “Like a Rolling Stone” versione Rolling Stones.
Ci sono gli animali umanizzati, o se lo considerate meno razzista possiamo definirli umani animalizzati, come nel capolavoro “Army of Me” di Bjork, nettamente uno dei miei videoclip musicali preferiti di sempre.
Ci sono le inquadrature dei palazzi dall’esterno versione Hitchcock ancora più guardone come in “Protection” dei Massive Attack.
C’è un pianoforte che trasforma le note in alcool, così come nel coreografico video di “Around the World” dei Daft Punk ogni “ballerino” presente rappresentava un differente strumento usato nella canzone.

Gondry si sposta solo con Trenitalia.
C’è il colore vivo della prima parte del film che poco a poco si spegne, si ingrigisce, fino a trasformarsi in un completo bianco e nero, come se ci trovassimo in un Pleasantville (lavoro questo di Gary Ross, non di Gondry) al contrario. Un b/n che rimanda ad altri suoi lavori come la clip di “Isobel” di Bjork e il geniale spot firmato per la Levi’s, così come l’alternarsi tra colore e bianco e nero il Gondry l’aveva già sperimentato con lo spettacolare “Everlong” dei Foo Fighters e l’enorme “Bachelorette” ancora di Bjork, in cui tra l’altro si gioca in maniera simile con la metanarrazione.
C’è la predilezione di Gondry per il treno, che svolgeva un ruolo cardine in Se mi lasci ti cancello e già mezzo protagonista nei video “Star Guitar” dei Chemical Brothers e in “Knives Out” dei Radiohead. Proprio in quest’ultimo compariva un Thom Yorke versione topo e pure qui in La schiuma dei giorni rieccolo, non Thom Yorke, ma comunque un topolino umanizzato.

"Dici che dovremmo vendere il brevetto a Marchionne?"
"Si attacchino gli italiani. Cediamolo alla Peugeot o alla Renault o alla Citroen."
Mood Indigo o La schiuma dei giorni o L’écume des jours che lo si voglia definire è quindi un lavoro profondamente autoreferenziale, un po’ come, e forse ancor di più, di To the Wonder di Terrence Malick. Michel Gondry se la canta e se la suona, si diverte un mondo a regalarci una visione del mondo suo, senza filtri. Esagera talmente con l’egocentrismo che si autoregala persino una parte da attore, nelle vesti di dottore.
Un film come Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of the Spotless Mind), in cui pure sono presenti molte sue tematiche tipiche, riusciva ad essere più comunicativo, a rivolgersi a un pubblico magari non di massa eppure più ampio. Mood Indigo ha invece un mood solitario, chiuso in se stesso. Ci va un pochino di pazienza per riuscire a penetrare la sua corazza visiva spettacolare e a sentire battere il suo cuore. Una volta accettata l’unica regola di Gondry, di Vian e del loro folle mondo unificato, ovvero che non esistono regole razionali, si entra dentro la loro visione e non si vorrebbe uscirne più. A un certo punto scatta qualcosa e si arriva nel cuore di un film che non gioca con i facili sentimentalismi, eppure riesce in qualche modo a rimanerti dentro. A emozionarti.

"Solo perché siamo francesi, non dobbiamo per forza fare un ménage à trois."
"Ahahaah."
"Eh no, che te ridi, quasi amico? Giù le mani da Amelie."
Se il vero grande protagonista della pellicola è lui, Michel Gondry, al suo interno possiamo intravedere anche dei comprimari: gli attori principali Romain Duris, sempre più convincente minuto dopo minuto, e una Audrey Tautou dritta dal suo favoloso mondo che a tratti risulta odiosa e a tratti no e non ho quindi ancora risolto uno dei misteri del mio mondo: “Ma a me Audrey Tautou piace o non piace?”.
Bravi anche gli attori secondari, dal simpatico quasi amico Omar Sy in versione irresistibile seduttore a Gad Elmaleh già intravisto in Dream Team, più due volti femminili da tenere d’occhio, quello afro di Aïssa Maïga e quello da bambola di porcellana di Charlotte Lebon, oltre all’apparizione del cantante Kid Creole nei panni del jazzista Duke Ellington.
E a proposito di Duke Ellington, è un altro dei personaggi principali della pellicola. I suoi brani regalano una frizzante atmosfera jazz alla prima parte del film, risultando un personaggio aggiunto, non solo un accompagnamento di sottofondo. “Chloé” è un suo pezzo, ma è anche il nome della protagonista femminile ed è inoltre usato nella scena del ballo cult del film, lo sbircia sbircia, così come un altro suo brano è “Mood Indigo”, usato come titolo per la pellicola negli USA e pure da noi. Per quanto riguarda la parte musicale, il Gondry sembra quindi sia stato molto fedele a Boris Vian, che all'inizio de La schiuma dei giorni scriveva: "Sono solo due le cose che contano: l'amore, in tutte le sue forme, con belle ragazze, e la musica di New Orleans e di Duke Ellington. Tutto il resto è da buttar via, perché è brutto..."

Mood Indigo non è allora una pellicola facile, per niente, e non è nemmeno una pellicola perfetta. Non tutto funziona benissimo, la parte drammatica conclusiva è un filo meno riuscita rispetto alla magnifica leggerezza comedy del primo tempo, e nelle due ore e passa c’è il forte rischio di perdersi, noi spettatori così come forse pure lo stesso Gondry. Eppure nella sua straripante, pure troppo, creatività, Gondry ci regala varie pagine di poesia cinematografica, come nel sognante primo appuntamento dei protagonisti, o come ATTENZIONE SPOILER nel loro particolarissimo matrimonio o nella loro luna di miele FINE SPOILER.

"Rosica, Belen, rosica. Non avrai mai un matrimonio spettacolare quanto il nostro."

Oltre che ai suoi videoclip del passato, la complessità del film rimanda a Synecdoche, New York, il film d’esordio alla regia del suo amichetto e collaboratore Charlie Kaufman. Segno che a entrambi l’ambizione e la creatività certo non mancano. A volte, sembra abbiano persino troppe idee per una pellicola sola ed è il caso di questo Mood Indigo, che può essere visto come un capolavoro mancato, o come uno splendido film non del tutto riuscito. Può essere visto come una creatura più frutto della mente di Vian o più di quella di Gondry o come la folle somma di tutti e due. Due spotless minds, ma più che altro due crazy beautiful minds.
Adesso basta scrivere. Vado a saltare sui letti e, soprattutto, a ballare lo sbircia sbircia.
(voto 7,5/10)



Post apparso anche su L'OraBlù, con il nuovo minimal poster di C[h]erotto.


domenica 26 maggio 2013

C’EST LA VIE (D’ADELE)


Festival di Cannes 2013, ultimo atto.
Detto così, sembra che qui a Pensieri Cannibali si sia seguito l’evento cinematografico giorno per giorno, film dopo film. Non è esattamente così. Purtroppo non ero presente sulla Croisette, ma se il prossimo anno qualche giornale, rivista, sito e/o compagnia di catering volesse sponsorizzarmi la trasferta, mi offro ben volentieri! GRAZIE

Poco fa si è tenuta la cerimonia di chiusura della manifestazione, condotta dalla madrina Audrey Tautou, arrivata direttamente dal magico mondo del cinéma. Quali sono stati i verdetti della giuria, presieduta quest’anno dall’ormai bollito, almeno come regista, Steven Spielberg?
Le sue decisioni saranno state ai livelli del mediocre Lincoln o addirittura del tragico War Horse?
Scopriamolo subito…

Miglior attore
Bruce Dern per Nebraska di Alexander Payne.
Attore dalla carriera lunghissima visto anche ne Il grande Gatsby versione 1974, dove interpretava la parte di Tom Buchanan. In più, è pure il paparino di Laura Dern, la musa numero 1 del cinema di David Lynch. Sarà stato un premio meritato? Boh, di certo Alexander Payne, quello di Paradiso amaro e Sideways, è un regista che sa tirare fuori il meglio dai suoi attori.

Miglior attrice
Berenice Bejo per The Past di Asghar Farhadi (il regista iraniano di Una separazione). Pollice su, per la francesina rivelazione di The Artist.

A presentare il premio per la miglior sceneggiatura c’è Asia Argento, con un tono di voce da femme fatale dark che sembra stia per avere un orgasmo da un momento all’altro. E mentre la nostra Asia si distrae, l’award va a Thian zu Ding per la pellicola A Touch of Sin del cinese Jia Zhang-ke. Che tutti conosciamo, nevvero?

"Un saluto dall'Italia, Mr. Spielberg!"

Premio della Giuria
Like Father. Like Son, del giapponese Hirokazu Koreeda, regista noto per aver affrontato spesso nei suoi film il tema del lutto. Un allegrone, in pratica. Yatta!

Il Prix de la mise en scène per il miglior regista va… al messicano Amat Escalante per Heli.

Kim Novak, e dico la donna che visse due volte Kim Novak, consegna il Gran Premio della Giuria a Inside Llewyn Davis. Nonostante generalmente non sopporti un granché i fratelli Coen, questo film a tematica musicale con Oscar Isaac, Justin Timberlake e Carey Mulligan mi incuriosisce assai.




Palma d’Oro
La Dea Uma Thurman consegna il premio più ambito a…
Il favorito della vigilia: La vie d'Adele, pellicola francese firmata dal regista tunisino Abdellatif Kechiche. Non ho visto i film precedenti del regista, che ho lì lì da recuperare, però una pellicola con scene lesbo tra la splendida e bravissima Léa Seydoux e la rivelazione Adèle Exarchopoulos, entrambe molto commosse durante la premiazione, sulla fiducia la Palma d’Oro se la merita tutta.
Certe che al giorno d’oggi a chiamarsi Adele si vincono Grammy, Oscar, Mtv Awards e ora pure la Palma d’Oro.




La Palma d’Oro alla gnoccaccine, premio consegnato in esclusiva da Pensieri Cannibali, va invece a…
Emma Watson

"Thank you, Cannibal!"

Riassunto dei premi del Festival di Cannes 2013 per chi non aveva voglia di leggersi tutto il post
Palma d'oro: “La Vie D'Adele” di Abdellatif Kechiche
Gran Prix: “Inside Llewyn Davis” di Ethan e Joel Coen
Premio alla regia: Amat Escalante per “Heli”
Premio della giuria: “Like Father, Like Son” di Kore-Eda Hirokazu
Miglior attore: Bruce Dern per “Nebraska” di Alexander Payne
Migliore attrice: Berenice Bejo per “Le Passé” di Asghar Farhadi
Miglior sceneggiatura: Jia Zhangke per Tian Zhu Ding (A Touch Of Sin)
Palma d'oro al miglior cortometraggio: Safe di Moom Byoung-gon
Menzione speciale al cortometraggio: Hvalfjordur (Whale Valley / Le Fjord des Baleines) di
Gudmundur Arnar Gudmundsson
Camera d'Or: Ilo Ilo di Anthony Chen (Quinzaine des Réalisateurs)

E Paolo Sorrentino? E Toni Sorvillo? E La grande bellezza? E i film di Ozon, Polanski, Soderbergh e Jim Jarmush? E il fischiato Solo Dio perdona di Refn?
Per loro niente. Potrà Dio perdonare Steven Spielberg?

giovedì 18 aprile 2013

I FILM CHE SI FANNO LE CANNES


Festival di Cannes 2013, è stato annunciato il (notevolissimo) programma.
Chi c’è nella kermesse che si terrà dal 15 al 26 maggio a Casale Monferratonnes?
I nomoni importanti non mancano certo. A contendersi l’ambita Palma d’Oro e gli altri premi ci sono alcuni pezzi grossi come il danese Refn con il suo atteso Only God Forgives ancora in team con Ryan Gosling. Sarà il nuovo Drive?



C’è un nome italiano: Paolo Sorrentino, con il suo misterioso La grande bellezza. Ce la farà a risollevare le sorti comatose del nostro cinema? E ce la farà Sabrina Ferilli ha conquistare il premio di miglior attrice? La vedo dura. Soprattutto per la Ferilli…



C’è anche un’italiana ma ormai naturalizzata francese: la super radical-chic Valeria Bruni Tedeschi, unica donna in Concorso.
L’esercito americano sbarca in Costa Azzurra con l’ennesimo film del prolifico Steven Soderbergh, con i fratelli Coen che propongono una pellicola ispirata alla vita del musicista folk Dave van Ronk, con il nuovo di Alexander Payne e con James Gray, già autore de I padroni della notte e Two Lovers e che nel cast del suo nuovo The Immigrant vanta Jeremy Renner, Joaquin Phoenix e Marion Cotillard.
Attenzione poi a un certo Roman Polanski e al suo promettente Venus in Furs, al giappo Takashi Miike, all’iraniano Asgar Farhadi che cerca la conferma dopo l’acclamazione mondiale ricevuta con il precedente Una separazione. Non manca nemmeno il cinema francese, con in prima linea Francois Ozon che con il recente Nella casa, attualmente nei cinema italiani, ha realizzato un filmone e che a Cannes 2013 propone il suo nuovo Jeune et Jolie.

Nella sezione parallela Un certain regard il menù non sarà da meno. Anzi. In pole position svetta The Bling Ring della mia idola Sofia Coppola con Emma Watson trasformatasi con una magia da Hermione a bomba sexy.



Nella sezione Un certain regard ci saranno anche i film da registi di James Franco e Valeria Golino, più il Il sospetto.
nuovo lavoro di Claire Denis. Direttore della giuria di questa categoria sarà Thomas Vinterberg, di recente tornato in gran forma con

La giuria del Concorso Ufficiale del Festival sarà invece presieduta dal cavallo da guerra Steven Spielberg, che se come regista è ormai bollito, come intenditore di cinema si spera se la cavi ancora. La madrina del Festival sarà Amelie Poulain, volevo dire Audrey Tautou, in quella che si preannuncia quindi un’edizione zuccherosissima, ma chissà che non ci riservi qualche sorpresa…

Occhio infine anche ai film fuori concorso, in cui si segnalano l’opera seconda di J.C. Chandor, che aveva esordito alla grande con Margin Call, e la nuova pellicola di Guillaume Canet, con un super cast formato dalla sua mogliettina Marion Cotillard, più Mila Kunis, Clive Owen e Matthias Schoenaerts.
Possibile reginetta del Festival? Oltre a Emma Watson e Marion Cotillard si candida allo scettro Carey Mulligan, presente nel film dei Coen e ne Il Grande Gatsby, che aprirà fuori concorso il Festival.



Ecco il programma completo del Festival di Cannes 2013.
Mizzega.

FILM D’APERTURA (Fuori concorso)
Il grande Gatsby di Baz Luhrmann

CONCORSO UFFICIALE
Behind The Candelabra di Steven Soderbergh
Borgman di Alex Van Warmerdam
Un Chateau En Italie di Valeria Bruni Tedeschi
La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino
Grisgris di Mahamat-Saleh Haroun
Heli di Amat Escalante
The Immigrant di James Gray
Inside Llewyn Davis di Joel & Ethan Coen
Jeune Et Jolie di Francois Ozon
Jimmy P di Arnaud Desplechin
Michael Kohlhaas di Arnaud des Pallières
Nebraska di Alexander Payne
Only God Forgives di Nicolas Winding Refn
The Past di Asghar Farhadi
Soshite Chichi Ni Naru di Hirokazu Kore-eda
Tian Zhu Ding di Zhangke Jia
Venus In Fur di Roman Polanski
La Vie D'Adele di Abdellatif Kechiche
Wara No Tate di Takashi Miike

SEZIONE UN CERTAIN REGARD
Anonymous di Mohammad Rasoulof
As I Lay Dying di James Franco
Bends di Flora Lau
The Bling Ring di Sofia Coppola
Death March di Adolfo Alix Jr
Fruitvale Station di Ryan Coogler
Grand Central di Rebecca Zlotowski
L'Image Manquante di Rithy Panh
L'Inconnu Du Lac di Alain Guiraudie
La Jaula De Oro di Diego Quemada
Miele di Valeria Golino
Norte, Hangganana Ng Kasaysayan di Lav Diaz
Omar Hany Abu-Assad
Les Salauds di Claire Denis
Sarah Prefere La Course di Chloe Robichaud

FUORI CONCORSO
All Is Lost di J.C Chandor
Blood Ties di Guillaume Canet

PROIEZIONI SPECIALI
Max Rose di Daniel Noah
Weekend Of A Champion di Roman Polanski
Muhammad Ali's Greatest Fight di Stephen Frears
Stop The Pounding Heart di Roberto Minervini
Seduced & Abandoned di James Toback
Otdat Konci di Taisia Igumentseva
Bombay Talkies di Anurag Kashyap, Dibakar Banerjee, Zoya Akhtar, Karan Johar

PROIEZIONI DI MEZZANOTTE
Blind Detective di Johnnie To
Monsoon Shootout di Amit Kumar

FILM DI CHIUSURA
Zulu di Jérôme Salle

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