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venerdì 28 agosto 2015

Priscilla, la vagina (più o meno) del deserto





Tesorucci, sono tornata!
Vi ero mancata?
Certo che vi ero mancata, però non è mica colpa mia, eh. È da tanto che non mi facevano più scrivere, dai tempi della rece di Una nuova amica, ma quelle pazze di Pensieri Cannibali mi assegnano un lavoro solo quando c'è da parlare di qualche film ad argomento trans, chissà perché. L'occasione 'sta volta è stata offerta da Arwen Lynch del sito La fabbrica dei sogni che ha deciso, per festeggiare il suo settimo anno di attività, di organizzare una giornata speciale dedicate alla tematica LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender). Ecco i caruccissimi blog che partecipano all'iniziativa Rainbow Day:



E indovinate allora di cosa parlerò io oggi, mie care?
Ma del film più gaio di tutti i tempi!
Dimenticatevi Dietro i candelabri. Priscilla gli fa il culo. In tutti i sensi.

sabato 13 dicembre 2014

COTTA ADOLESCENZIALE 2014 N. 2 – MARGOT ROBBIE






n. 2 Margot Robbie
(Australia 1990)
Genere: perfetta
Il suo 2014: The Wolf of Wall Street

Margot Robbie fa schifo.
È talmente figa da far schifo.
Se proprio le vogliamo trovare un difetto, è che non ha difetti. È perfetta. Qualcuno dirà che pure lei ogni tanto farà le puzzette. Probabile. Sospetto però che pure quelle le escano profumate.
Ma da dove è sbucata fuori questa creatura divina?

Come molte altre star australiane, ha fatto la gavetta nella soap-opera più popolare da quelle parti, Neighbours, quella che già aveva lanciato altre belle figliuole come Kylie Minogue e Natalie Imbruglia, e più di recente anche Caitlin Stasey e Adelaide Kane. La stessa serie cui liberamente si ispira Un posto al sole, ma lasciamo perdere.
Negli Stati Uniti Margot Robbie si è segnalata invece come hostess a bordo di Pan Am, una serie ambientata negli anni '60 prematuramente e ingiustamente cancellata dopo appena un'unica stagione.
Chiedo agli avvocati e ai laureati in giurisprudenza in ascolto: ma si può considerare legale cancellare una serie con Margot Robbie?

L'australiana giramondo è poi sbarcata in Inghilterra, dove ha avuto una piccola parte nella deliziosa romcom fantasy Questione di tempo. In quella pellicola, un tizio dopo averla vista per la prima volta dice: “Dio, è bellissima. È così bella che se fai sesso con lei… muori.
Reazioni simili le scatena anche nel suo film successivo, quello che l'ha lanciata a Hollywood: The Wolf of Wall Street. Nel corso della pellicola di Martin Scorsese, di lei dicono: “Me la farei anche se fosse mia sorella”; “Da lei mi farei persino attaccare l’AIDS, cazzo”; “La sua figa era come l’eroina per me.
In più Jonah Hill, quando la vede comparire a un party, si masturba pubblicamente.
A cosa sono dovuti dichiarazioni e comportamenti simili?
Al fatto che Margot Robbie è talmente figa da far schifo. E da far andare fuori di testa.

lunedì 8 dicembre 2014

CHI HA PAURA DEL BABADOOK?





The Babadook
(Australia 2014)
Regia: Jennifer Kent
Sceneggiatura: Jennifer Kent
Cast: Essie Davis, Noah Wiseman, Tim Purcell, Daniel Henshall, Hayley McElhinney
Genere: inquieto
Se ti piace guarda anche: The Ring, Shining, Rosemary's Baby, La madre

Chi ha paura del Babau?
Tutti i bambini e pure alcuni adulti.
Alcuni? Parecchi adulti. Quelli sinceri lo ammetteranno senza problemi, gli altri negheranno, ma non credetegli. Quasi tutti hanno ancora paura del Babau.
Chi ha invece paura del Babadook?
Nessuno. Perché nessuno sa cos'è, o meglio sa chi è, il Babadook. Dopo che avrete visto questo film, anche voi però avrete paura del Babadook. Quindi io vi consiglio di guardare la pellicola australiana firmata dall'esordiente Jennifer Kent, ma solo se avete voglia di essere spaventati. Ha terrorizzato persino il regista de L'esorcista William Friedkin. Una volta tanto, forse l'unica quest'anno, c'è un horror che mette addosso un po' di strizza anche se, più ancora che strizza, mette angoscia. Un'angoscia esistenziale costante. Per quanto non privo di elementi favolistici e visionari, ben presenti e capaci di regalare alla pellicola un fascino notevole, The Babadook è quasi un horror neorealista, nel senso che ci presenta la vita ordinaria di una madre single che ha perso il marito e vive con il suo psicopatico figlio. La loro routine quotidiana ci viene offerta all'inizio senza troppe scosse. Le loro giornate si susseguono in maniera piuttosto normale, di giorno con lui che va a scuola e lei che va al lavoro in un ospizio e la sera poi lo mette a nanna raccontandogli una fiaba della buona notte. Lei invece mette a nanna se stessa giocherellando un po' con il vibratore, ma comunque questa è la loro tranquilla quotidianità. Fino a che nelle loro esistenze non entra il Babadook.

venerdì 28 novembre 2014

THESE FINAL HOURS, A CHE ORA E' LA FINE DEL MONDO? ADESSO!





These Final Hours
(Australia 2013)
Regia: Zak Hilditch
Sceneggiatura: Zak Hilditch
Cast: Nathan Phillips, Angourie Rice, Jessica De Gouw, Daniel Henshall, Kathryn Beck, Sarah Snook
Genere: apocalittico
Se ti piace guarda anche: Cercasi amore per la fine del mondo, The Rover, Rapture-Palooza

Mancano 12 ore alla fine del mondo. Non si sa bene perché o per come, ma tutto presto sarà finito. Io sono rimasto solo. Tutte le persone che conoscevo si sono suicidate. Non si sono suicidate perché mi conoscevano, cosa pensate?
Si sono suicidate perché il mondo, come vi ho detto, sta per finire e loro hanno preferito risparmiarsi il dolore di bruciare vivi e hanno deciso di spararsi un colpo in testa. Una soluzione veloce e (quasi) indolore. Io invece ho deciso di spararmi qualcos'altro. Per celebrare degnamente l'evento della fine del mondo, mi sto sparando una maratona di pellicole a tematica apocalittica. Avrei potuto scegliere una maratona cinematografica migliore, recuperando ad esempio i grandi Classici che ancora non ho mai visto, come Casablanca, Il padrino - Parte II o un qualche film di Chaplin, e invece ho scelto qualcosa di più trash e disimpegnato. Fedele alla linea, fino alla fine.

sabato 1 novembre 2014

DAWOLF'S CREEK





"Fotografa questa, autovelox!
Miley Cyrus style."
Wolf Creek
(Australia 2005)
Regia: Greg Mclean
Sceneggiatura: Greg Mclean
Cast: Nathan Phillips, Cassandra Magrath, Kestie Morassi, John Jarratt, Andy McPhee
Genere: viaggi assurdi destinati a finire male
Se ti piace guarda anche: Chernobyl Diaries, Cabin Fever, Hostel, Aftershock

Ogni anno in Australia spariscono 30mila persone.
Ogni anno 30mila persone dell'Australia visitano il sito Pensieri Cannibali.
I due eventi sono collegati?
Quegli australiani che spariscono sono gli stessi che sono stati su questo blog?
Una volta entrati su Pensieri Cannibali la loro testa esplode o vengono inghiottiti nel nulla?

Ci sono domande che non avranno mai una risposta. Le precedenti, ad esempio, ma anche un'altra: perché un filmetto come Wolf Creek è stato osannato tanto, al punto da diventare un piccolo cult e avere persino un seguito realizzato proprio di recente?
Tralasciando il fatto che al giorno d'oggi un seguito non lo si nega a nessuno – qualcuno ha detto Expendables e Ghost Rider? - è abbastanza difficile comprendere la popolarità – comunque relativa – di Wolf Creek. Si tratta per carità di un horror decente, però niente più di questo.
La prima parte sembra la versione meno cool e più noiosa di un film diretto da Eli Roth, o comunque prodotto o interpretato da Eli Roth. Troviamo infatti una tipica situazione di viaggio post-adolescenziale, con un gruppo di ragazzi/nonpiùtantoragazzi che scelgono una meta inconsueta per una vacanza, in una maniera analoga a film come Hostel, Cabin Fever o Aftershock. In questo caso, un ragazzo australiano e due ragazze inglesi nemmeno particolarmente fighe (differenza non da poco rispetto agli horror americani) decidono di partire per un viaggio nella terra dei canguri per andare a visitare il cratere lasciato da un meteorite in un posto chiamato Wolf Creek.
Perché vanno lì anziché in un luogo dove si possono trovare spiagge, mare, sole, alcol, droghe e figa?

"Ma non possiamo rimanercene qui in spiaggia, anziché andare a vedere un cratere?"

Ci sono domande che non avranno mai una risposta, ve l'ho detto.
Il primo tempo della pellicola scivola così via come un road-movie di medio livello, impreziosito dalle affascinanti, sebbene un po' troppo desolate per i miei gusti, ambientazioni australiane. Un viaggio in mezzo al nulla. Letteralmente. Se i luoghi fanno il loro dovere, lo stesso non si può dire dei personaggi, molto anonimi e interpretati in maniera altrettanto anonima dai protagonisti Cassandra Magrath (chiii?), Kestie Morassi (chiii?) e Nathan Phillips (e chiii?), che guarda caso dopo Wolf Creek non si sono più visti da nessuna parte, fatta eccezione per quest'ultimo che è comparso in Chernobyl Diaries, altro horror movie in cui un gruppo di post-teenagers va in vacanza in un luogo improbabile, addirittura Chernobyl.
Ma peeerché?

Terminata questa lunga parte vacanziera, nel secondo tempo veniamo scaraventati in un incubo. Cosa succede?
Non ve lo sto a spoilerare, anche perché come detto ci sono domande che non avranno mai una risposta e questa è una di quelle, a meno che non vediate il film e lo scopriate da soli.
Va riconosciuto che la seconda parte è piuttosto angosciante e la scena finale è costruita con un buon gusto per la tensione. Detto questo, ci troviamo di fronte a un survival horror con leggere venature splatter decente per una visione thriller nel periodo di Halloween, ma sceneggiato e girato in maniera piuttosto amatoriale e senza colpi di genio da tale Greg Mclean e che il giorno dopo si è già fatto dimenticare. Per me è solo questo, niente di più e niente di meno, e non m'ha fatto venire una gran voglia di andarmi a cercare pure il sequel. Per qualcun altro invece è un piccolo cult movie, nonché uno dei più terrificanti film di paura degli ultimi anni. Ma perché?
Ci sono domande che non avranno mai una risposta, ve lo ripeto per l'ultima volta.
(voto 6/10)


Questo post fa parte della Halloween Week organizzata da Pensieri Cannibali.
Qui sotto potete recuperarvi anche gli articoli precedenti dedicati a:

sabato 20 settembre 2014

THE ROVER, UNA SCHIFEZZA (POST) APOCALITTICA





The Rover
(Australia, USA 2014)
Regia: David Michôd
Sceneggiatura: David Michôd
Cast: Guy Pearce, Robert Pattinson, Scoot McNairy, Tawanda Manyimo, David Field, Jamie Fallon, Nash Edgerton, Anthony Hayes
Genere: post apocalittico
Se ti piace guarda anche: Mad Max, Cosmopolis, Animal Kingdom, Cogan – Killing Them Softly

The Rover è un film strano.

No, ho sbagliato. Rifacciamo.

The Rover vorrebbe essere un film strano. Fa di tutto per esserlo. Ci mette dentro una colonna sonora stramba che mixa musica post-rock con pezzi orientali e con pop commerciale, nani che vendono pistole che vorrebbero fare David Lynch e invece sogna, caro il regista dei miei stivali David Michôd, sogna, più qualche momento pulp che sembra una brutta copia di Breaking Bad e Tarantino e a far da sfondo a tutti questi riferimenti casuali c'hanno messo uno scenario post apocalittico. Come in Mad Max. Ma perché gli australiani sono tanto in fissa con la tematica post apocalittica?
Evidentemente perché i loro paesaggi sterminati sono l’ambientazione ideale per questo tipo di storie. Solo che in questo film, a parte qualche tipo crocifisso qua e là e un senso di desolazione generale, di post apocalittico non c’è poi molto. Potrebbe anche essere l’Australia attuale e non farebbe molta differenza.
Invece no. Invece il regista e sceneggiatore David Michôd, già autore del sopravvalutatissimo Animal Kingdom, vuole fare lo strambo a tutti i costi. Che poi di strambo non c’è poi molto, visto che al giorno d’oggi le pellicole ambientate in futuri distopici sono all’ordine del giorno, come già detto di recente a proposito di The Giver – Il mondo di Jonas. Quindi sarebbe più strambo girare un film ambientato nel presente.
The Rover per certi versi appare come una versione australiana e desertica del più scintillante e glamorous Cosmopolis, altro on the road movie futuristico guarda caso sempre con il bello statuino Robert Pattinson, ma con una differenza fondamentale. In quel caso la regia è di David Cronenberg che, benché non all’apice della sua classe, fa sempre la sua porca figura. Tranne nel caso di A Dangerous Method, ma a quell’orrore preferisco non pensare. Anche perché adesso ho già un altro orrore per le mani di cui occuparmi.


The Rover è un film davvero terribile. Da qualunque parte lo si prenda, non si riesce a cavarci fuori niente di buono. O almeno, io non ci sono riuscito. La trama è definibile – a essere sensibili – minimalista, mentre – a voler essere realistici – è inesistente. Il vago spunto su cui si basa l’intera pellicola è il seguente: un gruppo di criminali frega a Guy Pearce l’auto e lui decide di cercarli finché non li trova. Come fare per scovarli?
Si rivolge al fratello ritardato di uno della gang, ovvero Robert Pattinson.
Come se la cava Robert Pattinson, che è poi ciò che interessa di più al pubblico di teenagers tra i 14 e 24 anni, ovvero il target di riferimento principale di Pensieri Cannibali?
Manco a fare il ritardato è capace, ecco come se la cava Pattinson.

"A veder Robert Pattinson fare l'attore mi viene da piangere."

"Beh, ma cosa pretendete da me?
Ho pur sempre imparato a recitare da Kristen Stewart..."

Dopo la scena dell'incidente iniziale che lascia presagire chissà quali scoppiettanti sviluppi, ben presto il film si trasforma in un road movie noioso, noiosissimo, in cui non succede nulla, se non Guy Pearce e Robert Pattinson che si spostano da un luogo triste a uno ancora più triste. I pochi dialoghi presenti sono ermetici, ma più che altro è meglio definirli penosi. Non penosi al livello di The Counselor – Il procuratore, però quasi. Qualcuno potrà dire che anche nei film di Sofia Coppola o in Under the Skin non succede nulla, solo che a ben guardarli non è vero. Qui sì che non capita davvero nulla. Niente di niente. Calma piatta. Zero. 100 minuti di vuoto totale. L'unica scena che resta impressa è quella con Pattinson che canticchia in macchina la hit pop "Pretty Girl Rock" di Keri Hilson. E' una scena pure questa senza senso alcuno, come tutto il resto del film, ma se non è altro è (involontariamente?) divertente.

"E io che con la saga di Twilight pensavo di aver toccato il fondo..."

Dietro al viaggio di Guy Pearce che cerca di recuperare la sua auto in un paesaggio che sembra di stare in una puntata di The Walking Dead senza manco uno zombie (forse giusto Robert Pattinson) si possono cercare chissà quali significati. Si può dire che viene messa in scena la disperazione di un uomo che ha perso tutto e si aggrappa all'ultima cosa che gli è rimasta. Si può parlare di un uomo diventato animale che sta ormai perdendo tutta la sua umanità. Chi lo sa? Si può andare a caccia di tutti i significati che si vuole, se proprio si ha del tempo da perdere per scavare dentro questo film finto profondo. Io consiglio di non farlo. Fatti, strafatti e strafighe, tanto per citare una commedia goliardica che fondamentalmente propone una trama parecchio simile con due uomini alla ricerca di un'auto, al confronto sì che è un filmone d’autore. Questo The Rover non è cinema d'autore. Non è manco considerabile come una pellicola post apocalittica. È solo una schifezza apocalittica.
(voto 3/10)

domenica 26 maggio 2013

AUSTRALIA DI BAZ LUHRMANN, IO RECENSIRE COSI’




Australia
(Australia, USA, UK 2008)
Regia: Baz Luhrmann
Sceneggiatura: Stuart Beattie, Baz Luhrmann, Ronald Harwood, Richard Flanagan
Cast: Nicole Kidman, Hugh Jackman, Brandon Walters, David Wenham, Ben Mendelsohn, David Gulpilil
Genere: aborigeno
Se ti piace guarda anche: Via col vento, Moulin Rouge!, Il mago di Oz, Ritorno a Cold Mountain

Non essere piaciuto me molto Australia. Io australiano aborigeno e io essere offeso da questo film. Noi no parlare come bambino della pellicola. Noi parlare peggio.
No piaciuto me, però due cose rimaste me in testa dopo visione. Numero uno: Mrs. Boss o anche Missus Boss. Dopo vedere film, io gridare: “Missus Boss! Missus Boss!” come cretino per due ore almeno.
Perché Missus Boss, Missus Boss?
Perché così bambino del film chiamare Nicole Kidman. Perché essere donna boss. Una che sapere fare valere sue ragioni. Io no vedere mai donna così prima. Come dire noi da parti nostre: avere le palle, quella bianca. Anche se da parti nostre noi chiamare Nicole Kidman no solo Missus Boss ma anche: “Bella fregna!”, non so da vostre parti come essere costume.
Numero due delle cose rimaste me in testa dopo film: “Somewhere Over the Rainbow”. Io no sapere significato parole canzone, ma io cantare per giorni e giorni. Prima cantare solo canzoni One Direction, ora cantare: “Somewhere Over the Rainbow”. Io migliorare. Tra poco magari ascoltare anche Radiohead.
A proposito dei Radiohead, loro cantare canzone su titoli di coda di Romeo + Giulietta. Io amare molto quel film. Io romanticone? Forse, ma io amare amore tragico di Romeo + Juliet, no amare amore ruffiano e stucchevole di Australia tra Missus Boss bella fregna Nicole Kidman e muscoloso stalliere stallone mandriano Hugh Wolverine Jackman. Io sapere cosa significare stucchevole. Mica ignorante, io. Io no parlare bene vostra lingua strana per non dire lingua demmerda, così dire a Roma, ao’? Però io no ignorante. Australia essere troppo sdolcinato. Missus Boss e Wolverine tutti e due vedovi all’inizio litigare e poi dopo trombare? Oh, come essere prevedibile.
E poi 3 ore di film? Voi bianchi noiosi. Voi tirare le cose troppo per le lunghe. Da noi fare film di 5 o 10 minuti massimo, perché noi no avere soldi per fare film lunghi. E perché noi annoiare con film lunghi. Voi no? Voi sprecare tempo. Ricchi bianchi maledetti.

"I paragoni con Via col vento? Francamente me ne infischio."
Voi ora contagiare me. Io parlare a vanvera come voi. Io perdere filo di discorso. Io prima parlare di Romeo + Giulietta. Io amare molto quel film. Io avere già detto? Se dopo Australia io gridare: “Missus Boss! Missus Boss!”, dopo Romeo + Giulietta io gridare: “Ulieeeeta!”. Io amare molto anche film dopo di Baz Luhrmann, Moulin Rouge! Io cantare e ballare molto con quel film. E Missus Boss Missus Boss lì ancora più fregna. Dopo quel film, io no volere gridare. Io volere fare amore con Satine fino a prime luci dell’alba.
Io amare molto cinema di Baz Luhrmann, persino Ballroom - Gara di ballo, e io già comprare biglietti per Il grande Gatsby in 3D, anche no sapere manco cosa essere 3D, ma io no amare molto Australia. Australia è lungo, noioso, mettere dentro troppi temi: amore, Seconda Guerra Mondiale, dramma di noi bimbi mezzi bianchi e mezzi neri, noi generazione rubata. Troppa roba. Troppa. E i personaggi essere stereotipati più di mio modo di parlare qui. Io sì, sapere anche cosa volere dire stereotipati. E no avere a che fare con stereo. Io sapere. Io no ignorante anche se sembrare parlare come ignorante vostra buffa lingua complicata. Missus Boss, il mandriano, il bimbetto, il cattivone… Quanto essere stereotipati. E poi situazioni troppo alla Via col vento, troppo da pellicola fuori dal tempo, troppo melò, persino per il cinema melò di Baz Luhrmann. Io no piacere Australia. Io però tenere me in testa e per sempre me in cuore due cose del film: “Somewhere Over the Rainbow” e Missus Boss! Missus Boss!
(voto 5,5/10)

"Noi no parlare così, stupido Cannibale. Nostro Dio maledire te!"

Post pubblicato anche su L'OraBlù, con tanto di minimal poster aborigeno creato da C(h)erotto.




sabato 29 settembre 2012

E visse con un felafel in mano

"Hey, fermi tutti, non posso morire così. Non ho un felafel in mano!"
E morì con un felafel in mano
(Australia, Italia 2001)
Titolo originale: He Dies with a Felafel in His Hand
Regia: Richard Lowenstein
Cast: Noah Taylor, Emily Hamilton, Romane Bohringer, Alex Menglet, Brett Stewart, Damian Walshe-Howling
Genere: esistenziale
Se ti piace guarda anche: Trainspotting, The Rum Diary

Cult, stracult e strafigo?
E morì con un felafel in mano è uno di quei film scritti in una maniera talmente ispirata, che ti fanno venire voglia di riprendere in mano un diario, meglio se una Smemo, come quando eri al liceo per appuntarti sopra le citazioni più fiche.
Il protagonista infatti è uno pseudo scrittore fallito in cui è facile ritrovarsi. Almeno, per me è stato facile ritrovarmi. Vive in una casa a Birbane, in Australia, insieme a un gruppo di coinquilini che più strambi e allucinati non si potrebbe e non ha grossi piani o prospettive nella vita. Lo stesso si può dire per il film. La trama non è che vada in chissà quali direzioni. Nemmeno le cerca. Non ha grossi sviluppi o evoluzioni/rivoluzioni. Il film vive di vita propria, come un individuo indipendente e autosufficiente. Questo è il pregio così come anche il suo limite principale.

Cosa succede, nel corso della pellicola?
Ma niente, fondamentalmente niente. L’unico grosso cambiamento cui assistiamo è quello di appartamento. Il protagonista passa da una prima casa (la più divertente), a una breve tappa in una seconda, fino a una terza con una serie di roommates folli quasi quanto quelli della prima, che poi tornano a trovarlo pure lì e insomma questo film non parla di niente e parla di tutto e si riavvolge su stesso e non succede niente o forse succede tutto, perché così è la vita.

"Il posto ideale in cui leggere il libro di Cannibal è il cesso,
ma anche la vasca può andare..."
Il segreto di un lavoro valido è proprio quando, pur non parlando di niente, parla bene.
La sceneggiatura funziona alla grande quindi più che altro per i suoi dialoghi riusciti e per il modo grottesco e divertente di tratteggiare i suoi personaggi. Si sente la forte influenza letteraria, e infatti è tratta dal romanzo omonimo di John Birmingham.
Laddove la pellicola funziona meno, e per questo non riesce a entrare di diritto tra i megacult cannibali assoluti, è da un punto di vista registico. Non che sia girata male dal videoclipparo (soprattutto per INXS e U2) Richard Lowenstein, ma nemmeno si può dire sia una visione visivamente folgorante. Funziona a parole, meno a livello di immagini. Dettaglio mica secondario, per un film.
"Dopo Alice Cooper e i manzi di Magic Mike, la posso cantare anch'io:
in radio c'è un pulcino, in radio c'è un pulcino..."
Altro limite è una colonna sonora non proprio folgorante, usata perlopiù in sottofondo con pezzi poco memorabili di U2 (anzi no, sono i Passengers), l’immancabile australiano Nick Cave, più qualche pezzo già strautilizzato e strasentito ovunque come The Passenger di Iggy Pop e California Dreaming dei Mamas & Papas. E la soundtrack è un elemento fondamentale per una pellicola che aspiri allo status di cult, cui i produttori tra cui il nostro Domenico Procacci, anche noto come l'uomo che si fa Kasia Smutniak dopo Taricone, potevano pensare di più.

E poi, lo scompartimento attoriale. L’unico volto che si ricorda è quello del protagonista Noah Taylor, efficace nella parte dello scrittore sfigato ma con un’arma segreta in grado di mandare in delirio le donne. Però resta uno di quei attori che non mi convincono al 101%. Piuttosto anonimi e dimenticabili invece gli altri della crew, lontani dal lasciare il segno.
È su questi aspetti in particolare, regia, sountrack a cast, che il film non riesce a fare il salto di qualità che gli avrebbe permesso di essere una roba davvero grandiosa e memorabile che l’avrebbero potuto far diventare, chessò?, una sorta di Trainspotting australiano.
Cult, stracult e strafigo?
Quasi, però no.
(voto 7/10)

Post pubblicato anche su L'orablu.

giovedì 5 aprile 2012

Tre uomini e una commedia pecoreccia

Tre uomini e una pecora
(Australia, UK 2012)
Titolo originale: A Few Best Men
Regia: Stephan Elliott
Cast: Xavier Samuel, Kris Marshall, Kevin Bishop, Tim Draxl, Laura Brent, Olivia Newton-John, Rebel Wilson, Jonathan Biggins, Geordie Robinson
Genere: matrimoniale
Se ti piace guarda anche: Una notte da leoni, Quattro matrimoni e un funerale, American Pie - Il matrimonio, Le amiche della sposa, Il matrimonio del mio migliore amico

Oh. Oggi finalmente parliamo di cinema impegnato. Non capita spesso su Pensieri Cannibali, però questa volta si fa sul serio.
Sto parlando di cinema impegnato… a far divertire e a intrattenere, obiettivi in cui questo Tre uomini e una pecora riesce discretamente.

Il filone è quello ormai più che tradizionale della commedia matrimoniale, più goliardica che sentimentale. Se vi dico che questo è un incrocio tra Una notte da leoni e la via britannica al genere intrapresa da Quattro matrimoni e un funerale, il tutto realizzato in un’inedita versione australiana, potreste esservi già fatti un’idea ben precisa di Tre uomini e una pecora.
Sebbene, va precisato, questo filmetto pur essendo piacevole voli parecchio più basso rispetto a entrambi. Per fortuna, preciso anche, viaggia decisamente più in alto rispetto alla (peggior) variante italiana del genere: La peggior settimana della mia vita.

Per riassumere la pellicola, potrebbe comunque bastare una sola canzone:

Summer lovin' had me a blast
Summer lovin', happened so fast
I met a girl crazy for me
I met a boy, cute as can be
Summer days driftin' away,
To uh-oh those summer nights


Perché vi ho proposto questo momento musical con “Summer Nights”?
Forse perché sono strafatto di coca come capita ai protagonisti del film?
No. Se l’ho fatto è perché il testo della canzone rappresenta alla perfezione l’amore che sboccia tra i due protagonisti della pellicola, che sono anche il punto debole del film: Xavier Samuel è un attore visto in quelle robette di Eclipse e Anonymous, ma anche nell’efficace horror australiano The Loved Ones. Alle prese con la comedy sembra però tutt’altro che a suo agio. La tipa di cui si innamora è invece Laura Brent, biondina caruccia quanto pure lei anonima.

Fatto sta che questi due si incontrano un’estate e tra summer days & summer nights si innamorano. Solo che non fanno come tutti in queste situazioni, ovvero “Ciao ciao!” e chi s’è visto s’è visto alla fine dell’estate, ma decidono di… sposarsi. Nonostante lui sia inglese e lei australiana (in realtà entrambi gli attori sono marsupiali) e nonostante non sappiano granché l’uno dell’altra, vogliono fare il grande passo. Contenti loro...
Come spesso accade in questo tipo di film, i due promessi sposi non rappresentano però l’elemento più interessante delle pellicola. Come spesso o anzi diciamo sempre accade, i veri mattatori sono i testimoni. Alcune delle commedie americane più riuscite degli ultimi anni (Una notte da leoni e Le amiche della sposa) lo… testimoniano, appunto.
"Che c'è che non va? Come boyband saremmo meglio dei One Direction..."
D’altra parte lo dicono anche sia il titolo originale, A Few Best Men, che quello parecchio più stupidotto italiano: Tre uomini e una pecora. Sono infatti 3 i testimoni di nozze del futuro sposo Xavier Samuel, un orfano che ha solo loro come famiglia. E sono loro 3 che renderanno il matrimonio davvero fuori di testa.
I britannici portano i loro culi bianchi al sole dell’Australia, per delle nozze, ma non delle come tante: la promessa sposa è la figlia di un importante senatore e quindi tutto è organizzato alla grande. Naturalmente i tre testimoni dello sposo, da bravi casinari inglesi, sconvolgeranno tutto e tutti, creando un disastro dietro l’altro. Uno di loro, tra l’altro, si presenta con baffetto e pettinatura alla Adolf Hitler. Non si sa bene perché lo faccia, comunque strappa più di una risata.

Altrettanto naturalmente, non mancano i soliti espedienti tipici della buona (e anche meno buona) commedia goliardica che si rispetti. In primis, la droga. Questi Tre uomini ci vanno giù belli pesanti, visto che al posto delle solite cannette che si vedono nelle pellicole americane, loro si danno a roba più pesante.
Fantastico al proposito il discorso di uno dei testimoni dello sposo strafatto di coca. E fantastica pure la madre della sposa, che si unisce a loro tirandosi su qualche riga (di troppo).
E chi è la madre della sposa?
"Noi come girl band saremmo meglio delle Spice Girls, aahaah!"
Qui torniamo a Grease. È anche per questo che vi ho proposto quella cazzo di “Summer Nights”. Le cose mica capitano a caso, su Pensieri Cannibali. La madre è infatti interpretata da Olivia Newton-John. Sì, proprio lei, proprio la protagonista di Grease che è ancora una MILF (o GILF?) in ottima forma.


I personaggi di contorno, tra cui va menzionata anche la divertente finta-lesbica Rebel Wilson (comica australiana che aveva un piccolo ruolo anche nel sopra citato Le amiche della sposa), sono dunque il punto di forza di una pellicola che riesce a strappare più di un sorriso, soprattutto nel convulso crescendo cui assistiamo durante la cerimonia di nozze.
Altre cose funzionano meno. Oltre alla storielle d’amore principale, decisamente banale e stra-già-vista, annoveriamo le solite gag con gli animali. Dal titolo italiano, si capisce benissimo che un ruolo determinante sarà giocato non solo dai 3 testimoni dello sposo, ma anche dalla pecora. Era davvero necessario?
"E noi saremmo meglio degli... Animals!"
Voglio aprire una PETA-petizione per impedire ai cineasti di usare animali, almeno certi animali, nei loro film e telefilm.
Innanzitutto i cavalli, che poveretti rischiano di fare una brutta fine come capitato nella serie tv Luck (chiusa proprio in seguito alla morte di 3 cavalli), oppure rischiano di diventare protagonisti di atroci scapolavori come War Horse. Via anche le scimmiette, come quella di Una notte da leoni 2.
I cani invece si possono tenere, visto che nell’ultima annata sono stati strepitosi protagonisti in The Artist e Beginners. Sebbene in passato pure loro siano stati sfruttati per filmetti mediocri come Beethoven o Spot, tanto per lasciare fuori i vari celebri Lassie, Rin Tin Tin e Commissario Rex.

Se il film fosse stato Tre uomini e basta, invece di Tre uomini e una cazzo di pecora, sarebbe stato meglio. Però oh, la regola in questo genere di film vuole che ci siano per contratto anche dei poveri animali ridicolizzati e quindi teniamocelo così. Una commediola spensierata capace di far ridere (abbastanza) e che rappresenta un buon disimpegno. Registicamente non si segnala in alcun modo, nonostante il film porti la firma di Stephan Elliott, in passato autore degli interessanti The Eye - Lo sguardo con Ewan McGregor e Ashley Judd e di Priscilla, la regina del deserto e negli ultimi tempi convertitosi al genere nuziale prima con Un matrimonio all’inglese e ora con questo. Genere cui sarà unito… finché morte non li separi.
(voto 6+/10)

domenica 1 aprile 2012

(s)ex (f)actor e l'11 settembre della cultura americana

Un post su una pellicola e su una serie tv più o meno romantiche.
O, per fare quelli giusto un attimo tragici, un post sul declino della cultura americana.

(S)ex list
(USA 2011)
Titolo originale: What’s Your Number?
Regia: Mark Mylod
Cast: Anna Faris, Chris Evans, Ari Graynor, Blythe Danner, Ed Begley Jr., Heather Burns, Oliver Jackson-Cohen, Eliza Coupe, Kate Simses, Tika Sumpter, Chris Pratt, Zachary Quinto, Mike Vogel, Andy Samberg, Anthony Mackie, Aziz Ansari
Genere: romcom
Se ti piace guarda anche: Amici amanti e…, Amici di letto, Ancora tu!, 27 volte in bianco

Capita che vedo un film come (S)ex List e non lo considero solo una innocua commediola romantica come ne vengono prodotte, guardate e dimenticate in fretta tante e tante altre. No. Dentro ci devo vedere anche l’attuale declino della cultura americana. Forse della cultura occidentale tutta.
Il film è addirittura tratto da un romanzo, Tutte le volte di D. di Karyn Bosnak, che immagino sia un vero capolavoro. Dovevano ispirarsi a un libro, perché se no da soli non ce la facevano ad avere uno spunto  tanto “geniale” per il film.
Spunto che nasce dal semplice test-giochino che si può trovare nello spazio “rubriche scritte per scazzo” su una qualunque rivista femminile. Più un quesito, che un test-giochino vero e proprio: “Con quante persone sei andato a letto?”. Da una domanda del genere da cui, al massimo, ne può uscire l’articolo per un giornale, hanno deciso di farne un romanzo e poi persino un film!

"E dopo... tutti al cinema! Ma non a vedere (S)ex list!"
È qui che capisci che il cinema e forse l’intera cultura americana hanno davvero esaurito tutte le idee a disposizione e che, con una trovata alle spalle di questo tipo, non può che uscirne un filmetto prevedibile dal primo all’ultimo fotogramma…
Mi chiedo perché non me ne vado a Hollywood a scrivere sceneggiature di questo tipo e a fare così tanti soldi da fare schifo. In fondo, quanto sforzo e quanto tempo ci può volere per realizzare uno script del genere? Un pomeriggio, diciamo due se al secondo pomeriggio per fare gli scrupolosi ci dedichiamo alla rilettura, tanto per controllare se abbiamo fatto errori grammaticali?
(S)ex List segue infatti tutte le regole per realizzare una commediola sentimentale standard. Non c’è neanche un briciolo di originalità. Non c’è neanche una battuta divertente. Non c’è neanche un momento davvero romantico di quelli cui ai romanticoni si può sciogliere il cuore. A guardare bene, non c’è davvero niente dentro questo film.

L’occasione si può considerare ancor più sprecata considerando come la protagonista sia Anna Faris, attrice che di solito ci ha abituati a una notevole dose di ironia. Già solo la sua faccia da cartoon incollata sopra un corpo hot fa morire dal ridere. Ma non qui. Per quanto si sforzi, qui non fa davvero ridere. La sua parte è quella basic (non instinct) della tipa single che non riesce ad accasarsi, come invece fa la sorella in procinto di convolare a nozze.
Ci troviamo quindi nella classica situazione dei preparativi per un matrimonio, stile Il matrimonio del mio migliore amico o, meglio ancora, siamo dentro un Le amiche della sposa di serie B. Facciamo anche di serie Z.
Ma il “motore” della vicenda nasce dalla domanda da rivista femminile di cui parlavamo sopra: “Con quante persone sei andato a letto?”. Secondo il magazine, la media per una donna è sui 10 uomini, mentre se la cifra arriva a 20 si viene considerate delle sgualdrine.

"C'avrà anche stroncati, però quel Cannibal c'ha proprio ragione..."
Qual è il numero magico della protagonista del film?
19. Cosa che significa che da quel momento in poi potrà andare a letto soltanto con un altro uomo, quello che sposerà. L’alternativa, per “aggirare” il test, è farsi di nuovo un uomo con cui è già stata: in questo modo il suo punteggio non aumenta. Per rintracciare tutte le sue ex scopate si affida allora al vicino di casa fisicato e impiccione, Chris Evans. Quello dei Fantastici 4. La Torcia umana. O anche Capitan America. O anche quello che non azzecca un film da 10 anni, ovvero dal mitico esilarante sottovalutatissimo Non è un’altra stupida commedia americana che però risale ormai al lontano 2001.
Ah, no! mi correggo: nel 2005 ha fatto anche quella discreta ficata di London. Ma l’avremo visto in 4 o 5 al massimo in tutto il mondo. Nemmeno in 20, il minimo per essere considerato un film-sgualdrina.
Fatto sta che la Anna Faris inizia la prevedibile carrellata di uscite con gli ex, in una serie di scenette ben poco divertenti, alcune degne persino del cinepanettone, fino alla sconvolgente sorprendente rivelazione su chi scoprirà essere la sua vera anima gemella…
Un filmetto come tanti, forse. Di quelli pure guardicchiabili, forse. Oppure un allarmante segnale di come Hollywood si sia ormai incamminata su un viale del tramonto senza ritorno.
(voto 4/10)

Laid
(serie tv, stagione 1, pilot)
Rete australiana: ABC1
Rete italiana: non ancora arrivata
Creata da: Marieke Hardy, Kirsty Fisher
Cast: Alison Bell, Celia Pacquola, Toby Truslove, Abe Forsythe, Damon Herriman,Tracy Mann
Genere: black comedy
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A dimostrazione di come le idee non abitino più a Hollywood, arriva Laid.
Una serie australiana che non è niente di eccezionale. Carina e guardabile, però davvero niente di memorabile. Eppure gli americani hanno già acquistato i diritti per realizzarne un adattamento. Perché?
Perché Laid ha un’idea. Non un’ideona così sconvolgente, però una mezza idea simpatica e con un briciolo di originalità. E ormai gli americani appena intravedono un’idea, o anche solo l'idea di avere un'idea, ci si fiondano sopra per farla loro.
Laid non è molto distante dal film (S)ex List che ho massacrato di cui ho parlato sopra: anche qui la protagonista si trova ad avere a che fare con i suoi ex.
Bene, e allora?
L’idea originale è che in Laid questi ex muoiono. Improvvisamente quanto inesorabilmente, i suoi ex cominciano a morire. Uno dopo l’altro. Stecchiti.
Tutto qua. Ve l’ho detto, niente di sconvolgente. Eppure abbastanza affinché gli yankee si fiondassero ad acquistarla per un remake a stelle e strisce che probabilmente sarà realizzato con mezzi più professionali, con un budget più alto, con una protagonista più gnocca (l’australiana Alison Bell è parecchio anonima, per non dire di peggio), e magari con qualche personaggio di contorno più accattivante.
L’11 settembre era stato un primo segnale del declino a livello politico. La recente crisi un secondo segnale del declino economico. La fine delle idee nell’industria dell’intrattenimento, quella su cui gli Stati Uniti hanno costruito la loro vera egemonia, un terzo segnale preoccupante. Perché se si arrivano a saccheggiare le idee persino da una serie marsupiale non brutta ma davvero mediocre come questa Laid, chiamatemi pessimista, però io ci intravedo la fine della cultura e forse addirittura della società americana.
(voto 5,5/10)

giovedì 24 novembre 2011

Domani è un’altra saga, si vedrà

The Tomorrow Series - Il domani che verrà
(Australia 2010)
Titolo originale: Tomorrow, When the War Began
Regia: Stuart Beattie
Cast: Caitlin Stasey, Rachel Hurd-Wood, Phoebe Tonkin, Lincoln Lewis, Deniz Akdeniz, Chris Pang, Ashleigh Cummings, Andrew Ryan
Genere: teen war
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Arriva il concorrente australiano delle saghe di Twilight e Harry Potter?
Mmm… non esattamente.
Questa pellicola è sì tratta dal primo romanzo di una saga serie letteraria di enorme successo soprattutto nella patria Australia firmata da tale John Marsden con milioni di copie vendute, un fenomeno di culto dall’altra parte del mondo e dai buoni riscontri anche in America, mentre da noi è meno popolare. Rispetto a Harry e a Twilight qui non ci troviamo però a che fare né con i maghetti né con i vampirelli, ma con un tema più tosto e duro: la guerra.
Ci vanno mica leggeri, ‘sti australiani, ci sarebbe da pensare. Va però tenuto conto che resta pur sempre una saga per teenagers e quindi non è che dovete aspettarvi il nuovo Apocalypse Now. Tutt’altro. Comunque è apprezzabile il tentativo di scostarsi almeno dai soliti territori new-fantasy tanto in voga oggi, quindi facciamo un passo indietro…

"Massì, ma che vuoi che succeda mentre noi ci facciamo uno spiedino?
Scoppierà mica la guerra..."
Un gruppo di ragazzi più o meno conoscenti decide di partire per una breve vacanza estiva prima di ricominciare la scuola e così se ne vanno tutti quanti in allegria in campeggio nei boschi. Bene bene, sembra il preludio a un bell’orrorino in cui verrano squartati brutalmente. Giusta pena per chi decide di andarsene in vacanza in mezzo a zone da Blair witch project, anziché al sole di Ibiza o tra i canali di droga di Amsterdam, tanto per dire un paio di mete a caso. Chi va in campeggio, l’abbiamo visto anche con il recente The Woods, è d’altra parte destinato a fare una brutta fine. Almeno nei film. O almeno negli altri film. Qui infatti andarsene via si rivela la loro salvezza.
Al loro ritorno, i ragazzi infatti ritrovano la città deserta e i genitori spariti. A questo punto il film sembrerebbe virare dalle intenzioni horror iniziali, poi deluse, verso una commedia alla Mamma ho perso l’aereo. La situazione è però un pochetto più drammatica rispetto a quella sperimentata dal Kevin/Macaulay Culkin nel film che ho più visto nel corso della mia infanzia. La situazione è che i genitori e tutte le altre persone sono state sequestrate da un misterioso governo ostile che sembrerebbe essere entrato in guerra contro l’Australia.
Chi può volere del male alla pacifica terra di koala e canguri (evvai di stereotipi!)? E chi può aver organizzato in appena un weekend una guerra lampo del genere?
Mussolini?
Hitler?
Berlusconi???

Il film parte da presupposti piuttosto intriganti e riesce anche a evitare qualche solita stupidaggine tipica dei film americani. Ho detto Twilight? Peccato che per il resto la visione scivoli guardabile, ma anche senza particolari motivi di interesse, in una sorta di survival movie tra gli splendidi paesaggi australiani e qualche cotta adolescenziale che contribuisce a rendere più teen (a tratti troppo teen persino per i miei gusti…) e leggera la tematica affrontata della guerra. Il limite principale del film è proprio quello di metterci davanti a un problema bell(ic)o tosto e poi non svilupparlo come si deve. A tratti ci illude, questo The Tomorrow Series, ci mette davanti a qualche buona intuizione e a qualche spinoso dilemmone morale, ma ben presto le sue buone intenzioni si sgonfiano.

Meno appealing di Harry Potter e meno comico di Twilight, questa serie non ha le carte in regola per fare breccia anche dalle nostre parti, eppure il suo finale aperto lascia intendere che la saga cinematografica proseguirà con gli altri adattamenti della serie letteraria, risultati del box-office permettendo…
Di non grande richiamo anche il cast del film, in cui ci sono una serie di volti più che altro sconosciuti in cui spicca Phoebe Tonkin, fighetta streghetta stronzetta della nuova serie tv The Secret Circle qui presente in versione bionda. Ma il personaggio migliore non è nel gruppo di bravi ragazzi protagonisti, bensì è il fattone che incontrano strada facendo, interpretato da un certo Andrew Ryan. Un tizio che mentre là fuori è scoppiata la guerra lui se ne sta tranquillo tranquillo in casa sua a farsi le canne. Un tizio che dev’essere fatto presidente dell’Australia. Subito.

A livello cinematografico siamo ai minimi indispensabili, d’altra parte la regia è firmata dall’esordiente Stuart Beattie, uno che con questo nome mi fa venire in mente il topo Stuart Little, ma anche uno che si è fatto le ossa con le sceneggiature dei Pirati dei Caraibi, mica Quarto potere.
Il momento più azzeccato di una visione innocua ma sostanzialmente non troppo odiosa è la battuta sul fatto che i libri di solito siano meglio dei film che poi ne vengono tratti. Mi sa che è anche questo il caso. E allora concediamo a questo epico (più nelle intenzioni che nei risultati) Il domani che verrà di possedere almeno un pizzico di autoironia. Per le risate vere, però, meglio rivolgersi alla saga di Twilight!
(voto 5,5/10)

sabato 5 marzo 2011

Il partito dell'amore

The Loved Ones
(Australia 2009)
Regia: Sean Byrne
Cast: Xavier Samuel, Robin McLeavy, John Brumpton, Jessica McNamee, Richard Wilson, Victoria Thaine
Genere: australian psycho
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Non ancora uscito in Italia

Trama semiseria
Classica storia da teen movie americano? Non proprio e non solo perché qui ci troviamo in Australia: il protagonista belloccio è corteggiato da tutte le tipe per il Prom, il ballo di fine anno, ma lui ha già una ragazza e quindi è costretto a spargere due di picche in giro. Una tipa rifiutata però può diventare pareeecchio pericolosa e per punizione cosa combina? Gli fa vedere tutti gli episodi mai girati del telefilm Renegade con Lorenzo Lamas? No, gli farà persino di peggio…

Recensione cannibale
C’è qualcosa di più spaventoso del Festival di Sanremo 2011? Pensate di no? E invece per quanto sia difficile da credere ecco quello che è stato definito in giro da vari blogger (a partire da Malpertuis) uno dei migliori horror degli ultimi anni. E mica a torto. The Loved Ones è un film australiano girato con pochi soldi ma tante idee. Niente di rivoluzionario o di mai visto prima, eppure l’impressione è quella di trovarsi di fronte a un film parecchio originale, realizzato con tocco personale dal promettente debuttante Sean Byrne.
Se la partenza è da film adolescenziale classico, lo svolgimento vira poi nel torture movie più folle e splatteroso immaginabile. Probabilmente è proprio la forza dei contrasti l’arma vincente di questa riuscita pellicola dell’orrore: da una parte ci sono le solite tematiche teen, tra cotte liceali e canzoncine pop che sembrano uscite da Dawson’s Creek, come il leit motiv del film “Not Pretty Enough” di Kasey Chambers, una di quelle melodie che vi ritroverete a canticchiare sotto la doccia anche voi duri & puri tutto metal & horror movies. Dall’altra parte abbiamo invece una coppia padre e figlia davvero degenerata e fuori di testa, un rapporto malato di quelli alla Sabrina e Michele Misseri che fa partire il film verso una versione degenerata e folle della Famiglia Addams virata Kynodontas.



La ragazza e il suo dolce paparino si divertono infatti un mondo a torturare il povero ragazzo che ha osato dirle di no per il Prom di fine anno e ci sono scene fisicamente urtanti che rendono questo film una visione consigliata e indispensabile per tutti gli amanti degli horror belli forti, mentre gli spiriti più impressionabili è meglio che ripieghino su qualcosa di più soft tipo una commedia con Katherine Heigl. E viceversa: lo stomaco degli horror-fan potrebbe non reggere con facilità a un film sdolcinato con Katherine Heigl, ma di questo ritorneremo a parlare prossimamente.

Sul fronte cast da segnalare la notevole e inquietante protagonista pretty in pink Robin McLeavy: una delle più grandi bitches nella storia del cinema de paura (e non solo di quello), una Australian Psycho in piena regola di quelle che così fulminate non ne fanno mica tante. È lei la forza devastante di questo film, che ha come altro pregio enorme un’atmosfera fuori dal tempo da horror vecchia maniera, a cavallo tra i 70s e gli 80s come il notevole The House of the Devil. Ad addolcire la pillola di una storia davvero agghiacciante ci sono dosi massicce di humor nero e un intreccio secondario che ci racconta del migliore amico sfigato del protagonista che porta al ballo una ragazza metallara e sballona; una sottotrama che apparentemente ha poco a che fare con la vicenda principale ma che in realtà contribuisce ad alleggerire un film che altrimenti sarebbe stato di una violenza persino insostenibile.
Pretty in pink? No, pretty in blood.
(voto 7,5, ma film solo per stomaci forti)

Canzone cult: Kasey Chambers “Not Pretty Enough”

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