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martedì 30 agosto 2016

The Get Down, the best new series in town





The Get Down
(serie tv, stagione 1)

Non hai ancora visto The Get Down?
Come telefilo fai ridere, sei solo un clown
È una serie da non perdere non solo per i fan dell'hip-hop
ma anche per tutti quelli a cui piace far binge-watching non-stop

Lo sapevi che va in onda su Netflix?
È un servizio di streaming più eccitante del sex
E lo sapevi che i protagonisti vivono nel South Bronx?
È un posto più pericoloso di una convivenza con Amanda Knox

(rit.)
Hip-hop hooray for The Get Down
the best new series in town
Hip-hop hooray for The Get Down
the best new series in town

martedì 28 maggio 2013

IL VECCHIO GATSBY


Il grande Gatsby
(USA 1974)
Regia: Jack Clayton
Sceneggiatura: Francis Ford Coppola
Tratto dal romanzo: Il grande Gatsby di F. Scott Fiztgerald
Cast: Robert Redford, Mia Farrow, Sam Waterston, Bruce Dern, Karen Black, Scott Wilson, Lois Chiles, Edward Herrmann, Kathryn Leigh Scott, Patsy Kensit
Genere: classico
Se ti piace guarda anche: Il grande Gatsby (2013), Le regole della casa del sidro, Boardwalk Empire

Vedere Il grande Gatsby nella versione anni '70 firmata da Jack Clayton dopo Il grande Gatsby di Baz Luhrmann è come vedere il giro di prova di un gran premio di Formula 1 una volta terminata la corsa. Se Luhrmann tira ogni marcia al limite, sfrutta ogni cordolo, spinge ad ogni rettilineo come se non ci fosse un domani, Clayton frena prima di ogni curva, non supera mai i limiti di velocità e va spedito quanto una nonnina su una vecchia Panda scassata. E pensare che il mezzo che hanno sotto al culo è lo stesso. È la Ferrari della letteratura americana. È Il grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald.
Testimonianza visiva delle mie parole sono le due scene in cui Nick Carraway va in auto con Jay Gatsby: un viaggio spericolato e a perdifiato nella versione con DiCaprio al volante, un rassicurante viaggio che al confronto A spasso con Daisy è un action movie ci aspetta invece nella versione con Robert Redford.

"Grazie Gatsby, questo appuntamento è meglio di un'esterna di Uomini e Donne."
Un ottimo confronto/scontro tra le due versioni l’ha già fatto il sito Cinemalato, quindi non starò a replicarlo, anche perché secondo me la pellicola di Baz Luhrmann è in tutti gli aspetti superiore, più grandiosa e figa di quella degli anni ’70. Più che uno scontro, mi limiterò a testimoniare allora il massacro della nuova versione rispetto a quella precedente.

Per prima cosa la regia. Qui non c’è proprio competizione, siamo su due pianeti differenti. Il fu Jack Clayton si limita a girare tutto in maniera molto classica, con stile da sceneggiatone televisivo. Sembra si sia limitato a trasporre quanto scritto da Fitzgerald, senza aggiungere il minimo tocco inventivo. Tutt’altro lavoro lo compie Baz Luhrmann, che ci mette dentro la sua visione, il suo cinema, la sua creatività. Cosa che significa un montaggio dal ritmo elevato, che aumenta notevolmente il coinvolgimento nei confronti della storia, rispetto a una versione dei 70s troppo calma e lenta. Cosa che significa anche l’utilizzo delle tanto contestate canzoni di oggi, applicate a un contesto anni ’20. Una mossa che può aver scandalizzato giusto chi non ha mai visto Moulin Rouge!, e una mossa che rende il suo film più attuale e frizzante.

"Daisy, si può sapere perché hai un preservativo in testa?"
"E che gatsbyta ne so, io?"
Volete un esempio?
Facciamo un paragone. Il grande Gatsby del 1974 suona come quelle cover band di periferia che abbondano nei locali. Quelle tribute band a Vasco, ai Queen, persino ai Negramaro. Vi rendete conto che esistono tribute band dei Negramaro?
Ecco, tali gruppi si limitano a suonare i pezzi imitando il più possibile gli originali. Più sono fedeli, meglio è. La minima variazione viene infatti vista dai fan hardcore come una bestemmia. Baz Luhrmann a fare delle cover del genere non gliene può fregare di meno. Lui ci deve mettere del suo, in una storia. Che riprenda il Romeo + Giulietta di William Shakespeare o un altro grande classico come Il grande Gatsby di Fitzgerald, lui suona la sua musica. Ci regala una interpretazione tutta personale di qualcosa di già famoso, rendendolo nuovo, come se fosse cantato, pardon narrato per la prima volta.
Le scene delle feste del suo film sono esaltanti e, pur proponendo della musica di oggi, anzi proprio per questo, rendono al meglio quello che doveva essere il clima dei party scatenati negli anni ’20. La fredda e precisina messa in scena del film di Jack Clayton non ci fa invece assaporare, se non in minima parte, la trasgressione e la glamourosità di tali eventi. In tal senso, l’elaborazione post-moderna è la scelta migliore per fare gustare a noi pubblico ggiovane di ogggi il clima dell’epoca.
A livello puramente personale, non vedo davvero il senso di riproporre in maniera sterile un film ambientato negli anni ’20 con lo stesso stile degli anni ’20. Per quello c’è già il romanzo, ci sono già le versioni cinematografiche del 1926 e del 1949, oltre a quella del 1974. La versione 2013 è qualcosa di differente, la riproposizione attuale migliore possibile di un classico. Una maniera più efficace di raccontare le storie di ieri con l’occhio di oggi come quello mostrato in Romeo + Giulietta o nel nuovo Il grande Gatsby non riesco a immaginarlo. Io a questo punto farei girare a Baz Luhrmann tutti i classici della letteratura mondiale. La Bibbia in versione Baz Luhrmann? Correrei a vederla subito.

Anche i personaggi nelle mani del regista australiano diventano più intriganti, più vivi, e qui il merito va pure allo strepitoso cast. Dopo averci tanto pompato la figura di Gatsby e averlo avvolto in un’aura di mistero, la prima apparizione di Robert Redford in solitaria è parecchio sottotono. Tutt’altra storia l'arrivo di Leo Gatsby in mezzo alla folla, un ingresso da prima donna in perfetto stile Luhrmann. La pellicola 2013 è poi maggiormente incentrata sul grande personaggio del titolo, grazie a una interpretazione più sentita e sofferta del Peppino DiCaprio rispetto a quella un po’ svogliata del Redford, e grazie a un maggiore spazio a lui dedicato dalla narrazione, con un efficace flashback sulla sua gioventù. Questo avviene forse perché, come sottolinea Valentina Ariete del blog Eyes Wide Ciak, “il regista non si è immedesimato nel protagonista, ovvero lo scrittore Nick (Tobey Maguire), come invece fa Fitzgerald, quanto piuttosto in Gatsby, vero deus ex machina del racconto.”

Nick Carraway a sua volta viene ritratto da Tobey Maguire in versione più nerdosa, come un estraneo che si ritrova catapultato in un mondo non suo, nonostante pure lui sia cresciuto in una famiglia benestante. È un po’ come il Seth Cohen della serie tv The O.C., sebbene più serioso e privo di quell’ironia indie pre-twitteriana. O come una versione più simpatica del Dan Humphrey di Gossip Girl, tanto per restare in ambito di telefilm teen.
Nella versione 1974 c’è invece Sam Waterston, attore rivisto di recente nella serie The Newsroom, pure lui, va riconosciuto, piuttosto efficace nei panni del Carraway.

L’attore che interpreta Tom Buchanan nella vecchia versione sembra invece il comico Will Ferrell, ma non è il padre di Will Ferrell, bensì il padre di Laura Dern, la protagonista di Inland Empire, Velluto blu e Cuore selvaggio di David Lynch. Si tratta di  Bruce Dern, attore premiato un paio di giorni fa al Festival di Cannes come migliore attore. Non male il suo Tom Buchanan, ma convince ancora di più il nuovo Joel Edgerton, che offre la sua migliore interpretazione dopo essere apparso piuttosto imbambolato in film come Warrior o La cosa. Bene anche tutti i personaggi minori, con le fanciulle Isla Fisher, Elizabeth Debicki e Adelaide Clemens più sexy e stilose delle loro antenate colleghe Karen Black, Lois Chiles e Kathryn Leigh Scott. L’unico a perdere il confronto è allora Jason Clarke, parecchio più a suo agio come agente della CIA in Zero Dark Thirty che non come benzinaio sfigato qui, battuto da Scott Wilson, oggi interprete di Hershel Greene in The Walking Dead.

Piccola nota curiosa: la figlia di Daisy che appare in una breve scena è interpretata da una giovanissima Patsy Kensit!

E veniamo proprio a Daisy, il personaggio più controverso. Mia Farrow fisicamente non mi piace proprio e anzi, mi inquieta assai. Sarà per via di Rosemary’s Baby? Non mi sembra possieda quindi il fascino adatto da giustificare che uno come Robert Redford dedichi la sua intera esistenza a conquistarla. Al di là di questo parere estetico soggettivo, la Daisy stronza e parecchio odiosa da lei portata su grande schermo sembrerebbe più fedele a quanto concepito da Fitzgerald.

Il personaggio portato nei cinema di oggi da Carey Mulligan è invece quello di una Daisy un attimo più umana. Più tenera. Laddove la capricciosa Mia Farrow ti veniva voglia di scaricarla in mezzo all’autostrada, Carey possiede invece quel fascino da cucciola abbandonata che ti viene voglia di portare a casa con te. In questo senso, l’ossessione di Gatsby nei suoi confronti appare più sensata.

ATTENZIONE SPOILER
La scelta di addolcire un po’ il personaggio di Daisy, tra l'altro, rende ancora più amara e inaspettata la mazzata del finale.
E a proposito del finale, pure in questo caso Luhrmann la sfanga in una maniera migliore rispetto al film di Jack Clayton, che pure poteva vantare una sceneggiatura firmata dal Signor Francis Ford Coppola, evidentemente impegnato più che altro a terminare il compitino in maniera diligente da bravo studente, piuttosto che metterci un po’ di inventiva. Luhrmann decide di tagliare via il personaggio del padre di Gatsby, di cui in precedenza si era fatto a mala pena menzione, che appesantisce la versione del 1974, per concentrarsi sulla grande solitudine di Gatsby e sul suo rapporto con Carraway, il suo unico amico. Una mossa che rende la pellicola ancora più emozionante. Tanti hanno accusato il film di essere freddo, sarà colpa del personaggio di Daisy?, ma a me è sembrato piuttosto l’opposto. È semmai una pellicola molto carica, a livello visivo quanto emotivo, laddove la versione di Clayton è carente sotto entrambi gli aspetti.

In pratica, per quanto guardabile, quello del 1974 è un piccolo Gatsby. È tutto meno. Meno intenso, meno emozionante, meno, molto meno spettacolare. Tranne il sudore. Nella pellicola di Jack Clayton i protagonisti sudano ancora di più, ed è una cosa anche abbastanza disgustosa. A parte questo dettaglio, è tutto troppo meno. O, forse, è semplicemente Il grande Gatsby di Baz Luhrmann a essere tutto troppo più.
(voto 6/10)



E questo è il poster realizzato dal mio grafico di fiducia C[h]erotto (che ovviamente ha anche realizzato il mio nuovo header) su Il grande Gatsby per la serie Minimal Incipit.
Cosa sono i Minimal Incipit?
Una serie di poster in cartone dedicati ad alcuni classici della letteratura, da adesso acquistabili sul sito Minimal Inc.


lunedì 27 maggio 2013

STI GRAN GATSBY!


Il grande Gatsby è un grande film.
Grande quanto?

GRANDE COSI’


Fine della recensione.

Dopo aver dedicato una intera retrospettiva ai precedenti lavori di Baz Luhrmann, ovvero

me la cavo così?
E no, dai. Vi beccate un post completo. E pure uno di quelli GRANDI

"Io ancora ridere per recensione cannibale di Australia."
Il grande Gatsby
(Australia, USA 2013)
Regia: Baz Luhrmann
Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Craig Pearce
Tratto dal romanzo: Il grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald
Cast: Tobey Maguire, Leonardo DiCaprio, Carey Mulligan, Joel Edgerton, Elizabeth Debicki, Isla Fisher, Jason Clarke, Adelaide Clemens, Callan McAuliffe, Gemma Ward
Genere: grandioso
Se ti piace guarda anche: Romeo + Giulietta, Moulin Rouge!, Quarto potere, The Aviator, Boardwalk Empire, Big Fish

Uno nella vita dovrebbe fare quello che gli riesce meglio. Va bene sperimentare, tentare cose differenti, arrischiarsi su sentieri poco conosciuti, ma poi è meglio raccogliere le esperienze fatte e utilizzarle all’interno di ciò che si sa fare in una maniera migliore di chiunque altro. Per me con Il grande Gatsby Baz Luhrmann ha fatto qualcosa di simile ai Daft Punk. Con il loro nuovo album capolavoro “Random Access Memories” sono tornati a suonare la musica che gli riesce meglio, la Disco, come in Discovery. Senza proporre una sterile e nostalgica replica di quell’album, o della Disco anni Settanta, bensì riformulandola con una sensibilità nuova.
Baz Luhrmann con la sua versione de Il grande Gatsby sembra seguire lo stesso approccio. Il suo precedente Australia si era rivelato un melodrammone troppo old-style, in cui giusto nei primi minuti di pellicola si intravedeva intatto il suo stile, per poi trasformarsi in una copia poco inventiva dei film della vecchia Hollywood. Con Australia, non è come se Luhrmann avesse voluto girare il suo personale Via col vento, è come se avesse voluto girare proprio Via col vento, in versione australiana, rinunciando quasi del tutto al suo spumeggiante approccio post-moderno.
Chiusa quella sbadigliosa parentesi classica, il Baz nostro è tornato a fare quello che sa fare meglio. Lo sborone post-moderno. E sti gran Gatsby se gli riesce bene!

"Smettetela subito di chiamarmi Caz Luhrmann e concentratevi!"
Baz Luhrmann dà il suo meglio quando gioca in trasferta. I suoi film australiani sono i più deboli della sua filmografia: Ballroom - Gara di ballo è un esordio promettente, però è ancora parecchio acerbo e lascia intravedere solamente i barlumi della grandeur futura. Australia come detto è un noioso, seppur non del tutto disprezzabile, inno d’amore al cinema classico e poco altro. È invece solo quando si confronta con l’estero, che il Baz nostro disputa le sue partite migliori. Con Romeo + Giulietta si è confrontato con il mito assoluto della drammaturgia britannica, Will the Pelvis in Stratford Shakespeare, e ne è uscito vincitore. Con Moulin Rouge! ha pigliato il locale simbolo di Parigi e della Francia bohèmienne tutta e ha siglato una nuova splendida rete. Adesso è andato a tirare fuori dallo scaffale uno dei grandi classici della letteratura americana del Novecento, Il grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald, ha soffiato via la polvere e gli ha aggiunto colore.
Ora, potrei fare un confronto tra romanzo e pellicola, ma non lo farò perché:
1) Risulterei ancora più pretenzioso di quanto sono di solito.
2) Volevo leggere il libro prima di vedere il film, ma non ho fatto in tempo e così si va ad aggiungere al lungo elenco di letture che dovrei assolutamente recuperare prima di morire.

"Ma che ci troverà tanto di sospetto nelle mie feste, questa Ilda Boccassini?"
Non avendo letto il libro, non so quanto ci sia di fitzgeraldiano in codesta pellicola. Quel che so di certo è che i personaggi sono stati resi al 100% luhrmanniani. Su tutti lui, il grande del titolo. Jay Gatsby va a raccogliere il testimone dei precedenti idealisti, quelli innamorati dell’amore, quelli che tutto è sempre una questione di vita e di morte, quelli come Romeo (il giovane Leo DiCaprio) e come Christian (Ewan McGregor) di Moulin Rouge!. Oltre che un inguaribile ottimista, uno che vive nell’eterna speranza, Gatsby è anche un personaggio estremamente misterioso. Uno che farebbe di tutto pur di incontrare Daisy (Carey Mulligan) e che, se non avesse le splendide fattezze di Leonardo DiCaprio, sembrerebbe solo uno schifoso inquietante stalker e basta.
Invece no. Gatsby non è uno stalker. Gatsby è un grande punto interrogativo, un uomo che tutti conoscono, ma che nessuno conosce veramente. Come Don Draper della serie tv Mad Men. O ancora come il colonnello Kurtz di Apocalypse Now. Un uomo sul cui conto girano le leggende più disparate, alcune delle quali messe in giro da lui stesso, proprio come l’Ed Bloom di Big Fish, che Ewan McGregor ha intepretato subito dopo Moulin Rouge!, sarà un caso?
Il grande Gatsby assomiglia allora a un thriller, con il narratore Nick Carraway (un Tobey Maguire perfetto) che cerca di risolvere il mistero, prova a farsi largo in quella nebbia che è la vita di Gatsby. Una nebbia dietro alla quale si cela una luce, verde come la speranza.
La speranza è rappresentata da Daisy, una Carey Mulligan di una bellezza abbagliante, che illumina lo schermo e illumina anche un personaggio non particolarmente simpatico, ma che nel romanzo pare fosse ancora più disprezzabile. Peccato solo che Daisy sia sposata con quel gran pezzo di stronzone di Tom Buchanan, un Joel Edgerton bravo davvero a fare il gran pezzo di stronzone, sarà anche questo un caso?

"Chissà se in questo film riuscirai a sopravvivere fino alla fine, eh Leo?"
Una storia d’amore, dunque? Oppure un thriller alla scoperta dei misteri di Gatsby?
Il primo mistero è: da dove arrivano i suoi soldi? Dalla compravendita immobiliare? Dalla mafia? Da Craxi?
Il secondo e più grande è: chi è, chi è davvero Gatsby?
Il film è allora più di ogni altra cosa un’indagine ad personam alla Quarto potere, cui il regista sembra guardare come modello d’ispirazione e che ripropone in una riuscita chiave post-moderna. La sua chiave, il suo cavallo di battaglia, ché come fa il post-moderno Luhrmann nessuno mai.
Al Baz nostro non sembra interessare parlare solo degli anni ’20, lui preferisce raccontare l’America degli ultimi 100 anni tutta. Il decennio in cui è stato scritto il romanzo rivive nelle scenografie sfavillanti, nei costumi firmati da Prada, nei completi di Brooks Brothers e altri marchi molto fashion, nella Rapsodia in blu di George Gershwin, nei suoni jazzati campionati (o, se siete tra i detrattori, stuprati) da vari artisti di oggi, su tutti Jay-Z che ha curato in prima persona la colonna sonora. Elementi retrò remixati però con uno stile attuale, in maniera analoga a quanto fatto in Moulin Rouge! o più di recente anche dal Quentin Tarantino di Django Unchained; western-rap in quel caso, swing-hop in questo. Una scelta azzeccata (sebbene un will.i.am ce lo poteva anche tranquillamente risparmiare e al suo posto avrebbe potuto svettare un Justin Timberlake), con vertici nell’esaltante “Who Gon Stop Me Now” di Jay-Z e Kanye West nella splendida scena della prima seconda sbronza di Tobey Maguire, nel languido leitmotiv “Young and Beautiful” di Lana Del Rey e nella dolce “Together” dei The xx. Una scelta in grado di rendere più appetibile la vicenda al pubblico di oggi. Non una ruffianata, forse giusto un pochetto, ma il marchio tipico dello stile di Baz Luhrmann. A questo giro, il regista non stupisce più come ai tempi di Romeo + Giulietta e Moulin Rouge!, ovvio, però lo propone adesso con una naturalezza impressionante e imprimendo al racconto un ritmo e una tensione drammatica come pochi altri registi al mondo sanno fare.
“Non si può ripetere il passato,” Nick avverte Gatsby nel film, ma Luhrmann, così come Gatsby, non sembra dello stesso avviso. Ripetere il passato si può. Eccome se si può. Basta ripeterlo nella propria personale maniera. Il tempo per Baz Luhrmann è qualcosa che scorre in una maniera diversa da come scorre per tutti gli altri essere umani. Passato e futuro si mescolano in un eterno presente. I suoi film non sono retrò, non sono classici, non sono moderni e forse non sono nemmeno post-moderni. Semplicemente esistono ed è come se fossero sempre esistiti.

"Giulietta, sono contento che sei ancora viva e sei diventata un'agente della CIA.
Adesso però attacco, che sto aspettando una telefonata da quella stronza di Daisy!"
Il grande Gatsby di Baz Luhrmann non è quello di Fitzgerald. È il suo Gatsby. Il grande Gatsby di Luhrmann è una storia lacerante nascosta sotto una patina glamour, è Quarto potere e Gossip Girl, è Boardwalk Empire e Revenge, è George Gershwin e Lana Del Rey, è Romeo + Juliet e Jay-Z + Beyoncé, è gli anni ’20 e il presente, è tradizione e modernità, è il battesimo dell’idealismo romantico e il suo inevitabile funerale, è guardarsi dentro e vedere il mondo fuori, è grande letteratura che si fa grande cinema.
Alle critiche nei confronti del film, la risposta migliore la dà Nick Carraway/Tobey Maguire: “Loro sono tutti marci, tu da solo vali più di tutti loro messi insieme.”
Perché, checché se ne dica in giro, Il grande Gatsby è un grande film, vecchi miei.
(voto 9/10)



Dove correte?
Aspettate a lasciare la sala. Per voi ammiratori del grande Gatsby, ma anche per quei birboni dei suoi detrattori, ecco a voi…

IL GRANDE TEST
Dimmi cosa mangi e ti dirò quale personaggio de Il grande Gatsby sei


1 - La tua arma di seduzione:
A) Lo sguardo da nerd imbambolato
B) Lo sguardo da cucciolo bastonato
C) I muscolazzi
D) Un finto sorriso di circostanza

2 - Suona il telefono…
A) Non rispondo, tanto saranno quelli di Infostrada
B) Uff, sarà qualche mio fans
C) Meglio rispondere in privato, non si sa mai…
D) Corro al telefono, magari è il mio amato/la mia amata

3 - La canzone che potrebbe fare da colonna sonora alla tua vita:
A) Caparezza “Fuori dal tunnel”
B) Lana Del Rey “Young and Beautiful”
C) ABBA “Money Money Money”
D) Blondie “Call Me”

4 - Il tuo film preferito:
A) La finestra sul cortile
B) La rivincita delle bionde
C) Wall Street
D) Romeo + Giulietta

5 - Questa sera c’è un party…
A) Ci vado, ma solo dietro invito ufficiale
B) Che noia, so già che sarò di certo la persona più bella presente
C) Evvai che mi sbronzo!
D) Arrivo fashionably late e poi me ne vado via subito dopo

6 - Quale tra questi personaggi stimi di più?
A) Gatsby
B) Paris Hilton
C) Il Trota
D) Lapo Elkann

7 - Quali sono stati i tuoi studi?
A) Scienze della Comunicazione, ma poi mi sono dedicato all’economia
B) Scuola di moda
C) Cepu, ma non è bastato e allora il papi m’ha comprato la laurea
D) Sono andato ad Oxford. Ehm, più o meno…

8 - Ti piace raccontare bugie?
A) No, mi interessa cercare la verità
B) Se solo inventarsele non fosse così faticoso
C) Sono il re delle balle
D) Tutta la mia vita è una menzogna

9 - L’obiettivo più importante della tua vita è…
A) Scrivere il grande romanzo americano
B) Essere per sempre giovane e bello/a
C) Ciulare e fare soldi!
D) Passarla insieme alla persona che amo

E ora... leggi il tuo profilo
MAGGIORANZA DI A
Nick Carraway (Tobey Maguire)
Sei un narratore e anche quando vivi delle esperienze in prima persona ti sembra di viverle dall’esterno. E sì, di certo sei anche un po’ nerd.

"Volevi essere come DiCaprio... e invece sei come me, UAH AH AH!"

MAGGIORANZA DI B
Daisy Buchanan (Carey Mulligan)
Sei superficiale, attaccata ai soldi e al lusso, sei pure un po’ stronzetta, però che te frega? Tanto sei figa.

"Ma come, nemmeno io sono venuta con la maggioranza di B?"

MAGGIORANZA DI C
Tom Buchanan (Joel Edgerton)
Sei prepotente, un filo nazistello, egoista e ti interessa solo e soltanto di te stesso. Quindi di questo test non te ne potrà fregar di meno.

"E io ho sprecato il mio tempo a fare questo stupido test, anziché giocare a polo o trombare?"

MAGGIORANZA DI D
Jay Gatsby (Leonardo DiCaprio)
Sei come Gatsby, quindi sei… boh. Sei davvero un gran mistero.

"Non pensavo si potesse sudare tanto per fare un semplice test..."



domenica 26 maggio 2013

AUSTRALIA DI BAZ LUHRMANN, IO RECENSIRE COSI’




Australia
(Australia, USA, UK 2008)
Regia: Baz Luhrmann
Sceneggiatura: Stuart Beattie, Baz Luhrmann, Ronald Harwood, Richard Flanagan
Cast: Nicole Kidman, Hugh Jackman, Brandon Walters, David Wenham, Ben Mendelsohn, David Gulpilil
Genere: aborigeno
Se ti piace guarda anche: Via col vento, Moulin Rouge!, Il mago di Oz, Ritorno a Cold Mountain

Non essere piaciuto me molto Australia. Io australiano aborigeno e io essere offeso da questo film. Noi no parlare come bambino della pellicola. Noi parlare peggio.
No piaciuto me, però due cose rimaste me in testa dopo visione. Numero uno: Mrs. Boss o anche Missus Boss. Dopo vedere film, io gridare: “Missus Boss! Missus Boss!” come cretino per due ore almeno.
Perché Missus Boss, Missus Boss?
Perché così bambino del film chiamare Nicole Kidman. Perché essere donna boss. Una che sapere fare valere sue ragioni. Io no vedere mai donna così prima. Come dire noi da parti nostre: avere le palle, quella bianca. Anche se da parti nostre noi chiamare Nicole Kidman no solo Missus Boss ma anche: “Bella fregna!”, non so da vostre parti come essere costume.
Numero due delle cose rimaste me in testa dopo film: “Somewhere Over the Rainbow”. Io no sapere significato parole canzone, ma io cantare per giorni e giorni. Prima cantare solo canzoni One Direction, ora cantare: “Somewhere Over the Rainbow”. Io migliorare. Tra poco magari ascoltare anche Radiohead.
A proposito dei Radiohead, loro cantare canzone su titoli di coda di Romeo + Giulietta. Io amare molto quel film. Io romanticone? Forse, ma io amare amore tragico di Romeo + Juliet, no amare amore ruffiano e stucchevole di Australia tra Missus Boss bella fregna Nicole Kidman e muscoloso stalliere stallone mandriano Hugh Wolverine Jackman. Io sapere cosa significare stucchevole. Mica ignorante, io. Io no parlare bene vostra lingua strana per non dire lingua demmerda, così dire a Roma, ao’? Però io no ignorante. Australia essere troppo sdolcinato. Missus Boss e Wolverine tutti e due vedovi all’inizio litigare e poi dopo trombare? Oh, come essere prevedibile.
E poi 3 ore di film? Voi bianchi noiosi. Voi tirare le cose troppo per le lunghe. Da noi fare film di 5 o 10 minuti massimo, perché noi no avere soldi per fare film lunghi. E perché noi annoiare con film lunghi. Voi no? Voi sprecare tempo. Ricchi bianchi maledetti.

"I paragoni con Via col vento? Francamente me ne infischio."
Voi ora contagiare me. Io parlare a vanvera come voi. Io perdere filo di discorso. Io prima parlare di Romeo + Giulietta. Io amare molto quel film. Io avere già detto? Se dopo Australia io gridare: “Missus Boss! Missus Boss!”, dopo Romeo + Giulietta io gridare: “Ulieeeeta!”. Io amare molto anche film dopo di Baz Luhrmann, Moulin Rouge! Io cantare e ballare molto con quel film. E Missus Boss Missus Boss lì ancora più fregna. Dopo quel film, io no volere gridare. Io volere fare amore con Satine fino a prime luci dell’alba.
Io amare molto cinema di Baz Luhrmann, persino Ballroom - Gara di ballo, e io già comprare biglietti per Il grande Gatsby in 3D, anche no sapere manco cosa essere 3D, ma io no amare molto Australia. Australia è lungo, noioso, mettere dentro troppi temi: amore, Seconda Guerra Mondiale, dramma di noi bimbi mezzi bianchi e mezzi neri, noi generazione rubata. Troppa roba. Troppa. E i personaggi essere stereotipati più di mio modo di parlare qui. Io sì, sapere anche cosa volere dire stereotipati. E no avere a che fare con stereo. Io sapere. Io no ignorante anche se sembrare parlare come ignorante vostra buffa lingua complicata. Missus Boss, il mandriano, il bimbetto, il cattivone… Quanto essere stereotipati. E poi situazioni troppo alla Via col vento, troppo da pellicola fuori dal tempo, troppo melò, persino per il cinema melò di Baz Luhrmann. Io no piacere Australia. Io però tenere me in testa e per sempre me in cuore due cose del film: “Somewhere Over the Rainbow” e Missus Boss! Missus Boss!
(voto 5,5/10)

"Noi no parlare così, stupido Cannibale. Nostro Dio maledire te!"

Post pubblicato anche su L'OraBlù, con tanto di minimal poster aborigeno creato da C(h)erotto.




sabato 25 maggio 2013

MOULIN ROUGE!, LA VERSIONE ITALIANA



Vi siete mai chiesti cosa accadrebbe se realizzassero un remake italiano di Moulin Rouge!?
Io sì.
Non l’avessi mai fatto.
Ecco a voi Mulino Rosso!

Al posto di “Because We Can”, il “Can Can” nella versione remix di Fatboy Slim…
Il ballo del Qua Qua di Romina Power (Gigi D’Agostino remix).



Al posto di “Lady Marmelade” cantata da Christina Aguilera, Pink, Mya e Lil Kim…
“Lady Marmelade” cantata da Anna Tatangelo, Laura Pausini, Giorgia e la “rapper” Baby K.

Al posto di “Children of the Revolution” dei T-Rex…
“Meno male che Silvio c’è” del Popolo della Libertà all-star.

Al posto di "Smells Like Teen Spirit" dei Nirvana...
"Spirito" dei Litfiba.

Al posto di “Material Girl” di Madonna…
“Siamo donne” di Jo Squillo e Sabrina Salerno.



Al posto di Nicole Kidman…
Ruby Rubacuori nella parte di Satine, una ragazza che si prostituisce per arrivare a ballare al prestigioso Chiambretti Night.

Al posto di Ewan McGregor…
Beppe Fiorello. Chi se no? In Italia, quando c’è una parte in cui bisogna saper cantare e recitare, la danno sempre a Beppe Fiorello. Peccato che non sappia cantare, figuriamoci recitare.

Al posto di John Leguizamo…
Morgan nei panni di Toulouse-Lautrec che canta “L’assenzio” dei Bluvertigo.

Al posto di Kylie Minogue…
Luciana Littizzetto nei panni della fatina dell’assenzio cagaminkia che parla con accento piemontese.

Al posto di “One Day I’ll Fly Away”…
“Volare” di Domenico Modugno. E qui ci va bene.
Peccato sia nella versione cantata da Beppe Fiorello. E qui ci va meno bene.

Al posto di “All You Need Is Love” dei Beatles…
“Vattene amore” di Amedeo Minghi & Mietta.

"Magari ti chiamerò: Trottolino amoroso e dudu dadadà."
"Sai cosa, Ewan? Mi sono improvvisamente ricordata di avere un impegno urgentissimo..."

Al posto di “I Will Always Love You” di Whitney Houston…
“Ti amo” di Umberto Tozzi.

Al posto di “Heroes” di David Bowie…
“Si può dare di più/senza essere eroi” di Morandi-Ruggeri-Tozzi.

Al posto di “Your Song” di Elton John…
"Questo piccolo grande amore" di Claudio Baglioni.

Al posto di “Like a Virgin” di Madonna…
“Far l’amore” di Raffaella Carrà (Bob Sinclar Remix), in mash-up con “Tanti auguri” sempre di Raffaella Carrà e “Rewind” di Vasco Rossi.

"Ma 'ndo stiamo? Ad Arcore?"
Ahaaah ahaaah a far l’amore comincia tu
Com’è bello far l’amore da Trieste al Moulin Rouge
Ahaaah ahaaah a far l’amore comincia tu
L'importante farlo sempre con chi hai voglia tu
Ahaaah ahaaah a far l’amore comincia tu
La la la la la la la, fammi vedere
Ahaaah ahaaah a far l’amore comincia tu
La la la la la la la, fammi godere

Al posto di “El tango de Roxanne” di Sting…
“La tarantella di Laura non c’è” di Nek.

Al posto di “The Show Must Go On” dei Queen…
“Il più grande spettacolo dopo il Big Bang” di Jovanotti.

E al posto di “Nature Boy” di Nat King Cole…
“Vorrei avere il becco” di Povia.

Considerato il suo gusto per il kitsch, a Baz Luhrmann questo remake potrebbe non dispiacere nemmeno troppo.
Noi però forse è meglio se ci teniamo la sua versione.

Moulin Rouge!
(USA, Australia 2001)
Regia: Baz Luhrmann
Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Craig Pearce
Cast: Nicole Kidman, Ewan McGregor, John Leguizamo, Jim Broadbent, Kylie Minogue, David Wenham, Richard Roxburgh, Kiruna Stamell, Tara Morice
Genere: musical post-moderno
Se ti piace guarda anche: Across the Universe, Chicago, Romeo + Giulietta, Ballroom - Gara di ballo
(voto 8,5/10)

venerdì 24 maggio 2013

ROMEO + ULIEEEEEEETTA




Romeo + Giulietta
(USA 1996)
Titolo originale: Romeo + Juliet
Regia: Baz Luhrmann
Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Craig Pearce
Tratto dall’opera teatrale: Romeo e Giulietta di William Shakespeare
Cast: Leonardo DiCaprio, Claire Danes, John Leguizamo, Harold Perrineau, Paul Rudd, Miriam Margolyes, Pete Postlethwaite, Paul Sorvino, Jesse Bradford, Brian Dennehy, M. Emmet Walsh, Jamie Kennedy, Dash Mihok
Genere: romantico
Se ti piace guarda anche: Moulin Rouge!, 10 cose che odio di te

Nella bella Verona Beach, dove noi collochiam la nostra scena, Romeo + Giulietta di Baz Luhrmann è stata una bella botta di bucio de culo per l’istruzione anglosassone.
Come render cool il Bardo per le nuove generazioni?
Impresa mica facile, possiam dire. Qui da noi per far diventar figo I promessi sposi, il massimo a cui potrebbe pensare il nostro ministero dell’istruzione sarebbe una versione riscritta da Moccia, ambientata a Roma anziché su quel ramo del lago di Como e con protagonisti Matteo Branciamore + Alessandra Mastronardi.
A William Shakespeare per fortuna è andata meglio. Grazie alla rilettura postmoderna, pulp, ultra-pop e allo stesso tempo fedele nei dialoghi al testo originale, il Bardo a metà anni ’90 era diventato lo sceneggiatore più popolare di Hollywood, se escludiamo Quentin Tarantino. Dopo il Romeo + Giulietta di Baz Luhrmann, hanno cominciato a proliferare le revisioni in chiave moderna + postmoderna delle sue opere, come la piacevole teen comedy 10 cose che odio di te ispirata a La bisbetica domata, il trascurabile O come Otello o il non troppo riuscito Hamlet 2000.
Da lì in poi tutti a dire quanto Shakespeare fosse attuale, al passo coi tempi eccetera, e insomma nessuno lo mette in dubbio, bravo Shakespeare, bravo, clap clap. Grande parte del merito è però di Baz Luhrmann, capace di svecchiare le ambientazioni classiche e l’impostazione teatrale con cui erano state fino a quel momento portate nei cinema, in tv e a teatro le sue opere, per proporre il celebre drammone romantico Romeo + Juliet in una confezione nuova. Una confezione sfavillante + scintillante.

"Baci come un Dio."
"E tu come fai a saperlo?"
"Cosa credi vada a fare tutte le domeniche, in chiesa?"
Come appare, rivisto oggi, codesto Romeo + Giulietta?
È ancora moderno. Postmoderno. Un film postmoderno d’altra parte può apparire antico o postantico? Una storia del genere, poi, potrà mai invecchiare?
Romeo + Giulietta, a oltre 400 anni dalla sua composizione, ancora oggi non è una storia d’amore, è LA storia d’amore. Perché? Cosa la rende così eterna? Forse il fatto che ogni volta che la vediamo rappresentata, ogni singola volta, speriamo che il destino dei due sfortunati protagonisti cambi. Anche se sappiamo già come andrà a finire, anche se la tragica conclusione ci viene ricordata fin dall’inizio, ogni singola volta speriamo che il finale sia differente. Speriamo che il messaggio del prete arrivi a destinazione a Romeo. Ma vi volete muovere, maledette Poste Italiane?
E allo stesso tempo speriamo che quella stordita di Giulietta si ridesti dal suo sonno di bellezza un secondo prima, in modo da fermare Romeo in tempo, impedirgli di bersi il veleno e spararsi al suo posto uno shottino rhum + pera. Invece ogni volta va a finire così, come già sapevamo, come già sappiamo ma non vogliamo rassegnarci ad accettar simil sciagurato destino. E lo guardiamo un’altra volta ancora e ci crediamo, ci crediamo sempre che la fine possa cambiare, che ci possa essere un happy ending per quanto odiamo gli happy ending. Però niente cambia. Ogni volta fa male come la prima ed è questo il potere delle grandi storie. Emozionare sempre e per sempre, anche se cambia il contesto, l’epoca, il modo di rappresentazione.

"Cannibal, smettila di insultare il mio amico James Cameron!"
Come ha rappresentato codesto dramma il regista australiano?
Baz Luhrmann ha girato semplicemente il migliore Romeo + Giulietta che potesse essere fatto negli anni Novanta. Ha incasellato ogni pezzo al posto giusto. Per prima cosa, un cast perfetto. Leonardo DiCaprio appare sulle note di “Talk Show Host” dei Radiohead ed entra nella leggenda cinematografica, prima ancora di salire a bordo del Titanic capitanato dallo Schettino del cinema, James Cameron. Claire Danes è bella ma non troppo, teatrale ma non troppo, shakespeariana ma non troppo, in pratica è troppo giusta per la parte. Poi c’è un grande John Leguizamo con quella faccia da cattivo Tebaldo, Miriam Margolyes che fa morir dal ridere quando urla “ULIEEEEEEEETA” e quindi uno strepitoso Harold Perrineau nei panni di un Mercuzio trans scatenato sulle note gaie di “Young Hearts Run Free”.
E qui veniamo all’altra nota lieta del film, la colonna sonora. Una delle soundtrack più ganze - mi si conceda il termine postmoderno o forse semplicemente superato - mai concepite dall’umanità, con dentro chicche di ultra romanticismo anni Novanta di Cardigans (con il tormentone “Lovefool”), Garbage, Craig Armstrong, etc., con un tocco epicità classica fornito da Mozart, Orff e Wagner, e l’aggiunta della canzone forse più bella mai sentita su dei titoli di coda cinematografici: “Exit Music (For a Film)”, composta appositamente dai Radiohead per la pellicola e poi giustamente riproposta anche sul capolavoro Ok Computer.
Evitabile giusto quella lagna di “Kissing You” di Des’ree, promosso con grande generosità a tema d’amore della pellicola, onore che per quanto mi riguarda sarebbe dovuto toccare all’irresistibile “You and Me Song” degli svedesi Wannadies.



"Grande Baz! Stilosissimo Baz! Le camicie fiorate però erano proprio necessarie?"
Arruolato un gran cast e scelta una selezione musicale adeguata, mica l’ha risolta tutta qui, la faccenda. Il Baz nostro gira il tutto utilizzando uno stile a tratti videoclipparo, ma che sa rallentare all’occorrenza, come nel drammatico finale. Quindi ci piazza pure zoommate spaghetti western alla Sergio Leone, inserisce sane dosi di violenza spettacolarizzata alla Tarantino, tiene insieme l'insieme con un montaggio clamoroso e fa esprimere i personaggi attraverso l’epicità fuori dal tempo dei dialoghi shakespeariani. Raccontato così potrebbe sembrare un calderone schizzato di ingredienti messi insieme a caso, in realtà tutto funziona per magia, quasi come se Shakespeare nel 1500 l’avesse concepito per essere rappresentato così e solo così.

Si può accusare Baz Luhrmann di non essere realista. Nemmeno Quentin Tarantino lo è. Ci sono cose che per loro funzionano diversamente. Nel mondo tarantinato ad esempio la vendetta si abbatte feroce sugli Hitler e sugli schiavisti (sorry, DiCaprio) di turno. Nel mondo di Baz Luhrmann, invece, i bambini del coro della chiesa cantano “When Doves Cry” di Prince o “Everybody’s Free” di Rozalla, il passato si mixa col presente, tutti i personaggi sono sopra le righe e l’amore è il valore assoluto. Quello mostrato dai suoi film non è il mondo reale. È il suo mondo. È il magico mondo del Cinema.
Ed ora andiamo via da questo blog, per ragionare ancora tra di noi di tutti questi tristi accadimenti. Per essi, alcuni avranno il mio perdono, altri la loro giusta punizione; ché mai post fu più doloroso di questo di Giulietta e del suo Romeo.
(voto 9/10)



mercoledì 22 maggio 2013

BALLROOM, IL BALLO DEL DEBUTTANTE BAZ LUHRMANN




"Ma che c'hanno DiCaprio e la Mulligan più di noi?"
Ballroom - Gara di ballo
(Australia 1992)
Titolo originale: Strictly Ballroom
Regia: Baz Luhrmann
Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Craig Pearce
Cast: Paul Mercurio, Tara Morice, Pat Thomson, Barry Otto, Bill Hunter, Gia Carides
Genere: ballerino
Se ti piace guarda anche: Dirty Dancing, Footloose, Moulin Rouge!

La carriera del regista ballerino Baz Luhrmann muove i suoi primi passi su di un valzer, un valzer kubrickiano. Danza Sul bel Danubio blu. Sono le note di Strauss a introdurci dentro il mondo del regista australiano. Un mondo colorato, sfavillante, in cui si balla sul pericoloso confine tra eleganza e kitsch. Una sottile linea rossa su cui solo i fuoriclasse possono rischiare di agire, senza sputtanarsi.
Nel suo film d’esordio Ballroom possiamo già intravedere tutta la poetica dell’australiano. La tendenza a presentarci dei personaggi grotteschi, eccessivi, sopra le righe, vestiti come Lady Gaga e più lampadati dei tamarri di Jersey Shore. Il caleidoscopio di suoni e stili da epoche differenti, muovendo i piedini liberi tra il citato valzer e la rumba latino americana, passando dalla Doris Day di “Perhaps Perhaps Perhaps” ai temi d’amore “Time After Time” e “Love Is in the Air”. Quella di usare le musiche non solo come un sottofondo, ma come un vero e proprio personaggio aggiunto, attraverso leitmotiv che risuonano nelle orecchie dello spettatore per tutta la durata della pellicola, è una caratteristica costante del suo cinema, come ben testimonia ad esempio la “Somewhere Over the Rainbow” riciclata da Il mago di Oz nel suo Australia.

"Kitsch a ki???"
In Ballroom non manca anche una storia d’amore tormentato, contrastato, ostacolato. Niente ai livelli del successivo successo Romeo + Giulietta, ovviamente, qui al confronto è più un amorino tormentatino. La vicenda narrata è parecchio classica. Lui è un ballerino bravo ma un po’ ribelle per gli standard del ballo tradizionale da camera, lei invece è una nerd bruttina che si trasforma in tipa cool con una semplice mossa: togliendosi gli occhiali. Nei film è sempre così, una si toglie gli occhiali e improvvisamente passa da essere l’ultima delle sfigate alla figa più contesa dei dintorni. In questo caso non è proprio così, anche perché l’attrice Tara Morice (chiiiiiii?) non è ‘sto granché, è una specie di versione cessa della Jennifer Beals di Flashdance (che già non è che mi facesse impazzire). Così come non è un granché nemmeno il protagonista maschile, Paul Mercurio (chiiiiiiiiiiii?).

Il problema principale del film sta proprio nei due protagonisti. Passando a Hollywood, Luhrmann potrà rimorchiare coppie d’attori di ben altro alto livello: Leo DiCaprio + Claire Danes, Nicole Kidman + Ewan McGregor, Nicole Kidman again + Hugh Jackman (oddio, Hugh Jackman io l’avrei anche evitato, e infatti la prima scelta per Australia era Heath Ledger) e quindi Leo again + Carey Mulligan. Capite che dalla coppia Paul Mercurio + Tara Morice farà un bel salto… Non solo a un livello di glamourosità, componente fondamentale del suo cinema, ma anche a livello di recitazione (sempre Hugh Jackman escluso).

"Se condividete il post su Facebook, potreste portarvi a casa questo splendido DVD!"
L’altro elemento che manca rispetto ai suoi film successivi sono un brand e una storiona davvero trascinanti. In futuro potrà fregiarsi del marchio Shakespeare con Romeo + Giulietta, del franchise di uno dei locali più famosi del mondo con Moulin Rouge!, di un’intera nazione con Australia e di uno dei classici per eccellenza della letteratura americana con Il grande Gatsby. In Ballroom, più umilmente, Luhrmann tratta la storia di un ballerino mezzo amatoriale che vuole vincere il Pan-Pacific Grand Prix (coooooosa?), una competizione danzereccia diciamo prestigiosa, almeno in Australia e almeno all’interno del contesto fiction del film. Per farlo, dovrà trovarsi una nuova partner di ballo, visto che quella che aveva lo scarica. Qui entra in ballo la nerdina di cui parlavamo sopra, una tipa che una volta tolti gli occhiali dal volto si rivelerà una caliente ballerina latino-americana, o qualcosa del genere, peccato che la madre di lui voglia un'altra partner per il figlio...

Rispetto ai suoi successivi ben più celebri film, non ci sono quindi una storia e dei personaggi davvero incisivi e memorabili, sebbene quelli di Australia lo fossero più nelle intenzioni che nei risultati. Ciò non toglie che Baz Luhrmann dietro la macchina da presa sa già il fatto suo e la pellicola intrattiene a dovere, grazie anche a un buon humour. Le scene di ballo invece, ben coreografate e tutto, non è che siano così appassionanti, a meno che non siate proprio patiti del genere danzereccio.
Tra valzer e rumba, fin dalla prima il Baz nostro appare un ballerino per nulla goffo, ma anzi sicuro di sé e delle sue capacità. Per il momento le tiene ancora a freno, per poi farle esplodere alla grande nei film successivi. Niente di troppo memorabile, però Luhrmann si muoveva già bene, al ballo delle debuttanti di Ballroom. O, se non altro, si muoveva di sicuro meglio di Bobo Vieri a Ballando con le stelle.
(voto 6,5/10)



giovedì 16 maggio 2013

IL GRANDE CINEMA


Questa settimana, insieme al grande Gatsby, tornerà anche il grande cinema?
Lo scopriremo presto. Nel frattempo, vi potete sedere comodi in sala, mangiare i vostri popcorn e godervi il pre-spettacolo. Non le maledette pubblicità. E nemmeno i benedetti trailer dei nuovi film. Mi riferisco ai commenti offerti da me e dal mio blogger nemichetto del cuore Mr. James Ford in codesta rubrica.
Ecco tutti i film in arrivo nei cinema italiani a partire da questa sera.

"I commenti di Ford mi fanno venire il voltastomaco, Leo!"
"Povera piccola Carey. Per fortuna io ormai ci sono abituato..."
Il grande Gatsby di Baz Luhrmann
Il consiglio di Cannibal: il grande Canny
Finalmente una grande uscita. Ci voleva il grande Gatsby, oltre che l’inizio del Festival di Cannes?
O forse ci voleva che finisse la Festa del Cinema, così quei volponi dei distributori italiani hanno fatto pagare l’ingresso scontato quando non c’erano film interessanti da vedere, e ora che ne arriva uno guarda caso gli sconti finiscono… Bravi, siete più astuti di Ford!
Il grande Gatsby di certo suscita una grande curiosità per il grande cast, per la grande colonna sonora, per i grandi trailer, per la grande attesa montata alla grande dal grande marketing della grande pellicola, ma anche perché è tratto da un grande classico della grande letteratura americana e perché questa nuova trasposizione è firmata dal grande Baz Luhrmann.
Detto questo, resta pur sempre una grande incognita. Riuscirà Luhrmann a tornare ai livelli dei suoi due grandi capolavori pop Romeo + Giulietta e Moulin Rouge!, o ci proporrà una nuova grande lagna come Australia?
La grande risposta ve la daranno prossimamente i vostri grandi occhi, ma anche il grande Cannibal e il piccolo Ford.
Il consiglio di Ford: il grande Fordsby
Baz Luhrmann è uno dei pochi registi in grado di mettere d'accordo i due antagonisti per antonomasia della blogosfera nel bene - Moulin rouge! - così come nel male - Australia -.
L'attesa per questo superkolossal tratto da uno dei più grandi cult della letteratura a stelle e strisce è senza dubbio fervente, nonchè un buon viatico per il Festival di Cannes, che quest'anno prevede veri e propri fuochi d'artificio.
La speranza del grande Fordsby e del piccolo campagnolo Kid è che il buon Baz metta a frutto tutto il suo talento e consegni al pubblico un film degno di restare nella memoria perlomeno della stagione.
Pensieri Cannibali, al contrario, lo consegneremo felicemente all'obio.

"Me ne vado in America, che lì di sicuro 'sto film di merda non lo danno!"
AmeriQua di Marco Bellone, Giovanni Consonni
Il consiglio di Cannibal: AmeriVaCagà
Ma ancora???
Ne avevamo già parlato alcune settimane fa, ora come una cena mal cucinata da un MasterFordChef si ripropone. Evidentemente avevano deciso di non farlo uscire, forse perché si erano accorti che non potevano distribuire sul serio nei cinema un film con la Mastronardi, ma adesso finalmente (?) sta per arrivare.
AmeriQuiQuoQua, ma va a cagà!
Attento Ford, che tra qualche settimana ce lo ripropongono di nuovo…
Il consiglio di Ford: AmeriAgain? No, thanks.
Cari Bellone e Consonni, vostro film mi sta molto diludendo.
Era già usciti in sali e poi no just because it's a shit, e voi mi proponeti again this mapazzone, come dice mio collega Barbieri.
Questa roba se la vedono i miei gatti vengono a casa vostra e dopo essersi rifatti unghie su tutti i divani vi cagano nel letto: ma cosa vi è successo da piccoli!? Vostri genitori vi hanno venduti a famiglia Goi che vi ha costretti a stari in cameretta con piccolo pazzoide Marco!?

"Tranquilla cara che con Ford non esco. E' troooppo vecchio per me."
A Lady in Paris di Ilmar Raag
Il consiglio di Cannibal: Ford, a lady in Lody
Andare a vedere A Lady in Paris di tale Ilmar Raag o Il grande Gatsby di Baz Luhrmann?
Eeeh, che dilemma atroce ci presenta di fronte la distribuzione italiana questa settimana. Una scelta combattuta come dover decidere se visitare lo scintillante, scoppiente, frizzante, sempre divertente e coloratissimo Pensieri Cannibali, o il triste, stantio, lugubre, sempre deprimente e tetro WhiteRussian?
Il consiglio di Ford: a lady in Casale, Katniss Kid.
Onestamente il film del buon Raag - che ha un nome da esploratore estremo o serial killer impossibile da catturare - mi attira ben poco, e penso che in questa settimana di poche uscite concentrerò la mia attenzione su Gatsby, piuttosto che rischiarmela con proposte che non consiglierei neppure al mio peggior nemico.
O forse sì, considerato che a Cannibale potrebbe addirittura piacere.

"Dici che le didascalie fordiane sono più divertenti di quelle cannibali?
Mo' te meno!"
Beket di David Manuli
Il consiglio di Cannibal: Beket, come back da dove arrivi
Vogliamo far mancare per una settimana a Ford un oscuro film italiano realizzato nel 2008 e che approda nelle sale solo ora?
Che poi non era già uscito pure questo, così come quella cagata di AmeriQua? Bah. Fatto sta che questo film puzza talmente tanto di radicalchicchismo poco chic che persino a un radical-chic troppo chic come me fa proprio schif.
Ford che fa tanto quello tutto arti marziali e film coi supereroi ah yeah, state invece a vedere che tra qualche tempo ce lo spaccerà come la salvezza del cinema italiano. Perché Ford, e diciamolo, per quanto lo neghi è in realtà il vero re dei radical-chic. O se non altro dei radical-schif ahahah. (ok, questa battuta non faceva ridere, ma anche Ford mette sempre l’ahahah dopo le sue battute che non fanno mai ridere ahahah)
Il consiglio di Ford: aspettando Godot? No, il Cinema.
Ho come l'impressione che questa settimana i simpatici distributori italiani abbiano deciso di prenderci per il culo sparando in sala per la seconda - se non la terza o la quarta - volta proposte nostrane di interesse e valore di molto sotto lo zero, come AmeriQua e questa roba qua.
Titoli talmente agghiaccianti che perfino quello snob preda dell'ego di Cannibal Kid finirà per snobbare, preferendo vedere in gran segreto qualche bell'action con Sly o Schwarzy intenti a spaccare il faccino di qualche fighetto come lui.

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