Saranno Brasile – Germania e Argentina – Olanda le semifinali del Mondiale 2014. Dopo un inizio di competizione all’insegna delle sorprese, le cose stanno ora proseguendo nella maniera più prevedibile possibile, con le grandi del calcio rimaste in corsa che si sono tutte aggiudicate un posto tra le prime 4 del mondo. Anche ieri, così come già il giorno precedente, le cose non sono andate comunque del tutto lisce per le favorite. Almeno per l’Olanda, che ha piegato la coriacea Costa Rica soltanto ai rigori, grazie al portiere di riserva Krul, fatto entrare apposta per l’occasione da Van Gaal. Probabilmente l’ha tenuto rinchiuso allenandolo soltanto a parare i rigori per tutto il periodo del ritiro mondiale e la mossa ha pagato.
Più facile la vita per la sempre più noiosa Argentina. Di fronte si è trovata un Belgio intimorito un po’ come la Colombia con il Brasile, soltanto l’ombra della squadra frizzante che avevamo ammirato nelle gare precedenti. Questa volta a fare la differenza non è stato però il solito Messi che ieri è apparso parecchio attapirato e si è pure mangiato un goal clamoroso. Uno di quelli che se lo sbagliava Balotelli le critiche nei suoi confronti sarebbero andate avanti per un mese. A fare la differenza ieri è stato Beppe Fiorello alle prese con il suo ultimo ruolo per il nuovo film biografico della Rai, quello sulla vita del calciatore argentino Higuain.
E ora via ai foto-fumetto-commenti alle partite.
Argentina – Belgio 1 – 0
Olanda – Costa Rica 4 – 3
(ai rigori)
Volete il programma delle semifinali?
Pensieri Cannibali vi dà anche il programma delle semifinali. Senza nemmeno farvi pagare il canone e senza manco farvi sorbire la canzone di Mina.
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Siamo alle solite. In Italia le cose non cambiano mai. Vale per la politica, lo stesso vale per il cinema.
Cinema???
Perché, Benvenuto Presidente! sarebbe cinema?
No. Benvenuto Presidente! è una favoletta moralista che parte persino da buone intenzioni: mostrare un’alternativa onesta ai politici che infestano e hanno infestato l’Italia da… sempre. Il problema è che come al solito la realtà dei fatti supera gli intenti satirici. Era già capitato col terribile Qualunquemente di Antonio Albanese, la cosa fondamentalmente si ripete anche qui. History repeating. La situazione politica italiana è talmente tragicomica di suo, che riuscire a sdrammatizzarci sopra è dura. Soprattutto quando a farlo è Claudio Bisio, uno che non mi fa ridere manco per sbaglio, oltre che uno cresciuto a pane e Mediaset. E sentire la predica fatta da uno che senza i soldini del Berlusca oggi sarebbe in mezzo a una strada non è proprio il massimo della vita.
"Sarò un Presidente umile...
Da oggi però chiamatemi Dio."
E pensare che lo spunto da cui prende il via la vicenda non è nemmeno tanto male e non è manco così irrealistico. Le ultime elezioni del Presidente della Repubblica non sono andate in fondo in maniera tanto differente. Nella realtà, i partiti si sono accordati per votare quel matusalemme di Napolitano. Nella fiction, pardon nel film, decidono invece di votare Giuseppe Garibaldi. L’ironica votazione ha però un vero valore legale e così il nuovo Presidente della Repubblica è l’unico Giuseppe Garibaldi in età per poter svolgere il compito, ovvero il pescatore di un piccolo paesino Giuseppe Garibaldi, soprannominato Peppino e interpretato da Claudio Bisio.
Una volta che occuperà la prestigiosa carica di Presidente della Repubblica, Peppino farà le cose a modo suo. In maniera maldestra all’inizio, ma poi troverà la sua strada, con una politica più che onesta. Quasi da Santo. Al punto che avrebbe fatto rivoltare lo stomaco persino a Gandhi e a Madre Teresa di Calcutta. Per carità, non sarebbe male avere davvero un Presidente così, però qui forse si esagera persino, in zuccherosi livelli di bontà.
"Dici che vestito così posso passare per Presidente della Repubblica?"
"Per Presidente può darsi, per attore no di sicuro."
Al di là della satira politica prevedibile e all’acqua di rose, che prende per i fondelli senza troppa cattiveria sia Destra che Sinistra e strizza pure l’occhiolino al populismo del Movimento 5 Stelle, a mancare è soprattutto un’altra cosa, quella cosa di cui parlavamo all’inizio. Il Cinema. Qui dentro non si sente puzza di Cinema, come invece capita con commedie francesi disimpegnate come 20 anni di meno e Dream Team. Nelle produzioni dei nostri cugini, anche quelle più leggere, si nota una notevole cura nei particolari, nei dettagli, nelle interpretazioni. In Benvenuto Presidente! si respira invece aria di fiction televisiva a pieni polmoni.
Colpa anche di un’interpretazione imbarazzante di Bisio, che tira fuori tutto il suo repertorio di faccette e di gag sceme. Una vicenda grottesca (ma non troppo) del genere l’avrei vista meglio nelle mani e nella fisicità di un Roberto Benigni. Per quanto pure lui abbia stufato, in un ruolo come questo avrebbe sicuramente fatto un figurone al confronto del “collega”. Un po’ come a Sanremo. Benigni bene o male nei suoi interventi riesce a tenere desta l’attenzione, mentre Bisio quest’anno, con il suo monologo moraleggiante molto vicino allo stile di questa pellicola, è riuscito a raggiungere il punto più basso del Festival. E sì che di punti bassi a Sanremo c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Non va meglio neppure con il resto del cast, con una Kasia Smutniak che è più decente quando si trova ad avere a che fare con parti drammatiche, mentre la commedia proprio non le si addice. Poi c’è Giuseppe Fiorello, anche (s)conosciuto come Beppe Fiorello, nella parte del politico senza scrupoli. E giù risate non perché è divertente, ma per la sua solita pessima performance recitativa. Il dramma è che, anziché prendere spunto dai colleghi americani o britannici o francesi, i “nostri” attori recitano come se fossero sempre in una soap-opera, con un uso costante del sospirato. E il sospirato è la morte del cinema.
Che altro? Non bastava la vicenda politica e così c’è anche un’immancabile improponibile storiella d’amore tra Bisio e la Smutniak, con tanto di ridicole (ma non comiche come vorrebbero essere) scene di sesso violento e improbabili proposte di nozze dopo appena una notte passata insieme. Ma che davero?
Bevenuto Presidente! è un film talmente moralista, populista, buonista che a fine visione ti viene voglia di andare ad attaccare barattoli alle code dei gatti, uscire per strada sognando che sia La notte del giudizio, auto infliggerti una cura Ludovico a suon di visioni ininterrotte di Arancia Meccanica. Perché avere dei politici onesti sarebbe splendido, nella realtà. Ma vederne uno all’opera in una fiction, pardon in un film, è un’esperienza agghiacciante. Malvenuto Presidente!
(voto 4-/10)
"Un voto superiore al 3? Direi che è ancora andata bene..."
Cast: Will Smith, Angelina Jolie, Sam Worthington, Liam Neeson, Alba Rohrwacher, Beppe Fiorello, Mr. Bean
Genere: apocalittico
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Esce oggi in tutte le sale mondiali il film del secolo: Cloud Avatar 3D, che riesce nell’impresa di riunire tutti i miei professionisti del mondo cinematografico preferiti in una pellicola sola. Che bello.
Cloud Avatar 3D è una specie di sequel prequel remake di Cloud Atlas, ambientato però nel magico mondo di Pandoro Pandora come Avatar. Per la regia di questo progetto misterioso, la cui lavorazione è stata tenuta segreta dalla sua casa di produzione, la Disney, fino ad oggi, è stato chiamato un nome d’eccezione, il sempre più in forma Steven Spielberg.
La sceneggiatura è invece firmata da Federico Moccia, noto anche come… Federico Moccia.
Perché è stato chiamato il mitico Federico Moccia? Ovvio, per aggiungere al tutto un tocco di romanticismo maggiore e anche, massì diciamolo, una ventata di freschezza e di modernità, perché come parla il linguaggio dei ggiovani il Moccia, cioè cacchio raga nessuno mai.
Will Smith
Stellare anche il cast della pellicola. Seguendo l’idea del Cloud Atlas originale che in tempi di crisi economica ha riciclato i suoi attori in più parti, Inizialmente si era pensato di far interpretare tutti i ruoli, maschili, femminili e animali, ho detto animali non animati, al solo e unico Sam Worthington. Dopo averlo seguito con le telecamere un giorno per 24 ore intere, Steven Spielberg si è però reso conto che l’attore australiano non cambia espressione. Mai. No, nemmeno quando fa sesso o fa la cacca. Si è deciso allora di optare per una scelta più tradizionale e usare un cast variegato, prendendo gli altri attori più espressivi e talentuosi in circolazione: Will Smith, che vestirà i panni dell’eroe che sopravvive a 12 esplosioni, a due scontri armati con l’esercito iraniano e alla bomba atomica lanciata dalla Corea del Nord; Angelina Jolie nei panni della femme fatale che replicherà la scena di accavallamento delle gambe di Sharon Stone in Basic Instinct e per l’occasione non si sta radendo lì sotto da oltre 6 mesi; il già menzionato Sam Worthington interpreterà l’avatar di se stesso; nei panni del cattivone di turno avremo inoltre Liam Neeson, che ha annunciato di aver preparato un mix di cattiveria ispirandosi, parole sue, a: “Hitler, Mussolini, Berlusconi e Topo Gigio.”
Top-secret la trama del film, ma secondo le prime indiscrezioni saranno una serie di storie incrociate insieme in maniera apparentemente casuale, in realtà accomunate dalle tematiche di vita e morte, amore e odio, guerra e pace, tematiche insomma mai affrontate prima da nessuno. Pare inoltre che non mancheranno inseguimenti, esplosioni, Mr. Bean nella parte di Rowan Atkinson, un’inquietante apparizione di Alba Rohrwacher nuda, un’ancor più inquietante apparizione di Beppe Fiorello che canta sui titoli di testa, oltre a scoregge, battute che non fanno ridere e animali parlanti, il tutto per la durata di sole 5 ore e 40 minuti in cui sarà severamente vietato alzarsi per poter andare a prendere da mangiare o fare la pipì.
Il film, ma che dico film? dico Capolavoro annunciato, ha avuto critiche contrastanti dopo la presentazione in anteprima alla stampa:
Avatar Rohrwacher
Il film del secolo, se solo fosse uscito nell’Ottocento.
The New York Times
Vi divertirete di più con La corazzata Potemkin.
Entertainment Weekly
Era almeno da… ieri che non vedevo una pellicola tanto stupenda.
Vincenzo Mollica
A una visione superficiale può sembrare una stronzata.
A una visione più approfondita sono certo che risulterà una mega stronzata.
Paolo Mereghetti
I Maya avevano annunciato l’arrivo di questo film.
Studio Aperto
Papa Francesco I ha rivolta una preghiera agli sventurati che andranno a vederlo.
Famiglia Cristiana
Capo lavoro.
Intendo: "Capo, lavoro stasera piuttosto di andare a vedere 'sta roba."
Un passante
Io non ho ancora avuto modo di guardarlo, lo farò solo stasera insieme al resto del mondo, ma sulla fiducia preannuncio già il voto…
“Io sono stato votato tutte le volte che sono passato da 11/13 milioni di italiani, tutti coglioni?” chiedeva Silvio Berlusconi ad Anno Zero, qualche settimana fa, mentre il pubblico in studio rispondeva in coro: “Sììììììììììììììììììì”.
È la stessa cosa che mi sono chiesto io dopo aver visto i risultati delle ultime (per ora) elezioni politiche, per quanto i milioni di italiani che l'hanno votato siano diminuiti, e pure quelli di ascolto della fiction Volare: 10 e milioni e passa di italiani davanti alla tv per la prima puntata, 11 milioni e passa per la seconda.
Tutti coglioni?
Volare
(Italia 2013, film tv in due parti)
Regia: Riccardo Milani
Cast: Giuseppe Fiorello, Kasia Smutniak, Alessandro Tiberi, Antonio d’Ausilio, Diego D’Elia, Federica De Cola, Massimiliano Gallo, Gabriele Cirilli, Alberto Resti, Armando De Razza
Genere: biopic
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Nel corso dell’ultimo Festival di Sanremo, durante le pause pubblicitarie, tra l’altro la parte musicalmente più interessante dell’intera kermesse, continuava a passare lo spot della fiction su Domenico Modugno.
La prima volta ha subito catturato il mio interesse. Io adoro i biopic, i film biografici, a cui ho pure dedicato una blog war contro il mio blogger rivale (ormai ex rivale?) Mr. James Ford. Adoro in maniera particolare le pellicole dedicate ad artisti, cantanti, musicisti, che spesso si rivelano più interessanti da un punto di vista dei personaggi e delle storie raccontate, che non sul piano strettamente cinematografico. È sempre interessante scoprire l’uomo (o la donna) che si nasconde dietro a un’opera d’arte, scoprire il loro carattere, i loro demoni personali, il modo in cui sono arrivati a creare qualcosa che è rimasto nelle nostre orecchie, nei nostri occhi, nei nostri cuori.
"Che hai da ridere tu?" "Sono felice per te, Domenico. Te nei se andato nel 1994, appena hai capito cosa stava per succedere in questo paese..."
Quanto alla musica di Domenico Modugno in sé non è che la conoscessi in maniera approfondita. Conoscevo giusto quelle sue canzoni che conoscono tutti: Nel blu dipinto di blu, Meraviglioso e Vecchio frack, fondamentalmente. Cosa che mi ha spinto ancora di più verso la visione della pellicola, per poter approfondire appunto un personaggio chiave della musica italiana di cui non sapevo un granché. Il fatto che si trattasse di una fiction Rai mi ha un po’ frenato, però esisteva un precedente positivo: il film tv Rino Gaetano - Ma il cielo è sempre più blu, pur non eccelso, mi era decisamente piaciuto, complice anche un’ottima interpretazione di Claudio Santamaria come protagonista. E pure lì c’era Kasia Smutniak.
A smontare le mia aspettative c’ha pensato allora soprattutto un nome: quello di Beppe... Grillo?
No, Beppe Fiorello.
Io provo un’antipatia congenita nei confronti di Rosario Fiorello, cui se non altro riconosco doti di ottimo intrattenitore, e pure del suo fratello raccomandato Beppe, cui invece non riconosco alcuna dote particolare.
Nonostante questo, ho dato fiducia alla fiction Volare, recuperata in rete dopo il passaggio tv perché oh, ormai non ce la faccio più a concepire di vedermi un film o anche un film tv con le pause pubblicitarie in mezzo alle palle. Perché l’ho fatto? Per via dell’interesse nei confronti di Domenico Modugno, per capire se 10/11 milioni di italiani sono stati coglioni a vederla e per provare a essere smentito da Beppe Fiorello.
Perché a me piace quando un attore che avevo sottovalutato riesce a sorprendermi.
Lo dico subito: non è questo il caso.
Volare è un film tv in due parti che ha delle ottime carte in mano. Non solo ottime, ma pure un jolly da giocare: Domenico Modugno, un personaggio molto interessante, simbolo della musica italiana nel mondo come pochi (nessuno?) altri e anche un simbolo dei cambiamenti epocali che stava vivendo l’Italia del dopoguerra.
La sua è una storia bella, positiva, ci fa vivere l’Italian Dream quando in questa nazione era ancora consentito sognare. Modugno parte con il sogno di fare l’attore e dal paesino pugliese in cui è nato va a cercare il successo a Cinecittà, sperando di diventare un divo del cinema. Triste vedere come l’Italian Dream negli ultimi anni sia rimasto sostanzialmente lo stesso, solo che i giovani sognatori si recano a Cinecittà non per entrare nel mondo del cinema ma nella casa del Grande Fratello, si veda in proposito Reality.
"Sono stato sveglio tutta la notte a vedere i risultati elettorali, ma ancora non l'ho capito: quindi adesso?"
Non oso nemmeno immaginare cosa sarebbe potuto uscire fuori nella mani di un Sorrentino, o appunto di quel Garrone artefice di Reality, con un personaggio del genere. Purtroppo, sognare è bello, ma la reality è un’altra. La reality della fiction Rai è tutta un’altra cosa.
Il regista Riccardo Milani dirige in maniera molto modesta, piatta, televisiva nell’accezione più negativa del termine. Ok, è una fiction tv e non una pellicola cinematografica, bisogna tenere conto di questo. Il confronto è però impietoso anche accostando Volare alle produzioni tv americane, inglesi, francesi.
Oltre a una regia alquanto discutibile, il montaggio appare casuale e i dialoghi sono quel sono. Le musiche di Andrea Guerra, collaboratore abituale di Ferzan Ozpetek, cercano di dare un maggiore tono cinematografico, ma pure queste sono abbastanza scontate e johnwilliamsiane. Il problema principale, l’ombra oscura che si abbatte su questa pellicola è però la presenza di cui parlavo prima, Beppe Fiorello.
Non gli voglio nemmeno male, a Beppe Fiorello. In questa fiction si vede che c’ha messo impegno. C’ha messo tutto se stesso. Il punto è proprio questo: c’ha messo se stesso, ma questo non è un film su di lui. Questo è, dovrebbe essere almeno, un film su Domenico Modugno.
Su Domenico Modugno, non su di te che ti impegni a fare Domenico Modugno. Capita la differenza Beppe?
Beppe Fiorello sfoggia una recitazione sospirata da telenovela e sguardi dell’intensità di un criceto.
L’associazione nazionale dei criceti credo mi farà causa per quest’affermazione. Me ne scuso in anticipo e mi rimangio tutto.
Un esempio pratico della sua intensità emotiva ce lo offre subito all’inizio, nella scena in cui Giuseppe Fiorello parla con un cavallo. Una roba che mi ha fatto rimpiangere War Horse, uno dei film che ho più odiato negli ultimi anni.
E ci sono anche i ralenty. I ralenty, no. I ralenty sul primo piano “intenso” di Beppe Fiorello vi prego, no!
Fisicamente poi, Fiorello B non è nemmeno che somigli molto a Modugno D e come cantante dà fastidio. Persino suo fratello canta meglio. E ricordo che il fratello è quello di canzoni come questa, San Martino, una delle più grandi trashate nella storia della musica. Non solo nazionale.
"Beppe, ogni volta che ti sento cantare mi vien da piangere."
Beppe Fiorello imita Modugno, il suo tono vocale, la sua gestualità molto fisica e come imitatore non è nemmeno male. A mancare è il passaggio successivo, quello che rende un’imitazione una buona prova di interpretazione recitativa. Vediamo Beppe Fiorello che imita Domenico Modugno, ma non vediamo mai Domenico Modugno e basta. Colpa del Fiorello. Colpa non tanto sua, che poveretto ce la mette tutta, ogni scena la interpreta come se volesse vincere l’Oscar. Ci fosse ancora, potrebbe ambire magari giusto al Telegatto. La colpa è più che altro dei suoi limiti recitativi. E colpa anche di una sceneggiatura che non riesce mai ad andare in profondità.
Tra le note positive della sceneggiatura c’è invece la scelta, azzeccata, di concentrarsi a parlare della carriera di Modugno dagli inizi scalcinati come attore, passando per i pezzi in dialetto che hanno cominciato a imporlo come moderno cantautore neorealista, fino alla creazione di Volare, proposta in concorso a Sanremo. Il film si ferma lì. Quello che è successo dopo è un volo che potrà magari essere raccontato in un’altra fiction, possibilmente non con Beppe Fiorello.
Al di là di qualche momento più drammatico, la storia veleggia preferibilmente sui toni della commedia all’italiana, in linea con il personaggio di Modugno, ed è impreziosita da due simpatici comprimari: il regista Riccardo Pazzaglia, interpretato da Antonio D’Ausilio, e Franco Migliacci, interpretato da Alessandro Tiberi, lo stagista della serie tv Boris che ha anche lavorato nell’ultimo film di Woody Allen. Woody Allen? Me cojoni! Peccato solo che si sia rivelato giusto il peggior film di Woody Allen di sempre: To Rome With Love.
"Piove, Governo ladro... Sì, ma quale Governo?"
Proprio lui è il protagonista della parte più intrigante di tutta la fiction: la nascita e la creazione di Nel blu dipinto di blu, anche conosciuta con il più immediato titolo di Volare. Una vicenda che ha dell’incredibile. Franco Migliacci un bel pomeriggio s’è preso una ciucca colossale e, nel post sbronza, si è fatto ispirare da un quadro di Chagall, Le coq rouge, per comporre i versi più celebri nella storia della canzone italiana.
Dimostrazione di come l’alcool non faccia male, tutt’altro. Se combinato con le droghe poi può portare persino a salvare delle vite umane, Denzel Washington in Flight ne sa qualcosa…
E dimostrazione di come l’ispirazione più folgorante possa cogliere in qualunque momento chiunque, anche uno come Franco Migliacci che non era compositore, né musicista, né scrittore, né niente. Eppure quelle parole che oggi tutti conosciamo le ha tirate fuori lui. Lui e la sua testa ubriaca.
Le parole sono state quindi trasformate in musica da Domenico Modugno ma non subito. La canzone così come la conosciamo oggi ha richiesto una lavorazione di vari mesi di tempo. Splendido esempio di come le grandi opere d’arte nascano sì dall’ispirazione del momento, però allo stesso tempo per essere rifinite a presentate al meglio richiedono anche una buona dose di lavoro dietro.
Nel blu dipinto di blu è una canzone che ho sempre dato per scontata. Da che sono nato, da che ho ricordi musicali, c’è sempre stata. Il pezzone nazional-popolare per eccellenza. Vedendo però il processo creativo che c’è dietro e ascoltandola attentamente, è davvero una canzone enorme. Questo è il merito principale che riconosco a questa fiction. Nel blu dipinto di blu è una canzone pop perfetta, con un crescendo infinito e un ritornello di quelli che si incollano in testa per non andarsene mai più. Posso solo immaginare l’effetto devastante che può aver avuto nel 1958, quando è riuscita a imporsi non solo al Festival di Sanremo, non solo in Italia, ma persino negli USA, dove è stata ai vertici delle charts per settimane. Un pezzo epocale, rivoluzionario, sognante e visionario, lontanissimo dalle solite canzonette di Nilla Pizzi dell’epoca.
Il peccato più madornale e paradossale di questa fiction è proprio quello di fare l’opposto.
Volare è una fiction che racconta un’epoca di cambiamenti, un paese affascinante, una bella storia, un personaggio meraviglioso. Per farlo, usa tutte le tecniche peggiori della più modesta tradizione di fiction italiota attuale. Non v’è invece traccia alcuna dello spirito controcorrente incarnato alla perfezione da Domenico Modugno negli anni Cinquanta. Davvero un peccato. Con un altro regista, un’altra produzione, un altro protagonista, un altro coraggio, se insomma questa fiction fosse stata realizzata in una nazione diversa dall'Italia di oggi, ne sarebbe potuto uscire qualcosa davvero in grado di volare, oh oh.
"Tranquillo Dio, presto interpreterò anche te in un nuovo biopic Rai."
Ci sono un sacco di modi pessimi per aprire una serata di un Festival di Sanremo.
Ma non me ne viene in mente nessuno peggio di Beppe Fiorello che fa - che cerca di fare - Domenico Modugno. A sentire Fabio Fazio, il Fiorello di serie B (e già quello di serie A non è certo il massimo) grazie alla sua interpretazione nella fiction su Modugno rischia seriamente di rubare l’Oscar a Daniel Day-Lewis e Joaquin Phoenix ai prossimi Oscar.
Domenico Modugno comunque, nel caso aveste dubbi, non solo si è rivoltato nella tomba, ma è uscito ed è stato subito ingaggiato per apparire come guest-star in uno dei prossimi episodi di The Walking Dead.
Guest Twitters
Sir Macs @sirmacs
Beppe fiorello. Faranno una fiscion sulla sua vita. E la interpreterà Favino. #spamremo
Sora Cesira @SoraCesira
Con tutto il rispetto, ma se Beppe Fiorello fa Modugno, Maria Nazionale può fa' Whitney Houston. #sanremo2013
A risollevare gli spiriti, e non solo quelli, dei vivi, ci ha pensato invece Bar Refaeli. Superba, come ha suggerito Misciu, anzi SuperBar. Accompagnata da un’ovazione che manco il Papa quando ha annunciato le sue dimissioni.
Chi è Bar Refaeli?
Bar Refaeli è quella che pare abbia lasciato Leonardo DiCaprio per lui…
"Con me non ci limoni, balenga?"
Poi è arrivato il solito contestatore:
“Basta con la figa a Sanremo. Vai a casa a farti le pippe, Fabio Fazio!”
E, per la gioia degli amanti della buona musica, è iniziata la buona musica.
Non a Sanremo, ma da qualche parte nel mondo è iniziata.
Modà
Prima canzone: "Se si potesse non morire" potrebbe diventare la nuova proposta shock di Silvio Berlusconi.
E il verso "Se anche i baci si potessero mangiare, ci sarebbe un po' più amore e meno fame" è la "In tutti i luoghi in tutti i laghi" di Sanremo 2013.
Ieri qualcuno diceva che i testi della canzoni sanremesi quest’anno sono meno banali e scontati del solito. Oggi non lo dirà più nessuno. Grazie, Kekko dei Modà.
"I miei testi? Me li suggerisce Laura Palmer in sogno."
Seconda canzone: “Come l’acqua dentro il mare”. Un titolo più banale, no? Questa seconda “canzone” è pressoché uguale alla prima “canzone”, solo con un testo leggermente, ma molto leggermente, meno ridicolo. Quindi alla fine il televoto decreta la vittoria della prima. Per me, voto 3/10 a entrambe.
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Emanuele Rauco @Grouchoromano
Modà 2: puzzano di vittoria. Il pezzo è un po' più delicato. In confronto i Negramaro sono i Led Zeppelin. #Sanremo63
Umberto Romano @Umb80
L'autore dei testi delle canzoni dei Modà è Ruzzle. #sanctusremus #Sanremo2013
Marco Goi @cannibal_kid
Secondo me il televoto decreterà che nessuna delle 2 canzoni dei #modà è passata #sanremo
Simone Cristicchi finge di essere un cantante.
Simone Cristicchi
Se Simone Cristicchi è bravo a cantare, Chekko dei Modà è il più grande autore di testi vivente sulla faccia della Terra. Nonostante mi sia sempre sembrato una versione sfigata di Caparezza con un non so che di Telespalla Bob, dal Cristicchi mi aspettavo qualcosina in più.
Perché?
Non so perché.
La prima canzone però non si può davvero ascoltare: strazio totale, voto 5-/10.
Carla Bruni finge di essere una ghitarrista.
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CapaGrezza @CapaGrezza
Boom di suicidi tra i fan di Cristicchi. #Sanremo2013 #SanctusRemus
La seconda nonostante il titolo “La prima volta che sono morto” è più carina e leggera. Non male. E con non male intendo comunque che all’infuori del Festival non la ascolterò mai. Non volontariamente. Voto 6+/10
Poi arriva Carla Bruni.
Tutti a dire: bellissima donna, ma come cantante fa pena.
Oh, per me è il contrario. A me fisicamente non piace proprio. Ha degli zigomi che le mangiano tutta la faccia, un fisico da ragazzino denutrito e la trovo sexy quanto un manico di scopa. Anche meno, visto che la parola “scopa” ha un che di sessuale. Invece come cantante, per quanto vocalmente limitata, non mi dispiace nemmeno troppo. Niente a che vedere con Jane Birkin, Charlotte Gaingsbourg o qualche altra vera sciantosa chanteuse francese, però come loro pallida imitazione fa la sua figura.
Grande comunque la Littizzetto che con enorme sincerità, a Fabio Fazio che diceva: “Però, simpatica la Carlà”, ha risposto con un liberatorio: “Ooooooooooh”.
Non so perché, ma questa immagine mi ha ricordato la scena qui sotto...
Aphex Twin, video di "Come to Daddy"
Malika Ayane si è montata la testa?
Forse no, ma di certo alla sua testa è capitato qualcosa di molto brutto.
Malika Ayane
Uffa, ma una volta mi piaceva, Malika Ayane. Adesso che ha fatto?
Da quando aveva cominciato a uscire con Cesare Cremonini, ha iniziato a peggiorare. Come fa quel detto? Chi va con lo zoppo impara a zoppicare?
Ora si è presentata con dei capelli ossigenati tra Lady Gaga, Gwen Stefani e uno scherzo della natura.
Prima canzone decente, ma “Niente” di che. Voto 6/10.
“E se poi” c’è la seconda canzone è meglio. Ma, come il primo, è pur sempre un pezzo scritto da Giuliano Sangiorgi, cantante, leader, guru e Dio del Progetto Negramaro, quindi non ci si può aspettare un capolavorone. Voto 6,5/10.
Passa il turno la seconda, nel caso ci fossero dubbi.
Guest Twitters
Chiara Bernardi @wonderchiari
sangiorgi sarà la causa dell'estinzione del genere umano. #sanremo #mammeasanremo
David Di Tivoli @David_IsayBlog
Mussolini ha fatto buone cose. Se lo paragoniamo al parrucchiere di Malika Ayane. #sanremo2013
"Fabio, sei proprio un buonista!"
"Ma va, ma che dici, sciocchino d'uno sciocchino d'un Nerino Marcorerino."
Arriva Neri Marcorè.
Non mi piace, Neri Marcorè.
Ritorna Bar Refaeli.
Mi piace Bar Refaeli. Lei sì che è sexy. Altroché Cosà Bruni. E suona pure la battiera. In quello è brava quanto Cosà Bruni a suonare la chitarra.
Splendida Bar, però un suggerimento per il prossimo anno: prendete Kate Upton. Con quella sul palco, gli ascolti si impennerebbero al 100% di share e persino Berlusconi e i suoi schiavetti personali non romperebbero più i coglioni.
"Eddai, con ste monetine. Su, non fate i taccagni."
Almamegretta
Musicalmente pezzo bello dubboso. Peccato solo che ci sia una cosa che rovina tutto. La voce di Raiz. Voto 6-/10
Il secondo pezzo è la versione dub dei neomelodici. Bah. Io ero rimasto agli Almamegretta di “Black Athena” e mo’ me li ritrovo così… Peeerché? Voto 5,5/10.
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Genio78 @Zziagenio78
Se non hai capito una parola della canzone degli Almamegretta invia "Boh" al numero 5772 #Sanremo2013
Brut-pop
Max Gazzè
La sua prima canzone ha una partenza quasi heavy-metal, almeno per i canoni di Sanremo. Poi si trasforma nel solito pezzo alla Max Gazzè. E non è un complimentone. Voto 5,5/10.
La seconda canzone è ancora più alla Max Gazzè, una filastrocca paracula. Ha un non so che di circense, sarà perché finisce in pagliacciata. Pezzo super kitsch e quindi a suo modo perfettamente sanremese. Passerà questa, ovviamente. Voto 6-/10
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Ale [Tredici] @Ale_Tredici
È vestito come il pinguino della Vodafone ♥ Lo amo. #Sanremo2013 #MaxGazzè
Fabio Fazio dice che le canzoni quest’ano sono davvero belle.
La risposta la affido a un guest Twitter che mi ha tolto le parole di bocca.
gabriele ferraris @gaboferraris
#sanremo2013 Ecco @fabfazio adesso l'hai detta grossa. Non sono belle. Sono faziane. Precisine, rassicuranti, prevedibili. Nobilmente noiose
"Hey hey hey
e io chi sarei?
Vorrei essere Lana Del Rey
ma sembro una scappata da Downton Abbey."
Annalisa
Per come è vestita e per la musica che fa, non so da che epoca sia uscita, però ha un che di fuori dal tempo persino per gli standard fuori dal tempo sanremesi. Dopo un po’ capisco che vorrebbe essere un tentativo di fare la Lana Del Rey de' noantri. Tentativo maldestro, ma apprezzabile.
Comunque, per coloro ai quali gliene fregasse qualcosa, non riesco a distinguere la differenza tra le sue due canzoni, e alla fine passa il pezzo “Scintille”. Il mio voto è 6 di incoraggiamento a entrambi i pezzi.
Guest Twitter
Ale [Tredici] @Ale_Tredici
Ma secondo voi Annalisa la dà mai? #Sanremo2013
Ale [Tredici] @Ale_Tredici
Ma poi non ho capito, è avvolta nel cellophan? Come si scrive cellophan? #Sanremo2013 #Annalisa
"Fabio, è vero che sono di Gerusalemme,
ma paragonarmi a Gesù Cristo forse è un tantino esagerato."
Asaf Avidan
Ospite musicale straniero, dopo il russo Toto Cutungo, ecco l’isrealiano Asaf Avidan, uno con una voce talmente particolare che o lo ami o lo odi. Io non ho ancora capito se mi piace o mi dà fastidio. Di certo è l’artista più interessante salito sul palco dell’Ariston finora, però Fabio Fazio che tira fuori paragoni con Johnny Cash va oltre ogni confine del ridicolo. Anche perché a me, piuttosto, ricorda Kè, quello della splendida “Strange World”. Johnny Cash invece lasciamolo stare, please.
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VF/Frankie hi-nrg mc @VanityFairIt
Asaf Avidan ha un nome che ti fa vincere da solo un campionato di Ruzzle #spamremo
"Buonasera Regina di cuori, siamo le sue carte."
Elio e le Storie Tese
Elio e le Storie Tese hanno già vinto con la canzone del pinguino per la Vodafone. Vediamo ora cos’altro ci regaleranno…
Prima canzone che va a toccare il tema religioso. Roba che manderebbe in subbuglio il Vaticano, se solo in Vaticano ci fosse ancora qualcuno. Dopo “La terra dei cachi”, Elii are back in Sanremo con “Dannati Forever”, vestiti da chierichetti e con le fronti allungate alla Beavis and Butt-head.
Fantastico il testo:
Ma sono troppi i peccati mortali che ho collezionato
Per esempio:
Fatto adulterio, mentito, rubato,
Continuamente pisello toccato
Fin dall’età di sei anni ero già condannato
Pupupu Purtroppo vado all’inferno, nel fuoco eterno
Cococo cogli onanisti, i comunisti e Gengis Khan
Chi l’avrebbe detto che sarei finito dannato
All’inferno!
Il testo più spassoso di Sanremo 2013. Esclusi quelli scritti da Kekko dei Modà. Voto 7/10.
Il meglio arriva però con il secondo pezzo, con la skatenata “Canzone mononota”, destinata a diventare un futuro classico del loro repertorio. In scioltezza e con una notevole facilità è la canzone migliore tra quelle in gara. Cosa che significa che pure quest’anno probabilmente arriveranno secondi, dietro magari a qualche sopravvissuto ai talent show come Marco Mengoni. Voto 8/10.
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Pier Paolo Peroni @PierpaPeroni
la più grande boy band di tutti tempi #Eelst #Sanremo2013 #spamremo
Ma visto che a Sanremo ci si stava divertendo troppo, sia mai, ecco allora arrivare in tutta fretta il momento tristezza con Neri Marcorè che imita non so chi, forse se stesso, e con Fabio Fazio che imita Piero Angela.
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Andrea Scanzi @AndreaScanzi
Volevo fare la battuta che la cosa migliore di Fazio sono le imitazioni, ma le imitazioni di Fazio non me lo hanno permesso
Scatta poi un ulteriore momento tristezza riguardante la mancata ospitata dei Ricchi e Poveri, che però lascio commentare direttamente alla sola grande unica inimitabile Elisabetta Canalis con la sua infinita saggezza twitteriana.
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ElisabettaCanalis @JustElisabetta
Mi piace Sanremo che rispetta il lutto di Franco Gatti #ricchiepoveri senza sostituirli . Questo e' il modo in cui #theshowmustgoon
Ah, ma ci sono anche i Giovani a Sanremo. Credevate di no, eh? Visto che siamo pur sempre in un paese per vecchi, come al solito li fanno suonare a partire dalle 3 di notte, quando non avrebbero nemmeno l’età legale per esibirsi.
Renzo Rubino
Dopo le “perle” di Povia e Anna Tatangelo, al Festival si torna a parlare di amore omosessuale, con “Il postino (amami uomo)”. Peccato che la musica non sia all’altezza delle intenzioni.
Renzo Rubino parte tranquillo, senza dare troppo fastidio. Poi alza la voce, arriva pure un tenore a fare da corista e si raggiungono altissimi purissime levissime vette di inascoltabilità.
Ma chi ascolta questa musica, all’infuori della satanica setta sanremese?
Voto 5/10.
Matteo F.(errari) @maffeoterrari
Renzo Rubino è la reincarnazione di Mario della telenovela piemontese #sognidamore
Chiara Bernardi @wonderchiari
Che ci fa Jon Snow a SanRemoGiovini? #sanremo
Il Cile
È bravo, bravino almeno, radiofonico a manetta, ma bravino. La sua canzone suona quasi come musica pop contemporanea e non proveniente da un’altra epoca. Cile batte Italia 1 - 0. Il televoto ovviamente non capisce e non lo premia. Il solito razzismo italiota? Il ragazzo comunque farà strada e anzi la sta già facendo. Voto 6,5/10.
Ah no, ho sbagliato immagine...
Irene Ghiotto
Non ho ben capito cosa mi rappresenti a livello musicale questa tizia inquietante, ma per un film horror sarebbe per-fet-ta. Zampaglione, invece di scrivere canzonette, prendi appunti per il cast del tuo prossimo film.
Il suo pezzo si chiama “Baciami?”.
Ma col cavolo, brutto mostro.
Pussa via!
Voto 4/10.
Blastema
Questi hanno ascoltato tanto i Muse e i Radiohead, nella loro vita. E sono tra i pochi, dentro l’Ariston. I Radiohead di The Bends, se non altro. Quando capiterà di sentire sul palco dell’Ariston qualcuno influenzato magari da Kid A? Considerando che è un album del 2000, forse entro il 2030…
I risultati comunque - lo spefico - sono lontani anni luce dai Radiohead, sembrano un po’ troppo esaltati e potrebbero trasformarsi ben presto nei prossimi Negramaro. Però per il momento mi sentirei di puntare abbastanza su di loro. Tipo 10 o 20 centesimi. Voto 6,5/10.
Seh, magari. A grande richiesta di non so chi, penso del solo Fabio Fazio, e forse anche di Kekko dei Modà, ritorna sul palco Beppe Fiorello a infangare il buon nome di Domenico Modugno.
Poi la serata finisce veramente, ma il Festival no. Quello non finisce MAI.
Se ti piace guarda anche: 4 fantasmi per un sogno, La kryptonite nella borsa, Mine vaganti
Mah… gnifica presenza.
Non so davvero cosa pensare, di un film come Magnifica presenza.
Oggettivamente parlando, è davvero modesto. La regia del poco magico mago di Ozpetek non regala certo momenti di grande cinema. A livello visivo, oltre a una buona cura per il trucco dei suoi poco fantasmagorici e molto fantasmi personaggi, è poca roba.
Come recitazione, si salva un valido seppure pure lui parecchio impostato Elio Germano, e a sorpresa salvo anche Vittoria “Elisa di Rivombrosa” Puccini. Quanto a Giuseppe Fiorello… orrore! E Margherita Buy? Non la si può davvero più sopportare. Va bene fare la nevrotica una volta, due volte, tre volte. Alla miliardesima volta si fa una raccolta di firme per non farla mai più comparire in un film/fiction/serie tv.
Quanto alla breve apparizione non da fantasma bensì reale di Maurizio Coruzzi meglio noto come Platinette, strappa anche un sorriso, va là, però non è che fosse così fondamentale per il film. Comunque, sempre meglio Platinette del fratello (raccomandato) di Fiorello.
Tra le note negative, ci metto dentro anche la colonna sonora. Passi "Perfidia" di Nat King Cole, non male, ma Patty Pravo e Claudia Mori… andiamo, fanno persino troooppo Ozpetek. Sembra quasi che Ozpetek con questo film abbia voluto fare il verso a se stesso, un po’ come l’ultimo riciclato Tim Burton.
"Hey, hai mai visto Paranormal Activity?"
E la storia? Com’è la storia di Magnifica presenza?
Si tocca un filone classico del cinema horror, quello della casa infestata. Solo che questo non è un film horror. È il classico film… come si può chiamare il genere? Ozpetekiano. A essere maligni, Ozpetek è una versione di serie B di Almodovar. Considerando però il pessimo tentativo recente di Pedro con il thriller nell’involontariamente (o forse volontariamente?) ridicolo La pelle che abito, i pur timidi approcci di Ozpetek con l’horror fanno una figura già un minimo più decente.
I tentativi di creare tensione, va detto, si limitano alla prima parte. Dopodiché Magnifica presenza scorre in altre direzioni. Più che altro quelle della commedia. In maniera magnifica? No. Non direi proprio. Perché, oggettivamente parlando, come detto Magnifica presenza è poca roba. È un film pasticciato, confuso, ha una sceneggiatura con dei buchi grandi come una casa (infestata), propone una serie di personaggi messi dentro alla rinfusa che appaiono e poi scompaiono. Cosa quest’ultima probabilmente voluta, sebbene non tutte le “presenze” risultino proprio magnifiche magnifiche.
"Ao', so' tutti truccati, mo' me trucco anch'io!
Come Platinette no, me rifiuto."
Tutto questo, parlando oggettivamente. Però su questo blog non si parla in maniera oggettiva. E un film come questo non va giudicato in maniera oggettiva. Ozpetek ha girato, come in fondo fa sempre o quasi, una pellicola intima, fatta di sentimenti e di emozioni. Anche perché, diciamocelo, non è che sia poi ‘sto virtuoso della macchina da presa.
Visto sotto un’ottica puramente soggettiva e personale, Magnifica presenza vanta allora dei punti a suo favore. Il fatto di non sapere bene dove andare a parare può essere visto come un difetto, e probabilmente lo è, ma allo stesso tempo contribuisce a non dare certezze allo spettatore. A lasciarlo sospeso in attesa di qualcosa. Qualcosa che poi non si concretizza effettivamente in momenti di grande cinema, ma almeno lascia per tutto il tempo con una certa curiosità.
C’è poi una forte componente visionaria (onni)presente. Non è sviluppata a dovere, d’altra parte Ozpetek non è David Lynch, però riesce a creare un’atmosfera piuttosto surreale. Quasi un ribaltamento della realtà e delle convenzioni comuni. Il protagonista Elio Germano è ovviamente omosessuale (altrimenti che razza di film di Ozpetek sarebbe?), lavora di notte, è un attore, è pazzo, è pure uno stalker e tutt’intorno a lui sembra muoversi solo un’umanità strana: fantasmi, transessuali, persone truccate e travestite.
Omosessualità, travestimento, musica retrò… sì, ci sono proprio tutti gli elementi tipici di un film di Almodovar, ehm, cioè volevo dire di Ozpetek.
"Ma dimmi te se dovevamo arrivare da un'altra epoca
per leggere le fregnacce di Cannibal sul nostro conto..."
La normalità non sembra dunque avere posto nella vita del protagonista. Di certo, non sembra abitare nella sua casa. Una casa infestata da degli attori (come lui) fantasma, scomparsi durante il periodo della seconda guerra mondiale. Qui la ghost-story poteva prendere la piaga del j-horror alla The Ring, con la classica ricerca a caccia della loro vicenda passata, e in parte la imbocca. Seppure rimanendo su sentieri da commedia più che da film del terrore. Una vicenda di fantasmi più sullo stile di Ghost, se vogliamo, però meno drammatico. Meno romantico. No, diciamo che siamo più dalle parti di 4 fantasmi per un sogno, quel film con Robert Downey Jr. che “vede la gente morta”.
Il tutto con un’atmosfera onirica che ricorda La kryptonite nella borsa, altra gradevole quanto difettosa pellicola italiana recente, girata non a caso da Ivan Cotroneo, che già aveva lavorato con Ozpetek sulla sceneggiatura del precedente Mine vaganti. A proposito di Mine vaganti, se Magnifica presenza segna un passo avanti per il regista italo-turco come tentativo di fare qualcosa di diverso, di variare la sua formula aggiungendo una componente vagamente fantasy, dall’altra parte segna un passo indietro per riuscita. Mine vaganti era infatti più brillante, sbarazzino, divertente e allo stesso tempo profondo.
Magnifica presenza riesce a non farsi odiare ma semmai muove un moto di simpatia per la genuinità del suo approccio e perché sembra un sentito atto di amore nei confronti del cinema e della “finzione, finzione”. Eppure al termine della visione fa rimanere sospesi con un forte: “Mah…”
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