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venerdì 8 gennaio 2016

Cannibal Music Awards 2015 - Il meglio e il peggio dell'anno





Dopo il mondo del cinema e quello della televisione, oggi tocca a quello musicale essere premiato con i premi meno ambito dello showbiz: i Cannibal Music Awards.
Senza sparare altre cacchiate, partiamo subito con i riassuntoni delle classifiche degli album più amati e delle canzoni preferite qui su Pensieri Cannibali durante il 2015. E poi spazio a un sacco di premi dedicati al meglio, ma pure al peggio, dell'ultima annata in musica. Are you freaking ready?


lunedì 21 dicembre 2015

Cannibal Music - Best Albums 2015 - La Top 10





I dischi dell'anno. I migliori?
No, soltanto quelli preferiti da Pensieri Cannibali. Quindi sì, i migliori.
Dopo aver dato un'occhiata e magari un ascolto alle posizioni dalla 20 alla 11, cercate di trattenere l'emozione e scorrete la lista per scoprire chi si è guadagnato il primo posto della classifica degli album di questo 2015.

Ah, prima un'altra cosa. Il palmares degli anni passati:

2008 - Vampire Weekend "Vampire Weekend"
2009 - The Horrors "Primary Colours"
2010 - Kanye West "My Beautiful Dark Twisted Fantasy"
2011 - Zola Jesus "Conatus"
2012 - Fiona Apple "The Idler Wheel"
2013 - Daft Punk "Random Access Memories"
2014 - Damon Albarn "Everyday Robots"

mercoledì 29 aprile 2015

BLUR “THE MAGIC WHIP”, IL PARERE IMPARZIALE: È UNA FIGATA TOTALE!





Blur “The Magic Whip”

Il disco più atteso.
Dell'anno?
Non solo. Per quanto mi riguarda, forse di tutti i tempi. I Blur sono infatti il mio gruppo preferito in assoluto e il loro ultimo album risale a 12 anni fa. 16 anni, se consideriamo il disco "13", l'ultimo lavoro inciso con la formazione al completo.
Adesso i Fantastici 4 sono finalmente tornati insieme: Damon Albarn, Alex James, Dave Rowntree e pure il dimissionario Graham Coxon. E com'è l'album della loro reunion?
Come avrete magari intuito, non sono esattamente la persona più indicata per giudicarlo in maniera oggettiva, ma comunque ci provo.
Mi bastano le prime note di “Lonesome Street” per rimettermi in pace con il mondo. Dentro questo pezzo c'è tutto l'universo sonoro della band, di ieri come di oggi: la voce di Graham che si alterna con quella di Damon, un ritmo saltellante, i coretti, persino un fischettio finale. This is pop. This is fucking pop.

giovedì 26 febbraio 2015

CANNIBAL MUSIC - I DISCHI DI FEBBRAIO 2015





L'appuntamento con la rubrica dedicata alla musica del mese prosegue. Nonostante i miei problemi di memoria e di mente in generale, non me ne sono scordato ancora e quindi ecco che, dopo i dischetti ascoltati a gennaio, andiamo a scoprire alcuni degli album passati dalle parti di Pensieri Cannibali nelle ultime settimane.

Verdena “Endkadenz Vol. 1”

I Verdena hanno fatto un altro disco tipicamente verdeniano. Prendete la cosa sia in senso positivo che in senso negativo.
Positivo perché i tre bergamaschi restano sempre la realtà più forte (o forse dovrei dire l'unica?) della scena rock italiana attuale. Questo nuovo impronunciabile Endkadenz Vol. 1 ci conferma una rock band capace di una cura nel suono che non ha pari dalle nostre parti e conosce poca concorrenza pure a livello internazionale, se non altro tra i gruppi chitarristici. In più, nonostante manchi il pezzo bomba alla “Luna” o alla “Valvonauta”, ci sono alcuni highlights notevoli come l'esaltante “Un po' esageri” e la ballatona visionaria “Diluvio”.
Negativo perché, nonostante la maturità nel sound e nella capacità di scrittura raggiunta, questo disco non aggiunge niente di nuovo o di fondamentalmente differente rispetto a quanto già fatto dai tre in passato. Chi li odierà continuerà a odiarli. Chi li amerà continuerà ad amarli. In attesa di sentire anche il Vol. 2 in uscita nei prossimi mesi, questo Endkadenz Vol. 1 non cambia di una virgola ciò che già si sapeva della band. Piaccia o meno, i Verdena sono sempre gli stessi.
(voto 7-/10)

mercoledì 10 dicembre 2014

QUADROPHENIA: VIVA I MOD E ABBASSO I ROCKER!





Quadrophenia
(UK 1979)
Regia: Franc Roddam
Sceneggiatura: Dan Humphries, Martin Stellman, Franc Roddam
Cast: Phil Daniels, Leslie Ash, Sting, Ray Winstone, Mark Wingett, Philip Davis, Toyah Willcox, Trevor Laird, Michael Elphick
Genere: mod
Se ti piace guarda anche: Tommy, Spike Island, Trainspotting

Quadrophenia è il film dei The Who. Cosa che detta così può suonare nella maniera sbagliata. A qualcuno può infatti venire in mente “Come in un film”, il film dei Modà, oppure “Where We Are”, il film dei One Direction, o ancora “Never Say Never”, il film di Justin Bieber.
Tranquilli. Questa è tutta un'altra musica. Non solo perché la proposta musicale dei The Who è “leggermente” superiore rispetto a quella degli artistoni sopra citati, ma inoltre perché in questo caso non ci troviamo di fronte a un documentario su un concerto fatto giusto per strappare qualche soldo alle fan urlanti. Quadrophenia è un film film, con una trama, dei personaggi, una sceneggiatura vera e propria. È una opera rock che prende ispirazione dai testi dell'album omonimo della band, forse il gruppo più celebre e importante nella Storia del rock'n'roll inglese dopo i Beatles e i Rolling Stones. Una volta detto questo, è una pellicola godibile indipendentemente dalla conoscenza dell'album, o dall'essere dei patiti dei The Who. I fan si esalteranno a vedere comparire il faccione di Pete Townshend su un poster nella cameretta del protagonista, così come in tv, e a sentire le loro canzoni all'interno della pellicola. La colonna sonora non è però ad esclusivo appannaggio dei The Who, che saranno sì megalomani, ma non fino a questo punto. In mezzo alle loro “My Generation”, “The Real Me” e altre c'è spazio infatti anche per la trascinante “Louie Louie” dei Kingsmen, per la splendida “Zoot Suit” degli High Numbers, per girl band retrò come Ronettes, Chiffons e Crystals e per l'immancabile evergreen “Green Onion” di Booker T. & the MG's, in quello che è un vero e proprio tripudio degli anni Sessanta che farà eiaculare i nostalgici dell'epoca.

venerdì 12 settembre 2014

LE MIE CANZONI PREFERITE - LA TOP 10





Il viaggio musicale di Pensieri Cannibali giunge oggi a destinazione.
La Top 100 delle canzoni preferite di tutti i tempi da questo blog svela oggi i primi 10 posti, se non altro di questo preciso momento, perché se dovessi rifare le classifica tra qualche mese, o anche solo tra qualche giorno, le cose potrebbero cambiare parecchio.
Prima di scoprire la Top 10, vi beccate intanto il solito riepilogone delle posizioni precedenti:


Nei prossimi giorni arriverà anche il riassuntone definitivo con tutti e 100 i pezzi, più la playlist Spotify.
Adesso però basta chiacchiere e passiamo a vedere e soprattutto a sentire la Top 10.

"Ora vi canterò tutte le canzoni della classifica di Pensieri Cannibali.
O magari soltanto una..."

sabato 3 maggio 2014

GUIDA GALATTICA ALLA MUSICA BRITPOP




Indovinello: qual è quell’animale che cento ne pensa e cento ne fa?
Esatto, il Cannibale. Un animale strano, selvatico, che non pago di aver creato già classifiche e liste assortite di tutti i tipi, come la serie della vergogna e quella della crescita, adesso ha ideato un modo nuovo per propinarvi le sue Top 10.
Questa volta la scusa è di fare delle Top Dieci dedicate ad alcuni generi e sottogeneri musicali, rivisti sempre attraverso l’ottica cannibale, ovvio. Ad aprire le danze ci pensa un genere con cui l’animale Cannibale è stato allevato: il Britpop.


Se da buoni babbani non sapete cos’è, vi dico brevemente che è stata quella scena musicale sviluppatasi in Gran Bretagna – dal nome l’avreste mai detto? – nel corso degli anni ’90. Le radici del genere si possono trovare nei 60s, con band fondamentali come Beatles, Rolling Stones e Kinks, così come nel glam-rock 70s di David Bowie, ma un’influenza enorme l’hanno giocata anche gruppi successivi come Smiths e Stone Roses.
Da queste basi, nel corso degli anni ’90 e a partire dal 1993-94 circa, in tutto il Regno (Unito) c’è stato un enorme fermento musicale e sono salite alla ribalta un sacco di band dal suono pop-rock, che oggi potremmo definire indie-rock, ma che allora chiamavamo Britpop. Tra i primi a ottenere una grande notorietà ci sono stati gli Suede con il loro look androgino e il loro sound glam, ma l’apice della popolarità il genere l’ha toccato con la rivalità epica tra Blur e Oasis, alimentata da sfide a colpi di grandi canzoni e di battibecchi verbali, puntualmente riportati dalle riviste inglesi più cool del periodo, NME e Melody Maker.
Da lì in poi la scena si è ingigantita, sono nate un sacco di band cloni, non solo in Gran Bretagna ma ovunque, persino in Italia, dove c’erano i Lunapop che prendevano in prestito pezzi dagli Ocean Colour Scene, i Super B che scimmiottavano i Blur, Daniele Groff che imitava (malamente) gli Oasis. Qualcuno se li ricorda?
Verso la fine degli anni ’90 l’interesse nei confronti della scena, come per tutte le scene, è scemato, e il Britpop è passato di moda ma ora, a 20 anni di distanza, è tempo di revival. Per fare un tuffo in quel periodo potete dare un’occhiata alla serie My Mad Fat Diary e dare un ascolto alla mia playlist su Spotify, nonché alla mia immancabile Top 10 qui sotto.



Top 10 canzoni Britpop (secondo Pensieri Cannibali)

10. Charlatans “One to Another”



9. Elastica “Connection”



8. Supergrass “Alright”



7. Bluetones “Slight Return”



6. Mansun “Wide Open Space”



5. The Verve “Bittersweet Symphony”



4. Oasis “Live Forever”



3. Pulp “Disco 2000”



2. Blur “The Universal”



1. Suede “Beautiful Ones”

lunedì 28 aprile 2014

NUOVI DISCHI: PAOLO NUTINI, DAMON ALBARN, SKRILLEX, PHARRELL




Breve rassegna discografica sui nuovi album di quattro artisti molto differenti tra loro. Cos’hanno in comune?
Niente, a parte il fatto di essere tutti quanti uomini e di comparire in questa rubrica sui dischi passati nelle ultime settimane sulle frequenze di Pensieri Cannibali.

Paolo Nutini “Caustic Love”
Paolo Nutini è bello, bravo e pure simpatico. Da premesse simili, è difficile non farselo stare sulle balle. Allo stesso tempo, è difficile pure odiarlo, perché il ragazzo ha talento. Non è un nuovo genio musicale come qualcuno, tipo Fabio Fazio all’ultimo Sanremo, vuole farci credere, però ha talento. Con questo terzo album Paolo lo scozzese di origini italiane dimostra di possedere anche un certo coraggio nel proseguire per la sua strada. "Caustic Love" riesce a essere un buon incrocio tra i sue primi due lavori, senza ammiccamenti ai suoni cool o alle tendenze musicali del momento. C’è dentro il gusto per le ballatone messo in mostra soprattutto ai tempi dell’esordio (ricordate le splendide "Last Request" e "Rewind"?), e confermato qui con inedite doti da crooner, si senta la ballatona strappamutande “One Day”. Allo stesso tempo c’è dentro pure quel sapore retrò-vintage del secondo album e che qui appare ancora più accentuato.
Paolo Nutini ha tirato fuori un nuovo disco molto soul/R&B, quasi come se fosse una versione bianca e maschile di Janelle Monae, la quale non a caso figura come prestigiosa guest-vocal del brano “Fashion”. Il limite del disco è solo quello di scivolare in maniera un po’ troppo tranquilla nella parte finale. Qualche brano uptempo in più come il primo singolo “Scream (Funk My Life Up)” non avrebbe guastato, ma nel complesso si può considerare un perfetto ascolto da domenica mattina: rilassato, sciallato e tranquillo. E un tizio che ti tira fuori un disco così, sebbene sia bello, bravo e simpatico, è difficile da odiare.
(voto 7/10)



Damon Albarn “Everyday Robots”
Per me parlare di Damon Albarn è un po’ come per un cristiano affrontare l’argomento Gesù Cristo o la Santificazione dei Papi. Ho un forte senso di soggezione e di gratitudine nei suoi confronti. Il Damon è uno dei pochi eroi degli anni ‘90 che nel corso della sua ormai lunga carriera non mi ha mai deluso. Qualche lavoro un po’ sottotono l’ha realizzato pure lui, che manco Dio è perfetto. I supergruppi The Good, the Bad & the Queen e Rocket Juice & the Moon ad esempio non mi avevano entusiasmato e le colonne sonore delle opere teatrali Dr. Dee e Monkey: Journey to the West ce la poteva pure risparmiare. Per il resto, Albarn non ha mai sbagliato un disco, né con i Blur, né con i Gorillaz. Dopo aver realizzato decine di lavori e molteplici progetti differenti, Damon Albarn è ora giunto al suo primo album solista vero e proprio, se si esclude l'EP "Democrazy". E com’è, questo “Everyday Robots”?

È un’albarnata pazzesca! Questo è il grande pregio così come l’unico piccolo limite del lavoro. Per chi conosce bene il suo percorso artistico, qui dentro è difficile trovare novità enormi. È come sentire i Blur senza la componente più rockettara fornita da Graham Coxon, o come ascoltare i Gorillaz privi della parte più hip-hoppara. L’album è più che altro una raccolta di ballate autobiografiche molto sentite e personali, alcune, la maggior parte, davvero splendide come la title-track "Everyday Robots", l’incantevole “Hostiles” (una delle canzoni più belle degli ultimi 120 anni), la malinconicissima “Lonely Press Play”, la sognante “The Selfish Giant”, e la molto soul “Heavy Seas of Love”, che ricorda “Tender” dei Blur. Manca solo quell’innovazione musicale che aveva sempre contraddistinto i suoi lavori passati. In compenso è ben presente una classe enorme e una capacità di scrivere canzoni eterne, fuori dal tempo, come pochi altri oggi sanno fare. A 20 anni dall’uscita di “Parklife” dei Blur, del periodo d’oro del Britpop e delle rivalità con i fratelli Gallagher, “Everyday Robots” è l’ulteriore, definitiva conferma che Damon è il migliore autore della sua generazione. Vi sembra poco?
(voto 8/10)



Skrillex “Recess”
Skrillex è un tamarro?
Sì.
Skrillex è un truzzo?
Sì.
Skrillex ha cambiato la musica degli ultimi anni?
Che vi piaccia o meno, anche la risposta a questa domanda è affermativa. Sonny John Moore (questo il suo vero nome), ha cominciato nella scena metal con i From First to Last, per poi reinventarsi come deejay e producer elettronico e inventare un suono nuovo. Skrillex non ha creato il genere dubstep, ma è riuscito a darne una sua particolare declinazione, commerciale e tamarra fin che si vuole, ma anche dannatamente efficace. Musica che va suonata a massimo volume col subwoofer a stecca, per assaporare in pieno i bassi, sentirseli pompare dentro al corpo e fare incazzare i vicini di casa.
Nel corso degli ultimi anni, Skrillex è diventato il nome di punta, il poster boy della scena dubstep e l’ha fatto con una manciata di singoli, di EPs, oltre ad aver contribuito alla devastante colonna sonora del cult movie più cult movie degli ultimi anni, Spring Breakers. Il suo primo album vero e proprio è arrivato solo adesso, si chiama “Recess” ed è un lavoro fico, pieno di bombe da dancefloor, come “Recess”, “Ragga Bomb” e “Ease My Mind”, pezzi capaci di polverizzare tutto. Allo stesso tempo il disco manca il bersaglio grosso, quello di diventare un vero e proprio manifesto del genere, l’album simbolo del dubstep. Skrillex si dimostra ancora come un tipo più da canzoni singole che da long playing, ma quando alzerete il volume dei suoi pezzi e sentirete le finestre tremare, potrete anche chiudere un occhio (e un orecchio) su questo aspetto.
(voto 6,5/10)



Pharrell Williams “G I R L”
Ormai non se ne può più. “Happy” è una canzone contagiosa, riuscitissima, capace di mettere subito di buon umore. Fino a qualche tempo fa. Dopo che è stata suonata ovunque, dagli Oscar al Grande Fratello, in qualunque servizio di telegiornale, spot, promo, e usata in qualsiasi balletto, c’è poco da fare, ormai ascoltare “Happy” fa diventare sad. E fa persino morire.


Il secondo album solista di Pharrell “G I R L”, dopo il non troppo riuscito “In My Mind”, ha il problema di essere costruito proprio intorno a quel fortunatissimo pezzo, un po’ troppo in fretta e furia. Qualche singola canzone come “Marilyn Monroe” o la nuova collaborazione con i Daft Punk “Gust of Wind” funziona, solo che nel complesso il disco manca di una sua coerenza generale e finisce per suonare a tratti come una versione di serie B di Justin Timberlake. Da Pharrell, producer e autore geniale, io mi aspetto qualcosa di più per farmi davvero happy.
(voto 5,5/10)

martedì 11 marzo 2014

I DISCHI CON CUI SONO CRESCIUTO




Nuovo giochino/lista su Pensieri Cannibali.
Dopo la serie dedicata a film, dischi, canzoni e programmi tv vergogna, ecco che vi propongo una nuova top 10. Anche questa volta ha a che fare con il tirare fuori i propri scheletri dall’armadio, ma in questo caso non sono scheletri di cui necessariamente vergognarsi.
Quali sono i dischi, o anche solo le canzoni, con cui siete cresciuti?
Ecco la lista dei 10 album fondamentali della mia adolescenza. Come potrete notare sono tutti dischi degli anni ’90. Questo perché è in quel decennio che ho cominciato ad ascoltare musica e in quel periodo mi piaceva sentire soprattutto artisti a me contemporanei. Le band del passato erano roba per i miei genitori e io, da buon teenager ribelle, non volevo averci niente a che fare. Più in là nel tempo avrei poi ampiamente rivalutato un sacco di musica “vecchia”, soprattutto quella degli anni Ottanta, ma nei 90s per me esisteva solo la musica dei 90s.
E dopo questa premessa più o meno inutile, beccatevi la mia top 10 degli album con cui sono cresciuto. Se vi piace l’iniziativa, partecipate pure voi con le vostre liste di dischi o canzoni con cui siete sopravvissuti all'infanzia/adolescenza da postare sui vostri blog, sui social network oppure tra i commenti a questo post.

10. Alanis Morissette “Jagged Little Pill”
Ci sono dischi che segnano una generazione. L’esordio di Alanis Morissette uscito a metà anni ’90 è uno di questi. Difficile spiegare bene il perché a chi scopre la sua musica adesso. Aveva le canzoni giuste, il look giusto, il suono giusto. Aveva un’attitudine rock ribelle ma i suoi pezzi possedevano anche un’immediatezza pop capace di raggiungere qualunque tipo di pubblico. Ascoltato oggi può non sembrare niente di così fenomenale o sconvolgente, eppure chi è cresciuto nei 90s, ovunque fosse e qualunque tipo di musica ascoltasse, non può non essere stato segnato in qualche modo da questo disco.



9. Verdena “Verdena”
Nell’epoca in cui gli album ancora si compravano, non ho mai comprato molti dischi italiani. Nei 90s ascoltavo i vari Afterhours, Bluvertigo e Marlene Kuntz, però nessun gruppo nostrano era riuscito a conquistarmi davvero come le band inglesi o ammerecane. Nessuno fino ai Verdena. Pezzi come “Valvonauta” o “Viba” non ho capito ancora oggi cosa significhino, probabilmente non l’hanno capito nemmeno gli stessi Verdena, però dio bono se spaccavano, i Nirvana de’ noantri. E spaccano ancora.



8. Fugees “The Score”
Per quanto sia cresciuto con dischi prevalentemente rock, il mio cuoricino ha sempre battuto in maniera particolare anche per la musica hip-hop. Tra l’ascolto occasionale di una “Gangsta’s Paradise” di Coolio e una “California Love” di 2Pac, l’album che ha definitivamente sdoganato il genere rap nella mia collezione di dischi è stato “The Score” dei mitici Fugees. Quella con la loro versione super cool di “Killing Me Softly”.



7. Muse “Showbiz”
Il primo concerto a cui sono stato. Milano. Alcatraz. Muse. Quando ancora nessuno se li filava. Quando in Italia, ma un po’ anche nel resto del mondo, li ascoltavamo soltanto io e il mio amico Carlo Maria. E chi li aveva fatti conoscere i Muse al mio amico Carlo Maria? Io ovviamente. I tre inglesi capitanati da Matthew Bellamy avrebbero poi venduto milioni di copie e sarebbero finiti a suonare a Wembley e a farsi Kate Hudson, però come direbbe Pippo Baudo: “I Muse li ho inventati io”.



6. Sonic Youth “A Thousand Leaves”
Una volta non si chiamava indie, si chiamava alternative rock. Quando ho conosciuto i Sonic Youth, sono davvero diventato alternative rock. Sono davvero diventato indie.

Mamma, sono diventato indie!
Ma se dormi ancora col tuo orsetto Yoghi! [Articolo 31 cit.]



5. Prodigy “The Fat of the Land”
Oltre che una testa di radio e oltre che una testa di ca**o, sono una testa elettronica. Sono cresciuto con una cultura musicale orientata verso il rock, però ho sempre creduto ci fosse qualcosa di più e qualcosa di diverso da una formazione chitarra-basso-batteria. A farmi avvicinare al mondo della musica electro c’hanno allora pensato i Prodigy, gruppo capace di fondere un’attitudine punk-rock da Sex Pistols a suoni da rave-techno per impasticcati. Cosa ci poteva essere di più figo?



4. Blur “Blur”
Un grandissimo album, “Blur” dei Blur, come d’altra parte tutti i dischi della band di Damon Albarn. Al di là del valore dell'LP nel complesso, se devo indicare una sola canzone capace di scaraventarmi indietro nel tempo, questa è “Song 2”. Non servono DeLorean, flussi canalizzatori o 88 miglia orarie. Bastano meno di due minuti ed eccomi lì di nuovo, un kid di appena 15 maledettissimi anni.



3. Nirvana “Nevermind”
Uno dei più grandi rimpianti della mia vita è quello di non aver vissuto “in diretta” il periodo dei Nirvana. L’ho mancato giusto per un soffio. Ai tempi dell’esplosione di “Smells Like Teen Spirit” avevo appena 9 anni e Kurt Cobain non sapevo manco chi fosse. Il mio idolo ai tempi era Robbbertobbbaggio, come lo chiamava Biscardi. Kurt Cobain l’ho conosciuto solo dopo la sua morte e, al di là delle sue splendide canzoni, mi avrebbe affascinato, e mi affascina tutt’oggi, come nessun altro personaggio, musicale e non. Per me Kurt resterà sempre un gigantesco meraviglioso punto interrogativo. Il simbolo di un disagio esistenziale che, anche quando tutto il mondo ti acclama, non puoi scrollarti di dosso. Mai.



2. Radiohead “Ok Computer”
La prima volta che ho ascoltato “Paranoid Android” è stata come la prima volta che ho fatto all’amore o la prima volta che ho visto 2001: Odissea nello spazio. Un’esperienza rivelatrice capace di farmi rivalutare tutto ciò in cui credevo prima, con la sola differenza che 2001 e Paranoid Android sono durate molto più a lungo. Quando poi è arrivato l’intero album Ok Computer, il mondo così come lo conoscevo è cambiato un’altra volta ancora.



1. Oasis “(What’s the Story) Morning Glory?”
Non il mio album preferito, non il più bello, non il migliore, bensì quello più importante per la mia adolescenza musicale. “(What’s the Story) Morning Glory” della band dei fratelli Gallagher è stata la prima musicassetta che ho comprato, ed era il giorno in cui ho compiuto 14 anni. È il disco che mi ha cambiato la vita e mi ha fatto diventare un drogato perso di musica. Per qualche tempo gli Oasis sono stati la mia band favorita, poi sono arrivati i loro rivali Blur e goodbye Gallagher.
Nonostante il tempo sia passato e con il tempo i miei ascolti siano cambiati, siete stati davvero importanti per me, cari Noel e Liam e, anche se siete due bastardi come pochi, vi vorrò sempre un mondo di bene.

martedì 27 agosto 2013

BROKEN – LA RECENSIONE A COLORI




Dopo la recensione in bianco e nero di The Artist, ecco a voi la recensione a colori di Broken.
Un ringraziamento a Lucien della Teiera volante per aver segnalato questa piccola grande chicca di film.

Broken
(UK 2012)
Regia: Rufus Norris
Sceneggiatura: Mark O’Rowe
Tratto dal romanzo: Broken di Daniel Clay
Cast: Eloise Laurence, Tim Roth, Cillian Murphy, Rory Kinnear, Bill Milner, Zana Marjanovic, Robert Emms, Lily James, Denis Lawson, Clare Burt, Rosalie Kosky
Genere: britpop
Se ti piace guarda anche: Submarine, Fish Tank, My Mad Fat Diary


Blue is where I want to be
Makes me feel I'm in the sea
Look at all the stars they don't need to say

Ci sono film rotti. Ce ne sono un sacco di film rotti, pieni di difetti, da aggiustare. Broken non è una pellicola perfetta, eppure non c’è niente al suo interno che cambierei, che sposterei, che aggiusterei. Broken va bene così. Non ha una di quelle sceneggiature precisine hollywoodiane classiche, in cui c’è un’introduzione dei personaggi, uno svolgimento e una conclusione e tutto è incastrato in maniera tanto precisa quanto fredda e prevedibile. Qui i personaggi li impariamo a conoscere poco a poco e nel corso della pellicola sanno regalarci parecchie sorprese. Parecchie.
In più, Broken è un film inclassificabile. Possiamo definirlo dramma? Sì, perché di drammi ne succedono mica pochi e le tematiche affrontate non sono nemmeno delle più leggere: pazzia, pedofilia, bullismo, complessi rapporti genitori-figli… Nonostante questo, Broken non è un film blue, non è un film triste. È semmai un film Blur, molto Blur. Nella colonna sonora della pellicola compare infatti un brano composto da Damon Albarn, “When I’m Really Old”, e soprattutto c’è “Colours”, il tema portante del film. Si tratta di un pezzo poco conosciuto nel repertorio dei Blur, una b-side risalente al periodo del loro ultimo album “Think Tank” ed è qui reinterpretato per l’occasione dalla giovane protagonista Eloise Laurence.




Red's the color when you're dead
It gets there under your head
I don't feel the end, I just want to be

Broken non è un film blue, ma non è nemmeno un film rosso, nonostante il sangue scorra copioso già nella prima scena.
La protagonista soprannominata Skunk, ovvero Puzzola (che bel soprannome!), è una ragazzina diabetica di 11 anni che vive con il padre in uno dei più classici suburbi inglesi in mezzo al nulla. Un po’ come quelli visti in Fish Tank o nelle serie My Mad Fat Diary o in Skins o in un sacco di altri film/telefilm made in Britain. La routine quotidiana nel quartiere viene sconvolta da un episodio di violenza improvviso, cui Skunk assiste: un uomo pesta a sangue un vicino, un ragazzo un po’ ritardato, diciamo. Da questo episodio, si mettono in moto tutta una serie di eventi che cambieranno per sempre la vita sia di Skunk che degli altri abitanti del quartiere, in un ritratto corale che alla fine troverà un suo senso, una sua quadratura.
Non si tratta di una serie di eventi assurdi o particolarmente sconvolgenti. In questo film non si affrontano apocalissi, zombie, vampiri o cose del genere. Tutto è tanto ordinario, quanto straordinario. A far la differenza sono i dettagli. I dettagli sono fondamentali. C’è ad esempio una scena molto bella in cui Tim Roth, il padre di Skunk, conquista una tipa infilandole non il pisello nella vagina, ma infilandole una molletta nelle dita delle mani. È un film fatto così, di tanti piccoli dettagli di questo tipo che lo rendono una visione unica.


"Hey Cillian, manco come Spaventapasseri
in Batman Begins eri tanto speventoso!"
"Lo so, lo so..."
Black is where I want to stay
I forget it's in my way
But I won't hurt myself, I'll just let it fall

Broken è un drammone corale, dunque? Un film scuro, black?
No.
Broken è un film leggero, delicato come una piuma. Tutti i personaggi hanno i loro problemi e sono in qualche modo dei disperati.
Tim Roth, Cillian Murphy, Robert Emms, Rory Kinnear (visto in un episodio della serie Black Mirror) tirano avanti a fatica insieme ai loro demoni.
A regalare luce all’insieme è allora Eloise Laurence.


White is what I was to start
But I dont want to get on top
All my life I just say everything free

La luce bianca del film, la protagonista esordiente ricorda un’altra straordinaria attrice esordiente, ai tempi di Leon. Sto parlando di Natalie Portman. Eloise Laurence potrebbe essere la nuova Natalie Portman. Ebbene sì, l’ho detto. E Broken, diretto dal pure lui esordiente Rufus Norris, è l’equivalente cinematografico della musica dei Blur: indie e pop allo stesso tempo, alternativo e strano eppure in grado di parlare direttamente al cuore delle persone, un film che sembra rotto e invece se ne vedono in giro sempre meno, di pellicole così aggiustate.
(voto 8/10)



sabato 5 gennaio 2013

LE MEGLIO CANZONI 2012, LA TOP 10


10 canzoni in diretta differita dal 2012 appena terminato. Le migliori? No, solo le mie preferite ora come ora. Che poi un altro giorno potrebbero cambiare, ma non importa. Adesso sono queste.
Se volete potete recuperare anche le canzoni dalla 40 alla 31,
quindi quelle dalla 30 alla 21
e naturalmente pure i pezzi dalla 20 alla 11.
E ora, spazio alla top 10.

10. Fun. feat. Janelle Monáe “We Are Young”
Genere: inno pop
Il pezzo preferito: dalla gente che va in the bathroom getting higher than the Empire State.
La canzone più… ggiovane dell’anno.



9. Tame Impala “Feels Like We Only Go Backwards”
Genere: psychedelico, fratello, psychedelico
Il pezzo preferito: dagli impalatori di vampiri.
La canzone più… all’oirartnocni dell’anno.



8. TNGHT “Higher Ground”
Genere: post-dubstep
Il pezzo preferito: dalle discoteche del 2020.
La canzone più… avanti dell’anno. E se voi ancora non siete pronti per questa musica, ai vostri figli piacerà.



7. Orbital feat. Zola Jesus “New France”
Genere: electro
Il pezzo preferito: da François Hollande.
La canzone più… francese senza essere per un ca**o francese dell’anno, parbleu.



6. Taylor Swift “We Are Never Ever Getting Back Together”
Genere: country puttan pop
Il pezzo preferito: dai tizi travestiti da animali del video, che tra l'altro sono i tizi più strafatti visti quest’anno, non solo in un video musicale.
La canzone più… da rottura dell’anno. Anzi, like ever.



5. Twin Shadow “Five Seconds”
Genere: 80s
Il pezzo preferito: da quelli per cui “dammi solo un minuto, un soffio di fiato, un attimo ancora” è già troppo tempo.
La canzone più… corta dell’anno (mmm... in realtà non dura solo 5 secondi).



4. M.I.A. “Bad Girls”
Genere: etno hip-hop
Il pezzo preferito: da chi fa Suki Zuki, meglio se a bordo di un Cherokee.
La canzone più… le brave ragazze vanno in Paradiso, quelle cattive fanno le penne con la macchina dell’anno.



3. Blur “Under The Westway”
Genere: ballad
Il pezzo preferito: da chi sono 10 anni che aspetta un loro nuovo album. ‘Nnamo Damon, smettila con tutti i tuoi cacchio di progetti paralleli (bellissimi, eh) e concentrati un attimo sui Blur.
La canzone più… brit-pop cosa? dell’anno.



2. Plan B “Ill Manors”
Genere: grime
Il pezzo preferito: da David Cameron. Forse.
La canzone più… this is England today dell’anno.



1. Bat For Lashes “Laura”
Genere: melò
Il pezzo preferito: chi si chiama Laura. No, Laura Pausini NO!
La canzone più… Laura non c’è, è andata via dell’anno.

Bat For Lashes con “Daniel” aveva trionfato anche nella classifica delle canzoni cannibali del 2009. Evidentemente i pezzi con un nome di persona nel titolo le riescono particolarmente bene.
Per completezza di informazione, nel 2008 avevano vinto gli MGMT con "Time To Pretend", nel 2010 la canzone regina era invece stata "Teenage Dream" di Katy Perry, mentre nel 2011 avevano avuto la meglio i College feat. Electric Youth con "A Real Hero", dalla colonna sonora di Drive.
Per le canzoni del 2012 è tutto. Passo e chiudo.

Ah, no. Dimenticavo. C'è ancora da sentire la canzone numero 1.
Eccola.



martedì 24 luglio 2012

Festivalbar cannibale

Quali sono i tormentoni più odiosi dell’estate 2012?
Lo scopriremo solo vivendo e, soprattutto, lo scopriremo domani.
Oggi invece, per addolcirvi la pillola, vi propongo le canzoni migliori della summer of ’69 ’12. Almeno secondo il mio modesto ma indiscutibile parere.
Ecco la mia top 10 dell’estate più calda degli ultimi 3 milioni di anni (fonte: Studio Aperto).

10. Skrillex & Damian “Jr Gong” Marley “Make It Bun Dem”
Clamorosa tamarrata che fonde il dubstep più sguaiato, quello di Skrillex ovviamente, con il reggae di uno dei (mille) figli di Bob Marley.



9. Regina Spektor “Don't Leave Me (Ne Me Quitte Pas)”
Ma quanto mette di buon umore, questa canzone?



8. Club Dogo ft. Giuliano Palma “PES”
Brano molto estivo, ma soprattutto molto videogammaro. Pro Evolution Soccer sempre sia lodato, sia col bello che col brutto tempo!



7. Carly Rae Jepsen “Call Me Maybe”
Momento pop bimbominkia.
Questo pezzo l’ho conosciuto grazie alla segnalazione del simpatico video da parte di Rumplestils Kin del blog Overexposed. Ormai è strasuonata ovunque e da settimane occupa stabile il primo posto della Billboard chart americana. Una delle canzoni simbolo dell’estate 2012, maybe? No, sicuramente.



6. Labrinth “Climb on Board”
Il suono più cool in circolazione in UK, tra urban, dubstep, garage, hip-hop e quant’altro, anche se alla fine è più che altro una grande canzone pop.



5. Of Monsters and Men “Little Talks”
Un pezzo stile Arcade Fire che per una volta la smettono di fare i musoni e si stampano un sorriso sulle loro facce. Il risultato è irresistibile e freschissimo.



4. Purity Ring “Fineshrine”
Chill-out, fratelli e sorelle. Rilassatevi in riva al mare sulle note di questo pezzo e vedrete che i pensieri di IMU, Spagna che ci mata a calcio, stragi compiute da pazzi o qualsiasi problema personale che possiate avere svanirà per magia.



3. Blur “Under The Westway”
I Blur sono finalmente tornati. Per ora non si sa ancora se vorranno farci l’onore di regalarci un album intero, però intanto ci hanno portato in dono un singolo nuovo. Una ballata splendida lontanissima dalle classiche porcherie sonorità estive, eppure perfetta per essere suonata appena il sole va giù, under the westway.



2. Twin Shadow “Five Seconds”
Un pezzo che sembra uscito dagli anni Ottanta, oppure dalla colonna sonora di Drive, con un ritornello che entrerà in maniera irresistibile nelle vostre teste. E non se ne andrà dopo 5 seconds.



1. Best Coast “The Only Place”
Il The Only Place cui si riferisce la cantante dei Best Coast Bethany Cosentino è la “sua” California. Ma il vostro The Only Place può essere qualunque luogo in cui siete stati o starete bene quest’estate. Se poi quel place è proprio la California, beh, beati voi!



martedì 3 luglio 2012

Back to Blur

E va bene. Ci siamo divertiti parecchio con i Gorillaz. Abbiamo ascoltato con estremo piacere i vari dischi solisti di Graham Coxon, alcuni davvero esaltanti. Abbiamo apprezzato ma non del tutto amato The Good The Bad & The Queen. Ci siamo avventurati con piacere nelle varie avventure di Damon Albarn tra esperimenti solisti, escursioni africane, collaborazioni varie, band improvvisate come i Rocket Juice & the Moon, e con meno piacere nelle sue recenti tentazioni operistiche.
Adesso però era finalmente l’ora di sentire loro, al completo: i Blur.
Damon Albarn + Graham Coxon + Alex James + Dave Rowntree. A due anni di distanza dal singolo Fool’s Day, a 9 dall’ultimo album Think Tank, a 13 dall’ultimo disco realizzato davvero tutti insieme intitolato proprio 13, ecco due nuovissime canzoni, sperando non siano un caso isolato: Under The Westway e The Puritan.
Come sono?
Sono uno spettacolo, c’è anche da chiedere?


mercoledì 22 febbraio 2012

Piccole differenze culturali

A noi, Adriano Celentano a Sanremo.
A loro, i Blur ai Brit Awards.

Why, God?
Why do you hate us so much?
Why?

Meno male checcestà iutubbe!

(tra parentesi: da loro ha anche trionfato Adele, da noi Emma Marrone, qualcosa vorrà pur dire…)





mercoledì 15 febbraio 2012

30 giorni di musica cannibalizzata

Ho fatto il giochino-catena-ca**ata sui film, quello sui telefilm, e ora - molto ma molto prevedibilmente - tocca pure ai 30 giorni di musica.
Beccatevi, anzi sorbitevi, un mese di ascolti cannibali.
Mal che vada, non potranno mai essere peggio di Sanremo...

Giorno 1 - La tua canzone preferita: “A Real Hero”, College feat. Electric Youth


Giorno 2 - La tua seconda canzone preferita: Certo che gli autori di questo test si sono proprio sprecati subito in fantasia, comunque “Where is my mind?”, Pixies.
Giorno 3 - Una canzone che ti rende allegro: “La cucaracha”. Una stronzata di canzone, però mi fa morir dal ridere.
Giorno 4 - Una canzone che ti commuove: “Don’t you remember”, Adele. No, non fatela partire per favore che se no mi metto a piangere peggio di Hello Spank o di Natalie Portman in uno qualunque dei suoi film.
Giorno 5 - Una canzone che ti ricorda qualcuno: “Playground Love”, Air, mi ricorda la prima tipa per cui ho avuto una vera cotta adolescenziale.
Giorno 6 - Una canzone che ti ricorda un posto: “Plug in baby”, Muse, mi ricorda Alcatraz. Non la prigione, per fortuna, né la serie tv, ancor più per fortuna, bensì l’omonimo locale di Milano.
Giorno 7 - Una canzone che ti ricorda un momento particolare: “Stronger” di Kanye West, brano citato nell'apertura della mia tesi di laurea.
Giorno 8 - Una canzone di cui conosci tutte le parole: “Barbra Streisand”, Duck Sauce. Una canzone dal testo molto impegnativo e difficile da memorizzare…
Giorno 9 - Una canzone che ti fa ballare: “Do It Again”, Chemical Brothers
Giorno 10 - Una canzone che ti aiuta a dormire: una qualunque lagna dei Coldplay può andar bene.

Tchaikovsky si sta rivoltando nella tomba per
essere rientrato tra gli ascolti cannibali.
Giorno 11 - Una canzone della tua band preferita: “Beetlebum”, Blur
Giorno 12 - Una canzone della band che odi: “I Want It All”, Queen
Giorno 13 - Una canzone che hai conosciuto da poco: “Bad Girls”, M.I.A., una F.I.G.A.T.A.
Giorno 14 - Una canzone che nessuno si aspetta possa piacerti: Suite da Lo schiaccianoci, Tchaikovsky
Giorno 15 - Una canzone che ti descrive: “Narcissistic Cannibal”, Korn
Giorno 16 - Una canzone che amavi e che ora odi: “Don’t Look Back in Anger”, Oasis
Giorno 17 - Una canzone che vorresti dedicare a qualcuno: "Fuck you", Lily Allen. La dedico a Celentano, Morandi e a tutto il carrozzone di Sanremo in generale.
Giorno 18 - Una canzone che vorresti ascoltare alla radio: “Radio”, Lana Del Rey
Giorno 19 - Una canzone dal tuo album preferito: “Zero”, Smashing Pumpkins, da Mellon Collie and the Infinite Sadness
Giorno 20 - Una canzone che ascolti quando sei arrabbiato: “Territorial Pissings”, Nirvana

Giorno 21 - Una canzone che ascolti quando sei felice: “Lux Aeterna” di Clint Mansell dalla soundtrack di Requiem for a Dream. Così la smetto subito di essere felice.
Giorno 22 - Una canzone che ascolti quando sei triste: “Ai se eu te pego”, Michel Telò. Ma più che ascoltarla quando sono triste, quando la ascolto divento triste.
Giorno 23 - Una canzone che vorresti al tuo matrimonio: “Together Forever”, Rick Astley
Rick Astley si sta rivoltando nella tomba...
Ah, è ancora vivo? Sicuri? Allora scusa, Rick.
Giorno 24 - Una canzone che vorresti al tuo funerale: “Leave out all the rest”, Linkin Park, il testo dice:
“Quando arriva il mio tempo, dimentica tutti gli sbagli che ho fatto, aiutami a lasciare alle spalle quello che potrebbe mancarmi. Non avercela con me e quando ti sentirai vuoto, mantienimi tra i tuoi ricordi, lascia perdere tutto il resto.”
Giorno 25 - Una canzone che è un piacere peccaminoso: Penso che qui abbiano tradotto il termine “guilty pleasure” laddove rendeva di più in inglese. Comunque “Poker Face”, Lady Gaga.
Giorno 26 - Una canzone che sai suonare con uno strumento: “Young folks”, Peter Bjorn & John, la so fischiettare.


Giorno 27 - Una canzone che ti piacerebbe suonare: “Paranoid Android”, Radiohead. Ce la posso fare a imparare a suonarla giusto prima che la Canalis riesca a imparare a recitare...
Giorno 28 - Una canzone che ti fa sentire colpevole: Questa l’han tirata fuori perché non sapevano più cosa mettere per arrivare a 30 giorni. Se erano così a corto di idee, potevano scegliere come mese di riferimento febbraio… Anyways, la canzone che mi sentire colpevole, facendo finta ce ne sia una, diciamo che è “Criminal”, Fiona Apple.
Giorno 29 - Una canzone della tua infanzia: “All that she wants”, Ace of Base. Poteva essere un’infanzia migliore, ma in rete ho visto risposte ben peggiori di questa, quindi mi è ancora andata di lusso.
Giorno 30 - La tua canzone preferita in questo periodo un anno fa: “I Follow Rivers” Lykke Li


mercoledì 12 ottobre 2011

Mettiti a 90


Proseguono sul blog It’s only rock’n’roll di Lozirion le sfide musicali a suon di canzoni dei vari decenni. Questa settimana tocca agli anni ’90 e questa qui sotto è la mia playlist della decade in cui sono cresciuto e a cui sono particolarmente affezionato.
Passate quindi dalle parti di Lozirion e votate nell’apposito sondaggino a sinistra la vostra lista preferita. Siete liberi di scegliere quella che volete, naturalmente, ma se votate quella di Mr. Ford anziché la mia, sappiate che siete davvero delle persone cattive. :)
Anche perché, al di là dell’aspetto musicale, i video dei pezzi che ho scelto sono strepitosi!

1. Smashing Pumpkins – Tonight, tonight
2. Blur – The Universal
3. Nirvana – Heart-shaped box
4. Radiohead – No surprises
5. Prodigy – Firestarter
6. Daft Punk – Da funk
7. Garbage – Only happy when it rains
8. Nada Surf – Popular
9. Underworld – Born slippy
10. Aphex Twin – Come to daddy
11. Fiona Apple – Criminal
12. Aerosmith – Crazy
13. Soundgarden – Pretty noose
14. Urge Overkill – Girl, you’ll be a woman soon
15. Ash – Girl from Mars
16. Placebo – Every you every me
17. Bjork – All is full of love
18. R.E.M. – Drive
19. Afterhours – Male di miele
20. Jeff Buckley – Last goodbye




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