Beccatevi un po' questi giudizi per lo più veloci, e in alcuni casi abbastanza scazzati, di alcuni film che ho visto negli ultimi tempi, nel corso dell'estate. O che ho visto già da un po', ma me ne ero dimenticato, o non avevo avuto il tempo di parlarne.
Se ti piace guarda anche: Carrie – Lo sguardo di Satana, Denti, Blood Story, La casa
Io mi chiedo che senso abbia fare il remake di un film d’autore, in questo caso di Brian De Palma. È come fare la copia di un quadro di van Gogh. O fare la cover di un pezzo dei Beatles. Che risultati si può raggiungere? Ben che vada, un’imitazione quasi dignitosa. Mal che vada, un disastro. Posso ancora comprendere il rifacimento di una pellicoletta commerciale che ben si può prestare a un’operazione del genere. Rifare un film d’autore e svuotarlo della parte autoriale è invece un omicidio. Una crudeltà degna di Carrie.
Chi è Carrie?
Carrie in questo caso non è Carrie Bradshaw di Sex and the City. E non è manco quella della lagnosa canzone degli Europe. Carrie qui è Carrie White, la protagonista del romanzo Carrie di Stephen King diventato nel 1976 un cult horror movie firmato da Brian De Palma, Carrie – Lo sguardo di Satana, con protagonista un’inquietante e giovanissima Sissy Spacek. Inquietante non perché giovanissima ma perché era proprio inquietante nei panni di Carrie.
DING DING DING
Ho vinto una bambola di Carrie per aver battuto il record mondiale dell’uso della parola Carrie in un solo paragrafo. Carrieamba! Che sorpresa.
"Non mi sono ancora spuntate le tette, ueeè!"
C’era bisogno di rifare un film così mitico e che anche visto di recente faceva ancora la sua porchissima figura?
No, naturalmente no. Però per soldi si fa questo e altro. Era già capitato di recente con La casa di Sam Raimi, ristrutturata senza l’ironia dell’originale, risuccede ora con questo modestissimo (ma se non altro non orrido quanto La casa 2.0) remake dell’ormai classico di Brian De Palma. Ci va del coraggio, per rifare De Palma. Quentin Tarantino potrebbe essere degno di rifarlo, pochi altri. Di certo non Kimberly Peirce, autrice in passato, ormai 15 anni fa, del pur dignitoso ma non fenomenale Boys Don’t Cry, indie gay movie con protagonista una Hilary Swank generosamente premiata con l’Oscar.
Alle prese con un paragone tanto scomodo, la Peirce cerca di salvare la faccia e, almeno da un punto di vista superficiale, ci riesce anche, grazie a una fotografia curata, una colonna sonora indie cool e a riprese nemmeno troppo malaccio. Allo stesso tempo, è come intimorita e non riesce mai a scostarsi del tutto dall’insuperabile modello originale, finendo per costruire una versione aggiornata al gusto teen contemporaneo e decisamente troppo edulcorata del film 70s depalmiano. È come se fosse il pilot di una serie fantasy di The CW alla The Vampirl Diaries/The Secret Circle.
Per capire come l’operazione sia un fallimento basta la seconda scena. Sulla prima, pessima, con Julianne Moore è meglio stendere proprio un velo pietoso, così come sul finale che è davvero tremendo. Questa seconda scena riprende quella d’apertura del film originale, in cui un gruppo di fanciulle faceva la doccia con le zinne di fuori. D’altra parte, chi fa la doccia vestito? Nel remake, a quanto pare si. Non ci sono scene di nudo. Non si intravede niente. Che cazzo di scena nella doccia è?
Da qui possiamo già capire come i tempi siano cambiati, dal 1976 a oggi, e, anziché andare verso una maggiore libertà nei costumi, come il naturale corso della Storia prevederebbe, è successo il contrario. È la dimostrazione di come, almeno nel cinema USA, il politically correct ha vinto. Ha battuto persino la Storia.
"Uffi, signora maestra, mi sfottono perché mi è appena venuto il ciclo."
"Dannate pompinare!"
"Dite che più che lo sguardo di Satana ho lo sguardo
da bimbaminkia? Beh, mi sa che non avete tutti i torti."
Qualcuno potrà dire che però, se non altro, in questo remake sangue e morti non mancano. Vero, ma sono morti stupide, spettacolarizzate, alla Final Destination, una baracconata. Nel Carrie 2.0 – 2013 Edition non c’è tensione, non c’è paura, non c’è niente. È una visione che procede senza scossoni e ripercorre in maniera prevedibile e impersonale il film di De Palma. Più che un remake, sembra un update, la nuova versione di un software. Sì è aggiunto un tocco moderno, con il bullismo che è diventato cyber grazie all’uso di video diffusi in maniera virale, e Carrie è stata trasformata in una specie di anti-eroina sullo stile del protagonista di Chronicle, però non si va oltre questo. Non è manco un remake. È solo un update.
E qui si ritorna alla domanda iniziale: che senso ha, un’operazione del genere?
Sì, ok, i soldi. Considerando però come non è che gli incassi di questa nuova Carrie siano stati così stellari, evidentemente in pochi sentivano il bisogno di un remake come questo.
Così così persino il cast, sulla carta non male. Julianne Moore recita col pilota automatico la parte della madre bigottona della protagonista, perdendo nettamente il confronto con Piper Laurie. Carrie è invece interpretata da una Chloë Grace Moretz solitamente bravina, ma che qui appare spaesata nella parte ed è ben lontana dagli exploit di (500) giorni insieme e Kick-Ass. E poi ormai – diciamolo – con tutte le sue smorfiette e faccine sta cominciando a stufare. Considerando inoltre come, dopo Blood Story - Let Me In, abbia realizzato il secondo remake horror inutile della sua breve carriera, se continua così la sua breve carriera rischia di rimanere davvero breve.
Chi non ha visto l’originale magari lo troverà un teen-horror di discreta fattura, sebbene sullo stesso genere ci sono in giro cose ben più interessanti e malate come Excision e Denti - Teeth. Ma chi non ha visto l’originale dovrebbe vedersi l’originale con una perfetta Sissy Spacek e rinunciare a dare a questo inutile remake uno sguardo. Di Satana.
(voto 4,5/10)
"La pagherete, per questo remake. La pagherete cara!"
Cast: Rachel McAdams, Noomi Rapace, Karoline Herfurth, Paul Anderson, Rainer Bock, Benjamin Sadler, Dominic Raacke
Genere: thriller
Se ti piace guarda anche: Crime d’amour, Effetti collaterali, Il cigno nero, Femme fatale
Uscita italiana: ?
I remake sono un po’ come le cover musicali. Inutili, il più delle volte, con qualche piacevole eccezione ogni tanto. Certe volte mi chiedo: ma che gusto c’è, a utilizzare l’idea di qualcun altro? La Storia è fatta di riproposizioni delle stesse storie, è normale che sia così. Un conto però è quando vengono rilette vicende del passato in una chiave nuova, con una rivisitazione moderna, attuale, o che magari proponga una visione personale dell’autore, come Il grande Gatsby del grande Luhrmann.
Alcune volte, si tratta di adattare pellicole per il mercato USA, perché gli americani non hanno la pratica del doppiaggio e i film con i sottotitoli si rifiutano CA-TE-GO-RI-CA-MEN-TE di guardarli. Capita in taluni altri rari casi che la nuova versione aggiunga persino qualcosa all’originale. Tra i miei remake preferiti metto The Ring, che ho trovato meglio recitato nella versione USA, grazie a una grande Naomi Watts, più teso e pure più approfondito nella sua riflessione sul potere della televisione.
Ogni tanto, il remake si risolve invece in un giochino divertente soprattutto per chi lo realizza. È il caso della fotocopia US version di Funny Games, con cui Michael Haneke ha rifatto il suo stesso film con mezzi americani, e con ancora una volta per protagonista la specialista nel settore Naomi Watts. Oppure il rifacimento a colori, ma per il resto ricalcato scena per scena, di Psyco a opera di Gus Van Sant. Un divertissement cinefilo irresistibile per chi l’ha girato, un po’ meno per lo spettatore.
Detto tutto ciò, dove si colloca Passion, rifacimento di Brian De Palma di Crime d’amour, un film francese del 2010, quindi recentissimo? Qual è la sua utilità?
È davvero difficile da capire. Il film è girato in inglese anziché in francese, però si tratta pur sempre di una co-produzione Germania-Francia dal forte sapore europeo, quindi non possiamo nemmeno considerarlo la classica americanata.
Come protagoniste ci sono due attrici lanciatissime come Rachel McAdams e Noomi Rapace, ma nell’originale c’erano comunque già due nomi piuttosto conosciuti al pubblico internazionale come quelli di Ludivine Sagnier e Kristin Scott Thomas. Non sembra quindi una semplice operazione commerciale come poteva essere The Tourist, con i divi Angelina Jolie e Johnny Depp alle prese con la loro versione glamour, e clamorosamente fallimentare, di un altro thriller francese recente, Anthony Zimmer.
Perché allora realizzare un remake di questo tipo?
Sinceramente non lo so. Probabilmente Brian De Palma è rimasto tanto affascinato dall’originale da volerne a tutti i costi girare una sua versione personale. In effetti Crime d’amour ha affascinato parecchio anche me e lo considero uno dei thriller migliori degli ultimi anni. Eppure io non avrei realizzato un rifacimento, innanzitutto perché non sono un regista e poi perché non ne vedevo lo scopo.
Brian De Palma testardo ha comunque voluto fare il suo remake e, a sorpresa, non appare nemmeno così tanto inutile. Per carità, non l’avesse girato, si sarebbe potuti tutti rimanere soddisfatti dell’ottimo film originale francese e anche all’interno della filmografia del grande regista italoamericano questo Passion non è che aggiunga né tolga nulla. È il classico thriller alla De Palma. Il classico ottimo thriller alla De Palma.
Uomini Donne che odiano le donne.
Crime d’amour non è che sia stato un successone clamoroso. In Italia tanto per dire non è mai manco stato distribuito, li mortacci nostri. Forse allora è per questo che il buon De Palma ha voluto farne un remake: dare maggiore visibilità a una delle sceneggiature thrilla meglio orchestrate degli ultimi tempi. La storia raccontata è quella del rapporto di amore-odio tra due donne, Noomi Rapace e Rachel McAdams, due colleghe che lavorano in una prestigiosa agenzia pubblicitaria. Tra loro c’è rivalità, ma allo stesso tempo anche una carica di attrazione sessuale, Black Swan style. Brian De Palma, da buon vecchio porco quale è, accentua la tematica lesbo presente in Crime d’amour, aggiungendo un terzo personaggio femminile (Karoline Herfurth, tedesca, e si sente), apertamente omosessuale, per aggiungere ulteriore pepe alla vicenda.
Che poi io quando ho sentito del casting del film, mi immaginavo Rachel McAdams nella parte che fu di Ludivine Sagnier e Noomi Rapace in quella di Kristin Scott Thomas, invece De Palma mi ha stupito optando per scelte opposte.
Ancor più dell’originale, già bello perfidello, Passion accentua pure la tematica della cattiveria femminile. C’è una scena in cui le due protagoniste deridono una modella che indossa tacchi troppo alti e cade durante una sfilata. Quale umiliazione peggiore, per una donna? E quale cattiveria peggiore ridere alle sua spalle?
All’interno del film si sviluppa inoltre un intrigante discorso su originalità e copia. Noomi Rapace propone un’idea per una campagna pubblicitaria geniale e Rachel McAdams se ne assume i meriti. Discorso simile per Brian De Palma, che ha tirato fuori un thriller avvincente e notevole ai livelli di Femme fatale, eppure una buona fetta del merito va al film originale francese, diretto dal fu Alain Corneau.
Una buona fetta, ma non tutta la torta. Lo chef è De Palma e si vede. Nonostante la vicenda ricalchi molto la pellicola originale, e anche le atmosfere non siano troppo distanti, lui ci mette il suo bello zampino, con una regia notevole, fresca come pochi registi ultrasettantenni (e non solo) possono vantare. Il De Palma ci regala inoltre un nuovo saggio di bravura in quella che è la sua specialità assoluta: lo split-screen, con una sequenza grandiosa. In più, ha cambiato le carte nel finale, incasinando ulteriormente la trama, ed è tornato a collaborare con lo storico compositore italiano Pino Donaggio, che già gli aveva regalato le splendide musiche per film come Carrie, Vestito per uccidere, Blow Out, Omicidio a luci rosse e Doppia personalità, la loro ultima collaborazione risalente al 1992. Dopo 20 anni, i due sono tornati insieme e le musiche di Pino Donaggio sono sempre uno splendore, oltre ad un accompagnamento perfetto per le immagini del De Palma.
Rachel McAdams: "Bella recensione, Cannibal!"
Noomi Rapace: "Mah, un po' una ciofeca. Soprattutto la parte in cui mi critica..."
Era allora davvero necessario, un remake a così breve distanza di una pellicola come Crime d’amour?
No, assolutamente no.
Brian De Palma ha però tirato fuori il miglior remake possibile. La tensione è assicurata per l’intera visione, Rachel McAdams è bravissima, la monolitica Noomi Rapace un po’ meno, tutto funziona alla grande e l’unico problema allora, per quei pochi che l’hanno visto, è dimenticare l’originale.
E alla fine - colpo di scena immancabile in ogni thriller che si rispetti - l’ho capito. Ho capito perché Brian De Palma ha girato questo remake in apparenza inutile. Il motivo ce l’ho avuto lì davanti tutto il tempo, nel titolo della pellicola originale: il suo è stato un Crime d’amour. Oui.
(voto 7+/10 ma se non avete visto Crime d’amour fate anche un mezzo voto in più)
Dopo il successo del Nicolas Cage Day, un gruppo di blogger capitanati da Frank Manila e di cui faccio parte pure io hanno deciso di continuare nelle celebrazioni di alcuni noti personaggi cinematografici. Uno al mese. In questo freddo febbraio è toccato al John Travolta, che compie oggi 18 febbraio 59 anni.
Per festeggiare il suo compleanno, va quindi di scena il John Travolta Day.
John Travolta è stato travolto da un insolito destino. La sua carriera ha infatti attraversato la classica fase di ascesa al successo, davvero travolgente grazie a una manciata di film musicali come La febbre del sabato sera e Grease, che l’hanno trasformato in autentica icona generazionale e simbolo di un’epoca, quella della Disco music di fine anni ’70. E poi, inevitabilmente, il declino.
Come spesso accade a chi viene identificato in maniera tanto stretta a un periodo preciso, John Travolta negli anni ’80 ha affrontato una rapida e improvvisa caduta, cominciata proprio dopo la sua grande occasione nel cinema d’autore con Blow Out di Brian De Palma, su cui concentreremo le nostre attenzioni tra poco.
Dopodiché, il Travolta ha conosciuto un nuovo inaspettato picco di popolarità con Senti chi parla, commediola famigliare dal grande successo commerciale e che ha partorito pure due (orripilanti) sequel.
A restituire una dignità cinematografica al John Travolta, a regalargliena anzi una che non aveva mai avuto nemmeno prima, ci ha pensato poi Quentin Tarantino, con il memorabile ruolo di Vincent Vega nel memorabile Pulp Fiction. Da qui è davvero cominciata la seconda vita artistica di John Travolta, che continua anche oggi, sebbene ormai a dirla tutta tra più bassi che alti. In attesa che qualcuno gli riconsegni una nuova parte con cui lasciare il segno nella storia del Cinema.
Dopo i balli mitici di La febbre del sabato sera, Grease e Pulp Fiction, qualcuno gliela vuole offrire questa parte o no, prima che sia troppo vecchio per alzarsi in piedi e danzare ancora una volta?
"Ma che cos'è uno Skrillex? Un rumore fastidioso?"
Blow Out
(USA 1981)
Regia: Brian De Palma
Sceneggiatura: Brian De Palma
Cast: John Travolta, Nancy Allen, John Lithgow, Dennis Franz, John McMartin, Curt May, Peter Boyden
Genere: thrilla
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Ogni volta che vedo un film di Brian De Palma, penso a quanto sia sottovalutato. Faccio mea culpa, visto che anche io stesso l’ho spesso sottovalutato. Magari rimango folgorato da qualche suo film, e poi lo lascio perdere per troppo tempo. Ho ancora un sacco di sue pellicole da recuperarmi.
Ogni volta comunque è un piacere scoprire le sue gemme e rimanere sedotti e john travolti dal suo enorme talento visivo: è capitato con Le due sorelle e quella sua fenomenale scena di split-screen, con Carrie - Lo sguardo di Satana e il suo bagno di sangue (presto è in arrivo il remake con Chloe Moretz). È capitato in maniera ancor più dirompente con due autentici Capolavori, i suoi due film che preferisco in assoluto: Scarface, enorme, monumentale, il più grande gangsta movie mai visto, e poi con Omicidio a luci rosse, vera e propria lezione su come va girato un thriller.
Molto affascinanti anche gli altri suoi film in cui mi sono imbattuto, dall’ottimo Carlito’s Way, comunque un gradino sotto il fondamentale Scarface, al sottovalutato The Black Dahlia, dal sorprendente Femme Fatale, genialata mica da poco, fino all’ultimo Redacted, uno dei migliori e più crudi film di guerra mai realizzati, eppure boicottato clamorosamente da Hollywood. D’altra parte è un regista che è sempre stato ai margini del sistema, con rare concessioni commerciali (il primo Mission: Impossible), e troppo vicino al cinema di genere, al thriller, al B-movie, quando non era ancora arrivato un Tarantino in grado di riabilitare e sdoganare il cinema di genere. E Tarantino a De Palma deve molto e non lo nasconde nemmeno: in Grindhouse - A prova di morte, viene ad esempio ripreso lo splendido tema musicale di questo Blow Out realizzato dal nostro Pino Donaggio. Quello che i Modà a Sanremo hanno osato omaggiare rovinare. E attenzione, perché la accoppiata De Palma-Donaggio tornerà a riformarsi per il nuovo film del regista, Passion, remake del bel thriller francese Crime d’amour.
"Dimmi tutto, Gianni Boncompagni. Ti sento forte e chiaro.
Vuoi che faccia un balletto sulle note di T'appartengo?"
I riconoscimenti nei confronti del De Palma sono sempre stati molto limitati. Non è mai stato nominato agli Oscar né come miglior regista né tra i migliori film, ha vinto appena un Orso d’argento a Berlino nel lontano 1969 con Ciao America e un Leone d’Argento a Venezia con Redacted. Persino Gli intoccabili, che pensavo avesse ricevuto chissà quanti premi, è rimasto parecchio a bocca asciuta. Addirittura, all’ombra del povero De Palma sono piovute addosso varie nomination ai Razzie Awards come peggior regista, persino per Scarface e Omicidio a luci rosse (ma siamo fuori di testa?).
Insomma, uno dei registi più sottovalutati, se non il più sottovalutato in assoluto nella storia del cinema.
"Pronto, Trinity? Ma lo sai che le ultime stagioni di Dexter han fatto cagare?"
Blow Out non fa eccezione. Un’altra perla della sua filmografia, non la più brillante in assoluto per quanto mi riguarda, ma un film che trasuda passione e amore per il cinema a ogni fotogramma. La pellicola è un ottimo thriller, infestato dalla presenza inquietante di John Lithgow epoca pre-Trinity di Dexter, ma è anche e soprattutto una visione fatta da un cinefilo per cinefili. L’apertura è un horror in piena regola, con cui De Palma riporta alla memoria il precedente exploit di Carrie. Si scopre poi che è solo un film nel film e può partire il film vero e proprio.
Blow Out altro non è che una rivisitazione e omaggio, fin dal titolo, del Blow Up di Michelangelo Antonioni. Laddove là trovavamo un fotografo che finiva al centro di una trama gialla, qui abbiamo un tecnico del suono, che pure lui finirà suo malgrado per diventare protagonista di un’intricata e intrigante trama thrilla, tra complotti politici, ricatti in stile Fabrizio Corona e suoni che possono rivelare un dettaglio decisivo di un omicidio.
"Lo so, John. Non a caso io non ci son più...
Ma comunque come facevamo a vivere senza i cellulari e senza Ruzzle?"
Okay, è il John Travolta Day e io mi sono lasciato andare in un lungo pistolotto dedicato a Brian De Palma, però ci stava, edday. Tornando al nostro protagonista di giornata, il regista di origini italiane ha regalato all’attore di origini italiane un ottimo ruolo. John Travolta è con questo film che secondo me ha davvero convinto Quentin Tarantino ad affidargli la parte di Vincent Vega in Pulp Fiction. Per la scena del balletto con Uma sulle note di “You Never Can Tell” di Chuck Berry magari avrà pensato alle sue mosse di danza in La febbre del sabato sera e Brillantina, probabile, però per le scene di dialogo alla tavola calda il richiamo secondo me va a Sally e Jack, ovvero Nancy Allen (ex compagna di De Palma) e John Travolta.
Come abbiamo visto nella breve Travolta Story qui sopra, non è che questo film abbia portato così tanta fortuna alla carriera dell’attore. Con Blow Out sembrava infatti destinato a fare il grande salto nel cinema d’autore, e invece gli 80s si sono rivelati per lui parecchio deludenti e c’è voluto Tarantino nei 90s per resuscitarlo.
Se in Blow Out Travolta non si dedica al suo cavallo di battaglia, ovvero la scena di danza, pure qui l’attore se non altro sfoggia la sua tipica camminata figa. Perché come cammina John Travolta, nessuno mai.
Anche in Blow Out John Travolta cammina figo per i sentieri di una pellicola piacevolmente mutante, che è un po’ thriller ma è anche un po’ storia d’amore, un amore mancato come quello tra Vincent Vega e Mia Wallace in Pulp Fiction. Un boy meets girl, con il protagonista travolto in una vicenda più grande di lui, quindi, per un Brian De Palma un po’ più romantico del suo solito. Qualche suo detrattore potrà accusare i suoi film di non essere particolarmente sentimentali e invece sbaglia. Blow Out è l’ennesimo atto d’amore di un regista follemente innamorato del cinema.
(voto 8/10)
Partecipano al mitico John Travolta dai anche tutti questi blog:
Sul blog Pensieri cannibali, che si dia il caso sia proprio questo che state leggendo ora, ci sono un sacco di recensioni di film, è vero, ma non è comunque tutto, visto che una parte delle pellicole non riesco nemmeno a recensirle come si deve, per svariati motivi: vuoi per mancanza di tempo, di ispirazione, tempismo giusto o a volte semplicemente perché su certi film non è che ci sia poi molto da dire. Ecco quindi una serie di recensioni flash di pellicole che ho visto negli ultimi mesi e di cui non avevo ancora parlato e, visto che oggi è Halloween, il primo appuntamento è dedicato alle recensioni di film horror e thriller.
Buona… uhm… Buona paura si dice?
Society - The horror - La società dell’orrore
(USA 1989)
Regia: Brian Yuzna
Cast: Billy Warlock, Devin DeVasquez, Evan Richards, Patrice Jennings
Avevo letto la recensione di questo film su un blog di cui ora non ricordo il nome (nel caso voi ne abbiate parlato, battete un colpo!), e si è rivelata un’esperienza decisamente interessante. All’inizio sembra la classica pellicola teen fine anni ’80 - pre Beverly Hills 90210 -, poi vira verso territori inquieti che in qualche modo anticipano le atmosfere di Twin Peaks. Il cast è di quelli di serie Z, il regista Brian Yuzna, qui all’esordio, non è David Lynch e il film anziché trasformarsi in cult assoluto è “solo” un capolavoro mancato. Comunque angosciante, affascinante, splatter, folle, trash e altamente consigliato.
(voto 7+/10)
Heartless
(UK 2009)
Regia: Philip Ridley
Cast: Jim Sturgess, Clemence Poésy, Noel Clarke, Luke Treadaway, Ruth Sheen, Timothy Spall
Film britannico vagamente donniedarkiano, con un ottimo cast capitanato da un Jim Sturgess in versione sfigurato. Le atmosfere sono fascinose e ben costruite, peccato che la storia non riesca a coinvolgere del tutto. Un film un po’… heartless, indovinato.
(voto 6+/10)
The Children
(UK 2008)
Regia: Tom Shankland
Cast: Eva Birthistle, Stephen Campbell Moore, Rachel Shelley, Jeremy Sheffield, Hannah Tointon
Dalla vitalissima scena horror britannica, un film con dei bimbi very very inquietanti. Più di quelli americani visti in un sacco di altre recenti pellicole. Consigliato soprattutto per una visione invernale, vista l’ambientazione innevata, ma anche ad Halloween può andar più che bene. Unica controindicazione: potreste cominciare ad avere un pochino paura quando andrete in un parco giochi o anche quando vi troverete davanti un gruppo di bambini…
(voto 7/10)
1408
(USA 2007)
Regia: Mikael Håfström
Cast: John Cusack, Samuel L. Jackson, Mary McCormack, Tony Shalhoub
Tratto da un racconto breve di Stephen King, 1408 ha delle premesse che fanno sperare di trovarsi di fronte a uno di quei thrilleroni-horror da farsela nelle mutande dal terrore: in un hotel di New York c’è infatti una stanza (la numero 1408) in cui è praticamente impossibile sopravvivere. Chiunque c’è stato è morto. Lo scrittore dell’occulto John Cusack decide allora di ficcanasare, nonostante il direttore dell’albergo glielo sconsigli vivamente. Cosa succede poi? Siete curiosi di saperlo? Beh, anch’io. Peccato che dopo un così elettrizzante inizio il film spreca tutto il suo potenziale, con un John Cusack che sembra molto più a suo agio con la commedia che non con l’horror. Che dire poi del finale? Agghiacciante sì, ma per bruttezza!
(voto 5-/10)
Cherry Crush
(USA 2007)
Regia: Nicholas DiBella
Cast: Jonathan Tucker, Nikki Reed, Julie Gonzalo, Michael O’Keefe
Cherry Crush è una di quelle visioni che vengono consumate in fretta, senza coinvolgere troppo ma nemmeno infastidire, e poi passano senza lasciarti niente. Una vicenda dai toni vagamente morbosi e vagamente thriller, con un spirale di omicidi all’interno della quale un giovane fotografo viene risucchiato. A dire il vero pur avendolo visto poco tempo fa non me lo ricordo per niente… Effetto Memento o film da scordare in un momento?
(voto 4,5/10)
Chain Letter
(USA 2010)
Regia: Deon Taylor
Cast: Nikki Reed, Keith David, Brad Dourif, Ling Bai, Betsy Russell
Horror che cerca una commistione tra paura e nuove tecnologie, con una catena di S. Antonio di quelle che circolano su Internet e che portano alla morte di chi la riceve. Il film cerca qualche riflessione sullo scontro tra nuova e vecchia generazione, risultando però un orrorino guardabile ma niente di più. Film accomunato a Cherry Crush dalla presenza di Nikki Reed (Thirteen, Twilight, The O.C.), qui in una pellicola ugualmente poco memorabile ma un filo più convincente. Dopo Non aprite quella porta, non aprite quella mail.
(voto 5+/10)
Le due sorelle
(USA 1973)
Regia: Brian De Palma
Cast: Margot Kidder, Jennifer Salt, Charles Durning, William Finley, Lisle Wilson
Brian De Palma impartisce lezioni di regia a tutti, quindi prendete appunti, e in particolare di split-screen con alcune sequenze da brivido (in tutti i sensi). La costruzione della tensione è magistrale, per un thriller a dir poco ottimo. La nuova serie tv Ringer di appunti da qui ne ha presi, ma dovrebbe prenderne di ulteriori. Lo so, il film avrebbe meritato almeno un post chilometrico, però allora scrivetelo voi, invece di star qui a criticare come fanno quelli che hanno un blog e sparano giudizi e voti su tutto e tutti, proprio come… oops, me.
(voto 8/10)
La zona morta
(USA 1983)
Regia: David Cronenberg
Cast: Christopher Walken, Brooke Adams, Tom Skerritt, Martin Sheen
Gran bel film di David Cronenberg, intepretato da un Christopher Walken inquietante e… parecchio sfigato. La sua vita va splendidamente, sta per chiedere alla fidanzata di sposarlo quand’ecco che finisce vittima di un incidente e rimane in coma per anni. Quando si sveglia, la sua tipa si è sposata con un altro, ma in compenso lui c’ha guadagnato dei poteri paranormali e diventa un sensitivo usato dalla polizia per risolvere alcuni casi. Ma poi il film procede su sentieri del tutto imprevedibili…
Il film ha generato anche la serie tv The Dead Zone (che confesso di non aver mai visto, se non per pochi sporadici minuti) e una esilarante parodia in South Park, con Cartman che si butta da un terrazzo solo per finire in coma e diventare un sensitivo più figo di Kyle!
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Regia di Brian De Palma, storia tratta da un romanzo di Stephen King (il primo pubblicato), favolose musiche di Pino Donaggio e protagonista una giovane e allucinata Sissy Spacek. Scusate, ma ci troviamo di fronte a una pietra miliare e a un capostipite dell’horror adolescenziale (e non solo adolescenziale).
Carrie è una delle storie di vendetta più pazzesche e sanguinose di tutti i tempi. E il sangue è il protagonista fin dalla prima scena, un ralenty poetico che inizia come una tranquilla scorrazzata nei spogliatoi delle ragazze e finisce in un bagno di sangue, con le prime mestruazioni di Sissy Spacek.
Carrie è una ragazza disadattata, continuamente presa per il culo dalle superficiali compagne reginette di bellezza e con una madre fanatica religiosa ai limiti del ridicolo. Con l’inizio del ciclo però diventa donna e cominciano a manifestarsi i suoi inquietanti poteri di telecinesi: quando si incazza, infatti, sono cazzi per tutti gli altri. Ma un giorno la sua mediocre vita può cambiare. Un ragazzo infatti la invita al ballo di fine anno e quella per lei sarà una serata magica. Fino a quando qualcosa andrà storto…
L’atmosfera 70s del film è totalmente affascinante e la regia di De Palma è magistrale, con echi di Hitchcock ma anche momenti di puro “teenage dream”. C’è persino un giovane & scemo John Travolta. Consigliatissimo per Halloween.
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