Cast: Brit Marling, Emory Cohen, Jason Isaacs, Phyllis Smith, Patrick Gibson, Brendan Meyer, Brandon Perea, Ian Alexander, Scott Wilson, Alice Krige, Sharon Van Etten, Riz Ahmed, Paz Vega
Ave, o mia Brit, piena di grazia nel recitare ma pure nello scrivere
Netflix è con te.
Tu sei benedetta tra le attrici
e benedetto è il frutto del tuo seno a dire il vero non troppo rigoglioso, The OA.
Santa Brit, Madre di questa divina serie,
fai i tuoi movimenti senza senso che sembrano usciti da un balletto di psicopatici spastici per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte e si spera della nostra risurrezione.
Amen.
"Ma come? Aspetto il post di Pensieri Cannibali su The OA da un mese ed è tutto qua???"
Cast: Michael Pitt, Astrid Bergès-Frisbey, Brit Marling, Steven Yeun, Cara Seymour, Archie Panjabi
Genere: occhiuto
Se ti piace guarda anche: Another Earth, Predestination, Sound of My Voice
Ci sono cose che ti devi beccare per forza in coppia. Tu vorresti una cosa sola e invece no, te ne arrivano due. Come un appuntamento con una tipa: se vuoi fare sesso, prima ti tocca sorbire tutta la smaronata del rituale di corteggiamento e fingere persino interesse in quello che ha da dire. La stessa cosa comunque vale anche per lei, che prima si gode la parte dell'appuntamento romantico e le sue stesse chiacchiere e poi dovrà fingere l'orgasmo.
Altro esempio: le rubriche dedicate alle uscite cinematografiche settimanali, in cui potete gustarvi i miei squisiti commenti e allo stesso siete costretti a leggervi pure le panzanate del mio blogger rivale Mr. James Ford.
D'altra parte tutte le coppie celebri piaccia o meno vanno prese insieme, come un pacchetto unico. Ad esempio Gigi & Andrea. Andrea Roncato è quello più cazzaro, quello più simpatico, mentre Gigi Sammarchi... ma chi se l'è mai inculato, quello?
Oppure Raimondo & Sandra. Lo so che non è politically correct parlare male dei morti, però non me ne frega niente. Vengano pure a infestarmi la casa, se hanno qualcosa in contrario. Dovrei parlare bene di Chris Kyle solo perché è morto? Non ci penso neanche. Tra Raimondo & Sandra lui è sempre stato un grande, uno brillante e con la battuta pronta, mentre lei era un dito nel culo insopportabile. Prendiamo il suo personaggio più celebre: Sbirulino. Cosa c'è al mondo di più odioso di Sbirulino?
Forse giusto Topo Gigio.
Altro esempio: prendiamo Albano e Romina... Ah no, quelli sono insopportabili entrambi.
QUESTO BLOG E’ STATO HACKERATO DA THE EAST.
IL MOTIVO?
PENSIERI CANNIBALI PERPETUA CONTINUI ATTACCHI CONTRO DELLE CREATURE INDIFESE. PER LA PRECISIONE, CONTRO DEI POVERI FILM INDIFESI. PELLICOLE COME WORLD WAR Z, CLOUD ATLAS, LE STREGHE DI SALEM, I FILM SUI SUPEREROI, QUELLI ITALIANI, QUELLI DI MICHAEL BAY, QUELLI CON ANGELINA JOLIE E MOLTI ALTRI ANCORA.
NON IMPORTA CHE L’AUTORE DI QUESTO BLOG, TALE PERFIDO CANNIBAL KID, AVESSE INTENZIONE DI PARLARE BENE DELLA PELLICOLA CHE NARRA LE VICENDE DEL NOSTRO GRUPPO SOVVERSIVO, OVVERO THE EAST. SECONDO CANNIBAL KID SI TRATTA DI UN FILM VALIDO, UN PO’ THRILLER, UN PO’ MYSTERY, UN PO’ INDIE MA IN GRADO DI POTER ESSERE APPREZZATO ANCHE DA UN PUBBLICO MAINSTREAM, UN PO’ SPIONISTICO, UN PO’ DRAMA, UN PO’ POLITICO MA PIU’ CHE ALTRO SOCIO-POLITICO E UN PO’, ANZI MOLTO, ATTUALE.
SEMPRE SECONDO CANNIBAL KID, LA PROTAGONISTA E CO-SCENEGGIATRICE BRIT MARLING, GIA’ CO-ARTEFICE DEI NOTEVOLI ANOTHER EARTH E SOUND OF MY VOICE, E’ POI UNA DELLE DONNE DI MAGGIOR TALENTO DELLA SCENA CINEMATOGRAFICA DI OGGI E LA SUA PRESENZA ORMAI E’ GARANZIA DI QUALITA’ E ORIGINALITA’. NONOSTANTE SI TRATTI DI UNA STORIA DI UN’AGENTE SOTTO COPERTURA COME NE SONO STATE RACCONTATE GIA’ PARECCHIE, CANNIBAL SOSTIENE CHE IL FILM RIESCE A RACCONTARLA IN MANIERA PIU’ PROFONDA E PERSONALE DI QUANTO AVVIENE DI SOLITO, CON UNO SGUARDO ATTENTO SIA SULLA NOSTRA SETTA DI ANARCHICI RIVOLUZIONARI, SIA SULLA PROTAGONISTA.
IN ALTRE PAROLE, PENSIERI CANNIBALI VOLEVA CONSIGLIARE CALDAMENTE LA VISIONE DI THE EAST E NOI GLIELO ABBIAMO IMPEDITO, MA NON IMPORTA. NON IMPORTA SE VOLEVA RECENSIRE BENE NOI, QUANDO DICE UN SACCO DI CALUNNIE E FALSITA’ SU PELLICOLE DI VALORE COME QUELLE SOPRA CITATE E MOLTE ALTRE. I FILM DI JAMES CAMERON, AD ESEMPIO, CHE LUI MALTRATTA TANTO. AVATAR IN PARTICOLARE E’ UN’OPERA DAL SENSIBILE MESSAGGIO AMBIENTALISTA E LUI L’HA MASSACRATA IN MANIERA BRUTALE. NON E’ GIUSTO.
TALI VIOLENZE DA OGGI DEVONO FINIRE. NOI DICIAMO BASTA A QUESTE FEROCI E GRATUITE CRITICHE. NOI DICIAMO BASTA A PENSIERI CANNIBALI!
THE EAST
The East
(USA, UK 2013) Regia: Zal Batmanglij Sceneggiatura: Zal Batmanglij, Brit Marling Cast: Brit Marling, Alexander Skarsgård, Toby Kebbell, Ellen Page, Shiloh Fernandez, Patricia Clarkson, Jason Ritter, Aldis Hodge, Danielle Macdonald, Hillary Baack, Julia Ormond, Billy Magnussen Genere: anarchico Se ti piace guarda anche: La fuga di Martha, Sound of My Voice, Point Break (voto 7+/10)
Tratto dal romanzo: La regola del silenzio di Neil Gordon
Cast: Shia LaBeouf, Robert Redford, Susan Sarandon, Anna Kendrick, Brit Marling, Julie Christie, Nick Nolte, Terrence Howard, Chris Cooper, Stanley Tucci, Brendan Gleeson, Richard Jenkins, Jackie Evancho, Sam Elliott
Genere: thriller politico
Se ti piace guarda anche: Il debito, Leoni per agnelli, La donna che canta, La chiave di Sara
La regola del silenzio non sbaglia mai. Se sei amico di una spia in galera finirai. E comunque chi fa la spia non è figlio di Maria, non è figlio di Gesù, quando muore va laggiù, va laggiù da quel folletto che si chiama diavoletto. Meglio quindi tenere la bocca chiusa e restare lontani dallo sguardo di occhi indiscreti.
Robert Redford dopo l’intrigante Leoni per agnelli torna in duplice veste regista/attore con una nuova pellicola dal forte sapore politico. Il regista va infatti a ritirare fuori il tema delle proteste contro la guerra nel Vietnam degli anni Settanta. Gli anni di piombo americani, se così vogliamo chiamarli in maniera impropria ma forse è meglio di no e quindi me lo ritiro che poi se no qualcuno magari si offende. Il passato che riemerge nel presente, in ogni caso, come in tutto un filotto di pellicole recenti da La chiave di Sara a Il debito, passando per gli ottimi Valzer con Bashir e La donna che canta.
Per di più, La regola del silenzio è anche un thriller. Un thiller politico dalle buone premesse che però si materializza in un nulla di fatto. Il classico nulla di fatto. La pellicola è diretta con mano solida dal Sundance Kid Robert Redford, qui molto poco Sundance, è recitata abbastanza bene dallo stesso Redford e da uno Shia LaBeouf che inserisce un altro metro abbondante di distanza tra sé e la saga fracassona di Transformers. Meno spazio invece per l’ottima parte femminile del cast, con ruoli troppo minuscoli per le sottoutilizzate Anna Kendrick, Susan Sarandon e Brit Marling. Comunque si tratta di un cast di quelli davvero notevoli, che comprende pure Terrence Howard, Stanley Tucci, Richard Jenkins, Chris Cooper, Julie Christie, Brendan Gleeson e un sempre più ciccionissimo Nick Nolte.
Una confezione di facciata messa su con notevole professionalità che garantisce una pellicola vedibile. Purtoppo, niente più di questo. La parte thriller infatti non riesce a catturare, ad avvincere, a portarti con sé dentro la sua ragnatela di personaggi. A livello umano, questi personaggi sono ben costruiti fino a un certo punto, poi anche loro quando dovrebbero darti la mazzata e farti provare un moto di empatia emotiva non ce la fanno. Laddove il film fallisce maggiormente nei suoi intenti è però soprattutto nella parte politica. Quello di Robert Redford vorrebbe essere un film controcorrente? Vuole mettere in discussione la politica degli Stati Uniti, il capitalismo, farsi portavoce dei rivoluzionari? Vorrebbe sollevare dubbi sullo ieri e sull’oggi?
Nelle sue intenzioni, può darsi. Peccato che gli unici dubbi che riesce davvero a sollevare nello spettatore sia sulla sua reale utilità. Come intrattenimento funziona anche, sebbene proprio ai minimi livelli, non annoia troppo, è tutto ben fatto. È anche però un film senza coraggio, senza forza, senza voce, che si dimentica subito, che lascia poco o niente, in cui si intravedono le buone intenzioni dell’autore ma che non riesce davvero a provocare una riflessione, come invece capitava con il precedente Leoni per agnelli.
Robert Redford, sarai mica stato troppo agnello, questa volta?
(voto 6-/10)
"Hey, ma dove diavolo è finito il resto della recensione?"
"Magari l'hanno pubblicata sul giornale... No, non c'è..."
"Lo confesso, ci sono io dietro gli attentati di Boston e Palazzo Chigi,
ma della scomparsa della recensione cannibale non ne so niente!"
"E tu l'hai vista, la recensione cannibale?"
"Ma che è? Se magna?"
"Bambina di cui non ricordo il nome, tu lo sai dov'è finita la recensione?"
"Ma papà, io non so manco leggere..."
Cast: Richard Gere, Tim Roth, Susan Sarandon, Laetitia Casta, Brit Marling, Nate Parker, Monica Raymund
Genere: finanziario
Se ti piace guarda anche: Wall Street, Wall Street 2, Margin Call
C’è crisi dappertutto, dappertutto c’è crisi. Lo cantava Bugo già nel 2008 e da allora la situazione non ha fatto che peggiorare. Quando c’è crisi però, c’è anche qualcuno che riesce ad approfittarne. Le compagnie di volo, di abiti o di qualunque cosa low-cost, ad esempio. Negli ultimi tempi, pure il cinema sta cercando di sfruttare la crisi a suo vantaggio. Opera di sciacallaggio?
Potete chiamarla così, se volete, altrimenti potete anche definirlo cinema d’attualità. Cinema che cerca di riflettere sul mondo di oggi e sulla delicata condizione economica del presente. In questo filone si sono inserite pellicole troppo tecniche e noiose, il documentario premio Oscar Inside Job, così come opere di grande cinema vero e proprio, come il notevole Margin Call, in grado di spiegare i reali motivi della crisi economica come se parlasse a un bambino o a un golden retriever, attraverso un affascinante e thriller tutto in una notte.
"Grazie per questo premio di merda.
Io in ogni caso avrei preferito un Oscar o almeno un Golden Globe..."
La frode (titolo originale Arbitrage) prosegue per fortuna nella direzione di Margin Call, preferendo concentrarsi sulle vicende umane e avvicinandosi a territori thriller, piuttosto che andarsi a impelagare in questioni troppo economiche. Per sua sfortuna invece non riesce a raggiungere i livelli di Margin Call, ma d’altra parte quella sarebbe risultata un’impresa ardua per chiunque.
Pur senza la capacità di analizzare e indagare il presente come il sopracitato sopraesaltato Margin Call, La frode non si rivela nemmeno una frode di pellicola e qualche bella cartuccia da sparare ce l’ha.
Per prima cosa, a sorpresa Richard Gere sfodera una delle sue migliori interpretazioni da anni, forse decenni a questa parte. Niente per cui gridare al miracolo, o forse sì, perso com’era negli ultimi tempi tra filmetti di basso livello. Fatto sta che quello dei “vecchietti alla riscossa” sembra essere il nuovo trend del momento. Potrebbe anche diventare un trend topic su Twitter: #vecchiettiallariscossa, se solo i vecchietti sapessero usare Twitter, anzi se solo sapessero cos’è Twitter.
David Bowie, Robert De Niro, Richard Gere… Tutti di recente ritornati in splendida forma. Che i 60 siano i nuovi 20?
"Grazie per avermi chiamato per una consulenza, Richard."
"Sono stato costretto. Ghedini era già troppo impegnato."
Richard Gere è un 60enne a capo di un impero finanziario, è sulla copertina di Forbes, ha per figlia e partner d’affari Brit Marling (l’attrice/sceneggiatrice degli ottimi Another Earth e Sound of My Voice), è sposato con Susan Sarandon e come amante si bomba Laetitia Casta. Non ho mica detto Veronica Lario e Antonia Ruggiero. Insomma, se la passa proprio bene. Nella vita reale probabilmente se la passa bene pure Richard Gere il vero Richard Gere, comunque in questa sede mi riferisco al suo personaggio nel film, Robert Miller. Come si suol dire, però, non è tutto oro quel che luccica. Il Gere è infatti indagato per frode fiscale e poi finisce invischiato anche in un’altra brutta vicenda giudiziaria…
Vi ricordano per caso le disavventure di un famigerato imprenditore italiano?
A me fa pensare anche a una sorta di Patrick Bateman, un American Psycho che è invecchiato, ha messo su famiglia, ha smesso con gli omicidi e si è dedicato ad altri crimini, nell’ambito dell’alta finanza. Non a caso, il regista e sceneggiatore del film è l’esordiente Nicholas Jarecki, che già aveva lavorato allo script di The Informers - Vite oltre il limite, pellicola tratta dalla raccolta di racconti Acqua dal sole. Anche in questo film, è presente qualcosa di Bret Easton Ellis. Uno sguardo simile, solo meno ironico e cattivo, cosa che impedisce a La frode di fare il vero salto di qualità.
Come altro diffettuccio, la pellicola gioca sul campo del thriller finanziario, ma con ritmi troppo rilassati per essere considerabile un thriller davvero teso. La frode è in compenso un film impreziosito da una gradevole e variegata colonna sonora (con Grimes, Bjork, You Say Party e Billie Holiday) e che ci presenta attraverso il suo protagonista una serie di riflessioni magari non del tutto sorprendenti eppure interessanti sulla persistente crisi economica degli ultimi anni.
"Ma perché stai insieme a Stefano Accorsi, Laetitia?"
"Non lo so Richard, ueeè. Non lo so."
ATTENZIONE SPOILER
Robert Miller/Richard Gere ha un incidente stradale mentre si trova in auto con l’amante Laetitia Casta. No, non gli stava facendo un soffocone, ha avuto un semplice colpo di sonno. Dopo tutto è pur sempre un sessantenne e la poco casta Casta l’aveva già strapazzato per benino prima. Nell’incidente, la Casta muore e Robert/Richard scappa via, chiamando per farsi aiutare un tizio di colore che era in debito con lui, per via dello stretto legame che aveva con suo padre.
In questa scena possiamo intravedere le cause della crisi economica: gli uomini ricchi e potenti fanno un danno, se ne lavano le mani, e lasciano i più poveri e deboli nella merda. La cosa importante è che loro ne escano puliti. Proprio quanto succede in questo film, così come in maniera analoga vanno le cose anche in Wall Street 2 con quell'altro yuppie invecchiato di Michael Douglas/Gordon Gekko. Entrambe le pellicole si risolvono con degli happy ending. Sicuri sicuri si trattino di happy ending?
Per i protagonisti sicuramente, ma nel farla franca dei soliti ricchi e potenti possiamo più che altro avere uno sguardo cinico e disilluso sul crudele mondo in cui viviamo. Il mondo dei Robert Miller, dei Gordon Gekko, dei Silvio Berlusconi e degli altri furbetti di turno. Gli happy ending esistono nella vita? Sì, ma forse solo per loro.
Cast: Christopher Denham, Nicole Vicius, Brit Marling, Richard Wharton, Davenia McFadden, Alvin Lam, Constance Wu, Avery Kristen Pohl
Genere: misterioso
Se ti piace guarda anche: Another Earth, La fuga di Martha, Primer
Dei film misteriosi non si dovrebbe anticipare troppo. Dovrebbe essere vietato per legge.
Divieto di spoiler.
"Alla faccia di chi pensava che nelle sette religiose si pianificassero
solo suicidi di massa, qui noi facciamo pure il gioco della bottiglia!"
Cosa dire allora di una pellicola giocata tutta sul mistero come questa?
Il minimo indispensabile per stuzzicare la vostra curiosità. Per portarvi a vederlo. Non nei cinema, dove difficilmente uscirà. Chissà, magari con mesi e mesi di ritardo, come capitato a Another Earth.
Perché il collegamento con Another Earth? Per puro caso?
No, perché anche Sound of My Voice è una pellicola che contiene elementi fantascientifici, eppure non sembra una pellicola fantascientifica. Sebbene in questo caso, va detto, gli elementi sci-fi siano più marginali rispetto ad Another Earth. E poi, soprattutto, c’è Brit Marling, attrice che con questi due soli film è già garanzia di qualità. E pure in questo caso la sceneggiatura è co-firmata dalla stessa Brit Marling, nuova fenomena allora non solo davanti alla macchina da presa (qui la sua prova interpretativa è davvero notevole), ma anche con la penna in mano.
E anche questa volta, la sua penna magica ci regala un bel finale con i fiocchi, proprio come per Another Earth…
Cos’altro dire, senza svelarvi troppo e rovinarvi la sorpresa di un film che vi terrà incollati allo schermo dall’inizio alla fine?
Si parla di sette più o meno religiose, in una maniera non troppo distante da La fuga di Martha. Si parla di una coppia che vuole realizzare una pellicola documentario appunto sulle sette religiose. Si parla di avere Fede. Si parla di non avere Fede. Si parla di una ragazza che dichiara di arrivare dal ’54. Non il 1954, bensì il ’54 del futuro: il 2054. E poi, una canzone vi rimarrà in testa. "Dreams" dei Cranberries.
Perché, cosa c’entra?
Chi lo sa?
"Preferivi una canzone dei One Direction? Guardati X-Factor, stronzetto!"
Seguite il suono della mia voce. Fidatevi di quello che vi dico. Guardate questo film. Una visione non mi azzardo a dire sconvolgente, però quanto meno coinvolgente. Non proprio un vero e proprio thriller, però è teso più di qualunque altro thriller vero e proprio visto quest’anno. Cercatelo in rete. Ve lo dice uno che è arrivato direttamente dal 2054 per segnalarvi questo film, quindi non vi resta che fare una cosa.
Cast: Brit Marling, William Mapother, Matthew-Lee Erlbach, Diane Ciesla
Genere: human sci-fi
Se ti piace guarda anche:
Melancholia, Rabbit Hole, 21 grammi
Uscita italiana prevista:
18 maggio 2012
Negli ultimi giorni ho
provato a guardare la tv.
Volevo dare una
possibilità a Il più grande spettacolo dopo il weekend di Fiorello. Io volevo
davvero. Ma più di 10 minuti non ce l’ho fatta a reggere.
Fiore per fare
l’innovativo innovatore usa Twitter e il videofonino. Ma usare nuove tecnologie
in questo modo non fa di te un giovane. Fa di te solo un vecchio annoiato e
noioso. E il discorso vale ancora di più per Vasco e i suoi terrificanti
clippini.
Per il resto è il solito
tradizionale varietà con battute superate già 40 anni fa (Italia – Germania 4 -
3? Omadonna, ancora???) e che fa riapparire gli spettri di Mike Bongiorno e
Pippo Baudo. Ah, come? Pippo Baudo è ancora vivo?
Per fortuna mi è anche
capitato di vedere qualcosa di interessante, in tv. Iconoclast, un programma trasmesso
su Deejay Tv che ci presenta non solo un personaggio di rilievo, bensì 2 che si incontrano: ad
esempio Sean Penn con l’autore di Into the wild Jon Krakauer, Lenny Kravitz con
il regista Lee Daniels, Robert Redford con Paul Newman… e l’ultima puntata
trasmessa era dedicata a Quentin Tarantino e a Fiona Apple. Uno dei miei
registi e miti personali assoluti insieme a una delle mie cantanti preferite di
sempre! Appuntamento per me imperdibile e i due si sono rivelati oltre che in
gran sintonia (già si conoscevano dai tempi in cui lei usciva con il regista
Paul Thomas Anderson) anche proprio come li si può immaginare: insicura ma allo
stesso tempo forte lei, come le sue canzoni, un divertente cazzaro lui.
Comunque, arrivando al
punto di questa lunga intro, Quentin Tarantino ha tirato fuori una delle sue
perle, parlando di un bel film come di una visione che te lo fa venire duro.
Ed è proprio questo
l’effetto che mi ha fatto Another Earth.
No, non ci sono donnine
nude, esplosioni, effettoni speciali. Niente di così facile.
La cosa eccitante è il
fatto che sia un film originale e imprevedibile. Una vera goduria in mezzo a un
universo di pellicole che sai già dove vogliono andare a parare fin dalla prima
scena.
Di questo film misterioso celebrato e vincitore di 2 premi all'ultimo Sundance Festival avevo cercato di saperne il meno possibile, perché mi piace saperne sempre il
meno possibile dei film che mi accingo a vedere in modo da conservarmi il gusto
della sorpresa, soprattutto quando mi trovo di fronte a un film misterioso come
questo e… ommioddio, ma quanto sono logorroico, oggi?
Quasi quasi sono tentato
di piantarmi un paletto nel cuore da solo!
Comunque, visto che oggi
sono in logorroico-mood, vi faccio partecipi del mio dramma personale: dopo
aver visto Melancholia avevo fatto fatica a trovare vero interesse per gli
altri film e per qualche settimana vagavo in uno stato di depressione
cinematografica profondo. Fino a che non mi sono imbattuto in questa visione,
forse proveniente per davvero da another Earth.
In partenza mi ero
immaginato che questo film fosse in qualche modo simile proprio a Melancholia,
perché avevo sentito parlare di una pellicola a tematica apocalittica, ma
diversa dal solito catastrofismo fracassone alla Roland Emmerdich, pardon Emmerich.
Proprio come il film di Von Trier.
In effetti non mi ero
sbagliato di molto. Questo è un film meno autoriale, ha una minore valenza
metaforica, ci sono meno tette, eppure le due protagoniste sono parecchio
simili.
La protagonista di questo
Another Earth è una ragazza che è appena stata ammessa alla prestigiosa
università MIT, quand’ecco che sente in radio della scoperta di un nuovo
pianeta e qualcosa di terribile le capita… Con la Justine/Kirsten Dunst di
Melancholia ha quindi in comune la depressione e un rapporto particolare con
“l’altro” pianeta. Per il resto la visione prosegue su altri sentieri. Quelli
del solito film catastrofico?
Assolutamente no!
District 9, Cloverfield,
Monsters… sono le prime pellicole che mi vengono in mente, tra quelle all’interno
del genere che negli ultimi tempi hanno cercato un approccio differente al
fantascientifico. Eppure Another Earth prende un’altra strada ancora.
Another Earth si concentra
infatti sulla parte drammatica, sulle vicende dei due protagonisti, e poi come
contorno vi è anche l’elemento sci-fi. Questa è la fantascienza che preferisco.
Quella fatta di idee più che di effetti speciali. Come viene detto all’interno
dello stesso film: qui non si tratta di omini verdi o avatar blu.
Ma chi sono questi due
protagonisti? Della prima abbiamo già accennato e va detto di come sia
interpretata ottimamente dalla promettente Brit Marling, che ha anche scritto
la sceneggiatura insieme al regista Mike Cahill (da non confondere con l’omonimo
autore di Alla ricerca di Charlie con Michael Douglas). Un particolare curioso
è che la Marling assomiglia parecchio ad Amanda Knox, e il suo personaggio nel
film si fa 4 anni di galera prima di essere rilasciata.
Il secondo è invece
William Mapother, il cugino brutto di Tom Cruise specializzato in ruoli angoscianti;
tanto per dire, era il misterioso Ethan in Lost.
Due protagonisti quindi
alquanto… inquietanti.
La parte più propriamente
fantascientifica del film è poi davvero fica: il pianeta apparso all’orizzonte
non è infatti un pianeta qualunque. È una replica speculare e, sembrerebbe,
precisa spiccicata della Terra. Come è possibile ciò? Una domanda molto interessante
che apre parecchie riflessioni, per un film di una notevole grandezza e un
pianeta, la Terra 2, immenso quasi quanto Melancholia. E il finale mi ha lasciato
di stucco (positivamente) come non capitava da un po’.
Sì, lo so. Lo sto pompando
troppo questo film e poi lo guarderete e rimarrete delusi. Però megalomane per
megalomane fatemi aggiungere un’ultima sparata.
Another Earth mi sa che è
quanto di meglio ci ha offerto la fantascienza quest’anno su questa Earth.
Niente male, per un film che del fantascientifico ha davvero poco.
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