Visualizzazione post con etichetta bruce greenwood. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta bruce greenwood. Mostra tutti i post

martedì 10 giugno 2014

UNA SMIELATA SENZA FINE




Un amore senza fine
(USA 2014)
Titolo originale: Endless Love
Regia: Shana Feste
Scemeggiatura: Shana Feste, Joshua Safran
Tratto dal romanzo: Amore senza fine di Scott Spencer
Cast: Alex Pettyfer, Gabriella Wilde, Bruce Greenwood, Joely Richardson, Rhys Wakefield, Anna Enger, Dayo Okeniyi, Emma Rigby, Robert Patrick
Genere: romanticoso
Se ti piace guarda anche: I passi dell’amore, Ho cercato il tuo nome, Safe Haven, Le pagine della nostra vita, The Last Song

Se non vi viene il diabete guardando Un amore senza fine, tranquilli. Siete a posto per tutta la vita. Non vi verrà mai più. Fidatevi, ve lo dice il Dottor Hannibal Kid.
Di rado ho visto pellicole smielate quanto questa e sì che io di stronzate del genere, da buon bimbominkia quale sono, ne vedo spesso. D’altra parte con un titolo del genere, Un amore senza fine, non ci si poteva aspettare qualcosa di diverso. Oltre a farmi schizzare alle stelle gli zuccheri nel sangue, questo film è però riuscito anche a sorprendermi. È stato davvero uno shock scoprire che NON è tratto da un romanzo di Nicholas Sparks. È incredibile, ma è davvero così. Eppure i classici ingredienti della storiona sparkstica sembrano esserci tutti. Innanzitutto la love story tra due personaggi che sono due fighi della Madonna, lui è il teen idol Alex Pettyfer che scommetto persino Ellen DeGeneres se lo vorrebbe scopare, lei è la tipica biondazza perfetta, tale Gabriella Wilde già vista nel pessimo remake di Carrie e dotata di un’espressività di poco superiore a quella della sua fuck-simile Fiammetta Cicogna. Nonostante siano belli belli in modo assurdo, si sentono comunque sempre in qualche modo fuori posto. Sono tormentati. Lui perché ha un passato oscuro alle spalle, lei perché suo fratello è morto un paio d’anni prima. Morto di cancro, come in ogni storia di Nicholas Sparks che si rispetti.

All’appello non mancano anche vari altri elementi tipicamente sparkstici, come avevo elencato in maniera diligente nel post dedicato a Vicino a te non ho paura – Safe Haven: c’è la scenona di sesso patinato girata in maniera molto pudica, un drammatico incidente d’auto, una tipica ambientazione country-borghese da America di provincia, una colonna sonora romantica, una regia del tutto anonima, dei protagonisti che si conoscono da due ore ma già si giurano un amore, come dice il titolo, senza fine. C’è però una cosa che manca e fa capire come questo film, per quanto sia difficile da credere, per davvero NON è tratto da un libro sparkstico: non c’è una morale cattolica. Un amore senza fine avrà tanti difetti, per esempio è sdolcinato e buonista da morire, ma se non altro non ci propone la solita visione cristiana tipica di Nicholas Sparks, il Manzoni d’Oltreoceano.

Una volta appurato con sconcerto da chi non è tratto, diciamo da chi è tratto. Un amore senza fine è il remake di Amore senza fine, una pellicola di Franco Zeffirelli del 1981 con protagonisti Brooke Shields e tale Martin Hewitt che è anche nota per il tema musicale “Endless Love” cantato da Diana Ross e Lionel Richie, nonché per aver rappresentato l’esordio cinematografico di Tom Cruise e Ian Ziering…
Ian Ziering, chiii?
Lo Steve Sanders di Beverly Hills 90210, naturalmente, e pure il protagonista del memorabile Sharknado, il film trash dell’estate scorsa. L’avrete mica già dimenticato? Meglio per voi di no, perché il 30 luglio sulla tv americana arriva il sequel.

"Dalle immagini di 'sto post sembra che ci baciamo e ci abbracciamo
per tutta la durata del film..."
"Perché, non è forse così???"
All’epoca il film Amore senza fine, a sua volta tratto dall'omonimo romanzo di Spencer Scott, aveva ricevuto ben 6 nomination ai Razzie Awards, gli Oscar dedicati ai peggio film. Come resistere allora alla tentazione di ripescare un capolavorone del genere e realizzarne una versione aggiornata?
Aggiornata poi mica tanto, visto che resta una pellicola dall’impostazione molto anni ’80, e questa è forse la nota più positiva del remake, per via di un amore tormentato tra una lei di buona famiglia e un morto de fame, un po’ in stile Dirty Dancing e cagate del genere di quelle che andavano soprattutto in quel decennio. Per rendere il tutto più politically correct, questa volta c’hanno messo dentro un personaggio di colore, l’amico del protagonista interpretato da Dayo Okeniyi, dandogli però il minor spazio possibile. Un problema questo a dirla tutta comune pure agli altri personaggi minori della pellicola, che si concentra soprattutto sull’amore intensissimo e schifosamente zuccheroso tra i due belloni protagonisti, oltre che sulla rivalità tra Alex Pettyfer e l'insopportabile padre di lei, Bruce Greenwood, un villain psycopatico cattivo cattivo, di quelli molto anni ’80, di quelli che fanno più ridere che paura. Tutto il resto resta invece relegato in un angolino.
Se il film nel corso della prima parte procede in maniera piuttosto decente e guardabile, come una pellicola 80s ripescata dentro qualche vecchio scatolone di VHS abbandonate, nella seconda si scivola su territori da melodrammone eccessivo e (involontariamente) ridicolo. Roba che si finisce quasi per rimpiangere una pellicola ispirata a un romanzo di Nicholas Sparks.
Ho detto quasi, perché peggio di un film tratto da Sparks ci può essere solo un film di Moccia tratto da Moccia.
(voto 5--/10)

sabato 3 marzo 2012

The River: Paranormal acquativity

"Con la sola imposizione delle mani faccio sparire
Fiammetta Cicogna dalla faccia della Terra!"
The River
(serie tv, stagione 1, episodi 1-5)
Rete americana: ABC
Rete italiana: Sky Uno, dall’ 1 marzo
Creata da: Michael R. Perry, Oren Peli
Cast: Joe Anderson, Leslie Hope, Bruce Greenwood, Paul Blackthorne, Eloise Mumford, Paulina Gaitan, Thomas Kretschmann, Daniel Zacapa, Scott Michael Foster
Genere: cazzata esotica
Se ti piace guarda anche: Anaconda, Paranormal Activity, The Blair Witch Project, Il fiume della paura

Prima cosa: lo so, il titolo di questo post fa PARTICOLARMENTE schifo.
Seconda cosa: il network ABC ha sbagliato tutto. In primis a trasmettere questa serie tv punto. In secundis ha sbagliato a trasmetterla ora in inverno. Questa è la classica serie un po’ esotica, un po’ horror, un po’ mezza stronzata (per non dire stronzata totale) che d’estate ti guardicchi più volentieri. La qualità del prodotto, decisamente medio-bassa, non cambia. Adesso però non è il momento giusto e infatti gli ascolti americani disastrosi della premiere e delle puntate successive non hanno premiato questo The River e il suo percorso futuro lascia intravedere difficilmente il rinnovo per una seconda stagione.

"Preghiamo non ci sia una stagione 2, ché gli sceneggiatori
han finito le idee già a 20 minuti dall'inizio della prima puntata"
Io ormai quando vedo Steven Spielberg nei titoli di testa mi prendo male. Se il suo War Horse proprio non mi è andato giù, le sue altre produzioni televisive recenti certo non fanno ben sperare. Dico solo Terra Nova. Dico solo Falling Skies.
Adesso, con The River, Steven l’ex grande regista caccia fuori il grano per una nuova produzione che è una gran cacchiata come le quassù citate, però è già più guardabile.
Perché è guardabile?
Per lo stesso motivo per cui si poteva, seppure con grande fatica, seguire Terra Nova o Falling Skies: vedere qualcuno dei suoi insopportabili personaggi venire soppresso, si spera nel modo più brutale possibile. Almeno sotto questo punto di vista, The River ci potrebbe regalare delle belle soddisfazioni. In ognuno dei primi episodi infatti qualcuno rischia la vita, o perlomeno qualche senso vitale, e a volte persino tutti sono a rischio. Yeah!


"Pensi che questa serie avrà successo? Sei davvero divertente, tu!"
Comunque come al solito mi porto avanti col discorso ma non vi ho ancora detto di cosa parla questo The River. Non che sia niente di così eclatante, ma tant’è. Facciamo i precisi.
Allora: praticamente c’è questo Emmet Cole (interpretato da Bruce Greenwood) che è una sorta di avventuroso guru televisivo dell’esplorazione di paesi strani e sperduti. È l’Ambrogio Fogar della situazione, avete capito bene. Altroché Fiammetta Cicogna, la conduttrice di Wild - Contronatura, meglio conosciuta anche come l’essere (umano?) più odioso sulla faccia della Terra. Non so perché, ma io quando sento parlare quella voglio impugnare un fucile. Non per dare la caccia alla Cicogna, bensì per spararmi un colpo in testa.
Emmet Cole è uno che sa il fatto suo: un visionario, se volete, un povero pazzo, se preferite. Uno che continua a ripetere “There’s magic out there”. Già, peccato che proprio a causa di qualche magia o rito voodoo sconosciuto, l’esploratore è sparito nel nulla. Di lui e della sua crew yo-yo che lo segue si sono perse le tracce.
Per qualche mese, per ben 6 mesi, nessuno si preoccupa davvero di provare a cercarlo, fino a che la moglie convince il figlio ad andare lungo il fiume dell’Amazzonia dove è scomparso. Moglie con cui era sul punto di separarsi e figlio con cui non parlava da parecchio, ma fatto sta che alla fine i due, non avendo niente d’altro di meglio da fare, decidono di provare a mettersi sulle sue tracce, seguiti da una troupe televisiva che finanzia la ricerca.
Lo spunto di partenza, dai, non è così malaccio. Con un’idea del genere puoi anche ricavarci un filmetto carino, però un’intera serie che parte da questo presupposto devi essere bravo a svilupparlo, altrimenti si rivelerà ben presto ‘na strunzata. E infatti, dopo una ventina di minuti dall’inizio della premiere il dubbio di trovarti a navigare in acque pericolose ti viene.

"La vedi questa carta? È la Luna Nera!"
"Azz, ma te porti più rogna della Zingara di Rai 1!"
Il primo problema che si presenta davanti è la realizzazione. Lo stile adottato dalla serie è infatti quello del mockumentary alla Blair Witch Project (citato esplicitamente nel quinto episodio). Ma, gente mia cara, basta girare film o serie tv seguendo tale modello! Fa troppo 1999. Non è più di moda e, soprattutto, fa troppo schifo. Faceva schifo nel 1999, figuriamoci adesso nel 2012.
Ogni volta che qualcuno ha una buona idea, subito tutti lì pronti a spremerla e a cannibalizzarla. Lasciate cannibalizzare ai cannibali come me, voi andate da un’altra parte. Chessò, potreste cercare ad esempio di avere un’idea tutta vostra, un’idea originale... È una cosa che vi fa così paura?
L’altro modello di riferimento è Paranormal Activity. In pratica, è quasi un Paranormal Activity che esce dalle confortevoli (mica tanto) pareti domestiche, per spostarsi a fare un’esterna in mezzo a un fiume e a una giungla esotici, in vago stile Lost.
Il co-autore di The River non a caso è un certo Oren Peli, proprio il regista che faceva rizzare i peli con Paranormal Activity. Pure qui vengono usati pari pari alcuni espedienti di quel film, come le riprese in notturna con telecamere digitali, mandando avanti velocemente il minutaggio e fermandosi nei momenti in cui succede qualcosa di (teoricamente) spaventoso. Fermandosi nei momenti in cui si urla fortissimo:
BUUUUUUUUUUUUUUU!

"Spielberg come personaggio sexy voleva
davvero mettere un cavallo???"
Il tipo di tensione e di paura con cui gioca la serie è semplice e basic, a differenza della costruzione di tensione magistrale di film come The Innkeepers. La paura secondo The River è il classico casino a metà strada tra Blair Witch Project e Paranormal Activity in cui succede qualcosa che non viene inquadrato e si sentono solo le urla di gente che… urla appunto. Laddove il punto di forza di quei film stava nell’originalità, oltre che in sapienti strategie di marketing, chi ricicla quei mezzucci amatoriali oramai logori non suscita certo lo stesso effetto.
Una grave lacuna (beach) è poi la mancanza quasi totale di sense of humor. L’ironia è ridotta ai minimi termini, la serie si prende troooppo sul serio e vista la materia trattata finisce solo per risultare spesso e volentieri involontariamente ridicola. Aggiungiamo a ciò il fatto che non sia presente neanche uno, dico neanche mezzo, personaggio simpatico.
Il personaggio cazzaro, quello un po’ nerd, quello che fa le battute, te lo ritrovi dappertutto. Tra un po’ senza che lo sappiate vi entra uno sconosciuto pure in casa vostra e vi diventa il vostro nuovo fratello nerd, anche se non state girando un reality show o una serie televisiva. Insomma, i personaggi geek sono ormai dappertutto e in questo The River non hanno pensato di inserirne uno.
Una decisione rischiosa? Sì. Azzeccata? Assolutamente no. In un telefilm come questo un personaggio che serviva a sdrammatizzare serviva come il pane. Invece niente. C’è giusto il cameraman di colore che ogni tanto fa l’idiota e lo fa nelle situazioni più inverosimili. Ad esempio dopo aver appena rischiato la vita, ‘sto qua si mette a fare il pirla con le telecamere. Risultato? Non è simpatico, ma solo idiota.
Va dato però atto agli autori di essersi resi conto di un simile difetto lungo la corsa e di avere inserito dal quarto episodio un nuovo cameraman intepretato da Scott Michael Foster, già visto nella teen serie Greek - La confraternita e proprio nei panni del minchione di turno. Riuscirà a regalare un po’ di umorismo alla serie?

"Hey Kurt, se non ti tagli subito quei capelli ti faccio finire in fondo al River!"
Se non hanno messo un personaggio simpatico, non da subito almeno, si sono dimenticati di mettere pura la figa?
No, almeno quella, per fortuna c’è. Altrimenti più che una nuova serie tv, sarebbe stato un suicidio in diretta. A dirla tutta, all’inizio c’è solo questa tipa latina (Paulina Gaitan) che però appare inquietante piuttosto che altro. Poi i producer, rendendosi conto che così non potevano andare avanti, dopo qualche minuto hanno introdotto finalmente la gnocca bionda, Eloise Mumford, una tipa che assomiglia un po’ a una Katherine Heigl però meno in stile romantic-comedies e più tipa d’azione. Una versione action di Katherine Heigl, in pratica. Però per il momento è un pochetto anonima.
Degli altri personaggi, che dire? La mamma è Leslie Hope, già vista nella prima stagione di 24 nei panni della moglie di Jack Bauer. Pure lì però era così simpatica che a fine stagione la facevano fuori. Oh yeah.
Il figlio (Joe Anderson) all’inizio ha un look grunge e il capello biondo lungo che fa molto Kurt Cobain.  Bene! Peccato che subito dopo la tipa bionda gnocca decida di tagliarglieli. In mezzo alla jungla gli taglia i capelli e come pensate che vengano? Una merda, direte voi. E invece no: il ragazzo se ne esce fuori con un taglio che manco da Jean Louis David…
Ma non è finita qui, perché c’è pure il regista (interpretato da Paul Blackthorne, pure lui visto in 24 ma nella stagione 3) della troupe televisiva, un tizio senza scrupoli a cui non frega niente se le persone vivano o muoiono. A lui interessa solo girare il suo maledetto show. Il personaggio più interessante, paradossalmente ma non troppo, è allora quello che non c’è, ovvero Emmet Cole. L’Ambrogio Fogar scomparso in mezzo all’Amazzonia non si sa bene come, non si sa bene perché.

"Trovare un hair stylist in mezzo al fiume è stato più facile di quanto immaginassi!"
Per il momento quindi The River è bocciato. Perché? Perché il suo grado di originalità sta sotto lo zero come la colonnina di mercurio fino a poche settimane fa. Perché le situazioni sono spesso involontariamente ridicole. Perché non c’è nemmeno un personaggio decente, uno, e il livello di recitazione è sullo scadente andante. Mi riservo però la possibilità di dare alla serie una mezza fiducia, perché secondo me in altri tempi, magari d’estate, potrebbe anche essere una di quelle visioni decenti, almeno nei momenti in cui vuoi scollegare del tutto il cervello. Perché se il cervello lo tieni collegato beh, lo spettacolo offerto non è certo dei più stimolanti.
A differenza di altre serie bocciate totalmente poiché noiosissime e manco per sbaglio coinvolgenti, qui intravedo comunque qualche minimo segnale di vitalità. Qualche lampo, qualche scatto che lascia sperare in un possibile miglioramento e che per il momento mi fa venire voglia di continuare a dargli una possibilità.
Ma chi voglio prendere in giro? Questa serie fa letterlamente acqua da tutte le parti e se ancora la seguo e per lo stesso motivo per cui la gente segue le gare Nascar o gli incontri di boxe.
Per vedere qualcuno che si fa seriamente del male!
(voto 5+/10)

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

DISCLAIMER

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. L'autore, inoltre, non ha alcuna responsabilità per il contenuto dei commenti relativi ai post e si assume il diritto di eliminare o censurare quelli non rispondenti ai canoni del dialogo aperto e civile. Salvo diversa indicazione, le immagini e i prodotti multimediali pubblicati sono tratti direttamente dal Web. Nel caso in cui la pubblicazione di tali materiali dovesse ledere il diritto d'autore si prega di Contattarmi per la loro immediata rimozione all'indirizzo marcogoi82@gmail.com