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venerdì 21 settembre 2018

Jurassic World - Il film distrutto da Pensieri Cannibali





Jurassic World - Il regno distrutto
Titolo originale: Jurassic World: Fallen Kingdom
Regia: J.A. Bayona
Cast: Chris Pratt, Bryce Dallas Howard, Justice Smith, Daniella Pineda, Rafe Spall, James Cromwell, Toby Jones, Geraldine Chaplin, BD Wong, Isabella Sermon, Jeff Goldblum


A sorpresa il precedente Jurassic World mi era piaciuto parecchio, al punto da aver intitolato il mio post “Jurassic Wow”.
Hey, wow! Sul serio ho fatto una cosa del genere? Dovevo essere ubriaco. Quando ho visto il sequel Jurassic World - Il regno distrutto purtroppo invece ero sobrio. Troppo terribilmente sobrio. Il film non sono quindi riuscito a godermelo per niente. Quando succedono cose del genere mi chiedo se il problema sono io, o sono le persone che considerano questo genere di film “cinema d'intrattenimento”. Sul serio considerate un buon intrattenimento due ore e passa di effetti speciali, inseguimenti, urla e ancora altri inseguimenti senza fine e urla?

giovedì 7 giugno 2018

Malati di cinema





Un jurassico blockbusterone americano contro un film francese e la solita vagonata di proposte italiane.
Cosa scegliere di vedere questa settimana nei nostri cinema?
Se volete avere una panoramica approssimativa e del tutto inaffidabile delle uscite del weekend, ascoltate i consigli miei e del mio rivale Ford. In questa puntata accompagnati da un grande, grandissimo appassionato di serie TV, che però sa dire la sua anche in fatto di cinema. D'altra parte se lo facciamo io e James Ford, ci può riuscire chiunque. Di chi sto parlando, comunque? Ora con calma ve lo svelo, or dunque: di Andrea Cinalli, giornalista, scrittore, esperto telefilmico e autore del blog Blog made in China.
A lui, e a noi, la parola.


JURASSIC WORLD – IL REGNO DISTRUTTO
"Cucciolo Eroico, ti ricordavo più giovane... A forza di frequentare Ford ti sei trasformato in un dinosauro, sarà un caso?"

martedì 22 agosto 2017

Gold: chi trova un amico, trova una miniera d'oro





Gold – La grande truffa
Regia: Stephen Gaghan
Cast: Matthew McConaughey, Édgar Ramírez, Bryce Dallas Howard, Toby Kebbell, Corey Stoll, Bruce Greenwood, Rachael Taylor


Pensate che per fare un film interessante, ci sia per forza bisogno di parlare di un argomento interessante?

mercoledì 2 novembre 2016

Black Mirror - Specchio riflesso senza ritorno






Black Mirror
(stagione 3)

Black Mirror lo sapete ormai tutti cos'è, giusto?
Per quei due o tre che vivono nel mondo delle fate e di Mediaset e ancora non lo sanno, per farla breve si tratta di una specie di Ai confini della realtà ai tempi di Twitter.
Ancora non avete capito?

È una serie diciamo di fantascienza, ma non di quella fantascienza assurda e irrealizzabile. È una sci-fi che ci mostra il mondo non com'è, ma come potrebbe diventare tra un anno, o magari tra 10 minuti.
Non vi è ancora chiaro?


martedì 14 luglio 2015

Jurassic Wow





Benvenuti nel Cannibal World, un mondo in cui si parla di cinema senza alcuna cognizione di causa e in cui tutto è possibile.
"Calma, gente. Nel Cannibal World c'è posto per tutti.
O quasi..."

lunedì 28 novembre 2011

Se non ti piace questo film sei uno sporco leghista


The Help
(Usa 2011)
Regia: Tate Taylor
Cast: Emma Stone, Viola Davis, Bryce Dallas Howard, Octavia Spencer, Jessica Chastain, Allison Janney, Anna Camp, Ahna O’Reilly, Mike Vogel, Chris Lowell, Sissy Spacek, Mary Steenburgen, Nelsan Ellis, Ashley Johnson
Genere: black
Se ti piace guarda anche: Il colore viola, The Blind Side, Hart of Dixie, Pan Am, Mad Men, Downton Abbey
Uscita italiana prevista: 17 febbraio 2012


The Help fa parte di una categoria di film che di solito non apprezzo per nulla.
I film ruffiani.
Se c’è però una cosa che questa pellicola insegna sopra a ogni altra è quella di andare oltre le categorie. E così ho seguito il buon esempio e ho superato il fatto che sia un film ruffiano. Perché lo è. La storia che racconta infatti non può non smuovere qualcosa dentro, per lo meno in chi crede a determinati valori di uguaglianza di tutte le persone, indipendentemente dal colore della loro pelle.
Che poi sull’uguaglianza si potrebbe aprire una lunga parentesi, visto che tutte le persone sono uniche e quindi diverse una dall’altra, ma comunque non andiamo a impelagarci in un discorso troppo complesso e cerchiamo di rimanere dentro i binari del film. Anche se ogni volta faccio fatica a rimanerci dentro, maledetti binari!

La storia, per dirla breve e non svelarvi troppo, è tratta dal romanzo best-seller del 2009 di Kathryn Stockett ed è quella di una giovane giornalista (Emma Stone: sì sì sì un film in più per adorarla) che decide di dar voce a chi una voce non l’ha mai avuta. Se non in chiesa per cantare nel coro gospel. La giornalista Emma Stone vuole infatti realizzare un libro basato sui racconti e le testimonianze delle donne di colore che fanno le domestiche e allevano i figli delle donne bianche ricche (proprio come accaduto a lei e alla stessa scrittrice Stockett), in un paesino del Sud degli Stati Uniti negli anni ’60, prima del periodo delle lotte per i diritti civili dei neri e in un clima ancora dominato dai Ku Klux Klan.
Sì, insomma, una trama che va da sé porterà alcuni momenti toccanti e altri che faranno salire l’indignazione, quindi un film in qualche modo ricattatorio, che sembra essere perfetto per la notte degli Oscar e chissà che qualche nomination non se la porti a casa.
Negli Usa la pellicola è stata il clamoroso successo a sorpresa degli ultimi mesi, con un incasso cresciuto di settimana in settimana grazie al passaparola che ha portato a un totale di 170 milioni di dollari di incasso, a fronte di una spesa di 25 milioni. Niente male per un film non in 3D, non di animazione, non di supereroi, maghetti o vampirelli. In pratica The Help è andato a replicare il caso di The Blind Side, il film del 2009 che in maniera analoga aveva macinato incassi sorprendenti, aveva fruttato un Oscar alla Sandrona Bullock e raccontava una storia ugualmente ruffiana.
Così come allora, per una seconda volta ci sono cascato anch’io. The Help infatti è una visione appassionante e coinvolgente. Come sempre sostengo, una bella storia non basta a fare un bel film, è vero, però qui la storia è davvero bella, toccante e pure impregnata di una buona dose di umorismo che riesce a renderla una visione leggera e piacevole, quanto allo stesso tempo profonda e toccante.

Il grande pregio del film è quello di raccontare non il razzismo più violento e immediatamente visibile, come quello del Ku Klux Klan, ma quello più sottile e strisciante. Il razzismo di quelli che dicono: “Sì, ma io non sono razzista.” Il razzismo delle donne bianche del Sud che facevano accudire i loro figli da tate di colore, trattandole però come schiave e come essere inferiori e non permettendo loro nemmeno di usare lo stesso bagno di famiglia perché accusate di diffondere chissà quali misteriose malattie “negre”. Ma in The Help subiranno un momento di vendetta davvero godurioso!

A dare una grossa mano per rendere viva questa splendida storia ci pensa allora un formidabile gruppo di attrici. In The Help sfila la migliore rassegna di rosse cinematografiche immaginabile, mancano giusto Julianne Moore e Lindsay Lohan (ma quest’ultima ormai passa più tempo nei tribunali di un certo nostro ex Premier…), mentre sono presenti la solita piccola grande Emma Stone, una Bryce Dallas Howard perfetta in versione “southern bitch”, Sissy Spacek in versione “vecchia pazza” e Jessica Chastain, la rossa di The Tree of Life qui in inedita e quasi irriconoscibile versione bionda Marilyn-style, ma con un ruolo che va oltre i soliti stereotipi della biondona stupida. Ottime poi le due protagoniste “black” della vicenda, una commovente Viola Davis (già candidata agli Oscar per Il dubbio) e ancor di più l’incendiaria Octavia Spencer, per cui prevedo e pregusto già una bella nomination (e chissà, magari anche una vittoria) agli Oscar 2012 come miglior attrice non protagonista. Ci troviamo in pratica di fronte al cast femminile più pazzesco dell’annata (ex aequo con quello di Le amiche della sposa), in cui gli uomini fanno più che altro la figurina delle… ehm figurine, appunto. Perché oltre a trattare la tematica razziale, The Help si rivela essere anche uno splendido inno alla donna come motore per il cambiamento sociale, sebbene anche le figure più negative all’interno del film siano altre donne.
Dal punto di vista del cast da segnalare anche la presenza di Mike Vogel, pilota della serie Pan Am ambientata anch’essa negli anni ’60 (che voglia diventare il nuovo Don Draper? Mi sa che è ancora un po’ giovane), e di due membri del cast di True Blood: Nelsan Ellis, il mitico Lafayette, e poi la bionda Anna Camp, che nella seconda stagione faceva parte della setta anti-vampiri e che qui riprende un simile ruolo da bigottona del Sud.
E a proposito di serie tv, lo stile 60s si avvicina proprio a quello di Mad Men o di Pan Am, ma l’atmosfere del Sud sarà particolarmente apprezzata anche da chi segue la nuova Hart of Dixie. E, perché no?, pure dagli appassionati della serie british Downton Abbey. Qui come lì infatti i veri protagonisti per una volta tanto non sono i ricchi e i potenti, bensì i domestici.

Il difetto della pellicola è invece la mancanza di una forte impronta autoriale. Il regista Tate Taylor si limita al compitino e dirige in maniera convenzionale, senza prendere buche, ma nemmeno senza rischiare scossoni. D’altra parte ha ancora tempo per crescere; questa è la sua seconda pellicola e la prima dico solo che si chiamava Pretty Ugly People e protagonista era Jessica Simpson…

Film ruffiano?
Sì. Assolutamente sì. The Help va però visto non dal punto di vista del critico cinematografico, bensì col cuore. Difficilmente quello non verrà toccato da questa visione.
A meno che non facciate parte di un Ku Klux Klan… O siate della Lega.
(voto 7+/10)

martedì 1 marzo 2011

Hereafter di Clint Night Shyamalan

Hereafter
(USA 2010)
Regia: Clint Eastwood
Cast: Matt Damon, Cécile De France, George McLaren, Frankie McLaren, Bryce Dallas Howard, Thierry Neuvic, Jay Mohr, Richard Kind
Genere: soprannaturale ma non troppo
Se ti piace guarda anche: Babel, Il sesto senso, Unbreakable, Ghost Whisperer

Trama semiseria
Tre storie:
1) Una giornalista francese sopravvive per miracolo allo tsunami nell’Oceano Indiano del 2004, ma quando torna non è la stessa e non riesce più a condurre il TG. Fossimo in Italia le farebbero fare Cotto e mangiato, in Francia invece le fanno scrivere la biografia di Mitterrand.
2) Due gemellini inquietanti vivono le loro vite come se fossero usciti da un film di M. Night Shyamalan quindi, considerando anche come questo sia un film in cui il tema è la morte, non affezionatevi troppo a uno dei due.
3) Matt Damon parla con i morti. Poco credibile? Beh, dopo averlo visto in azione lo sembra ancora meno.

Recensione cannibale
Ho sentito e letto un sacco di pareri tra i più disparati sul conto di Hereafter, tra chi l’ha trovato mortale (nel senso di una noia mortale) e chi se n’è innamorato, tra chi lo giudica un Eastwood minore e chi c’ha letto dentro il senso della vita (e tra loro forse anche Paolo Bonolis). Visto che di interpretazioni ne ho trovate anche di assurde, e parecchio, pure la mia particolare visione di questo film non sarà da meno.
La chiave di lettura di questo lavoro eastwoodiano per me sta infatti nella storia della giornalista francese. Dopo aver avuto un’esperienza di quasi-morte ed essere sopravvisuta a uno tsunami, non riesce a tornare al suo normale lavoro e allora si prende una pausa per scrivere un libro: viene ingaggiata per realizzare una sorta di biografia di François Mitterrand ma lei invece se ne esce con un’opera sull’Aldilà, sull’Hereafter. Lo stesso mi sembra abbia fatto il vecchio Clint. La sceneggiatura della pellicola scritta da Trevor Morgan (autore di altri script impeccabili ma che non mi hanno sconvolto come Frost/Nixon o The Queen) all’inizio era stata offerta a M. Night Shyamalan che però l’ha rifiutata, probabilmente perché ne sarebbe uscito un film persino troppo nel suo stile e così il regista di origini indiane ha preferito dedicarsi all’agghiacciante L’ultimo dominatore dell’aria. Una gran mossa che lo ha fatto trionfare ai recenti Razzie Awards per i peggiori film dell’anno. La sceneggiatura è così è passata nelle mani di Steven Spielberg, questi l’ha mostrata al suo amico Clint e lui infine ha deciso di girarla. Un passa la patata bollente che ci fa intuire come questa sceneggiatura non è che fosse così sconvolgente.

Un thriller soprannaturale nelle mani di Eastwood? È un po’ come se Bruce Springsteen decidesse di registrare un disco di musica elettronica, ma poi, a un certo punto, si rendesse conto che quella non è la sua “cosa” e allora nel mezzo delle session decide di ritornare a suonare la chitarra. Qualcosa del genere mi sembra sia successo con questo Hereafter: la sceneggiatura sembrava prestarsi bene a diventare un thriller soprannaturale, però Clint ha deciso di trasformarla in qualcos’altro, un po’ come la giornalista che invece di parlare di Mitterand si è messa a fare qualcosa di completamente diverso. Di thriller infatti qui non ce n’è, manca la tensione, manca l’inquietudine, manca il “giallo”. Di soprannaturale anche se ne vede davvero poco, giusto qualche breve flash nell’aldilà, più i dialoghi tra il sensitivo Matt Damon e i suoi clienti che ricordano la serie tv Ghost Whisperer. In questi momenti si vede che però non è il campo ideale del regista, bravissimo altrove, però questa non è la sua “cosa”. È più una roba da M. Shyamalan dei vecchi tempi (non certo quello attuale); la sequenza tra M. Damon e il bambino non regge infatti i dialoghi tra Bruce Willis e Haley Joel Osment ne Il sesto senso e sembra uscito più che altro da un telefilm come il citato Ghost Whisperer, di cui presumo Clint sia diventato un grande fan negli ultimi tempi, visto che la parte con Damon è quasi un tributo a questa serie.

Ho apprezzato allora il tentativo di Clint di allontanarsi dai cliché e dalle trappole del solito thriller paranormale per realizzare qualcosa di più vicino alla sua sensibilità, una sorta di melodramma con riferimenti contemporanei (tsunami, attentati a Londra) ma più che altro uno sguardo rivolto al cinema vecchio stile, girato con una classe immancabile e innegabile, finendo anche in una direzione alla Inarritu (ma senza una sceneggiatura all’altezza di quelle di Guillermo Arriaga). La sensazione che ho avuto comunque è che il film non sappia bene che direzione imboccare, se rimanere nell’aldiqua o nell’aldilà.

La prima scena di Hereafter è molto coinvolgente, getta subito in mezzo all’avventura e al dramma; un momento alla Spielberg in cui Clint se la cava alla grande. Notevole anche l’inizio della storia dei due gemellini. La vicenda di Matt Damon, l’uomo che parlava con i morti, non ha invece un grande attacco ma si illumina con l’arrivo di Bryce Dallas Howard. La scena della degustazione fa molto commedia romantica con Julia Roberts. Niente di male in questo, ma Clint occhi di ghiaccio anche in questo caso non sembra muoversi nel suo campo d’elezione e credo che qualche fan hardcore di Eastwood sia trasalito a vedere una scena del genere. È un momento che comunque a me è piaciuto, rovinato purtroppo dall’uso del “Nessun dorma” interpretato da Pavarotti che fa precipitare il tutto nei soliti stereotipi sull’Italia e il mangiar bene, una caduta nel cliché (mancano solo pizza & mandolino) alla Mangia prega ama che da Eastwood proprio non ci si aspettava.
Anche i dialoghi sono un po’ così. Bryce Dallas Howard ad esempio chiede a Matt Damon: “Quello è un tuo antenato?” E lui replica: “No, è Charles Dickens.” Hello Bryce, ma in che mondo vivi? Sei nell’aldiqua o nell’aldilà? Insomma, per introdurre la presenza di Dickens (un altro riferimento del film, insieme a Shyamalan e Ghost Whisperer) si sarebbe potuto scegliere un espediente di sceneggiatura migliore di questo.

Quello che per me non funziona, oltre a tre storie troppo slegate tra loro e che partono bene ma si sviluppano male, è però soprattutto il cast. Matt Damon già di suo non è il massimo dell’espressività, qui però appare davvero impacciato, anonimo, fuori luogo e fuori parte. Mediocre anche il suo fratello cinematografico, un imbolsito Jay Mohr (attore di recente visto anche in Ghost Whisperer, ve l’ho detto che Clint si è fatto una full immersion in questa serie!). Cécile de France all’occasione della vita con Clint non riesce a sfruttarla a dovere e non lascia il segno, meglio il suo collega francese Thierry Neuvic che comunque mi aveva colpito di più nella fiction nostrana Le cose che restano. Anche i due gemellini protagonisti non entusiasmano e sembrano una brutta copia del bimbo di Magnolia. La migliore del lotto è allora Bryce Dallas Howard, attrice shyamaliana perfettamente a suo agio in questo genere di storie; il suo personaggio promette grandi cose, però proprio sul più bello sparisce. Perché?
Altro aspetto così così le musiche. Lontano dai temi struggenti di Million Dollar Baby e Mystic River, Clint questa volta ha composto un commento sonoro piatto e poco emozionante. Clint, a 80 anni forse è arrivato il momento di delegare alcune cose e per una volta avresti fatto meglio a ingaggiare un compositore esterno.

Una critica arrivata da diverse parti e che non mi sento invece di condividere è quella che si tratti di un film noioso. È vero, ha dei ritmi molto lenti, però le storie alternate si lasciano seguire con interesse, anche se per quanto mi riguarda la curiosità maggiore era di capire dove stessero cercando di arrivare. Le premesse erano buone, ma purtroppo si scivola in un intreccio delle 3 storie piuttosto (e dicendo piuttosto sono ancora stato buono) prevedibile, fino a un ultima scena che sarebbe anche potuta essere bella e profonda non fosse per un’alchimia tra Matt Damon e Cécile de France inesistente. I loro sguardi imbalsamati non sono riusciti a comunicarmi l’Epifania che Clint avrebbe voluto esprimere e che la sua pellicola avrebbe meritato.

Un film che rimarrà nel cuore di chi l’ha legittimamente (ma misteriosamente) amato, come il buon Mr. Ford (mi spiace, avrei davvero voluto parlare meglio di questo film, però regia a parte non mi ha proprio convinto, quindi aspetto le tue bottigliate stavolta ben poco virtuali!)
Tutti gli altri invece dubito lo ricorderanno tra i lavori più riusciti nella lunga carriera di Clint Eastwood.
(voto 6/7)

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