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sabato 9 maggio 2015

JAMIE MARKS IS DEAD, UN FILM MORTALE. IN TUTTI I SENSI





Jamie Marks Is Dead
(USA 2014)
Regia: Carter Smith
Sceneggiatura: Carter Smith
Ispirato al romanzo: One for Sorrow di Christopher Barzak
Cast: Cameron Monaghan, Morgan Saylor, Liv Tyler, Judy Greer, Noah Silver, Brett DelBuono, Connor Antico
Genere: mortale
Se ti piace guarda anche: Il sesto senso, Donnie Darko, Amabili resti, Resta anche domani, The Leftovers

Jamie Marks Is Dead è un film deprimente. D'altra parte, già il titolo mi doveva far venire il sospetto e infatti me l'aveva fatto venire. Solo che a me i film deprimenti in genere piacciono, perché io di base sono un emo. Intendo però quei film “piacevolmente deprimenti”, quelli che smuovono qualcosa dentro, che fanno emozionare, che fanno piangere per la loro tristezza. Jamie Marks Is Dead è invece un film deprimente sotto tutti i punti di vista, tranne quello del deprimente emozionante.

martedì 16 settembre 2014

THE GIVER – IL MONDO DEI JONAS BROTHERS





The Giver – Il mondo di Jonas
(USA 2014)
Titolo originale: The Giver
Regia: Phillip Noyce
Sceneggiatura: Michael Mitnick, Robert B. Weide
Tratto dal romanzo: The Giver – Il donatore di Lois Lowry
Cast: Brenton Thwaites, Odeya Rush, Cameron Monaghan, Jeff Bridges, Meryl Streep, Katie Holmes, Alexander Skarsgard, Taylor Swift
Genere: disteenopico
Se ti piace guarda anche: Divergent, Hunger Games, Pleasantville

Riuscireste a immaginare un mondo privo di emozioni? Un mondo senza odio, ma allo stesso tempo anche senza amore? Un mondo in bianco e nero, senza colori?
Ci riuscireste?

Certo che sì, perché è già stato fatto. Il film, splendido, era Pleasantville di Gary Ross, il regista del primo Hunger Games.


A volerlo riassumere brutalmente, The Giver – Il mondo di Jonas è la versione teen-fantasy alla Hunger Games di Plesantville, ma a sorpresa non si tratta della nuova pellicola di Gary Ross, bensì di una nuova pellicola adolescenziale dai contorni sci-fi diretta in maniera anonima dal mestierante Philip Noyce. Così come per Hunger Games o per Divergent, che ricorda ancora di più, è un film tratto da una saga young adult di successo, The Giver – Il donatore di Lois Lowry, che ha dato vita anche ad altri tre capitoli letterari che probabilmente non avranno altrettanti seguiti cinematografici, visto che questo ha fatto flop ai botteghini, dove ha raggranellato pochi verdoni. Poco male, visto che, mentre scorrono i titoli di coda, non è che si muoia dalla voglia di scoprire come proseguano le gesta dell'eroico Jonas.

Eroico?
Beh, sì, più o meno. Alla fine è la solita storia del tizio prescelto come Neo di Matrix che deve salvare il mondo dalle tenebre. O in questo caso dal bianco e nero. Il riferimento visivo principale del film, come detto, è Pleasantville, con la differenza che in quel caso l'ambientazione era quella da sitcom anni Cinquanta, mentre qui ci troviamo nel solito ennesimo (ma quanti ce ne sono?) futuro distopico sfigato.
I fan della saga a questo punto diranno che il romanzo The Giver – Il donatore era uscito negli anni '90 e quindi sono gli altri ad aver copiato e probabile che ciò sia vero. Però qui stiamo a giudicare non il libro, che non ho letto, bensì la sua versione cinematografica, arrivata con colpevole ritardo e che ormai appare come un clone meno femminista e con meno azione di Hunger Games e Divergent. Il fatto che il romanzo sia stato scritto precedentemente non ha funzione retroattiva sul film.

Vi siete mai chiesti perché tutte queste storie young adult sci-fi disteenopiche negli ultimi anni stanno spopolando?
Oltre che per arricchire le multinazionali che producono questi film, hanno una funzione benefica sul giovane pubblico a cui si rivolgono. Se il mondo circostante vi sembra brutto, i TG – anzi, i siti di informazione come Huffington Post o Vice o Lercio, perché i TG ormai li guardano solo i vecchi – trasmettono troppe immagini di guerra, e la scuola non va e una Vespa e una donna non avete, tranquilli perché arriva una saga fantasy e vi toglie i problemi. Dopo aver visto Hunger Games o Divergent o adesso The Giver, il nostro mondo non sembra poi tanto terribile. Abbiamo la libertà di scelta. Siamo liberi ad esempio di ascoltare la musica che vogliamo, tranne quando arrivano gli U2 nei nostri iPad e ci ficcano dentro le loro canzoni senza che noi gliel'avessimo chiesto. A parte questo, viviamo fondamentalmente in un mondo libero. Dove c'è la guerra, ma c'è anche la pace. Dove c'è l'odio, ma anche l'amore. Dove ci sono i colori. Dove c'è il sesso.
Una cosa che non c'è nel mondo di Jonas è il sesso.

Dopo che vi ho detto questo, scommetto che anche quella mezza voglia di vedere il film che potevate avere vi è passata, vero?
Però purtroppo è così. Nel futuro distopico immaginato dal film, i bambini vengono al mondo in laboratorio, o forse a portarli è la cicogna?!? Questo è un passaggio che mi devo essere perso.
Niente sesso, siamo young adult, grida questa pellicola. Più che il mondo di Jonas, sembra il mondo dei Jonas Brothers.
Ve li ricordate, i Jonas Brothers?
No, vero?
Eccoli qui.


Non ve li ricordate comunque?
In ogni caso, i Jonas Brothers sono stati un “memorabile” gruppo anch'esso rivolto a un pubblico young adult o meglio proprio teen per non dire tween, che per un breve periodo a cavallo tra il 2006 e il 2010 circa ha spopolato soprattutto negli USA, mentre da noi se li sono per fortuna filati in pochi. Lanciati da Nickelodeon e Disney Channel, i Jonas Brothers erano dei ragazzetti cristiani evangelici che a ogni occasione esibivano i loro anelli di castità, per mostrare al mondo che sarebbero arrivati vergini fino al matrimonio.
Ci sono poi riusciti?
Uno sì, ma solo perché ha deciso di sposarsi a tipo 13 anni o giù di lì. Gli altri due invece hanno ceduto ai peccaminosi piaceri della carne senza sposarsi. Tra l'altro uno di loro, Joe Jonas, si è fatto la country-star Taylor Swift, ai tempi altra paladina degli anelli di castità e oggi rinomato mignotton... pardon, volevo dire esponente del puttanpop.


Taylor Swift che di recente ha intrapreso anche una carriera come attrice e che ha un piccolo ruolo proprio in questo The Giver. Tutto torna. Vi sembrava che parlassi di cose a caso?
Poteva apparire così, e un po' forse lo era, ma tutto torna, nello showbiz americano, così come nei post di Pensieri Cannibali. A non tornare molto è invece la reale utilità di un film come questo. Non che sia inguardabile, per carità, si lascia seguire con piacere per la prima ora e ci sono pure dei riferimenti cinematografici niente male, non so se voluti o meno, come la slitta di Quarto potere, il volo con la bicicletta alla E.T. e i montaggi espressivi di immagini in stile Terrence Malick. La parte conclusiva scivola poi insieme allo slittino del protagonista su territori molto banali e prevedibili, però l'insieme non appare nemmeno troppo malvagio.

Pure il cast si comporta si comporta in maniera decente. Il protagonista Brenton Thwaites non è il massimo della recitazione però qui se la cava meglio che in Oculus e Maleficent, dove faceva proprio la figura del bimbominkia imbambolato. Più promettenti i suoi amichetti Cameron Monaghan in arrivo dalla serie Shameless US e la giovane gnocchetta Odeya Rush, che con quegli occhioni da cerbiatta è una potenziale nuova Mila Kunis. Ci sono poi i veterani Jeff Bridges e Meryl Streep che, per quanto appaiano annoiati, timbrano il cartellino con il loro solito mestiere, più un Alexander Skarsgard in libera uscita dall'ormai terminato – grazie a Dio – True Blood e una Katie Holmes invecchiata, ma azzeccata nella parte della tipa rigida come un palo della luce.

Nonostante la confezione impeccabile e realizzata in maniera professionale, il film oltre a puzzare di deja vu è troppo freddo e non funziona. Non come altri più riusciti e fortunati young adult recenti che ho adrato. Non riesce a creare un vero coinvolgimento come riuscivano a fare Hunger Games, probabilmente per grosso merito di Jennifer Lawrence, e Divergent, probabilmente per grosso merito di Shailene Woodley, e gli mancano le emozioni. Le stesse di cui è privo il mondo di Jonas in cui è ambientato. Gli mancano i colori capaci di rendere una pellicola di medio livello qualcosa di...

SPETTACOLARE.
(voto 6-/10)

mercoledì 14 maggio 2014

VAMPIRE ACADEMY, L’HOGWARTS PER I SUCCHIASANGUE




Vampire Academy
(USA, UK, Romania 2014)
Titolo originale: Vampire Academy: Blood Sisters
Regia: Mark Waters
Sceneggiatura: Daniel Waters
Ispirato al romanzo: L’accademia dei vampiri di Richelle Mead
Cast: Zoey Deutch, Lucy Fry, Olga Kurylenko, Gabriel Byrne, Danila Kozlovsky, Dominic Sherwood, Sarah Hyland, Cameron Monaghan, Sami Gayle, Joely Richardson, Claire Foy, Ashley Charles
Genere: teen fantasy
Se ti piace guarda anche: Percy Jackson, Harry Potter, Shadowhunters, Underworld, Byzantium, Wild Child
Uscita italiana: non ancora pervenuta

Non so voi, ma io stavo proprio sentendo la mancanza di un nuovo film sui vampiri. Negli ultimi anni ne sono usciti solo 3miliardi e io avevo bisogno del 3miliardeunesimo. Dopo Twilight, è stato tutto un proliferare di pellicole sui succhiasangue, con derive persino nel cinema d’autore, con l’intrigante Twixt di Francis Ford Coppola, il soporifero Solo gli amanti sopravvivono di Jim Jarmusch e il più riuscito Byzantium firmato da Neil Jordan, che già aveva partecipato all’ondata vampiresca degli anni ’90, quella andata dal Dracula di Bram Stoker dello stesso Francis Ford Coppola a Buffy – L’ammazzavampiri, con il suo Intervista col vampiro.
A essere contagiato dal successo commerciale della saga di Twilight è stato soprattutto il sottogenere del fantasy teen, che ha dato origine a una serie infinita di pellicole con vampiri e altre creature mostruose assortite, senza dimenticare le incursioni televisivo/trash di The Vampire Diaries e True Blood.

"Non è vero che noi giovani non leggiamo.
Io sto finendo la saga di Twilight, vedi?"
Insomma, si sentiva davvero il bisogno di un nuovo film sui vampiri… peccato che questo non sia un film sui vampiri. Non fatevi ingannare dal titolo. I personaggi di Vampire Academy non gradiscono essere chiamati vampiri, e manco vampirli.
La protagonista è Rose Hathaway, una Dhampir. Cosa cacchio è un Dhampir?
È un essere metà uomo e metà donna? No. Quello si chiama Conchita Wurst. Un Dhampir invece è metà umano e metà vampiro e lo scopo della sua inutile vita è quello di fare da guardia del corpo a un Moroi. Cosa cacchio è un Moroi?
È un vampiro, che però non vuole essere chiamato vampiro ma Moroi e in più è un vampiro buonista, uno che convive in pace con gli umani e si contrappone agli Strogoi. E cosa cacchio sono gli Strogoi?
Allora non sapete proprio niente, vi devo dire tutto io! Gli Strogoi non sono miei parenti stronzi (il mio nome è Marco Goi nda), ma sono dei vampiri cattivoni che pure loro non gradiscono essere definiti vampiri, anche se a tutti gli effetti lo sono visto che uccidono gli umani per nutrirsi del loro sangue. Almeno qualche ciucciasangue vecchio stile esiste ancora, in questo malato mondo ripieno di vampiri vegani, pacifisti e, ma solo secondo Berlusconi, pure comunisti.

"Non sono un mostro, GRRR!"
Raccontato così può sembrare un gran casino e un pochino lo è. Alcuni passaggi non sono spiegati benissimo e si ha come l’impressione che possano essere compresi appieno soltanto da chi ha letto i libri della saga teen fantasy scritta da Richelle Mead cui il film si ispira. Se però avete più di 12 anni è probabile che siate oltre la fase romanzi young adult e potete accontentarvi della versione cinematografica. Una versione che negli USA si è rivelata un flop e quindi difficilmente proseguirà, sebbene il finale della pellicola sia fatto apposta come collegamento per un secondo episodio.
Nonostante la confusione generale della trama si riesce comunque a entrare in questo mondo fantasy, sarà che è simile ad altri mondi fantasy, non solo vampireschi, come quelli di Pirla Jackson Percy Jackson e Harry Potter. Solo che l’ambientazione della pellicola è quella di una scuola non di magia, come Hogwarts, bensì un’accademia per addestrare sia i vampiri buoni, pardon i Moroi, sia i loro aiutanti/schiavetti, ovvero i Dhampir.
È qui che sta la particolarità, o se non altro la minima variante rispetto alle altre saghette vampiresche viste in abbondanza di recente. La protagonista è fedelissima alla sua vampirella Moroi che protegge, ma allo stesso tempo è una simpatica combina guai dalla battuta sempre pronta, e allo stesso tempo è pure un po’ una bimbaminkia superficiale style Hanna delle Pretty Little Liars. È lei il personaggio che rende gradevole la visione di questo fantasyno girato in maniera alquanto anonima da Mark Waters, il regista del cultissimo del 2004 Mean Girls, una delle pellicole che più hanno lasciato il segno nella pop culture americana degli ultimi 10 anni.

"Mi sembra proprio di essere in una puntata di The Vampire Diaries.
Per i vampiri?
Ma va, perché c'è un ballo studentesco!"
La protagonista mezza vampira e mezza umana è interpretata da una a sorpresa convincente Zoey Deutch.
Chi cacchio è Zoey Deutch?
Scommetto che non sapete nemmeno questo. Va beh, come al solito ve lo dico io. Zoey Deutch aveva la parte della figliastra di Sarah Michelle Gellar (ex Buffy, sarà un caso?) nella pessima serie Ringer e lì mi era sembrata un’attrice davvero cagna. Forse era solo colpa di quell’oscenità di serie, perché qui Zoey Deutch, per quanto non sia diventata all’improvviso una fenomena, è piuttosto convincente e riesce a reggere alla grande l’intera pellicola che, per il resto, vanta un cast abbastanza di prestigio, quanto svogliato. In ruoli-macchietta ci sono l’affascinante Olga Kurylenko e un pessimo Gabriel Byrne, mentre sono abbastanza sprecati i giovani Cameron Monaghan della serie Shameless US e Sarah Hyland della Modern Family, così come Sami Gayle già vista nel film Detachment – Il distacco. A non funzionare proprio del tutto è invece l’altra protagonista principale, la bionda Lucy Fry, che dovrebbe essere la vampirona gnoccona di turno e invece appare parecchio scialba.

"Cannibal Kid è l'unico al mondo che non massacra del tutto il nostro film."
"E' proprio un bimbominkia!"
A questo punto, so già che avrete un’altra domanda e questa volta non riguarda più Damphir, Moroi, Strogoi o qualche altro diavolo di assurdo modo hipster in cui vogliono essere chiamati i succhiasangue al giorno d’oggi. La domanda che vi starete ponendo è: ma questo Vampire Academy un’occhiata la merita, si o no?
La risposta è no, se di filmetti sui vampiri non ne potete più. Questo non dice assolutamente niente di nuovo sul tema e non è certo un capolavoro imperdibile. Se poi cercate una pellicola dai risvolti anche solo vagamente horror, tenetevi alla larga. Questo è un teen fantasy, non un film dell’orrore.
La risposta è invece sì se cercate una pellicoletta adolescenziale scema di discreto intrattenimento. Rispetto a porcherie assolute come Shadowhunters, questo si fa guardare con discreto piacere e, grazie alla simpatia della protagonista, con il sorriso sulle labbra. E poi dai, avete già visto 3miliardi di film sui vampiri, volete perdervi proprio il 3miliardeunesimo?
(voto 5+/10)

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