Visualizzazione post con etichetta camp. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta camp. Mostra tutti i post

martedì 20 agosto 2013

LE SERIE TV DELL’ESTATE




In attesa dell’autunno e dell’arrivo di una miriade di nuove serie tv, anche l’estate ha proposto qualche novità telefilmica. A dirla tutta, l’unica new entry davvero eclatante è stata Orange Is the New Black, cui sarà dedicato un post a parte, mentre per il resto ci siamo dovuti accontentare di quello che ha passato il convento.
Ed ecco quello che il convento sta passando quest’estate.

The Bridge
Un’altra serie crime americana?
Ebbasta, però…
Però c’è un però. Si tratta di una serie americana, oookay, però è anche mezzo messicana. Preciso: la produzione è yankee al 100%, ma ambientazione e personaggi sono per metà sudamericani.
La storia parte con il ritrovamento di un cadavere piazzato esattamente in mezzo a un ponte sul confine tra USA e Mexico. A occuparsene sarà così una bionda mezza autistica agente americana precisetti, Diane Kruger, con l’aiuto di un più rilassato e cazzaro detective messicano, Demián Bichir, attore nominato agli Oscar per A Better Life. Da questo mix ne nasce una serie non imprescindibile, eppure in grado di distinguersi quel minimo che basta dal resto del panorama crime per lasciarsi seguire con discreta curiosità. Tra i pro della serie c’è in particolare proprio la componente mexicana, tratto distintivo rispetto alla concorrenza, mentre non convince la crucca Diane Kruger nei panni della solita agente con un intuito geniale ma un comportamento socialmente discutibile; in pratica un improbabile incrocio sexy tra il Dr. House e il protagonista di Perception.
The Bridge, una serie ponte che congiunge il già visto con il guardabile.
(voto 6+/10)

"Guardate questo sito, Pensieri Cannibali..."
"Può esserci utile per risolvere il nostro caso?"
"No, però è un'inesauribile fonte di cazzate!"

"Mamma, so nuotare perfettamente. Non ho bisogno di quei salvagente."
"Infatti non sono per te. Sono per Cannibal."
Camp
Gli americani negli ultimi tempi si sono messi a fare remake di produzioni internazionali non solo al cinema, ma anche in tv. Ne sono esempi Homeland, The Killing, e anche la sopracitata The Bridge che si ispira alla serie danese/svedese Bron. Camp non rientra in questo gruppo di serie. Sembra la versione yankee dell’inglese Beaver Falls, ma in realtà non lo è. Diciamo allora che anziché tra i remake, rientra tra le copie più o meno spudorate. Anche qui si racconta di un campo estivo con un tocco leggero e da commedia, che però non si fa mancare (rare) sfumature drammatiche, soprattutto per via del fatto che uno dei protagonisti ha dei seri problemi di salute e lo tiene nascosto a tutti, proprio come in Beaver Falls. A mancare rispetto a Beaver Falls è la cazzonaggine britannica. In Camp tutto funziona in maniera più precisa, più americana, cosa che significa anche un maggior spazio per i buoni sentimenti e per la celebrazione dei valori famigliari, oltre a un più ridotto spazio per humour e situazioni scorrette. Nonostante lo spunto scopiazzato e un cast ben poco eccezionale composto da una Rachel Griffiths (quella di Six Feet Under e Brothers & Sisters) poco a suo agio con il genere comedy e da una serie di volti emergenti che probabilmente non emergeranno mai, è un prodotto talmente perfetto per l’estate che una visione fino a che la bella stagione non è finita ci sta tutta. Poi no. Non provate a guardarlo terminata l’estate. Con l’arrivo dell’autunno, questo Camp potrebbe risultare gravedole quanto un soggiorno in un camp di concentramento.
(voto 6/10)

Siberia
L’idea geniale (insomma…) di questa serie tv estiva di NBC è quella di proporre un incrocio tra un telefilm e un reality-show, il tipico programma estremo stile Survivor o L’isola dei famosi. Qualcosa di simile era già stata fatta dagli inglesi con Dead Set, in cui gli zombie si impossessavano del Grande fratello, quindi i presupposti per realizzare qualcosa di valido c’erano. Il risultato è invece una serie tv che come serie tv non vale una cippa e persino come reality-show sarebbe ‘na schifezza.
Piuttosto che un’estate a vedere una serie del genere, meglio una vacanza nella vera Siberia.
(voto 3/10)


"Ma uffi, perché mi danno sempre delle famiglie disastrate?"
Run
Mini-serie inglese composta da 4 episodi che parte con uno scatto felino e poi sulla lunga distanza rallenta la falcata e finisce col fiatone. Intendiamoci, Run è un prodotto di qualità notevole. La serie di Channel 4 si distingue per una notevole messa in scena di stampo cinematografico e 4 notevoli prove di recitazione da parte dei 4 attori protagonisti di una puntata ciascuno. Laddove il primo episodio con la solita immensa Olivia Colman (quella di Tyrannosaur e Broadchurch) ci getta in mezzo alle strade di Londra e ci fa appassionare alla sua storia di madre single alle prese con due figli teenager teppisti, con il secondo dedicato a una ragazza orientale (Katie Leung) che vende DVD piratati per strada si comincia a perdere un po’ ritmo e interesse. Il livello scende poi ancora con la storia piuttosto prevedibile di un fattone di crack (Lennie James) che cerca di ricongiungersi con la figlia e con quella di una ragazza polacca (interpretata dalla tedesca Katharina Schüttler) che rimane vedova.
A non funzionare troppo sono i legami, piuttosto blandi, tra le varie vicende. Storie disperate di persone in fuga, che sia dalla legge o dal proprio passato poco conta, che fotografano una vita durissima in quel di Londra, lontana anni luce dalle solite rappresentazioni glamour.
Se fosse una serie italiana ci sarebbe da gridare al miracolo. Trattandosi di una produzione inglese, dopo il primo valido episodio era lecito aspettarsi qualcosa di più. Tecnicamente notevolissima, però noiosa. Con una partenza entusiasmante stile finale dei 100 metri e che invece avvicinandosi al traguardo diventa elettrizzante quanto guardare una maratona…
(voto 6-/10)

"Non piacciamo a Cannibal? Pazienza, tanto quello è più Underemployed di noi."
Underemployed
Ooh, finalmente una serie attuale, che affronta il tema della crisi e del precariato giovanile!
Bene, bene. Dopo Mario, Mtv mette a segno un altro centro…
L’entusiasmo iniziale svanisce dopo pochi minuti di visione. Sì, le tematiche sono quelle di oggi, è facile ritrovarsi nelle situazioni dei protagonisti, però la serie non funziona. Sembra di essere tornati indietro nel tempo, dritti in un telefilm anni ’90 di quelli poco riusciti, di quelli cancellati dopo una sola stagione, destino difatti capitato anche a questo Underemployed. Gli attori sono tutti penosi, i personaggi sono chi più chi meno parecchio odiosi, gli stereotipi abbondano, la noia prevale, ogni situazione sa di già visto e non si raggiunge nemmeno il minimo indispensabile per una visione estiva. Underemployed non è sottoccupato, né sottovalutato, ma lo attende lo stesso destino precario dei suoi protagonisti. Anzi, più che un lavoro precario si merita proprio di essere licenziato.
(voto 5-/10)

La zombie e lo psyco.
Twisted
Serie trash dell’estate. Nel senso piacevole del termine. O quasi. Accoppiato in programmazione negli Stati Uniti da ABC Family con Pretty Little Liars, sembra una versione sfigata delle bugiardelle zoccolette migliori del piccolo schermo.
Lo spunto di partenza in ogni caso è molto interessante. La storia è incentrata su Danny Desai, un 16enne che viene rimesso in libertà dopo 5 anni di carcere minorile per aver ucciso sua zia. Come pensate sia l’accoglienza nel liceo di una piccola cittadina di provincia per un baby killer del genere?
Danny viene ovviamente guardato da tutti con sospetto, soprattutto dopo che in città viene misteriosamente uccisa una ragazza della high school… Altrettanto naturalmente, il sospettato numero 1 sarà lui.
Al di là di tutte queste morti e tragedie, la serie viaggia sui territori del teen drama tradizionale, con la componente thriller che rimane sullo sfondo. Se i presupposti non sono malaccio, a funzionare poco sono i protagonisti e relativi interpreti: innanzitutto il protagonista, un imbambolato Avan Jogia che non riesce a rendere un personaggio potenzialmente tanto complesso e sfaccettato e che in teoria sarebbe potuto essere una versione teen del Daniel Holden della ben più notevole serie Rectify. Maluccio anche le due amichette di Danny, Maddie Hasson e Kylie Bunbury. Addirittura terrificante Denise Richards, bomba sexy negli anni ’90 ai tempi di Sex Crimes e Starship Troopers e oggi zombie rifattissima dalla mono espressione alla Mara Carfagna.
Serie modesta, insomma, che se non altro a differenza di Underemployed raggiunge il minimo indispensabile per farsi vedere come intrattenimento trash estivo. Basta non pretendere di più…
(voto 5,5/10)

The White Queen
Game of Thrones se fosse una fiction Mediaset scritta da Stephenie Meyer.
(voto 5/10)

"Meno male che ai nostri tempi la tv non esisteva ancora..."

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

DISCLAIMER

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. L'autore, inoltre, non ha alcuna responsabilità per il contenuto dei commenti relativi ai post e si assume il diritto di eliminare o censurare quelli non rispondenti ai canoni del dialogo aperto e civile. Salvo diversa indicazione, le immagini e i prodotti multimediali pubblicati sono tratti direttamente dal Web. Nel caso in cui la pubblicazione di tali materiali dovesse ledere il diritto d'autore si prega di Contattarmi per la loro immediata rimozione all'indirizzo marcogoi82@gmail.com