La sindrome da film di nicchia ha colpito ancora. Tutti a parlare di Tarantino, di Almodóvar, persino dell'italiano Il traditore, e invece la Palma d'oro del Festival di Cannes 2019 è andata a... una pellicola sudcoreana intitolata Gisaengchung.
Non vi è chiaro?
E allora chiamiamolo con il suo titolo inglese: Parasite. Un film impegnato, che parla di ricchi e poveri...
E anche quest'anno non sono stato a Cannes. Non ho visto un solo film in Concorso, o fuori Concorso, così come della sezione Un Certain Regard, né tanto meno della Semaine de la Critique. Non sono stato all'amfAR Gala, né mi sono avvicinato a meno di 300 km al Palais des Festivals et des Congrès. Tutti “piccoli” dettagli che comunque non mi impediscono certo di parlare del Festival. Addirittura di farne un resoconto più o meno completo.
Per prima cosa partiamo con i vincitori. Tanto basta fare un copia/incolla da altri siti più competenti di questo e les jeux sont faits.
Com'è finita al Festival di Cannes 2015 ormai lo sappiamo tutti. I tre moschettieri, il trio delle meraviglie, i Qui, Quo e Qua del cinema italiano Paolo Sorrentino, Nanni Moretti e Matteo Garrone non hanno vinto niente. Manco il premio per il miglior assistente in seconda, il miglior elettricista o il miglior stagista che porta i caffè sul set. Zero. È andata a finire come agli ultimi Mondiali: una disfatta totale.
In questo caso però non si parla di sport, bensì di arte. Qui si potrebbe aprire il dibattito sul fatto che anche alcuni calciatori possano essere considerati artisti, penso ad esempio a Zidane, ma lasciamo stare questo discorso. Sorrentino, Moretti e Garrone avranno altre occasioni per rifarsi. Non parlo della notte degli Oscar, bensì di quando i loro film passeranno al prestigiosissimo giudizio di Pensieri Cannibali.
È stato annunciato poco fa il programma del Festival di Cannes 2015 e gli appassionati di cinema, ma soprattutto chi non ha niente di meglio da fare come il sottoscritto, sono qui a commentarlo apposta per voi. La lista di autori in lizza quest'anno per la Palma d'Oro è davvero impressionante e ci sono un sacco di pellicole dal potenziale esplosivo. L'edizione 2015, che si terrà dal 13 al 24 maggio, sembra proseguire il trend positivo del cinema italiano che, al di là delle commediole commerciali che affollano le nostre sale ogni settimana, tra festival e premiazioni varie non se la sta passando troppo male. Quest'anno a Cannes saranno ben tre gli italiani che si contenderanno la vittoria nella selezione principale del Concorso, cosa che non accadeva dai tempi in cui Berlusconi NON aveva i capelli, ovvero una ventina d'anni.
Cast: Maria Alexandra Longu, Alba Rohrwacher, Sam Louwyck, Monica Bellucci, Agnese Graziani, Sabine Timoteo, André Hennicke
Genere: non è la Rai
Se ti piace guarda anche: Corpo celeste, Somewhere, La leggenda di Kaspar Hauser
Il cinema italiano è attualmente il più coraggioso del mondo.
Ma cooome?
Cannibal Kid non sta sempre, oltre che su YouPorn, a criticare il cinema italiano?
E adesso che fa, si mette a incensarlo senza motivo?
È stato pagato almeno, per farlo?
No, non sono stato pagato, ahimé, e no, non lo faccio senza motivo. Lo faccio quando c'è una ragione per farlo. La ragione è presto spiegata: il cinema italiano di recente ha saputo trasformare la merda in meraviglia. Vi sembra poco?
Gesù Cristo si “limitava” a tramutare l'acqua in vino, ma mi pare che rendere il trash qualcosa di sublime sia un'impresa ancora più encomiabile. Basta vedere pellicole nostrane recenti, apprezzate forse più all'estero che dalle nostre parti, come il premio Oscar La grande bellezza di Paolo Sorrentino, o Reality di Matteo Garrone, Grand Prix al Festival di Cannes 2012, o questo Le meraviglie di Alice Rohrwacher, anch'esso vincitore del Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes, nel suo caso edizione 2014. O ancora si può citare Gomorra – La serie, che non è cinema in senso stretto, ma in fondo sì, è Cinema, sebbene fatto per la tv.
Cos'hanno fatto, questi film/telefilm?
La grande bellezza è riuscito a dare grande bellezza alle festicciole della peggio Roma con Raffaella Carrà come colonna sonora. Il kitsch che si fa poesia pura.
Gomorra – La serie si è messo in testa di competere con le serie americane di HBO e AMC attraverso un drama famigliar-criminale accompagnato dalla musica del neomelodico Alessio. E c'è riuscita, alla grande.
Reality ha messo in scena l'Italia che sogna di partecipare al Grande Fratello, programma simbolo del trash più totale, sotto forma di una moderna, malata fiaba moderna.
Con Le meraviglie, Alice Rohrwacher non è stata da meno. Anzi. Ha preso una delle canzoni più merdose nella Storia della Musica, ovvero “T'appartengo” di Ambra Angiolini, e l'ha messa al centro della sua pellicola. I film anglofoni fanno i fighi con i pezzi di David Bowie, Radiohead o Pixies, ma così è troppo facile. Per usare la musica di Ambra sì che ci vanno le palle. Il brano dell'ex starlette di Non è la Rai riveste un ruolo molto importante nella pellicola. Innanzitutto colloca la vicenda a livello temporale a metà anni Novanta. Senza questo pezzo, sarebbe difficile stabilirlo con certezza. Il film è infatti ambientato nel casale di una famiglia di apicoltori della campagna tra Umbria e Toscana. Il loro stile di vita è talmente arcaico, o anche della Preistoria, come dice Monica Bellucci nel corso della pellicola, che non si capirebbe bene in che epoca collocare la storia, non fosse appunto per la presenza di Ambra.
Il pezzo è usato in un paio di sequenze, una in particolare fondamentale per delineare il personaggio principale della pellicola. Sì, ok, in Le meraviglie si parla di una famiglia di apicoltori, ma la vera protagonista è Gelsomina (l'ottima Maria Alexandra Longu), la figlia maggiore della coppia formata da una Alba Rohrwacher meno insopportabile del solito, sarà perché per fortuna appare pochino, e da un padre-padrone che sinceramente non ho capito quale lingua/dialetto parli. Forse non l'ha capito nemmeno lui.
"A forza di farmi dire da Cannibal che sono braccia rubate all'agricoltura,
ho finito per dargli ascolto."
Questo Le meraviglie per prima cosa è allora un racconto di formazione. Il passaggio dalla fanciullezza all'adolescenza di Gelsomina possiamo vederlo quasi una versione al femminile e di 12 anni più breve di Boyhood. O anche come una versione meno hipster e fighetta, mooolto meno hipster e fighetta, delle opere di Sofia Coppola. Qualcuno a questo punto potrà dire che già il film d'esordio della regista Corpo celeste raccontava un po' la stessa storia un po' allo stesso modo, ed è vero, ma allora perché l'avevo detestato tanto?
Non lo so. Il Corpo celeste era impregnato di una certa aura di neorealismo che avevo trovato pesante e fastidiosa. Mi aspettavo di ritrovarla pure qui ed ero già pronto con un fucile carico di parole infuocate pronte a colpire pure Le meraviglie. Invece no. Invece Le meraviglie mi ha fatto un'impressione di segno opposto.
Il secondo film della Rohrwacher vola leggero, per quanto non privo di qualche momento duro e drama, ed è pieno di incanto. Il viaggio alla scoperta dell'adolescenza compiuto dalla protagonista Gelsomina è tutto fuorché una gita nel paese delle meraviglie, eppure la regista riesce a farcelo passare quasi come tale. Così come Sorrentino, Garrone e lo Stefano Sollima di Gomorra – La serie, è riuscita a tramutare la merda in meraviglia.
La vita apparentemente priva di grossi stimoli, schiacciata dal peso di un padre che ha una concezione medioevale del mondo, della protagonista cambia quando incontra una Monica Bellucci con look da Elsa di Frozen. Questa fatina conduttrice di un programma kitsch di una tv locale diventa l'unica speranza di miglioramento per la sua vita. Raccontato così potrebbe apparire deprimente come spunto per una storia, e invece non lo è. Le meraviglie è davvero una piccola meraviglia di film, in cui lo schifo si fa bellezza e tutto diventa possibile, persino trasformare “T'appartengo” di Ambra in poesia. Non ci credete?
Il labrador Hagen, che si è portato a casa l’ambito Palm Dog grazie alla sua interpretazione nel film ungherese White God di Kornel Mundruczo, presentato nella sezione Un Certain Regard.
Hagen ha battuto una concorrenza davvero inferocita che comprendeva il meticcio del nuovo film di Jean Luc Godard Adieu au langage, così come anche i cani presenti in Saint Laurent e in Maps to the Stars (e non mi riferisco a Robert Pattinson). Sconfitto pure il quotatissimo Gabriel Garko, presente a Cannes in Incompresa di Asia Argento.
Al di là della Palm Dog, White God (Fehèr Isten) dell'ungherese Kornèl Mundruczò ha pure vinto la categoria Un Certain Regard. Nella sezione Quinzaine des Rèalisateurs c’è stato invece il trionfo del francese Les Combattants dell’esordiente Thomas Cailley.
Passiamo ora più veloci della luce a vedere i premi nella categoria più importante, il Concorso ufficiale.
La Palma d’Oro, consegnata da un sempre più drogato scatenato Quentin Tarantino e da una sempre affascinante Uma Thurman, è finita nelle mani del turco Nuri Bilge Ceylan per Winter Sleep (Kış Uykusu). Considerando che è il regista del soporifero C’era una volta in Anatolia, si preannuncia un mattonazzo di proporzioni epiche.
Il secondo premio più importante, il Gran premio speciale della giuria, è invece stato tutto all’insegna del tricolore. Sophia Loren l’ha consegnato ad Alice Rohrwacher per Le meraviglie. Considerando quanto il suo film precedente Corpo celeste non mi avesse certo entusiasmato, e considerando come il premio alla regia sia andato all’americano Bennett Miller, già autore dei poco fenomenali Truman Capote e Moneyball, i premi assegnati quest’anno dalla giuria capitanata da Jane Campion non è che siano molto in linea con i miei gusti.
Più interessante, per quanto mi riguarda, il premio della giuria andato ex aequo al grande passato (Jean-Luc Godard) e al promettente futuro (Xavier Dolan) del cinema mondiale. Il prix di migliore attore se l’è poi aggiudicato Timothy Spall per Mr. Turner di Mike Leigh e quello di migliore attrice è finito a Julianne Moore per Maps to the Stars.
Premi meritati o meno?
In attesa che questi film passino anche sugli schermi di Pensieri Cannibali, per il momento sono contento giusto per Xavier Dolan, per il resto vi lascio con un dubbioso MAH!
Ah già, quasi dimenticavo. Vi lascio poi pure con l’elenco di tutti i premi.
Concorso ufficiale
Palma d'oro: Winter Sleep di Nuri Bilge Ceylan
Grand Prix: Le meraviglie di Alice Rohrwacher
Migliore Regia: Bennett Miller per Foxcatcher
Premio della Giuria (ex aequo): Mommy di Xavier Dolan e Adieu au langage di Jean-Luc Godard
Migliore attore: Timothy Spall per Mr. Turner
Migliore attrice: Julianne Moore per Maps to the Stars
Migliore sceneggiatura: Andrey Zvyagintsev e Oleg Negin per Leviathan
Palma d'oro per il miglior cortometraggio: Leidi di Simón Mesa Soto
Camera d'or (migliore opera prima): Party Girl di Claire Burger, Samuel Theis e Marie Amachoukeli
Un Certain Regard Premio Un certain regard: Fehér Isten (White God) di Kornél Mundruczó Premio della giuria: Force majeure (Turist) di Ruben Östlund Premio speciale Un Certain Regard: The Salt of the Earth di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado Premio "d'ensemble": Party Girl di Claire Burger, Samuel Theis e Marie Amachoukeli Migliore attore: David Gulpilil per Charlie's Country di Rolf de Heer
Semaine Internationale de la Critique Gran Premio: The Tribe di Myroslav Slaboshpytskkiy Premio SACD: Hope di Boris Lojkine France 4 Visionary Award: The Tribe di Myroslav Slaboshpytskkiy
Quinzaine des Réalisateurs Art Cinema Award: Les Combattants di Thomas Cailley Premio SACD: Les Combattants di Thomas Cailley Label Europa Cinema: Les Combattants di Thomas Cailley Premio Illy per il miglior cortometraggio: Sem coração di Nara Normande e Tião Menzione speciale: Trece si prin perete di Radu Jude
Premi vari Palma Queer: Pride di Matthew Warchus Palma Dog: Fehér Isten (White God) di Kornél Mundruczó Premio della Giuria Ecumenica: Timbuktu di Abderrahmane Sissako Premio FIPRESCI (Federazione Internazionale della Stampa Cinematografica) - Concorso internazionale: Winter Sleep di Nuri Bilge Ceylan Premio FIPRESCI - Un Certain Regard: Jauja di Lisandro Alonso Premio FIPRESCI - Sezioni parallele: Love at First Fight di Thomas Cailley
È uscito il programma del Festival di Cannes 2014. Di sicuro, almeno una cosa bellissima c’è già. Il poster.
Voto: 8 ½ tendente al 10.
Voto al programma sulla carta, invece, per quanto mi riguarda è uno striminzito 6,5. C’è qualche pellicola promettente, però non condivido l’entusiasmo assoluto dei primi commenti che ho letto. In rete c’è chi parla di grandissimi nomi in concorso come Jean-Luc Godard e l’italiana Alice Rohrwacher.
Quanto al primo, io per primo adoro i suoi film degli anni Sessanta, però il regista ormai ultraottantenne da quant’è che non realizza una pellicola davvero rilevante? Da una quarantina d’anni?
Quanto all’unica presenza del nostro paese nel concorso ufficiale, ma l’avete visto voi il suo primo film Corpo celeste? È una cacata finto autoriale clamorosa. Il suo nuovo lavoro si chiama Le meraviglie, ma io dubito fortemente che sia qualcosa di così meraviglioso come il titolo preannuncia. Comunque spero che la sorella dell’insopportabile Alba Rohrwacher (guarda caso protagonista del film insieme a quell’altra “attriciona” di Monica Bellucci) sappia smentirmi.
Le meraviglie è l’unica pellicola italiana in concorso, ma la presenza nazionale non termina qui. Nella sezione Un certain regard sarà presente Asia Argento con il suo nuovo film da regista Incompresa. Incompresa è il titolo della pellicola, ma vale anche come definizione perfetta per l’autrice. Se delle Rohrwacher ho parlato male, la tanto criticata Argento jr. invece mi piace. Non sempre attrice fenomenale, è vero, però come regista ha del potenziale e il suo Ingannevole è il cuore più di ogni cosa non era niente male. Il suo nuovo film quindi promette bene…
Hey, ma è vero che nel cast c’è Gabriel Garko?
Allora come non detto.
"Pensieri Cannibali mi ha dato 4, come voto per le mie capacità da attore."
"4? Hai letto male, Gabriel. Mi sa che non t'ha dato più di zero."
Sempre nella sezione Un certain regard c’è poi da segnalare il curioso esordio alla regia dell’attore Ryan Gosling, Lost River, oltre a Eleanor Rigby con la Dea Jessica Chastain. Fuori concorso, l’apertura del Festival sarà invece affidato all’atteso (ma da chi?) Grace of Monaco con Nicole Cannibal Kidman.
Per il resto, cos'altro c’è?
Nel concorso ufficiale arrivano il nuovo di David Cronenberg, Maps to the Stars, con ancora una volta il suo anemico pupillo Robert Pattinson, e l’ottimo giovincello Xavier Dolan che, dopo aver gareggiato in passato nell’Un certain regard con Les amours imaginaires e Laurence Anyways, quest’anno entra a far parte della competizione di serie A con il suo Mommy. Ci sono poi registi che non amo particolarmente come Ken Loach e Bennett Miller (quello di Moneyball), insieme ad altri che a volte mi piaciucchiano, senza però convincermi troppo, come Mike Leigh, Atom Egoyan, i fratelli Dardenne e Olivier Assayas.
Manca invece un regista capace di entusiasmarmi del tutto, il Lars von Trier di turno, e allora i nomi su cui punto con maggiore fiducia, oltre a Cronenberg e Dolan, sono quelli dei francesi Bertrand Bonello, autore del notevole L’Apollonide, e Michel Hazanavicius, atteso alla prova del nove: con The Artist gli è capitata la classica botta di culo, oppure è un regista davvero da tenere d’occhio?
A decidere il vincitore di questa 67esima edizione del Festival di Cannes, che si terrà dal 14 al 25 maggio e il dove lo potete immaginare, sarà una giuria presieduta dalla regista Jane Campion. Io, alla faccia del campanilismo, non terrò certo all’Italia.
E forza Francia,
è tempo di credere.
Dai forza Francia,
che siamo tantissimi.
Forza Francia con noi!
Concorso ufficiale
Adieu au langage di Jean-Luc Godard
Captives di Atom Egoyan
Deux jours, une nuit di Jean-Pierre e Luc Dardenne
Foxcatcher di Bennett Miller
Futatsume no mado (Due finestre) di Naomi Kawase
Jimmy`s hall di Ken Loach
Kis Uykusu (Sonno d'inverno) di Nuri Bilge Ceylan
Le meraviglie di Alice Rohrwacher
Leviathan di Andrey Zvyagintsev
Maps to the stars di David Cronenberg
Mommy di Xavier Dolan
Mr Turner di Mike Leigh
Relatos salvajes (Wild Tales) di Damian Szifron
Saint Laurent di Bertrand Bonello
Sils Maria di Olivier Assayas
The homesman di Tommy Lee Jones
The search di Michel Hazanavicius
Timbuktu di Abderrahmane Sissako
Un Certain Regard
Amour Fou di Jessica Hausner
Bird People di Pascale Ferran
The Blue Room di Mathieu Amalric
Charlie's Country di Rolf De Heer
Eleanor Rigby di Ned Benson
Fantasia di Wang Chao
A Girl At My Door di July Jung
Harcheck mi Headro di Keren Yedaya
Jauja di Lisandro Alonso
Lost River di Ryan Gosling
Incompresa di Asia Argento
Party Girl di Marie Amachoukeli, Claire Burger and Samuel Theis
Run di Philippe Lacote
Salt Of The Earth di Wim Wenders & Juliano Ribeiro Salgado
Snow In Paradise di Andrew Hulme
Titli di Kanu Behl
Tourist di Ruben Ostlund
Unhappy Youth di Jaime Rosales
Xenia di Panos Koutras
Film d'apertura
Grace Of Monaco di Olivier Dahan
Fuori concorso
Coming Home di Zhang Yimou
How To Train Your Dragon 2 di Dean DeBlois
Proiezioni di mezzanotte
The Rover di David Michod
The Salvation di Kristian Levring
The Target di Chang
Proiezioni speciali
Bridges Of Sarajevo (anthology film)
Caricaturists: Fantasies Of Democracy di Stephanie Valloatto
Eau Argentee di Mohammed Ossana
Les Gens Du Monde di Yves Yeuland
Maidan di Sergei Loznitsa
Red Army di Polsky Gabe
Detto così, sembra che qui a Pensieri Cannibali si sia seguito l’evento cinematografico giorno per giorno, film dopo film. Non è esattamente così. Purtroppo non ero presente sulla Croisette, ma se il prossimo anno qualche giornale, rivista, sito e/o compagnia di catering volesse sponsorizzarmi la trasferta, mi offro ben volentieri! GRAZIE
Poco fa si è tenuta la cerimonia di chiusura della manifestazione, condotta dalla madrina Audrey Tautou, arrivata direttamente dal magico mondo del cinéma. Quali sono stati i verdetti della giuria, presieduta quest’anno dall’ormai bollito, almeno come regista, Steven Spielberg?
Le sue decisioni saranno state ai livelli del mediocre Lincoln o addirittura del tragico War Horse?
Scopriamolo subito…
Miglior attore
Bruce Dern per Nebraska di Alexander Payne.
Attore dalla carriera lunghissima visto anche ne Il grande Gatsby versione 1974, dove interpretava la parte di Tom Buchanan. In più, è pure il paparino di Laura Dern, la musa numero 1 del cinema di David Lynch. Sarà stato un premio meritato? Boh, di certo Alexander Payne, quello di Paradiso amaro e Sideways, è un regista che sa tirare fuori il meglio dai suoi attori.
Miglior attrice
Berenice Bejo per The Past di Asghar Farhadi (il regista iraniano di Una separazione). Pollice su, per la francesina rivelazione di The Artist.
A presentare il premio per la miglior sceneggiatura c’è Asia Argento, con un tono di voce da femme fatale dark che sembra stia per avere un orgasmo da un momento all’altro. E mentre la nostra Asia si distrae, l’award va a Thian zu Ding per la pellicola A Touch of Sin del cinese Jia Zhang-ke. Che tutti conosciamo, nevvero?
"Un saluto dall'Italia, Mr. Spielberg!"
Premio della Giuria
Like Father. Like Son, del giapponese Hirokazu Koreeda, regista noto per aver affrontato spesso nei suoi film il tema del lutto. Un allegrone, in pratica. Yatta!
Il Prix de la mise en scène per il miglior regista va… al messicano Amat Escalante per Heli.
Kim Novak, e dico la donna che visse due volte Kim Novak, consegna il Gran Premio della Giuria a Inside Llewyn Davis. Nonostante generalmente non sopporti un granché i fratelli Coen, questo film a tematica musicale con Oscar Isaac, Justin Timberlake e Carey Mulligan mi incuriosisce assai.
Palma d’Oro
La Dea Uma Thurman consegna il premio più ambito a…
Il favorito della vigilia: La vie d'Adele, pellicola francese firmata dal regista tunisino Abdellatif Kechiche. Non ho visto i film precedenti del regista, che ho lì lì da recuperare, però una pellicola con scene lesbo tra la splendida e bravissima Léa Seydoux e la rivelazione Adèle Exarchopoulos, entrambe molto commosse durante la premiazione, sulla fiducia la Palma d’Oro se la merita tutta.
Certe che al giorno d’oggi a chiamarsi Adele si vincono Grammy, Oscar, Mtv Awards e ora pure la Palma d’Oro.
La Palma d’Oro alla gnoccaccine, premio consegnato in esclusiva da Pensieri Cannibali, va invece a…
Emma Watson
"Thank you, Cannibal!"
Riassunto dei premi del Festival di Cannes 2013 per chi non aveva voglia di leggersi tutto il post
Palma d'oro: “La Vie D'Adele” di Abdellatif Kechiche
Gran Prix: “Inside Llewyn Davis” di Ethan e Joel Coen
Premio alla regia: Amat Escalante per “Heli”
Premio della giuria: “Like Father, Like Son” di Kore-Eda Hirokazu
Miglior attore: Bruce Dern per “Nebraska” di Alexander Payne
Migliore attrice: Berenice Bejo per “Le Passé” di Asghar Farhadi
Miglior sceneggiatura: Jia Zhangke per Tian Zhu Ding (A Touch Of Sin)
Palma d'oro al miglior cortometraggio: Safe di Moom Byoung-gon
Menzione speciale al cortometraggio: Hvalfjordur (Whale Valley / Le Fjord des Baleines) di
Gudmundur Arnar Gudmundsson
Camera d'Or: Ilo Ilo di Anthony Chen (Quinzaine des Réalisateurs)
E Paolo Sorrentino? E Toni Sorvillo? E La grande bellezza? E i film di Ozon, Polanski, Soderbergh e Jim Jarmush? E il fischiato Solo Dio perdona di Refn?
Per loro niente. Potrà Dio perdonare Steven Spielberg?
Festival di Cannes 2013, è stato annunciato il (notevolissimo) programma.
Chi c’è nella kermesse che si terrà dal 15 al 26 maggio a Casale Monferratonnes?
I nomoni importanti non mancano certo. A contendersi l’ambita Palma d’Oro e gli altri premi ci sono alcuni pezzi grossi come il danese Refn con il suo atteso Only God Forgives ancora in team con Ryan Gosling. Sarà il nuovo Drive?
C’è un nome italiano: Paolo Sorrentino, con il suo misterioso La grande bellezza. Ce la farà a risollevare le sorti comatose del nostro cinema? E ce la farà Sabrina Ferilli ha conquistare il premio di miglior attrice? La vedo dura. Soprattutto per la Ferilli…
C’è anche un’italiana ma ormai naturalizzata francese: la super radical-chic Valeria Bruni Tedeschi, unica donna in Concorso.
L’esercito americano sbarca in Costa Azzurra con l’ennesimo film del prolifico Steven Soderbergh, con i fratelli Coen che propongono una pellicola ispirata alla vita del musicista folk Dave van Ronk, con il nuovo di Alexander Payne e con James Gray, già autore de I padroni della notte e Two Lovers e che nel cast del suo nuovo The Immigrant vanta Jeremy Renner, Joaquin Phoenix e Marion Cotillard.
Attenzione poi a un certo Roman Polanski e al suo promettente Venus in Furs, al giappo Takashi Miike, all’iraniano Asgar Farhadi che cerca la conferma dopo l’acclamazione mondiale ricevuta con il precedente Una separazione. Non manca nemmeno il cinema francese, con in prima linea Francois Ozon che con il recente Nella casa, attualmente nei cinema italiani, ha realizzato un filmone e che a Cannes 2013 propone il suo nuovo Jeune et Jolie.
Nella sezione parallela Un certain regard il menù non sarà da meno. Anzi. In pole position svetta The Bling Ring della mia idola Sofia Coppola con Emma Watson trasformatasi con una magia da Hermione a bomba sexy.
Nella sezione Un certain regard ci saranno anche i film da registi di James Franco e Valeria Golino, più il Il sospetto.
nuovo lavoro di Claire Denis. Direttore della giuria di questa categoria sarà Thomas Vinterberg, di recente tornato in gran forma con
La giuria del Concorso Ufficiale del Festival sarà invece presieduta dal cavallo da guerra Steven Spielberg, che se come regista è ormai bollito, come intenditore di cinema si spera se la cavi ancora. La madrina del Festival sarà Amelie Poulain, volevo dire Audrey Tautou, in quella che si preannuncia quindi un’edizione zuccherosissima, ma chissà che non ci riservi qualche sorpresa…
Occhio infine anche ai film fuori concorso, in cui si segnalano l’opera seconda di J.C. Chandor, che aveva esordito alla grande con Margin Call, e la nuova pellicola di Guillaume Canet, con un super cast formato dalla sua mogliettina Marion Cotillard, più Mila Kunis, Clive Owen e Matthias Schoenaerts.
Possibile reginetta del Festival? Oltre a Emma Watson e Marion Cotillard si candida allo scettro Carey Mulligan, presente nel film dei Coen e ne Il Grande Gatsby, che aprirà fuori concorso il Festival.
Ecco il programma completo del Festival di Cannes 2013.
Se ti piace guarda anche: Mare dentro, Lo scafandro e la farfalla, Niente da nascondere - Caché
"Non sento bene... uguale a Rey? Lana Del Rey?
Michael Haneke è un bastardo e i suoi film, fondamentalmente, sono dei film dell’orrore. Dai sequestratori folli di Funny Games (versione austriaca e versione US) al the village pre-nazista de Il nastro bianco, non ce la fa a non spaventare. È più forte di lui. Brutto bastardo.
Con Amour, Haneke va a toccare in maniera diretta la paura più grande per molte persone, di certo la mia: la vecchiaia. Questo è lo Shining della terza età.
"No! A quella di quel film..."
I protagonisti di questo suo nuovo horror? In una delle primissime scene, quella della camera fissa sul pubblico di uno spettacolo teatrale, ci suggerisce che potremmo essere noi i protagonisti, da anziani. Non stiamo guardando uno spettacolo. Stiamo guardando il futuro.
Teatro della vicenda non è però un teatro, ma è quasi interamente la casa in cui i due vecchini abitano. Jean-Louis Trintignant ed Emmanuelle Riva. La loro solita routine quotidiana viene interrotta il giorno dopo lo spettacolo teatrale, quando lei ha un momento di blackout.
"Kim Basinger in 9 settimane e 1/2?"
“Hey, sarà mica stato uno spettacolo di Brignano? Quelli possono creare gravi problemi al cervello.” chiedete.
No, era un concerto.
“Hey, era mica un concerto dei One Direction?”
No, vi pare che due vecchini possano andare a un concerto dei One Direction? E, a parte questo, quelli dei One Direction possono essere considerati “concerti”? E poi si trattava di un concerto di musica classica.
“Sarà stato un concerto di Allevi? Pure quelli fanno male!”
No, era il concerto di un loro allievo musicista, non di Allevi.
"Ma no, a quell'altra di quell'altro film..."
Comunque, chiusa questa parentesi, Emmanuelle Riva ha un momento di blackout e Trintignant è costretto a vedere la persona che più ama al mondo mentre si spegne da un momento all’altro, come se qualcuno avesse schiacciato il tasto OFF. Tempo un paio di minuti, e lei si è ripresa, come se quello stesso qualcuno avesse poi premuto ON. Ormai però le cose sono cambiate e da lì è uno sprofondare negli abissi della malattia. Per lei, ma anche per Trintignant e per noi spettatori.
"Sharon Stone in Basic Instinct?"
Amour è una visione soffocante, claustrofobica, come un Casa Vianello senza battute, o anche un dramma su una vita intrappolata in un corpo, e qui non siamo lontani dalle parti di film come Mare dentro e Lo scafandro e la farfalla. Però in Amour la vita intrappolata che ci viene mostrata è anche un’altra. È anche e soprattutto quella di Trintignant, il marito in gabbia dentro la sua casa e in tal senso la metafora del piccione è un pochino… scontata. Ho detto scontata parlando di una pellicola di Michael Haneke, il maestro Michael Haneke, Michael Haneke l’anticonformista?
"No! Ora m'è venuto: sei uguale alla protagonista de Il castello errante di Howl!"
"Dici? Sicuro di non confonderti con Megan Fox in Transformers?"
Ebbene sì. Haneke ha realizzato un film potentissimo, devastante, di un’intensità che non può lasciare indifferenti. Allo stesso tempo, a questo giro, sembra però mancare qualcosa. Comprensibili le lodi della critica ricevute ovunque e la Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes (che a mio parere avrebbero meritato di più Moonrise Kingdom, Holy Motors o Un sapore di ruggine e ossa), eppure manca lo scarto. Lo scarto di genio, lo spunto del fuoriclasse che l’ha sempre contraddistinto. Haneke fa l’Haneke, con tanto di costante uso delle riprese con camera fissa da lui tanto amate. Ma questa volta non c’è la sorpresa. Manca la folgorazione de Il nastro bianco, di Caché o Funny Games. Questione di pretese troppo alte: io da Haneke non mi aspetto solo un grande film, perché questo è a tutti gli effetti un grande film, straziante come pochi. Io mi aspetto il film geniale. Ma forse la sua genialità sta ancora una volta nel saper spiazzare, spiazzare persino i suoi fans, affrontando in maniera dura un tema duro come quello della malattia, ma allo stesso tempo senza l’originalità con cui questa tematica è stata affrontata negli ultimi mesi in film come La guerra è dichiarata o il già citato Un sapore di ruggine e ossa, per non parlare del frizzante Quasi amici che possiamo quasi leggere come il quasi opposto di Amour.
Il pizzico di delusione arriva dal fatto di vedere un Haneke un po’ standard. Quasi come se avesse voluto fare il suo film in grado di piacere a tutti, il suo film da Oscar, quell’Oscar che purtroppo gli era sfuggito dalle mani per il suo vero grande capolavoro Il nastro bianco e che era andato al pur meritevole Il segreto dei suoi occhi. Che, diciamolo, l’idea di film da Oscar di Haneke è comunque una bastardata, non una ruffianata, ed è perciò ben lontana dall’idea di film da Oscar che può avere uno Spielberg. Eppure, mi tocca ripetermi, ma la sensazione, anche giorni dopo una sofferta visione che merita di essere lasciata in meditazione, è quella di un pizzico di delusione. Amour è una splendida, profonda, devastante riflessione sulla vita, sulla morte, sull’amore, sull’amore per una persona che si ama troppo per lasciarla andare via, anche quando è presente solo con il corpo e non con il resto. È allora solo il colpo da K.O a mancare al film.
"Oddio nooo! C'aveva ragione lui!"
ATTENZIONE SPOILER
C’è la scena del piccione, di una drammaticità ai limiti del sostenibile, a cui è impossibile restare indifferenti. Però, sul serio Haneke, uno come te non è riuscito a trovare niente di più originale della metafora del piccione in casa che non può volare, imprigionato in una coperta come la moglie era imprigionata nel suo corpo malato o come il marito era imprigionato nella sua stessa casa?
FINE SPOILER
Ho odiato Amour?
Sì, perché è una delle pellicole più terrorizzanti, e fisicamente fastidiose e angoscianti anche, che abbia mai visto.
Ho amato Amour?
No. Anche perché è davvero difficile amare un film che toglie la voglia di vivere. Un film che fa male male male male male male
Festival di Cannes 2012, sono arrivati i verdetti.
Si è espressa la giuria presieduta quest’anno da Nanni Moretti e composta anche dall’idolo scozzese Ewan McGregor, dalla bonazza crucca Diane Kruger, dal regista Usa più o meno indie Alexander Payne, dal fashionista Jean-Paul Gaultier, dall’attrice francese Emmanuelle Devos, dall’attrice israeliana Hiam Abbass, dalla regista UK Andrea Arnold e dallo sconosciuto (scherzo, è famosissimo, oooh) regista haitiano Raoul Peck.
Ma chi ha vinto?
Palma d'Oro
Amour di Michael Haneke
Grand Prix Speciale della Giuria
Reality di Matteo Garrone
Miglior regista
Carlos Reygadas, Post Tenebras Lux
Miglior attore
Mads Mikkelsen, The Hunt
Migliori attrici
Cosmina Stratan e Cristina Flutur, Beyond The Hills
Miglior sceneggiatura
Cristian Mungiu, Beyond The Hills
Premio della Giuria
The Angels' Share di Ken Loach
Sezione Un Certain Regard (giuria presieduta da Tim Roth) Miglior film
Después de Lucia di Michel Franco
Premio Speciale della Giuria
Le Grand Soir di Benoit Delepine e Gustave Kervern
Migliori attrici (non è stato premiato nessun attore uomo)
Suzanne Clement, Laurence Anyways e Emilie Dequenne, A perdre la raison
Menzione Speciale
Children of Sarajevo, Aida Begic
Camera d’Or per l'opera prima
Beasts of the Southern Wild di Benh Zeitlin
Premio della settimana della critica
Here and There, directed by Antonio Mendez Esparza
Nanni Moretti ha deciso di premiare Amour dell'austriaco Michael Haneke, già vincitore nel 2009 con lo straordinario Il nastro bianco. Regista che era già il grande favorito dei bookmakers e che di certo il Nanni ha sempre apprezzato parecchio, si veda il beffardo finale di Habemus Papam che io ho trovato molto hanekiano.
Il Nanni ha poi fatto lo sgarro, anzi lo sGarrone agli americani, sbarcati in Normandia sulla Costa Azzurra con forze ingenti, grandi registi, splendidi interpreti, eppure rimasti clamorosamente a bocca asciutta.
Il Nanni ha invece preferito premiare la Romania di Cristian Mungiu e delle due protagoniste del suo film, il Messico di Carlos Reygadas, la Danimarca di Mads Mikkelsen nella pellicola di Thomas Vinterberg, l'Inghilterra di Ken Loach e naturalmente... l'Italia di Matteo Garrone.
Un premio nazionalista che sa di inciucio?
Il verdetto cannibale arriverà solo dopo la visione dei films in concorso, comunque, a scatola chiusa, direi che una vittoria di Haneke ci sta sempre bene.
Per chiudere, la top 10 dei film passati a Cannes che attendo con maggiore curiosità.
10. The Paperboy
Il regista di Precious, Zac Efron che per la prima volta abbandona i balletti di High School Musical e le tragedie amorose dei film tratti da Nicholas Sparks, Nicole Kidman in versione porca...
9. Reality
Dopo Gomorra, Matteo Garrone e i sogni da reality-show...
Prima di preoccuparvi, vi informo che Alessia Marcuzzi NON fa parte del cast.
8. Io e te
Ci sono stati 12 minuti d'applausi al termine della proiezione del nuovo film di Bertolucci, presentato fuori concorso.
Meritati, o sarà stata la solita esaltazione da festival e quando arriverà nelle sale "normali" pioveranno 12 minuti di pernacchie?
"David, guarda che tutte quelle
ragazzine emo sono qui per te!"
7. Cosmopolis
Sta già dividendo parecchio, il nuovo film di David Cronenberg con Robert Pattinson.
Dopo quell'orrore di A Dangerous Method, a bordo di una limo il divin regista avrà ritrovato la diritta via smarrita? Ultim'ora Ansia: dopo la consegna del premio di miglior attore, le fan di Pattinson twi-hards inferocite pare abbiano trasformato per davvero Mads Mikkelsen in One Eye.
Baaacio! Baaacio! Baaacio!
6. Lawless
Il regista di The Road alle prese con un cast della madocina: Tom (twi)Hardy, Sciaia LaBeouf, Mia Vaginowska, Guy Piercing, Gary Vecchiouomo, Jessica "Santa Subito" Chastain...
"Reese, siamo a Cannes da manco 24 ore e t'ho già messa incinta.
E poi c'è qualcuno che mi chiama McConaugay..."
5. Mud
Il nuovo film di Jeff Nichols, l'autore di quella meraviglia di Take Shelter. Si sarà confermato all'altezza del precedente o meriterà di essere spazzato via da un uragano?
"Pattinson, dì addio alla tua limo!"
4. Holy Motors
Il francese Leos Carax sembra abbia fatto il film più delirante e, forse, geniale, di Cannes 2012...
Tra echi di Lynch e Kubrick, c'è pure Kylie Minogue in versione attrice!
Già destinato a essere considerato senza messe misure un capolavoro o una porcata.
"Sei la vecchina del castello errante di Howl?"
3. Amour
Michael Haneke alle prese con una storia d'amore o meglio d'amour. Cosa diavolo succederà?
Per intanto s'è beccato la Palma d'Oro.
Bravò!
2. Laurence Anyways
Dopo lo stu-pen-do Les amours imaginaires, il giovanissimo fenomeno Xavier Dolan è atteso alla conferma.
La protagonista Suzanne Clément s'è cuccata il premio di miglior attrice (a pari merito con Emilie Dequenne per "À perdre la raison") nella categoria Un Certain Regard e il trailer promette faville...
"Dove minchia è, Cannes?"
1. Moonrise Kingdom
Wes Anderson mi è sempre piaciuto, però ho anche sempre avuto l'impressione che il suo vero capolavoro debba ancora tirarlo fuori. Sarà questo?
"Le opinioni cannibali? Bah!"
Fuori classifica: The Master di Paul Thomas Anderson.
Il film (vagamente?) ispirato a Scientology del regista di Magnolia e Il petroliere non era in Concorso a Cannes, ma sulla Croisette ne sono stati comunque presentati alcuni minuti, ben 4, più il teaser trailer. Eccolo qui.
Sento puzza di filmone. Oppure mi sta prendendo fuoco la casa?
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