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domenica 24 gennaio 2021

Promising Young Woman: se prometto poi mantengo m'appartieni e se ci tieni tu prometti e poi mantieni

 

Promising Young Woman
 
Vi dico subito una cosa che potrebbe farvi vedere il film sotto una luce negativa. No, non si tratta di uno spoiler. Promising Young Woman è il debutto da regista di Emerald Fennell, che come attrice si è fatta notare in The Crown nei panni di... Camilla Parker Bowles. La odiate? Anche io.
 

venerdì 1 dicembre 2017

Mudbound: Sento le voci (fuori campo)





Mudbound
Regia: Dee Rees
Cast: Carey Mulligan, Jason Clarke, Garrett Hedlund, Jason Mitchell, Mary J. Blige, Jonathan Banks, Rob Morgan


Senti una voce fuori campo e subito ti viene in mente Terrence Malick. Non che l'uso della voce fuori campo l'abbia inventato lui, è solo che ne ha fatto talmente il suo marchio di fabbrica, che quando ne senti una pensi a lui. O almeno è ciò che faccio io. Che poi chissà che voce ha, uno come Terrence Malick? Una voce profonda, solenne, divina, come i suoi film (quelli più riusciti almeno)?
Senti una voce fuori campo e subito ti viene in mente Terrence Malick, ma questo non è un film di Terrence Malick. A questo punto qualcuno esclamerà: “Dio grazie!”, perché inspiegabilmente a molti il suo cinema è venuto a noia.
Inspiegabilmente?
Qualcun altro invece si rammaricherà che non l'abbia girato lui, perché come dirige Malick, pochi altri al mondo.
Giusto per fare un po' di sana concorrenza a Terrence Malick, in Mudbound ci sono un sacco di voci fuori campo. Tutti i personaggi principali ci snocciolano ciò che passa per la loro testa in continuazione e questa è la cosa più bella, e per alcuni sarà la più brutta, del film. Di certo è questo il suo tratto distintivo a livello narrativo, mentre a livello registico Dee Rees gira senza particolari guizzi e in maniera molto classica, molto in stile da tradizionale film da Oscar. Anche questo è un aspetto che può essere letto in maniera positiva così come negativa. Dee Rees non è Terrence Malick, per fortuna o purtroppo, e il suo lavoro a livello visivo non riesce a essere un sogno a occhi aperti come quelli del collega, ma allo stesso tempo è anche molto più lineare, più semplice da seguire e da comprendere. Qualcuno aggiungerà quindi che è anche meno noioso. E di cosa parla, ordunque, questo Mudbound?
Parla di razzismo, di guerra, di problemi coniugali e ci mette dentro pure un triangolo sentimentale. Non manca niente, solo che forse c'è persino troppo. Si rischia di fare confusione.

martedì 8 marzo 2016

Suffragette, il Girl Power prima delle Spice Girls





Subito dopo aver visto il film Suffragette, il mio primo pensiero è stato: ma il post lo intitolo “Suffratette” oppure “Suffighette”?
Una domanda del genere, accompagnata dall'intenzione di iniziare l'articolo esaltando le Spice Girls, mi ha fatto sorgere il dubbio che forse non ero la persona più adatta per scrivere qualcosa di furbo riguardo a una pellicola come questa, che per altro devo dire non è che mi sia piaciuta molto. Non datemi del maschilista solo perché non ho apprezzato un film sul femminismo. È solo che mi è sembrato parecchio debole a livello cinematografico e la storia, per quanto ammirevole, è raccontata in maniera piatta, poco sentita, poco rivoluzionaria, ed è un vero peccato. Persino la mia adorata Carey Mulligan a questo giro non mi ha emozionato più di tanto, con un'interpretazione per i suoi standard sottotono, oltre che freddina.

"Non sarà la mia interpretazione migliore, però adesso non è che dovete arrestarmi per questo!"

lunedì 21 settembre 2015

Tutti pazzi per Carey





Via dalla pazza folla
(UK, USA 2015)
Titolo originale: Far from the Madding Crowd
Regia: Thomas Vinterberg
Sceneggiatura: David Nicholls
Tratto dal romanzo: Via dalla pazza folla di Thomas Hardy
Cast: Carey Mulligan, Matthias Schoenaerts, Michael Sheen, Tom Sturridge, Juno Temple, Jessica Barden
Genere: romcom d'altri tempi
Se ti piace guarda anche: Jane Eyre, Wuthering Heights, Testament of Youth

Certo che le donne sono propri degli esseri strani. Quasi più dei francesi. Prendiamo Bathsheba Everdene, la protagonista di Via dalla pazza folla (Far from The Madding Crowd), romanzo ottecentesco di Thomas Hardy portato sul grande schermo dal danese Thomas Vinterberg con protagonista Carey Mulligan.
Già il nome Bathsheba Everdene, che razza di nome è? Quasi peggio di Katniss Everdeen...
Quello che non si capisce è come si sceglie gli uomini.

ATTENZIONE SPOILER
Il primo a chiederla in sposa è Matthias Schoenaerts. A me gli uomini non piacciono, però se uno come Matthias Schoenaerts mi chiedesse di sposarlo, farei quasi fatica a dirgli di no. Bathsheba Everdene invece lo rifiuta senza battere ciglio.

"Mi vuoi sposare, Carey?"
"Ma ci conosciamo da appena 5 minuti."
"Che ne dici di andare prima a un cinema, e poi magari sposarci?"
"Basta che non andiamo a vedere un film in costume della BBC. Non li sopporto, quelli."

martedì 11 febbraio 2014

A PROPOSITO DI DAVIS, DEL FOLK, DEI COEN, DI CAREY MULLIGAN E DI GATTI




A proposito di Davis
(USA, Francia 2013)
Titolo originale: Inside Llewyn Davis
Regia: Ethan Coen, Joel Coen
Sceneggiatura: Joel Coen, Ethan Coen
Cast: Oscar Isaac, Carey Mulligan, Justin Timberlake, John Goodman, Garrett Hedlund, Ethan Phillips, Robin Bartlett, Max Casella, Adam Driver, Alex Karpovsky, Helen Hong
Genere: folk
Se ti piace guarda anche: Sugar Man, Fratello, dove sei?, I’m Not Here

Se non è mai stata nuova e non invecchia mai, è una canzone folk.
Llewyn Davis

La frase d’apertura del “nuovo” film dei fratelli Coen spiega bene il mio rapporto nei confronti sia del loro cinema che della musica folk. E nuovo va inteso proprio nel senso che dà il protagonista della pellicola, Llewyn Davis. Anche i film dei fratelli da Oscar quest’anno ignorati dagli Oscar sono così. È come se esistessero già da sempre. È come se si rifacessero ogni volta a qualcos’altro. Di riferimenti alla Bibbia è pieno il loro cinema, si veda A Serious Man. Quanto all’Odissea, non parliamone. Sono proprio fissati i Coen. Non contenti di averne fatto la versione musical folk con Fratello, dove sei?, pure qui c’hanno inserito un personaggio chiamato Ulisse.
Quale personaggio?
Questo non ve lo svelo. Anche se la vera Odissea è quella che vive il protagonista.

I film dei fratelli Coen sono come canzoni folk già esistenti che si divertono a reinterpretare nel loro personale modo. L’amore per questo genere di musica emerge qui ancora una volta forte e chiaro, al punto che A proposito di Davis avrebbe potuto intitolarsi A proposito del folk, o in originale Inside Folk anziché Inside Llewyn Davis. Il film è liberamente ispirato alla biografia del musicista e cantore anni ’60 Dave Van Ronk, ma più che raccontare di lui o di quello che ne è il suo alter-ego fittizio ovvero Llewyn Davis, racconta uno stile di vita. Raccontare poi è una parola grossa. Quella scritta dai Coen è dichiaratamente una sceneggiatura priva di una vera e propria trama. È più un girovagare a zonzo insieme al loro protagonista. Un gattonare di casa in casa, di strada in strada, di città in città. Come un vagabondo. Come un micio randagio.

"I'm bringin' sexy back (yeah), them other fuckers don't know how to act.
Penso che ancora non siate pronti per questa musica...
ma ai vostri figli, diciamo ai vostri nipoti, piacerà."

Tutto il fascino, così come anche i limiti del film stanno qui. Per certi aspetti questa è una pellicola poco coeniana in senso stretto, e di questo da loro non-fan non posso che essere felice. I momenti non-sense, pur presenti, qua sono più contenuti.
A parlare qui, più ancora che i personaggi strambi pur sempre presenti, sono le canzoni. Belle, molto belle, soprattutto quelle cantate da Justin Timberlake, alla facciazza di chi tanto lo disprezza perché è troppo pop. Questa è una non storia che parla di musica e della vita del musicista. Non il musicista figo rock’n’roll oh yeah con le groupie attaccate al pene e una pera attaccata al braccio, quanto il lifestyle del musicista folk perdente che cerca di tirare avanti in quel di New York City a inizio anni Sessanta, prima che il genere venisse riportato in auge da un certo Bob Dylan. Sotto questo aspetto, A proposito di Davis è un lavoro assolutamente riuscito. Allo stesso tempo, per quanto il film possa non essere troppo coeniano, Llewyn Davis è invece uno dei più coeniani tra i personaggi presenti nella galleria del loro cinema. È un loser totale, uno che non vuole pensare al futuro, a progettarsi una vita, a essere come dicono gli altri.
Questo per quanto riguarda gli aspetti positivi, tra cui io ci metto dentro decisamente anche l’ottima interpretazione di Carey Mulligan. Ha un ruolo piccolo, però in una manciata di memorabili scene riesce a ritrarre bene il suo personaggio, che è un po’ l’opposto della deliziosa protagonista di An Education; nonostante riprenda il look anni ‘60 con frangetta di quel film, riesce qui a dar vita a una stronza come poche. Eppure, così come successo anche ne Il grande Gatsby, è talmente adorabile che persino nei panni di personaggi odiosi non riesce a farsi odiare del tutto. Oh Carey, quanto sei cara.
"Ma la smettete di chiedermi Father And Son e Wild World?
Vado in giro con un gatto, ma non sono Cat Stevens!"

Eppure manca qualcosa, qualcosa in grado di trasformare la simpatia/empatia per questo loser, questo Llewyn Davis, e trascinarci davvero “inside”, dentro la sua vita, dentro la sua mente, dentro il suo cuore. Se la passione per la musica folk dei Coen emerge cristallina, così non è per il protagonista. Perché fa musica? È quasi come se la odiasse.
Inoltre la mancanza di una vicenda forte in grado di tenere davvero sulle spine a un certo punto si fa sentire. Più che raccontare una storia, come le ballate folk spesso sanno fare, A proposito di Davis ha un andamento da improvvisazione jazz, non c’è alcuno sviluppo e la trama gira attorno a se stessa. What goes around… comes around, come direbbe Justin Timberlake, qui relegato a un ruolo francobollo in cui non riesce a brillare molto come attore, ma solo come cantante.
Un altro problemino del film è proprio questo. I personaggi minori restano relegati troppo sullo sfondo, si vedano John Goodman e Garrett Hedlund buttati nella mischia a casaccio e incapaci di imporsi.

Alla fine, i Coen non si smentiscono mai. Decidete voi se vada presa più come una cosa positiva o negativa. Nonostante il mio non-amore nei loro confronti, questo film a me comunque è piaciuto. Sì, direi che mi piaciuto. Tra le pellicole dei fratelli registi lo metterei al secondo posto giusto dietro Fargo. I film dei Coen sono sempre un viaggio e questa volta ammetto che il viaggio in loro compagnia è stato per me più piacevole del solito, grazie anche a una fotografia che ricrea perfettamente quel mood alla The Freewheelin’ Bob Dylan, per altro già reso da Cameron Crowe in Vanilla Sky.



Però, c'è sempre un però. Una volta arrivati a destinazione, l’impressione è anche questa volta di non essere andati da nessuna parte, di aver girato a vuoto. Un bel girare a vuoto, ma pur sempre un girare a vuoto. Questo è il cinema dei Coen, un tipo di cinema che mi fa lo stesso effetto del folk, genere che occasionalmente ascolto anche e non mi dispiace, ma che di rado mi prende fino in fondo. L’ultima volta mi è capitato con la musica di Rodriguez scoperta grazie a Sugar Man, quasi un gemello in versione documentaristica di A proposito di Davis. Come una canzone folk, i loro film non invecchiano mai ma allo stesso tempo non dicono niente di nuovo. Così è il loro cinema, prendere o lasciare. E io per questa volta prendo, anche perché questa è una pellicola molto gattosa felina. E come fai a non volere bene a un gatto, o a una Carey Mulligan, o a un povero cantante folk sfigato?
(voto7,5/10)


"Llewyn Davis non funziona, amico! Dovresti trovarti un nome d'arte, qualcosa tipo... Gatto Panceri."

sabato 7 dicembre 2013

COTTA ADOLESCENZIALE 2013 – N. 12 CAREY MULLIGAN



Carey Mulligan
(Inghilterra 1985)
Genere: orsacchiotta tenerona
Il suo 2013: Daisy Buchanan ne Il Grande Gatsby in scintillante versione Baz Luhrmann.
Se ti piace lei, ti potrebbero piacere anche: Mia Farrow, Michelle Williams, Juno Temple, Larisa Oleynik, Elle Fanning
È in classifica: perché è riuscita a rendere adorabile, o quasi adorabile, persino il personaggio di Daisy Buchanan, insopportabile nella precedente versione cinematografica con Mia Farrow, e pare uno dei personaggi più odiosi nell'intera storia della letteratura americana. Non posso confermare perché, colpevolmente lo so, devo ancora recuperare la lettura del grande romanzo di Francis Scott Fitzgerald.
Il suo discorso di ringraziamento: "Grande Gatsby, grande Cannibal e grande me!"

Dicono di lei su
Tetter
Jay Gatsby @GRANDEgatsby
@Daisy, io sto ancora aspettando la tua telefonata. L'hai ricaricato o no, quel cazzo di cellulare?



martedì 28 maggio 2013

IL VECCHIO GATSBY


Il grande Gatsby
(USA 1974)
Regia: Jack Clayton
Sceneggiatura: Francis Ford Coppola
Tratto dal romanzo: Il grande Gatsby di F. Scott Fiztgerald
Cast: Robert Redford, Mia Farrow, Sam Waterston, Bruce Dern, Karen Black, Scott Wilson, Lois Chiles, Edward Herrmann, Kathryn Leigh Scott, Patsy Kensit
Genere: classico
Se ti piace guarda anche: Il grande Gatsby (2013), Le regole della casa del sidro, Boardwalk Empire

Vedere Il grande Gatsby nella versione anni '70 firmata da Jack Clayton dopo Il grande Gatsby di Baz Luhrmann è come vedere il giro di prova di un gran premio di Formula 1 una volta terminata la corsa. Se Luhrmann tira ogni marcia al limite, sfrutta ogni cordolo, spinge ad ogni rettilineo come se non ci fosse un domani, Clayton frena prima di ogni curva, non supera mai i limiti di velocità e va spedito quanto una nonnina su una vecchia Panda scassata. E pensare che il mezzo che hanno sotto al culo è lo stesso. È la Ferrari della letteratura americana. È Il grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald.
Testimonianza visiva delle mie parole sono le due scene in cui Nick Carraway va in auto con Jay Gatsby: un viaggio spericolato e a perdifiato nella versione con DiCaprio al volante, un rassicurante viaggio che al confronto A spasso con Daisy è un action movie ci aspetta invece nella versione con Robert Redford.

"Grazie Gatsby, questo appuntamento è meglio di un'esterna di Uomini e Donne."
Un ottimo confronto/scontro tra le due versioni l’ha già fatto il sito Cinemalato, quindi non starò a replicarlo, anche perché secondo me la pellicola di Baz Luhrmann è in tutti gli aspetti superiore, più grandiosa e figa di quella degli anni ’70. Più che uno scontro, mi limiterò a testimoniare allora il massacro della nuova versione rispetto a quella precedente.

Per prima cosa la regia. Qui non c’è proprio competizione, siamo su due pianeti differenti. Il fu Jack Clayton si limita a girare tutto in maniera molto classica, con stile da sceneggiatone televisivo. Sembra si sia limitato a trasporre quanto scritto da Fitzgerald, senza aggiungere il minimo tocco inventivo. Tutt’altro lavoro lo compie Baz Luhrmann, che ci mette dentro la sua visione, il suo cinema, la sua creatività. Cosa che significa un montaggio dal ritmo elevato, che aumenta notevolmente il coinvolgimento nei confronti della storia, rispetto a una versione dei 70s troppo calma e lenta. Cosa che significa anche l’utilizzo delle tanto contestate canzoni di oggi, applicate a un contesto anni ’20. Una mossa che può aver scandalizzato giusto chi non ha mai visto Moulin Rouge!, e una mossa che rende il suo film più attuale e frizzante.

"Daisy, si può sapere perché hai un preservativo in testa?"
"E che gatsbyta ne so, io?"
Volete un esempio?
Facciamo un paragone. Il grande Gatsby del 1974 suona come quelle cover band di periferia che abbondano nei locali. Quelle tribute band a Vasco, ai Queen, persino ai Negramaro. Vi rendete conto che esistono tribute band dei Negramaro?
Ecco, tali gruppi si limitano a suonare i pezzi imitando il più possibile gli originali. Più sono fedeli, meglio è. La minima variazione viene infatti vista dai fan hardcore come una bestemmia. Baz Luhrmann a fare delle cover del genere non gliene può fregare di meno. Lui ci deve mettere del suo, in una storia. Che riprenda il Romeo + Giulietta di William Shakespeare o un altro grande classico come Il grande Gatsby di Fitzgerald, lui suona la sua musica. Ci regala una interpretazione tutta personale di qualcosa di già famoso, rendendolo nuovo, come se fosse cantato, pardon narrato per la prima volta.
Le scene delle feste del suo film sono esaltanti e, pur proponendo della musica di oggi, anzi proprio per questo, rendono al meglio quello che doveva essere il clima dei party scatenati negli anni ’20. La fredda e precisina messa in scena del film di Jack Clayton non ci fa invece assaporare, se non in minima parte, la trasgressione e la glamourosità di tali eventi. In tal senso, l’elaborazione post-moderna è la scelta migliore per fare gustare a noi pubblico ggiovane di ogggi il clima dell’epoca.
A livello puramente personale, non vedo davvero il senso di riproporre in maniera sterile un film ambientato negli anni ’20 con lo stesso stile degli anni ’20. Per quello c’è già il romanzo, ci sono già le versioni cinematografiche del 1926 e del 1949, oltre a quella del 1974. La versione 2013 è qualcosa di differente, la riproposizione attuale migliore possibile di un classico. Una maniera più efficace di raccontare le storie di ieri con l’occhio di oggi come quello mostrato in Romeo + Giulietta o nel nuovo Il grande Gatsby non riesco a immaginarlo. Io a questo punto farei girare a Baz Luhrmann tutti i classici della letteratura mondiale. La Bibbia in versione Baz Luhrmann? Correrei a vederla subito.

Anche i personaggi nelle mani del regista australiano diventano più intriganti, più vivi, e qui il merito va pure allo strepitoso cast. Dopo averci tanto pompato la figura di Gatsby e averlo avvolto in un’aura di mistero, la prima apparizione di Robert Redford in solitaria è parecchio sottotono. Tutt’altra storia l'arrivo di Leo Gatsby in mezzo alla folla, un ingresso da prima donna in perfetto stile Luhrmann. La pellicola 2013 è poi maggiormente incentrata sul grande personaggio del titolo, grazie a una interpretazione più sentita e sofferta del Peppino DiCaprio rispetto a quella un po’ svogliata del Redford, e grazie a un maggiore spazio a lui dedicato dalla narrazione, con un efficace flashback sulla sua gioventù. Questo avviene forse perché, come sottolinea Valentina Ariete del blog Eyes Wide Ciak, “il regista non si è immedesimato nel protagonista, ovvero lo scrittore Nick (Tobey Maguire), come invece fa Fitzgerald, quanto piuttosto in Gatsby, vero deus ex machina del racconto.”

Nick Carraway a sua volta viene ritratto da Tobey Maguire in versione più nerdosa, come un estraneo che si ritrova catapultato in un mondo non suo, nonostante pure lui sia cresciuto in una famiglia benestante. È un po’ come il Seth Cohen della serie tv The O.C., sebbene più serioso e privo di quell’ironia indie pre-twitteriana. O come una versione più simpatica del Dan Humphrey di Gossip Girl, tanto per restare in ambito di telefilm teen.
Nella versione 1974 c’è invece Sam Waterston, attore rivisto di recente nella serie The Newsroom, pure lui, va riconosciuto, piuttosto efficace nei panni del Carraway.

L’attore che interpreta Tom Buchanan nella vecchia versione sembra invece il comico Will Ferrell, ma non è il padre di Will Ferrell, bensì il padre di Laura Dern, la protagonista di Inland Empire, Velluto blu e Cuore selvaggio di David Lynch. Si tratta di  Bruce Dern, attore premiato un paio di giorni fa al Festival di Cannes come migliore attore. Non male il suo Tom Buchanan, ma convince ancora di più il nuovo Joel Edgerton, che offre la sua migliore interpretazione dopo essere apparso piuttosto imbambolato in film come Warrior o La cosa. Bene anche tutti i personaggi minori, con le fanciulle Isla Fisher, Elizabeth Debicki e Adelaide Clemens più sexy e stilose delle loro antenate colleghe Karen Black, Lois Chiles e Kathryn Leigh Scott. L’unico a perdere il confronto è allora Jason Clarke, parecchio più a suo agio come agente della CIA in Zero Dark Thirty che non come benzinaio sfigato qui, battuto da Scott Wilson, oggi interprete di Hershel Greene in The Walking Dead.

Piccola nota curiosa: la figlia di Daisy che appare in una breve scena è interpretata da una giovanissima Patsy Kensit!

E veniamo proprio a Daisy, il personaggio più controverso. Mia Farrow fisicamente non mi piace proprio e anzi, mi inquieta assai. Sarà per via di Rosemary’s Baby? Non mi sembra possieda quindi il fascino adatto da giustificare che uno come Robert Redford dedichi la sua intera esistenza a conquistarla. Al di là di questo parere estetico soggettivo, la Daisy stronza e parecchio odiosa da lei portata su grande schermo sembrerebbe più fedele a quanto concepito da Fitzgerald.

Il personaggio portato nei cinema di oggi da Carey Mulligan è invece quello di una Daisy un attimo più umana. Più tenera. Laddove la capricciosa Mia Farrow ti veniva voglia di scaricarla in mezzo all’autostrada, Carey possiede invece quel fascino da cucciola abbandonata che ti viene voglia di portare a casa con te. In questo senso, l’ossessione di Gatsby nei suoi confronti appare più sensata.

ATTENZIONE SPOILER
La scelta di addolcire un po’ il personaggio di Daisy, tra l'altro, rende ancora più amara e inaspettata la mazzata del finale.
E a proposito del finale, pure in questo caso Luhrmann la sfanga in una maniera migliore rispetto al film di Jack Clayton, che pure poteva vantare una sceneggiatura firmata dal Signor Francis Ford Coppola, evidentemente impegnato più che altro a terminare il compitino in maniera diligente da bravo studente, piuttosto che metterci un po’ di inventiva. Luhrmann decide di tagliare via il personaggio del padre di Gatsby, di cui in precedenza si era fatto a mala pena menzione, che appesantisce la versione del 1974, per concentrarsi sulla grande solitudine di Gatsby e sul suo rapporto con Carraway, il suo unico amico. Una mossa che rende la pellicola ancora più emozionante. Tanti hanno accusato il film di essere freddo, sarà colpa del personaggio di Daisy?, ma a me è sembrato piuttosto l’opposto. È semmai una pellicola molto carica, a livello visivo quanto emotivo, laddove la versione di Clayton è carente sotto entrambi gli aspetti.

In pratica, per quanto guardabile, quello del 1974 è un piccolo Gatsby. È tutto meno. Meno intenso, meno emozionante, meno, molto meno spettacolare. Tranne il sudore. Nella pellicola di Jack Clayton i protagonisti sudano ancora di più, ed è una cosa anche abbastanza disgustosa. A parte questo dettaglio, è tutto troppo meno. O, forse, è semplicemente Il grande Gatsby di Baz Luhrmann a essere tutto troppo più.
(voto 6/10)



E questo è il poster realizzato dal mio grafico di fiducia C[h]erotto (che ovviamente ha anche realizzato il mio nuovo header) su Il grande Gatsby per la serie Minimal Incipit.
Cosa sono i Minimal Incipit?
Una serie di poster in cartone dedicati ad alcuni classici della letteratura, da adesso acquistabili sul sito Minimal Inc.


lunedì 27 maggio 2013

STI GRAN GATSBY!


Il grande Gatsby è un grande film.
Grande quanto?

GRANDE COSI’


Fine della recensione.

Dopo aver dedicato una intera retrospettiva ai precedenti lavori di Baz Luhrmann, ovvero

me la cavo così?
E no, dai. Vi beccate un post completo. E pure uno di quelli GRANDI

"Io ancora ridere per recensione cannibale di Australia."
Il grande Gatsby
(Australia, USA 2013)
Regia: Baz Luhrmann
Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Craig Pearce
Tratto dal romanzo: Il grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald
Cast: Tobey Maguire, Leonardo DiCaprio, Carey Mulligan, Joel Edgerton, Elizabeth Debicki, Isla Fisher, Jason Clarke, Adelaide Clemens, Callan McAuliffe, Gemma Ward
Genere: grandioso
Se ti piace guarda anche: Romeo + Giulietta, Moulin Rouge!, Quarto potere, The Aviator, Boardwalk Empire, Big Fish

Uno nella vita dovrebbe fare quello che gli riesce meglio. Va bene sperimentare, tentare cose differenti, arrischiarsi su sentieri poco conosciuti, ma poi è meglio raccogliere le esperienze fatte e utilizzarle all’interno di ciò che si sa fare in una maniera migliore di chiunque altro. Per me con Il grande Gatsby Baz Luhrmann ha fatto qualcosa di simile ai Daft Punk. Con il loro nuovo album capolavoro “Random Access Memories” sono tornati a suonare la musica che gli riesce meglio, la Disco, come in Discovery. Senza proporre una sterile e nostalgica replica di quell’album, o della Disco anni Settanta, bensì riformulandola con una sensibilità nuova.
Baz Luhrmann con la sua versione de Il grande Gatsby sembra seguire lo stesso approccio. Il suo precedente Australia si era rivelato un melodrammone troppo old-style, in cui giusto nei primi minuti di pellicola si intravedeva intatto il suo stile, per poi trasformarsi in una copia poco inventiva dei film della vecchia Hollywood. Con Australia, non è come se Luhrmann avesse voluto girare il suo personale Via col vento, è come se avesse voluto girare proprio Via col vento, in versione australiana, rinunciando quasi del tutto al suo spumeggiante approccio post-moderno.
Chiusa quella sbadigliosa parentesi classica, il Baz nostro è tornato a fare quello che sa fare meglio. Lo sborone post-moderno. E sti gran Gatsby se gli riesce bene!

"Smettetela subito di chiamarmi Caz Luhrmann e concentratevi!"
Baz Luhrmann dà il suo meglio quando gioca in trasferta. I suoi film australiani sono i più deboli della sua filmografia: Ballroom - Gara di ballo è un esordio promettente, però è ancora parecchio acerbo e lascia intravedere solamente i barlumi della grandeur futura. Australia come detto è un noioso, seppur non del tutto disprezzabile, inno d’amore al cinema classico e poco altro. È invece solo quando si confronta con l’estero, che il Baz nostro disputa le sue partite migliori. Con Romeo + Giulietta si è confrontato con il mito assoluto della drammaturgia britannica, Will the Pelvis in Stratford Shakespeare, e ne è uscito vincitore. Con Moulin Rouge! ha pigliato il locale simbolo di Parigi e della Francia bohèmienne tutta e ha siglato una nuova splendida rete. Adesso è andato a tirare fuori dallo scaffale uno dei grandi classici della letteratura americana del Novecento, Il grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald, ha soffiato via la polvere e gli ha aggiunto colore.
Ora, potrei fare un confronto tra romanzo e pellicola, ma non lo farò perché:
1) Risulterei ancora più pretenzioso di quanto sono di solito.
2) Volevo leggere il libro prima di vedere il film, ma non ho fatto in tempo e così si va ad aggiungere al lungo elenco di letture che dovrei assolutamente recuperare prima di morire.

"Ma che ci troverà tanto di sospetto nelle mie feste, questa Ilda Boccassini?"
Non avendo letto il libro, non so quanto ci sia di fitzgeraldiano in codesta pellicola. Quel che so di certo è che i personaggi sono stati resi al 100% luhrmanniani. Su tutti lui, il grande del titolo. Jay Gatsby va a raccogliere il testimone dei precedenti idealisti, quelli innamorati dell’amore, quelli che tutto è sempre una questione di vita e di morte, quelli come Romeo (il giovane Leo DiCaprio) e come Christian (Ewan McGregor) di Moulin Rouge!. Oltre che un inguaribile ottimista, uno che vive nell’eterna speranza, Gatsby è anche un personaggio estremamente misterioso. Uno che farebbe di tutto pur di incontrare Daisy (Carey Mulligan) e che, se non avesse le splendide fattezze di Leonardo DiCaprio, sembrerebbe solo uno schifoso inquietante stalker e basta.
Invece no. Gatsby non è uno stalker. Gatsby è un grande punto interrogativo, un uomo che tutti conoscono, ma che nessuno conosce veramente. Come Don Draper della serie tv Mad Men. O ancora come il colonnello Kurtz di Apocalypse Now. Un uomo sul cui conto girano le leggende più disparate, alcune delle quali messe in giro da lui stesso, proprio come l’Ed Bloom di Big Fish, che Ewan McGregor ha intepretato subito dopo Moulin Rouge!, sarà un caso?
Il grande Gatsby assomiglia allora a un thriller, con il narratore Nick Carraway (un Tobey Maguire perfetto) che cerca di risolvere il mistero, prova a farsi largo in quella nebbia che è la vita di Gatsby. Una nebbia dietro alla quale si cela una luce, verde come la speranza.
La speranza è rappresentata da Daisy, una Carey Mulligan di una bellezza abbagliante, che illumina lo schermo e illumina anche un personaggio non particolarmente simpatico, ma che nel romanzo pare fosse ancora più disprezzabile. Peccato solo che Daisy sia sposata con quel gran pezzo di stronzone di Tom Buchanan, un Joel Edgerton bravo davvero a fare il gran pezzo di stronzone, sarà anche questo un caso?

"Chissà se in questo film riuscirai a sopravvivere fino alla fine, eh Leo?"
Una storia d’amore, dunque? Oppure un thriller alla scoperta dei misteri di Gatsby?
Il primo mistero è: da dove arrivano i suoi soldi? Dalla compravendita immobiliare? Dalla mafia? Da Craxi?
Il secondo e più grande è: chi è, chi è davvero Gatsby?
Il film è allora più di ogni altra cosa un’indagine ad personam alla Quarto potere, cui il regista sembra guardare come modello d’ispirazione e che ripropone in una riuscita chiave post-moderna. La sua chiave, il suo cavallo di battaglia, ché come fa il post-moderno Luhrmann nessuno mai.
Al Baz nostro non sembra interessare parlare solo degli anni ’20, lui preferisce raccontare l’America degli ultimi 100 anni tutta. Il decennio in cui è stato scritto il romanzo rivive nelle scenografie sfavillanti, nei costumi firmati da Prada, nei completi di Brooks Brothers e altri marchi molto fashion, nella Rapsodia in blu di George Gershwin, nei suoni jazzati campionati (o, se siete tra i detrattori, stuprati) da vari artisti di oggi, su tutti Jay-Z che ha curato in prima persona la colonna sonora. Elementi retrò remixati però con uno stile attuale, in maniera analoga a quanto fatto in Moulin Rouge! o più di recente anche dal Quentin Tarantino di Django Unchained; western-rap in quel caso, swing-hop in questo. Una scelta azzeccata (sebbene un will.i.am ce lo poteva anche tranquillamente risparmiare e al suo posto avrebbe potuto svettare un Justin Timberlake), con vertici nell’esaltante “Who Gon Stop Me Now” di Jay-Z e Kanye West nella splendida scena della prima seconda sbronza di Tobey Maguire, nel languido leitmotiv “Young and Beautiful” di Lana Del Rey e nella dolce “Together” dei The xx. Una scelta in grado di rendere più appetibile la vicenda al pubblico di oggi. Non una ruffianata, forse giusto un pochetto, ma il marchio tipico dello stile di Baz Luhrmann. A questo giro, il regista non stupisce più come ai tempi di Romeo + Giulietta e Moulin Rouge!, ovvio, però lo propone adesso con una naturalezza impressionante e imprimendo al racconto un ritmo e una tensione drammatica come pochi altri registi al mondo sanno fare.
“Non si può ripetere il passato,” Nick avverte Gatsby nel film, ma Luhrmann, così come Gatsby, non sembra dello stesso avviso. Ripetere il passato si può. Eccome se si può. Basta ripeterlo nella propria personale maniera. Il tempo per Baz Luhrmann è qualcosa che scorre in una maniera diversa da come scorre per tutti gli altri essere umani. Passato e futuro si mescolano in un eterno presente. I suoi film non sono retrò, non sono classici, non sono moderni e forse non sono nemmeno post-moderni. Semplicemente esistono ed è come se fossero sempre esistiti.

"Giulietta, sono contento che sei ancora viva e sei diventata un'agente della CIA.
Adesso però attacco, che sto aspettando una telefonata da quella stronza di Daisy!"
Il grande Gatsby di Baz Luhrmann non è quello di Fitzgerald. È il suo Gatsby. Il grande Gatsby di Luhrmann è una storia lacerante nascosta sotto una patina glamour, è Quarto potere e Gossip Girl, è Boardwalk Empire e Revenge, è George Gershwin e Lana Del Rey, è Romeo + Juliet e Jay-Z + Beyoncé, è gli anni ’20 e il presente, è tradizione e modernità, è il battesimo dell’idealismo romantico e il suo inevitabile funerale, è guardarsi dentro e vedere il mondo fuori, è grande letteratura che si fa grande cinema.
Alle critiche nei confronti del film, la risposta migliore la dà Nick Carraway/Tobey Maguire: “Loro sono tutti marci, tu da solo vali più di tutti loro messi insieme.”
Perché, checché se ne dica in giro, Il grande Gatsby è un grande film, vecchi miei.
(voto 9/10)



Dove correte?
Aspettate a lasciare la sala. Per voi ammiratori del grande Gatsby, ma anche per quei birboni dei suoi detrattori, ecco a voi…

IL GRANDE TEST
Dimmi cosa mangi e ti dirò quale personaggio de Il grande Gatsby sei


1 - La tua arma di seduzione:
A) Lo sguardo da nerd imbambolato
B) Lo sguardo da cucciolo bastonato
C) I muscolazzi
D) Un finto sorriso di circostanza

2 - Suona il telefono…
A) Non rispondo, tanto saranno quelli di Infostrada
B) Uff, sarà qualche mio fans
C) Meglio rispondere in privato, non si sa mai…
D) Corro al telefono, magari è il mio amato/la mia amata

3 - La canzone che potrebbe fare da colonna sonora alla tua vita:
A) Caparezza “Fuori dal tunnel”
B) Lana Del Rey “Young and Beautiful”
C) ABBA “Money Money Money”
D) Blondie “Call Me”

4 - Il tuo film preferito:
A) La finestra sul cortile
B) La rivincita delle bionde
C) Wall Street
D) Romeo + Giulietta

5 - Questa sera c’è un party…
A) Ci vado, ma solo dietro invito ufficiale
B) Che noia, so già che sarò di certo la persona più bella presente
C) Evvai che mi sbronzo!
D) Arrivo fashionably late e poi me ne vado via subito dopo

6 - Quale tra questi personaggi stimi di più?
A) Gatsby
B) Paris Hilton
C) Il Trota
D) Lapo Elkann

7 - Quali sono stati i tuoi studi?
A) Scienze della Comunicazione, ma poi mi sono dedicato all’economia
B) Scuola di moda
C) Cepu, ma non è bastato e allora il papi m’ha comprato la laurea
D) Sono andato ad Oxford. Ehm, più o meno…

8 - Ti piace raccontare bugie?
A) No, mi interessa cercare la verità
B) Se solo inventarsele non fosse così faticoso
C) Sono il re delle balle
D) Tutta la mia vita è una menzogna

9 - L’obiettivo più importante della tua vita è…
A) Scrivere il grande romanzo americano
B) Essere per sempre giovane e bello/a
C) Ciulare e fare soldi!
D) Passarla insieme alla persona che amo

E ora... leggi il tuo profilo
MAGGIORANZA DI A
Nick Carraway (Tobey Maguire)
Sei un narratore e anche quando vivi delle esperienze in prima persona ti sembra di viverle dall’esterno. E sì, di certo sei anche un po’ nerd.

"Volevi essere come DiCaprio... e invece sei come me, UAH AH AH!"

MAGGIORANZA DI B
Daisy Buchanan (Carey Mulligan)
Sei superficiale, attaccata ai soldi e al lusso, sei pure un po’ stronzetta, però che te frega? Tanto sei figa.

"Ma come, nemmeno io sono venuta con la maggioranza di B?"

MAGGIORANZA DI C
Tom Buchanan (Joel Edgerton)
Sei prepotente, un filo nazistello, egoista e ti interessa solo e soltanto di te stesso. Quindi di questo test non te ne potrà fregar di meno.

"E io ho sprecato il mio tempo a fare questo stupido test, anziché giocare a polo o trombare?"

MAGGIORANZA DI D
Jay Gatsby (Leonardo DiCaprio)
Sei come Gatsby, quindi sei… boh. Sei davvero un gran mistero.

"Non pensavo si potesse sudare tanto per fare un semplice test..."



domenica 26 maggio 2013

C’EST LA VIE (D’ADELE)


Festival di Cannes 2013, ultimo atto.
Detto così, sembra che qui a Pensieri Cannibali si sia seguito l’evento cinematografico giorno per giorno, film dopo film. Non è esattamente così. Purtroppo non ero presente sulla Croisette, ma se il prossimo anno qualche giornale, rivista, sito e/o compagnia di catering volesse sponsorizzarmi la trasferta, mi offro ben volentieri! GRAZIE

Poco fa si è tenuta la cerimonia di chiusura della manifestazione, condotta dalla madrina Audrey Tautou, arrivata direttamente dal magico mondo del cinéma. Quali sono stati i verdetti della giuria, presieduta quest’anno dall’ormai bollito, almeno come regista, Steven Spielberg?
Le sue decisioni saranno state ai livelli del mediocre Lincoln o addirittura del tragico War Horse?
Scopriamolo subito…

Miglior attore
Bruce Dern per Nebraska di Alexander Payne.
Attore dalla carriera lunghissima visto anche ne Il grande Gatsby versione 1974, dove interpretava la parte di Tom Buchanan. In più, è pure il paparino di Laura Dern, la musa numero 1 del cinema di David Lynch. Sarà stato un premio meritato? Boh, di certo Alexander Payne, quello di Paradiso amaro e Sideways, è un regista che sa tirare fuori il meglio dai suoi attori.

Miglior attrice
Berenice Bejo per The Past di Asghar Farhadi (il regista iraniano di Una separazione). Pollice su, per la francesina rivelazione di The Artist.

A presentare il premio per la miglior sceneggiatura c’è Asia Argento, con un tono di voce da femme fatale dark che sembra stia per avere un orgasmo da un momento all’altro. E mentre la nostra Asia si distrae, l’award va a Thian zu Ding per la pellicola A Touch of Sin del cinese Jia Zhang-ke. Che tutti conosciamo, nevvero?

"Un saluto dall'Italia, Mr. Spielberg!"

Premio della Giuria
Like Father. Like Son, del giapponese Hirokazu Koreeda, regista noto per aver affrontato spesso nei suoi film il tema del lutto. Un allegrone, in pratica. Yatta!

Il Prix de la mise en scène per il miglior regista va… al messicano Amat Escalante per Heli.

Kim Novak, e dico la donna che visse due volte Kim Novak, consegna il Gran Premio della Giuria a Inside Llewyn Davis. Nonostante generalmente non sopporti un granché i fratelli Coen, questo film a tematica musicale con Oscar Isaac, Justin Timberlake e Carey Mulligan mi incuriosisce assai.




Palma d’Oro
La Dea Uma Thurman consegna il premio più ambito a…
Il favorito della vigilia: La vie d'Adele, pellicola francese firmata dal regista tunisino Abdellatif Kechiche. Non ho visto i film precedenti del regista, che ho lì lì da recuperare, però una pellicola con scene lesbo tra la splendida e bravissima Léa Seydoux e la rivelazione Adèle Exarchopoulos, entrambe molto commosse durante la premiazione, sulla fiducia la Palma d’Oro se la merita tutta.
Certe che al giorno d’oggi a chiamarsi Adele si vincono Grammy, Oscar, Mtv Awards e ora pure la Palma d’Oro.




La Palma d’Oro alla gnoccaccine, premio consegnato in esclusiva da Pensieri Cannibali, va invece a…
Emma Watson

"Thank you, Cannibal!"

Riassunto dei premi del Festival di Cannes 2013 per chi non aveva voglia di leggersi tutto il post
Palma d'oro: “La Vie D'Adele” di Abdellatif Kechiche
Gran Prix: “Inside Llewyn Davis” di Ethan e Joel Coen
Premio alla regia: Amat Escalante per “Heli”
Premio della giuria: “Like Father, Like Son” di Kore-Eda Hirokazu
Miglior attore: Bruce Dern per “Nebraska” di Alexander Payne
Migliore attrice: Berenice Bejo per “Le Passé” di Asghar Farhadi
Miglior sceneggiatura: Jia Zhangke per Tian Zhu Ding (A Touch Of Sin)
Palma d'oro al miglior cortometraggio: Safe di Moom Byoung-gon
Menzione speciale al cortometraggio: Hvalfjordur (Whale Valley / Le Fjord des Baleines) di
Gudmundur Arnar Gudmundsson
Camera d'Or: Ilo Ilo di Anthony Chen (Quinzaine des Réalisateurs)

E Paolo Sorrentino? E Toni Sorvillo? E La grande bellezza? E i film di Ozon, Polanski, Soderbergh e Jim Jarmush? E il fischiato Solo Dio perdona di Refn?
Per loro niente. Potrà Dio perdonare Steven Spielberg?

giovedì 16 maggio 2013

IL GRANDE CINEMA


Questa settimana, insieme al grande Gatsby, tornerà anche il grande cinema?
Lo scopriremo presto. Nel frattempo, vi potete sedere comodi in sala, mangiare i vostri popcorn e godervi il pre-spettacolo. Non le maledette pubblicità. E nemmeno i benedetti trailer dei nuovi film. Mi riferisco ai commenti offerti da me e dal mio blogger nemichetto del cuore Mr. James Ford in codesta rubrica.
Ecco tutti i film in arrivo nei cinema italiani a partire da questa sera.

"I commenti di Ford mi fanno venire il voltastomaco, Leo!"
"Povera piccola Carey. Per fortuna io ormai ci sono abituato..."
Il grande Gatsby di Baz Luhrmann
Il consiglio di Cannibal: il grande Canny
Finalmente una grande uscita. Ci voleva il grande Gatsby, oltre che l’inizio del Festival di Cannes?
O forse ci voleva che finisse la Festa del Cinema, così quei volponi dei distributori italiani hanno fatto pagare l’ingresso scontato quando non c’erano film interessanti da vedere, e ora che ne arriva uno guarda caso gli sconti finiscono… Bravi, siete più astuti di Ford!
Il grande Gatsby di certo suscita una grande curiosità per il grande cast, per la grande colonna sonora, per i grandi trailer, per la grande attesa montata alla grande dal grande marketing della grande pellicola, ma anche perché è tratto da un grande classico della grande letteratura americana e perché questa nuova trasposizione è firmata dal grande Baz Luhrmann.
Detto questo, resta pur sempre una grande incognita. Riuscirà Luhrmann a tornare ai livelli dei suoi due grandi capolavori pop Romeo + Giulietta e Moulin Rouge!, o ci proporrà una nuova grande lagna come Australia?
La grande risposta ve la daranno prossimamente i vostri grandi occhi, ma anche il grande Cannibal e il piccolo Ford.
Il consiglio di Ford: il grande Fordsby
Baz Luhrmann è uno dei pochi registi in grado di mettere d'accordo i due antagonisti per antonomasia della blogosfera nel bene - Moulin rouge! - così come nel male - Australia -.
L'attesa per questo superkolossal tratto da uno dei più grandi cult della letteratura a stelle e strisce è senza dubbio fervente, nonchè un buon viatico per il Festival di Cannes, che quest'anno prevede veri e propri fuochi d'artificio.
La speranza del grande Fordsby e del piccolo campagnolo Kid è che il buon Baz metta a frutto tutto il suo talento e consegni al pubblico un film degno di restare nella memoria perlomeno della stagione.
Pensieri Cannibali, al contrario, lo consegneremo felicemente all'obio.

"Me ne vado in America, che lì di sicuro 'sto film di merda non lo danno!"
AmeriQua di Marco Bellone, Giovanni Consonni
Il consiglio di Cannibal: AmeriVaCagà
Ma ancora???
Ne avevamo già parlato alcune settimane fa, ora come una cena mal cucinata da un MasterFordChef si ripropone. Evidentemente avevano deciso di non farlo uscire, forse perché si erano accorti che non potevano distribuire sul serio nei cinema un film con la Mastronardi, ma adesso finalmente (?) sta per arrivare.
AmeriQuiQuoQua, ma va a cagà!
Attento Ford, che tra qualche settimana ce lo ripropongono di nuovo…
Il consiglio di Ford: AmeriAgain? No, thanks.
Cari Bellone e Consonni, vostro film mi sta molto diludendo.
Era già usciti in sali e poi no just because it's a shit, e voi mi proponeti again this mapazzone, come dice mio collega Barbieri.
Questa roba se la vedono i miei gatti vengono a casa vostra e dopo essersi rifatti unghie su tutti i divani vi cagano nel letto: ma cosa vi è successo da piccoli!? Vostri genitori vi hanno venduti a famiglia Goi che vi ha costretti a stari in cameretta con piccolo pazzoide Marco!?

"Tranquilla cara che con Ford non esco. E' troooppo vecchio per me."
A Lady in Paris di Ilmar Raag
Il consiglio di Cannibal: Ford, a lady in Lody
Andare a vedere A Lady in Paris di tale Ilmar Raag o Il grande Gatsby di Baz Luhrmann?
Eeeh, che dilemma atroce ci presenta di fronte la distribuzione italiana questa settimana. Una scelta combattuta come dover decidere se visitare lo scintillante, scoppiente, frizzante, sempre divertente e coloratissimo Pensieri Cannibali, o il triste, stantio, lugubre, sempre deprimente e tetro WhiteRussian?
Il consiglio di Ford: a lady in Casale, Katniss Kid.
Onestamente il film del buon Raag - che ha un nome da esploratore estremo o serial killer impossibile da catturare - mi attira ben poco, e penso che in questa settimana di poche uscite concentrerò la mia attenzione su Gatsby, piuttosto che rischiarmela con proposte che non consiglierei neppure al mio peggior nemico.
O forse sì, considerato che a Cannibale potrebbe addirittura piacere.

"Dici che le didascalie fordiane sono più divertenti di quelle cannibali?
Mo' te meno!"
Beket di David Manuli
Il consiglio di Cannibal: Beket, come back da dove arrivi
Vogliamo far mancare per una settimana a Ford un oscuro film italiano realizzato nel 2008 e che approda nelle sale solo ora?
Che poi non era già uscito pure questo, così come quella cagata di AmeriQua? Bah. Fatto sta che questo film puzza talmente tanto di radicalchicchismo poco chic che persino a un radical-chic troppo chic come me fa proprio schif.
Ford che fa tanto quello tutto arti marziali e film coi supereroi ah yeah, state invece a vedere che tra qualche tempo ce lo spaccerà come la salvezza del cinema italiano. Perché Ford, e diciamolo, per quanto lo neghi è in realtà il vero re dei radical-chic. O se non altro dei radical-schif ahahah. (ok, questa battuta non faceva ridere, ma anche Ford mette sempre l’ahahah dopo le sue battute che non fanno mai ridere ahahah)
Il consiglio di Ford: aspettando Godot? No, il Cinema.
Ho come l'impressione che questa settimana i simpatici distributori italiani abbiano deciso di prenderci per il culo sparando in sala per la seconda - se non la terza o la quarta - volta proposte nostrane di interesse e valore di molto sotto lo zero, come AmeriQua e questa roba qua.
Titoli talmente agghiaccianti che perfino quello snob preda dell'ego di Cannibal Kid finirà per snobbare, preferendo vedere in gran segreto qualche bell'action con Sly o Schwarzy intenti a spaccare il faccino di qualche fighetto come lui.

giovedì 18 aprile 2013

I FILM CHE SI FANNO LE CANNES


Festival di Cannes 2013, è stato annunciato il (notevolissimo) programma.
Chi c’è nella kermesse che si terrà dal 15 al 26 maggio a Casale Monferratonnes?
I nomoni importanti non mancano certo. A contendersi l’ambita Palma d’Oro e gli altri premi ci sono alcuni pezzi grossi come il danese Refn con il suo atteso Only God Forgives ancora in team con Ryan Gosling. Sarà il nuovo Drive?



C’è un nome italiano: Paolo Sorrentino, con il suo misterioso La grande bellezza. Ce la farà a risollevare le sorti comatose del nostro cinema? E ce la farà Sabrina Ferilli ha conquistare il premio di miglior attrice? La vedo dura. Soprattutto per la Ferilli…



C’è anche un’italiana ma ormai naturalizzata francese: la super radical-chic Valeria Bruni Tedeschi, unica donna in Concorso.
L’esercito americano sbarca in Costa Azzurra con l’ennesimo film del prolifico Steven Soderbergh, con i fratelli Coen che propongono una pellicola ispirata alla vita del musicista folk Dave van Ronk, con il nuovo di Alexander Payne e con James Gray, già autore de I padroni della notte e Two Lovers e che nel cast del suo nuovo The Immigrant vanta Jeremy Renner, Joaquin Phoenix e Marion Cotillard.
Attenzione poi a un certo Roman Polanski e al suo promettente Venus in Furs, al giappo Takashi Miike, all’iraniano Asgar Farhadi che cerca la conferma dopo l’acclamazione mondiale ricevuta con il precedente Una separazione. Non manca nemmeno il cinema francese, con in prima linea Francois Ozon che con il recente Nella casa, attualmente nei cinema italiani, ha realizzato un filmone e che a Cannes 2013 propone il suo nuovo Jeune et Jolie.

Nella sezione parallela Un certain regard il menù non sarà da meno. Anzi. In pole position svetta The Bling Ring della mia idola Sofia Coppola con Emma Watson trasformatasi con una magia da Hermione a bomba sexy.



Nella sezione Un certain regard ci saranno anche i film da registi di James Franco e Valeria Golino, più il Il sospetto.
nuovo lavoro di Claire Denis. Direttore della giuria di questa categoria sarà Thomas Vinterberg, di recente tornato in gran forma con

La giuria del Concorso Ufficiale del Festival sarà invece presieduta dal cavallo da guerra Steven Spielberg, che se come regista è ormai bollito, come intenditore di cinema si spera se la cavi ancora. La madrina del Festival sarà Amelie Poulain, volevo dire Audrey Tautou, in quella che si preannuncia quindi un’edizione zuccherosissima, ma chissà che non ci riservi qualche sorpresa…

Occhio infine anche ai film fuori concorso, in cui si segnalano l’opera seconda di J.C. Chandor, che aveva esordito alla grande con Margin Call, e la nuova pellicola di Guillaume Canet, con un super cast formato dalla sua mogliettina Marion Cotillard, più Mila Kunis, Clive Owen e Matthias Schoenaerts.
Possibile reginetta del Festival? Oltre a Emma Watson e Marion Cotillard si candida allo scettro Carey Mulligan, presente nel film dei Coen e ne Il Grande Gatsby, che aprirà fuori concorso il Festival.



Ecco il programma completo del Festival di Cannes 2013.
Mizzega.

FILM D’APERTURA (Fuori concorso)
Il grande Gatsby di Baz Luhrmann

CONCORSO UFFICIALE
Behind The Candelabra di Steven Soderbergh
Borgman di Alex Van Warmerdam
Un Chateau En Italie di Valeria Bruni Tedeschi
La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino
Grisgris di Mahamat-Saleh Haroun
Heli di Amat Escalante
The Immigrant di James Gray
Inside Llewyn Davis di Joel & Ethan Coen
Jeune Et Jolie di Francois Ozon
Jimmy P di Arnaud Desplechin
Michael Kohlhaas di Arnaud des Pallières
Nebraska di Alexander Payne
Only God Forgives di Nicolas Winding Refn
The Past di Asghar Farhadi
Soshite Chichi Ni Naru di Hirokazu Kore-eda
Tian Zhu Ding di Zhangke Jia
Venus In Fur di Roman Polanski
La Vie D'Adele di Abdellatif Kechiche
Wara No Tate di Takashi Miike

SEZIONE UN CERTAIN REGARD
Anonymous di Mohammad Rasoulof
As I Lay Dying di James Franco
Bends di Flora Lau
The Bling Ring di Sofia Coppola
Death March di Adolfo Alix Jr
Fruitvale Station di Ryan Coogler
Grand Central di Rebecca Zlotowski
L'Image Manquante di Rithy Panh
L'Inconnu Du Lac di Alain Guiraudie
La Jaula De Oro di Diego Quemada
Miele di Valeria Golino
Norte, Hangganana Ng Kasaysayan di Lav Diaz
Omar Hany Abu-Assad
Les Salauds di Claire Denis
Sarah Prefere La Course di Chloe Robichaud

FUORI CONCORSO
All Is Lost di J.C Chandor
Blood Ties di Guillaume Canet

PROIEZIONI SPECIALI
Max Rose di Daniel Noah
Weekend Of A Champion di Roman Polanski
Muhammad Ali's Greatest Fight di Stephen Frears
Stop The Pounding Heart di Roberto Minervini
Seduced & Abandoned di James Toback
Otdat Konci di Taisia Igumentseva
Bombay Talkies di Anurag Kashyap, Dibakar Banerjee, Zoya Akhtar, Karan Johar

PROIEZIONI DI MEZZANOTTE
Blind Detective di Johnnie To
Monsoon Shootout di Amit Kumar

FILM DI CHIUSURA
Zulu di Jérôme Salle

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