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lunedì 7 giugno 2021

Si vive una volta sola, ma non ditelo ai gatti

 


Si vive una volta sola

Carlo Verdone ha fatto una supercazzola. In tutti i sensi. Voleva girare il suo personale Amici miei, invece gli è uscito fuori un cinepanettone fuori tempo massimo. Un insieme di scenette che vorrebbero invano essere divertenti, messe insieme alla buona attraverso una storiella già vista e stravista.

Premetto che io a Carlo Verdone voglio comunque bene di default e un paio di risate ignoranti anche in questo caso me le ha fatte fare, però è davvero difficile non notare quanto sia imbarazzante il suo ultimo Si vive una volta sola. E speriamo anche che un film così brutto lo giri una volta sola.

La prima parte della pellicola scivola lenta e faticosa come una brutta puntata di Scherzi a parte. Tra l'altro come vittima degli scherzi di Verdone e compagni finisce Rocco Papaleo, uno dei comici meno simpatici nella storia di comici, e quindi non si riesce a provare manco un briciolo di compassione nei suoi confronti. Anzi, viene da gridare: "Ma bullizzatelo ancora di più!".

"Li mortacci tua!"

Viene quindi da chiedersi se non siamo noi spettatori a essere finiti vittima di un brutto scherzo da parte di Carletto, anche perché poi, dopo una prima parte che sembra troppo brutta per essere vera, il film sembra finalmente imbroccare un altro sentiero. Dai, che forse ci siamo. Nella seconda parte Si vive una volta sola diventa un classico road movie. L'entusiasmo ben presto però si spegne, così come pare essersi spenta del tutto la fiamma dell'ispirazione di Verdone. Non che i suoi ultimi lavori fossero dei capolavori, però se non altro riuscivano sempre a regalare almeno qualche riflessione amara, che qui invece affoga in un mare di comicità vecchia e stanca degna di un varietà medievale di Pulcino Pio e Amedeo Minghi.


Ho cercato una GIF divertente di Pio e Amedeo da inserire a questo punto, ma non ne ho trovate. Non capisco come sia possibile.


Una pellicola vacanziera che - ahinoi - ben presto si rivela, nei suoi momenti migliori, la versione brutta di Odio l'estate. Ecco, se con quel lavoro Aldo, Giovanni e Giacomo sono tornati finalmente ai fasti di un tempo, Verdone invece a questo punto ha raggiunto il livello de Il cosmo sul comò. La buona notizia è questa. Peggio di così, difficilmente potrà fare. Daje Carlé, che ora comincia la discesa!
(voto 4/10)

"Andrà tutto bene. Come l'uscita di questo film nelle sale."





martedì 4 settembre 2018

Le recensioni social – Estate 2018 e The Ferragnez special edition





È estate, anche se sta finendo. Lo scazzo regna sovrano e la voglia di scrivere recensioni complete, per quanto il più delle volte sceme come le mie, è piuttosto bassino. È il momento ideale allora per proporre delle veloci (pseudo)rece in stile social di alcuni film passati su questi schermi negli ultimi tempi.

Per la gioia di grandi e piccini, c'è anche un mini speciale dedicato al matrimonio super social dei #TheFerragnez.

"Guarda, possiamo leggere le recensioni di Pensieri Cannibali anche sullo smart phone."
"Che culo!"


Una donna fantastica
Voto: 7+/10


giovedì 11 gennaio 2018

Benedetti folli film in uscita





La rubrica sulle uscite cinematografiche è tornata!
Vi eravamo mancati, o forse non ve ne eravate nemmeno resi conto che ci siamo presi un paio di settimane di (meritata) pausa?
Più probabile la seconda, visto che nel frattempo hanno impazzato le classifiche di fine anno: quelle fichissime di Pensieri Cannibali e quelle assolutamente trascurabili del mio blogger rivale, Mr. James Ford di White Russian.

Ora è tempo di tornare alla routine e alle sane vecchie rubriche de 'na vorta e anche in questo 2018 ogni giovedì, insieme a noi, a commentare i film in uscita nelle sale cinematografiche ci sarà un collega blogger più o meno preparato. Questa settimana tocca a una decisamente preparata. O almeno più di me. E di sicuro più di Ford. Sto parlando di Alessia Carmicino, l'autrice di First Impressions, un blog cinematografico che si distingue per essere parecchio raffinato e di classe. A volerle proprio rivolgere una critica, c'è da dire che potrebbe aggiornarlo un po' più spesso, ma va beh. L'importante è la qualità, più che la quantità.
Così come per i film in uscita questa settimana, pochi ma (si spera) buoni.


Tre manifesti a Ebbing, Missouri
"Questa è fatta.
Adesso passo da Lodi, Lombardia, a scrivere qualcosa contro Ford."

giovedì 28 gennaio 2016

I film che (forse) vi daranno la Joy questo weekend





Jennifer Lawrence, Carlo Verdone, il remake di Point Break, film per bambini e film sull'Olocausto.
Questa settimana ce n'è veramente per tutti i gusti, nei cinema italiani. Quindi non rompete le scatole dicendo che tutte le sale sono occupate da Checco Zalone.
Se volete saperne qualcosa di più, o forse qualcosa di meno, sui titoli in arrivo, ecco qua cosa vi dico io e cosa vi dice il co-conduttore di questa rubrica, che potete anche tranquillamente ignorare: Mr. James Ford.

Joy
"Sparare nelle chiappe a Mr. Ford sì che mi darebbe un'enorme joy!"

martedì 17 giugno 2014

SOTTO UNA BUONA STELLA, LA GRANDE BELLEZZA DE VERDONE





Sotto una buona stella
(Italia 2014)
Regia: Carlo Verdone
Sceneggiatura: Carlo Verdone, Pasquale Plastino, Gabriele Pignotta, Maruska Albertazzi
Cast: Carlo Verdone, Paola Cortellesi, Tea Falco, Lorenzo Richelmy, Eleonora Sergio, Simon Blackhall, Alex Infascelli
Genere: merdino verdino
Se ti piace guarda anche: Io, loro e Lara, Posti in piedi in paradiso

Io non ce la faccio a volergli male, al Carletto Verdone. E sì che il suo ultimo film avrebbe tutte le carte in regola per farmi girare le palle alla grande. È buonista. Ha un finale terrificante. È corredato da un’insopportabile, continua e moralistica voce fuori campo. È girato male. Proprio male. Non che Verdone sia mai stato un fenomeno dietro la macchina da presa, ma qui siamo a livelli da fiction Rai o Mediaset. Idem per quanto riguarda la recitazione. Tea Falco, già ammirata nel caruccio Io e te di Bernardo Bertolucci, è tanto bella quanto incapace di esprimere emozioni che non siano quelle di un generale scazzo e disprezzo nei confronti dell’umanità tutta. E mi piace, per questo. Vorrei fosse la madre dei miei figli, per questo. Però recitare anche no, eh. Lorenzo Richelmy, qui alle prese con uno stereotipatissimo ruolo da tormentato ggiovane che si crede un artistone quando invece canta delle canzoncine degne di Matteo Branciamore, è la versione al maschile della Falco. Anche lui costantemente scazzato. A risollevare il tutto ci pensa allora l’arrivo di Paola Cortellesi, non fenomenale, la sua recitazione è molto da scenetta di Mai dire gol più che cinematografica, ma se non altro il suo personaggio contribuisce a rianimare la situazione.

"Ma la smetti di suonare 'ste canzoncine demmerda? Sei peggio di Alex Britti!"
La prima parte del film fa davvero temere il peggio. Carlo Verdone è alle prese con il suo solito ruolo da divorziato che frequenta una donna più giovane, ovviamente molto superficiale, e una volta che la sua ex moglie muore e lui resta a spasso senza un lavoro, visto che il suo capo ha fatto dei truschini loschi perché in Italia tutti fanno truschini loschi tranne Verdone, si ritrova a vivere con i suoi figli, che ovviamente non aveva mai cagato prima. Il classico Verdone alle prese con il tema della crisi economica, roba già vista nei suoi precedenti Io, loro e Lara e Posti in piedi in Paradiso, con la differenza che nel primo doveva vivere con quella zoccola di Laura Chiatti… cioè intendevo dire Lara, nel secondo conviveva con un paio di suoi coetanei, mentre qui con i figli e pure con la nipotina. Questo fino al citato arrivo della Cortellesi che, tra una parlata rumena e le sue faccette buffe, riesce a regalare qualche momento simpatico a una pellicola fino ad allora piuttosto deprimente per essere una commedia. Da qui in poi tutto procede sempre in maniera prevedibile, ovvia love story tra Verdone e la Cortellesi compresa, ma se non altro si ride qua e là. Niente risate fragorose, per carità, eppure io a guardare le gag del Carletto, per quanto abusate e in odore di deja vu, non ce la faccio a trattenere il sorriso.
Di alcuni siparietti pseudo comici avrei comunque fatto volentieri a meno persino io. Ad esempio la scena dei finti orgasmi, che sembra una versione poraccia di Harry ti presento Sally. Oppure la scena del pitone, che pare giusto un pretesto per dare un lavoro al povero Alex Infascelli, enfant prodige del cinema pulp italiano a inizio anni Duemila (di cui però stranamente non ho mai visto alcun film), negli ultimi tempi caduto in disgrazia e finito a fare il cameriere. Non che sia una disgrazia fare il cameriere, però diciamo che partecipare alla notte degli Oscar come è riuscito a fare quest'anno il Carletto è un’altra cosa.

"Se il prossimo film va male, c'ho un futuro a Ballando con le stelle assicurato."
Se la componente comica funziona a corrente alternata, con tanti blackout e qualche raro momento di luce, la parte più interessante è rappresentata dalla visione di Verdone di Roma e più in generale dell’Italia attuale. Anche in questo caso le buone intenzioni del regista, attore e sceneggiatore restano appunto intenzioni e il suo pensiero viene snocciolato attraverso un uso eccessivo della voce off, con cui il Carletto esprime in maniera banale una serie di concetti ampiamente noti. Noti, ma che comunque non fa male ribadire, come il fatto che i giovani d’oggi, per quanto creativi, non riescano a trovare spazio in un paese per vecchi e siano costretti a fuggire via. Per colpa proprio della generazione del regista, che se ne assume le responsabilità.
A tratti questo Sotto una buona stella sembra quasi una versione verdoniana de La grande bellezza, peccato che Verdone all’amico Paolo Sorrentino non abbia rubato manco mezza ripresa decente. In mezzo al rapporto padre/figli e alla storiella d’amicizia/amore con la Cortellesi, Verdone infila qualche critica ai radical-chic de Roma, tra un’audizione musicale grottesca e una lettura di poesie che sembra una scena scartata proprio da La grande bellezza. I link con il film di Sorrentino finiscono qui e per il resto tutto procede in maniera liscia, senza scossoni.
Verdone è allora lontano dai suoi film migliori, la brillantezza di un tempo è giusto un ricordo, ormai più che un Verdone è diventato un Verdino (non ho detto Merdino), ma se non altro Sotto una buona stella mi ha lasciato un’impressione migliore rispetto al precedente Posti in piedi in paradiso.
Detto diversamente: Sotto una buona stella è un film demmerda, però non mi è dispiaciuto. Sarà perché io proprio nun gna faccio a odià er Carlè, li mortacci sua!
(voto 5,5/10)

giovedì 13 febbraio 2014

MONUMENTS MOVIES




Giorgione Clooney VS Carletto Verdone. Chi vincerà la sfida di questo weekend cinematografico?
Al box-office dovrebbe spuntarla Verdone. Come qualità, io punterei invece più su quell’americano del lago di Como.
E poi, che altro c’è?
Scopritelo attraverso questo nuovo entusiasmante appuntamento della rubrica sulle uscite nei cinema italiani offerto gentilmente dal sottoscritto Cannibal Kid e dal mio eterno rivale MrJamesFord.

"Casa Ford in quanto a vecchio ciarpame regala sempre soddisfazioni."
"Va lì quanti VHS di Van Damme!"
Monuments Men di George Clooney
Il consiglio di Cannibal: un monumento a Ford? Ok, però fatelo a Chernobyl.
Vedo il trailer di questo film e non può che venirmi in mente Bastardi senza gloria. Una vicenda particolare ambientata durante la seconda guerra mondiale ma condotta con un tocco ironico… Il risultato finale poi probabilmente non c’entrerà un granché, però boh, è quello che mi ricorda. E George Clooney, per quanto abbia dimostrato di saperci fare forse più dietro la macchina da presa che davanti, un po’ come Ben Affleck, non è Quentin Tarantino. Quindi questa pellicola potrebbe risultare interessante, la storia che racconta di un gruppo di storici d’arte impegnati a mettere in salvo le opere dai nazi lo è parecchio, però sul fatto che possa essere memorabile o davvero differente da altre ambientate nel periodo della World War II, questo è tutto da vedere…
In attesa della prossima Blog War tra me e MrJamesFord comunque potrebbe risultare un buon passatempo.
Il consiglio di Ford: un monumento al Cannibale? Certo, alla memoria!
Clooney ha già dimostrato in più di un'occasione di saperci fare - e parecchio - dietro la macchina da presa.
Onestamente, questo Monuments men mi pare però più un divertissement del Giorgione con gli amici, piuttosto che un tentativo di andare a fondo come fu per Le idi di marzo.
Comunque un film che sulla carta si presenta come uno dei più interessanti del periodo, e la prima scelta della settimana.
Peppa Kid, invece, resta sempre l'ultima. Spiaggia.

"Dopo Fazio mi vuole intervistare Ford? Ahia!"
Sotto una buona stella di Carlo Verdone
Il consiglio di Cannibal: sia questo film che Ford mi sembrano nati sotto una cattiva stella
Ho visto il trailer e ho visto la presentazione fatta da Carletto Fordone a Che tempo che fa, aspettando la deludentissima intervista a David Lynch. In pratica, alla faccia degli spoiler, penso di sapere già tutto quello che capita nel film completo e devo dire che non mi attira per nulla. A me Verdone piace, mi sta simpatico, le sue pellicole oltre a farmi ridere mi mettono anche addosso un piacevole senso di malinconia, però questo Sotto una buona stella mi pare una variante del suo già poco riuscito ultimo lavoro, Posti in piedi in Paradiso. In quello Carletto per via delle crisi si trovava a convivere con altri due uomini divorziati come lui, questa volta è un divorziato che si trova a convivere con i suoi due figli ventenni e si ritrova come vicina Paola Cortellesi. La solita commediola del Verdone recente cui prima o poi magari darò uno sguardo, ma, nonostante l’apparizione ne La grande bellezza, i bei tempi come regista e autore per lui sembrano un lontano ricordo. Un po’ come per Ford, ancora e per sempre nostalgicamente attaccato ai suoi adorati anni ’80.
Il consiglio di Ford: Cannibal dev'essere nato sotto una buona stella, se ancora non è stato malmenato da qualcuno!
Verdone, che ho sempre reputato simpatico ed interessante - soprattutto nei primi dieci anni della sua carriera da regista - ultimamente pare aver segnato un po’ il passo, di fatto rientrando nella categoria di quegli autori che, giunti ad un certo punto del loro percorso, cominciano a citarsi e ripetersi allo sfinimento.
Onestamente non credo lo vedrò, preferendo concentrarmi sulla rivalità con il Cannibale da ricostruire dopo un gennaio da horror, terribile quasi quanto l'intervista Fazio/Verdone a Lynch.

"Eccomi Ford, sono il tuo Principe Azzurro. E sono pure in sella a uno Stallone..."
Storia d’inverno di Akiva Goldsman
Il consiglio di Cannibal: se la dovrà vedere con la storia d’inferno, quella di Ford
Film fiabesco/natalizio arrivato clamorosamente fuori tempo massimo, rischia di essere l’ennesimo flop per Colin Farrell, attore di belle speranze negli ultimi anni sempre più deluse. Considerando pure l’apparizione del sempre più bollito Russell Crowe e un trailer che fa cascare le palle e preannuncia un melodrammone strappalacrime d’altri tempi, mi sa che mi terrò alla larga. Vorrei tenermi alla larga anche da Ford, ma lui è sempre così appiccicoso e vuole starmi vicino vicino… uahahah
Il consiglio di Ford: l'inverno lasciamolo alle spalle, e pensiamo alla primavera.
Filmaccio che si preannuncia come uno dei peggiori clichè hollywoodiani degli ultimi anni, e che in una settimana dalle poche uscite come questa finisce per essere semplicemente l'ennesimo titolo da accantonare in vista di recuperi - e weekend - cinematograficamente più soddisfacenti.
La fiaba d'inverno di Peppa Kid, invece, non sarà così zuccherosa: specie se si deciderà ad incontrarmi. Ahahahahah!

"Chi è morto?"
"MrJamesFord."
"Ma allora che state a piangere? Let's have a party, bitches!"
Vijay – Il mio amico indiano di Sam Garbarski
Il consiglio di Cannibal: Ford – Il mio nemico anziano
Dal Belgio una commedia dal sapore internazionale che nel cast vanta persino Patricia Arquette. Dal trailer sembra una cacchiatina, ma chissà, il film completo potrebbe anche essere peggio. Come il blog WhiteRussian: leggi un post è sembra una cacchiatina, poi leggi pure gli altri e ti rendi conto che è una gigantesca cacchiatona!
Il consiglio di Ford: Cannibal - Il mio antistress umano
Pellicola riempitiva di provenienza europea che potrebbe perfino sorprendere in positivo ma che lascerò in seconda fila più che volentieri, un po’ come i consigli del mio rivale, provato da un periodo decisamente spento della nostra perenne lotta.
Sarà bene cominciare a pensare ad una nuova Blog War, altrimenti in settimane come questa si rischia di annoiarsi troppo!

Infine, questo blog aderisce all'iniziativa promossa dal blogger Alligatore: NO CAPTCHA DAY.
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lunedì 14 ottobre 2013

LA GRANDE BELLEZZA O LA GRANDE INCOMPIUTEZZA?




La grande bellezza
(Italia 2013)
Regia: Paolo Sorrentino
Sceneggiatura: Paolo Sorrentino, Umberto Contarello
Cast: Toni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Isabella Ferrari, Carlo Buccirosso, Iaia Forte, Giorgio Pasotti, Pamela Villoresi, Serena Grandi, Massimo Popolizio, Ivan Franek, Roberto Herlitzka, Giusi Merli, Anna Della Rosa, Giovanna Vignola
Genere: esistenzialista
Se ti piace guarda anche: La dolce vita, 8 ½, Reality, L’uomo in più, L’amico di famiglia, The Tree of Life

La grande bellezza è il film italiano in corsa agli Oscar del prossimo anno. Cosa che non significa sia già in nomination. Significa solo che è la pellicola scelta a rappresentare il nostro paese e se la dovrà vedere con ben altri 75 concorrenti in arrivo da tutte le parti del mondo. Potete leggere l’elenco completo dei film in lizza qui.

Scelta giusta? Scelta sbagliata?
Io di film italiani negli ultimi mesi ne ho visti pochi. In genere mi fanno venire l’orticaria, quindi tendo a evitarli per il bene della mia salute, mica per altro. Pur avendone guardati pochi, è comunque questo il titolo su cui avrei puntato anch’io. Se ad esempio fossi l’allenatore dell’Argentina, anche senza conoscere ogni singolo calciatore del paese, punterei tutto su Messi e andrei sul sicuro. Paolo Sorrentino è un po’ il Messi del nostro cinema, anche se da buon napoletano forse preferirebbe il paragone con Maradona, quindi pure con lui si fa una scelta senza rischi. O quasi.
I film di Sorrentino sono sempre un azzardo. Per quanto ormai abbia una sua poetica e un suo stile piuttosto definiti, il nostro regista più talentuoso ama mettersi in gioco ogni volta. Dopo l’acclamazione internazionale de Il divo ha cambiato completamente registro, si è spostato dall’altra parte dell’Oceano per girare il suo primo film in lingua inglese, ma l’ha fatto a modo suo. Non ha realizzato la classica pellicola hollywoodiana. Non ha fatto la “muccinata”. E dopo la discussa pellicola con Sean Penn This Must Be the Place, parecchio criticata ma da me parecchio amata, ha deciso di fare qualcosa ancora di diverso. Tornare in Italia, più precisamente nella capitale, Roma, e girare il suo film più ambizioso. Girare la sua Dolce vita. Il guagliò può negarlo fin che vuole e può continuare a scansare lo scomodo paragone, però c’è poco da fare. Dentro La grande bellezza ci sono tante cose, ma l’influenza numero 1 è quella felliniana, con un pizzico di 8 ½ e soprattutto con tanta Dolce vita.

Ci troviamo dunque di fronte a una copia spudorata?
No, per niente.
Allora, deciditi: è come La dolce vita o non è come La dolce vita?
L’ispirazione è la stessa, il talento registico è simile, lo sfondo è sempre Roma, il protagonista è anche in questo caso un giornalista mondano barra scrittore radical-chic. Eppure è tutto diverso. Della splendida Roma anni Sessanta qui è rimasta soltanto un’ombra scura. Un riflesso appannato. Un’immagine distorta e grottesca. E il protagonista è un vecchio. Questo non è un paese per giovani. Non è più il paese del giovane Marcello Mastroianni/Marcello Rubini. Non è più il paese del “Marcello, come here.” Oggi è il paese da cui scappare. È il paese del “Marcello, go away.

"Ah Sabrì, ma quelle chiappe te le han fatte gli artigggiani della qualità?"
La grande bellezza sta a La dolce vita come l’Inferno sta al Paradiso. Il giornalista specialista in intrattenimento, cultura, gossip e frivolezze Marco Goi Jep Gambardella, interpretato dal solito immenso Toni Servillo, è una maschera che si aggira con un finto sorriso stampato in faccia per le strade di Roma, tra amori bruciati in fretta, con disinteresse, tra una Isabella Ferrari che di lavoro fa la “ricca” e una Sabrina Ferilli che fa la stripper quaranteenne malinconica come la Marisa Tomei di The Wrestler. Jep Gambardella tira dritto, a 65 anni suonati vive ancora le notti più dei giorni, fila come un trenino che non va da nessuna parte, se non da un evento all'altro, una rappresentazione artistica senza senso all’altra, da una festa all’altra.
Alcune delle pellicole più belle e interessanti, così come anche più controverse e criticate, di quest'anno mettono in scena il vuoto esistenziale. È curioso notare come i film più profondi degli ultimi tempi siano quelli che riflettono sulla superficialità. Sul mondo dei party continui. Spring Breakers, Bling Ring, Il grande Gatsby, questo La grande bellezza sono tutti ambientati in una dimensione parallela. In un paese dei balocchi, per dirla con il blogger Emmegì, dove la festa è perenne. La cosa più straniante è notare come nessuno in questi ambienti si diverta veramente. Forse le ragazze puttanpop di Spring Breakers sì, all’inizio, eppure pure per loro il party si trasforma presto in routine, diventa quasi un lavoro. Quanto al grande Gatsby, lui il più delle volte manco si degna di partecipare alle sue feste, e la baby-gang di tope d’appartamento di Bling Ring è troppo apatica per poter provare un qualche moto di gioia in quello che fa.

Lo stesso vale per Jep Gambardella, l’uomo che non voleva essere semplicemente un mondano, voleva diventare il re dei mondani. Una volta riuscito in questa ambiziosa impresa, cosa gli rimane?
ATTENZIONE SPOILER
Niente. Non l’amore, che sembra incapace di provare. Non una famiglia. Non un amico. O meglio, un amico sì, un impagabile Carletto Verdone, che però deciderà di andarsene via, perché Roma l’ha deluso.
FINE SPOILER

Chi a me personalmente non ha mai deluso invece è Paolo Sorrentino. Già con il suo film d’esordio L’uomo in più diceva tutto: “A vita è ‘na strunzata”. Si sarebbe potuto fermare lì e tanto ormai la più grande verità di questo mondo l’aveva già rivelata. Invece no, è andato avanti e c’ha regalato altre pagine di poesia, le più belle provenienti dal libro del cinema italiano recente. Le conseguenze dell’amore è l’anti romcom per eccellenza; L’amico di famiglia è lo scatto perfetto sull’Italia annichilita di oggi; Il Divo è un film politico di raro coraggio che in pochissimi da noi avrebbero avuto il coraggio di fare ma anche il ritratto, l’ennesimo nel suo cinema, di un uomo triste; This Must Be the Place è in apparenza la parabola discendente di una rockstar sul viale del tramonto, in realtà è la sua pellicola più ottimista.
La grande bellezza da un punto di vista registico è il suo punto più alto. Se i suoi precedenti erano girati da fenomeno, questo è girato da Dio. Roba che il Terrence Malick di The Tree of Life non è poi così distante. Le sequenze fluiscono l’una nell’altra in una maniera naturale, con una cura nelle riprese e un lavoro di montaggio da restare estasiati nel senso religioso del termine. Le scene scorrono con una musicalità che nel cinema italiano non si vede. Mai. Sorrentino trasforma “Far l’amore” e “Mueve la colita” in sinfonie. Fa diventare le ridicole coreografie e i pietosi balli delle discoteche bene di Roma pura poesia per immagini.

La grande bellezza ha diviso pubblico e critica tra chi lo considera un capolavoro e chi lo considera una cagata pazzesca. Ai secondi posso dire: “Fatelo voi un film così. Un film così in Italia, se ne siete capaci.” Ai primi posso dire che no, almeno per quanto mi riguarda non è un capolavoro assoluto. Avrei voluto che lo fosse e per quasi tutta la sua durata ci va vicino ad esserlo. A un certo punto però capita qualcosa che con il cinema di Sorrentino non m’è mai successa. Non mi riferisco alla canzone e al cameo di Antonello Venditti, evitabili ma che, vista l’ambientazione romanaccia, gli posso concedere per il rotto della cuffia. E con rotto della cuffia intendo che a me i pezzi di Venditti romperebbero le cuffie, se solo li ascoltassi. I film di Sorrentino io finora li ho sempre adorati nella loro totalità, pur con i loro difettucci, pur con le loro stramberie che li rendono ancora più intriganti. E pure dentro quest’ultimo film di stramberie ce ne sono, dalla nanetta lynchiana all’allucinante studio del mago del botox con una mostruosa Serena Grandi in prima linea, fino alle folli performance artistiche cui si può assistere in giro per Roma, in particolare quella pazzesca della bambina che fa action painting.


ATTENZIONE SPOILER
"Quella cosa lì è Serena Grandi?"
La parte finale di questa grande bellezza però no. Non m’è andata giù del tutto. Non sono riuscito a digerirla completamente. Il film è molto giocato, fin dall’inizio, sul contrasto tra sacro e profano. La presenza religiosa aleggia forte lungo tutta la visione, d’altra parte parlando di una città come Roma, la vera grande protagonista della pellicola, era inevitabile. Però “La Santa”, Suor Maria, la mummia di 104 anni interpretata da Giusi Merli (che spero per lei in realtà abbia qualche anno di meno), una figura che diventa centrale nella parte conclusiva, ma era proprio necessaria? La Santa ricorda a Jep che le radici sono importanti, gli fa ritrovare l’ispirazione perduta per ricominciare a scrivere, lavorare al suo secondo romanzo a decenni di distanza dal primo. Un’illuminazione divina, con tanto di apparizione di uno stormo di fenicotteri, che appare piuttosto forzata. Una grande bellezza tanto ricercata che paradossalmente fa perdere fascino a un film fino a quel momento bellissimo. Mi è sembrato che Sorrentino con questa svolta religiosa abbia cercato il colpo a effetto finale, quello che rendeva La dolce vita il capolavoro che è, con quella sua conclusione meravigliosa. Un colpo non riuscito che si trasforma in un clamoroso autogoal, una sbandata come l’inconcepibile finale mistico di Lost. Roba da far venir voglia di prendere a schiaffi Sorrentino, non per fargli del male, ma per farlo rinsavire. L’alternativa meno violenta è chiedergli: “Perché l’hai fatto, Sorrentì? Perché c’hai messo dentro ‘sta Santa?” Al che lui, con tutte le ragioni del mondo, potrebbe rispondere come fa una performer intervistata da Jep: “Io sono un’artista. Non ho bisogno di spiegare un cazzo.

I 10 minuti di delirio finale, come per Lost, lasciano disorientati però non cancellano del tutto quanto di buono fatto vedere prima di allora. Con una parte conclusiva così, più che La grande bellezza resta la grande incompiutezza. Allo stesso tempo, i film di Paolo Sorrentino continuano a essere una delle cose più belle che il nostro cinema ci regala da diverso tempo a questa parte. Dai tempi di Federico Fellini.
La Roma de La grande bellezza non è più quella de La dolce vita. O forse sì. Peccato solo che sia rimasta la stessa nel senso che si è immobilizzata, vive con nostalgia in un glorioso passato ormai lontano. Una città, un paese in cui non c’è stato un ricambio generazionale e in cui Jep Gambardella altri non è che un Marcello Rubini invecchiato male. Questa non è la dolce vita. Questa è l’amara vita di oggi.
(voto 8-/10)



martedì 23 ottobre 2012

Li mortacci tua, Woody Alien!

"Roberto, come la chiamate qui in Italia una terrible actress?"
"La chiamiamo Mastronardi, maestro."
To Rome With Love
(USA, Italia, Spagna 2012)
Regia: Woody Allen
Cast: Woody Allen, Roberto Benigni, Jesse Eisenberg, Greta Gerwig, Alec Baldwin, Ellen Page, Alison Pill, Flavio Parenti, Alessandro Tiberi, Alessandra Mastronardi, Penelope Cruz, Riccardo Scamarcio, Antonio Albanese, Judy Davis, Fabio Armiliato, Monica Nappo, Ornella Muti, Carol Alt, Vinicio Marchioni
Genere: ao’
Se ti piace guarda anche: Vac(c)anze di Natale vari, I Cesaroni

Dopo l’ottimo Midnight in Paris, non volevo credere alle voci negative riguardo al nuovo film di Woody Allen ambientato in Rome. Infatti le voci negative si sbagliavano. Oh, se si sbagliavano.
La verità è che è molto ma molto peggio. Ma molto.

"Woody, se te becco te faccio 'na faccia così!"
Una prima cosa non proprio positiva da rilevare su quest’ultima ennesima fatica alleniana riguarda gli stereotipi su Roma e sull’Italia. Ma su di quelli si è espresso già molto chiaramente Carlo Verdone, uno il cui ultimo film Posti in piedi in Paradiso non sarà un granché, ma al confronto di ‘sta roba è un Fellini. Ecco cos’ha detto:

"Il film di Woody Allen sulla mia città? Non fa per niente ridere, anzi, fa piagne: è un'opera assolutamente inutile, mostra una capitale che non esiste, magari esistesse, e che secondo me non è mai esistita. Non sta né il cielo né in terra: punto. Un'operazione solo turistica, la sua: si voleva fare una vacanza e basta. […] Mi dispiace dirlo di Woody, ma è così: la sua ultima fatica è un presepe finto, in cui non ha fatto altro che giocare coi luoghi comuni. È una Roma vista con gli occhi degli americani, che quando viaggiano sperano di trovarla così: gente bonacciona, un po' sguaiata, i monumenti, se mangia bbene... Roma invece è una città piena di problemi, che amo tantissimo, che mi sta a cuore, ma è diventata impossibile."

"Ciao Woody, vuoi che reciti nel tuo prossimo film? Eh, come no!
Le cose che ho detto su To Rome With Love?
Ma no. Sai com'è, noi romani stiamo sempre a scherzà..."
E questa questione l’ha espressa bene il Carletto. Se a ciò aggiungiamo personaggi che si chiamano Michelangelo e Leonardo, ma purtroppo mancano Donatello e Raffaello altrimenti si poteva anche fare una reunion delle Tartarughe Ninja, più qualche marchettona marchionnara della 500 e le note di “Nel blu dipinto di blu” sparate subito subito sui titoli di testa, la cartolina dell’Italia idealizzata è bell’e che servita.
Se vogliamo, anche il precedente di Allen Midnight in Paris era ricchissimo di stereotipi, su Parigi e sull’età dell’oro degli anni ’20, e su Parigi negli anni ’20. Però il film funzionava. Era una splendida fiaba e allo stesso tempo una riflessione nostalgica su come il passato sembri sempre meglio del presente. Vero anche questo: il vecchio Allen era meglio di quello nuovo.
Quello nuovo di To Rome With Love non se pò vedé.

"Penelope, la prossima scena me la fai un po' più Ruby Rubacuori, ok?"
Non c’è comunque da disperare troppo. In fondo, dopo il modestissimo Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni, a sorpresa è tornato in grande spolvero in quel di Parigi. In fondo, Woody Allen è fatto così. Di film ne gira tanti, troppi, alcuni sono belli, altri meno, qualcuno come questo è davvero brutto. Certo, un tonfo imbarazzante del genere non l’aveva mai fatto, almeno non tra le sue pellicole che ho visto (una piccola percentuale, visto che come ho detto ne gira davvero troppi), però chissà che con il suo ritorno negli USA per il suo prossimo progetto ancora senza titolo non ritrovi l’ispirazione perduta.

Gli stereotipi danno fastidio sempre, quando ci vanno a toccare in prima persona in quanto italiani sono ancora più fastidiosi e posso capire l’ulteriore disappunto dei romani come Verdone. Ma quali sono gli altri problemi del film? La questione fondamentale è che al di là della cornice idealizzata, stereotipata ecc., è proprio il film una fetecchiona. La sceneggiatura è imbarazzante. Mette insieme una serie di storielle degne di un cinepanettone. O di una barzelletta. E a tratti, To Rome With Love somiglia persino a una puntata dei Cesaroni, e pure di quelle scritte male. Ammesso e non concesso ne esistano di scritte bene. Siamo talmente dalle parti della fiction di Canale 5 che mi sono stupito di non vedere arrivare Matteo Branciamore da un momento all’altro a cantare “Sai cosa c’è…” poi non so più come va avanti. Che volete? Non sono mica un fan dei Cesaroni come Wudy Aia.
Non ci sarà Branciamore, almeno quello, ma le musiche utilizzate sono penose e fanno molto film di Pierino. Senza offesa per i film di Pierino.

"Alessandro, perché tutti mi chiamano cagna maledetta? Sai che vuol dire?"
"Chi io? Non ne ho la più pallida idea..."
Dicevamo comunque delle storielle messe insieme alla buona. La più agghiacciante, e chissà perché non ne sono stupito, è quella che vede come protagonisti gli attori italiani. Dai citati Cesaroni, ecco a voi Alessandra Mastronardi. Se Carla Bruni nel precedente Midnight in Paris era stata molto tagliata nel montaggio finale e compariva giusto per pochi secondi, riuscendo comunque a rimediare una figura barbina, qui la Cesarona ce la dobbiamo sorbire a lungo. E com’è la sua intepretazione? Terribbbile.
Con lei c’è anche Alessandro Tiberi che si vede che ha studiato la recitazione alleniana e ne propone una versione/imitazione italiana accettabile. Ebbravo lo stagista di Boris!
Parecchio spento Antonio Albanese, del tutto fuori parte come latin lover e super divo del cinema italiano, mentre convince Riccardo Scamarcio, che nella sua fugace apparizione arriva, tromba la bernarda della mastronarda e va via. Così si fa!
"Adoro il tuo social network, Mark. Ci passerei tutto il giorno..."
"Come devo ripetertelo che non sono Zuckeberg? Comunque ti addo agli amici!"
Nell’episodio compare inoltre la spagnola Penelope Cruz, ennesima “dea dell’amore” alleniana. Diciamo solo che la spagnola ha offerto prove migliori in film migliori.

La storiella (relativamente) più interessante e meglio recitata è invece quella con Mark Zuckerberg Jesse Eisenberg e Greta Gerwig. Lei gli presenta una sua amica attrice, Ellen Page, dicendogli che tutti gli uomini finiscono per innamorarsi di lei e anche lui naturalmente finirà per… innamorarsi di lei. D’altra parte, Ellen Page è la cosa migliore di questo film e il suo personaggio, per quanto anch’esso tratteggiato con enorme leggerezza, è l’unico raggio di sole in una Roma che qui appare cinematograficamente molto nuvolosa. Il personaggio “off” di un buon Alec Baldwin invece no, quello è davvero odioso. Una sorta di grillo parlante non richiesto che rompe le balle a Zuckerberg Eisenberg, alla Page e soprattutto allo spettatore.

"Va bene, Alec, ti taggo insieme a me!"

"Alec, eddaje! Vuoi essere taggato pure qua?"

"Woody sta guardando dall'altra parte? Io allora mi do' alla fuga!"
La storiella di Roberto Benigni è quella nelle intenzioni più “profonda”. Una riflessione su come oggi si possa diventare famosi per niente. Qualcuno ha detto Paris Hilton?
Bella l’idea, che forse sarebbe stata più efficace per un cortometraggio, realizzazione stancante, con un Benigni che per un paio di minuti fa anche ridere, subito dopo stufa. Che poi, il tema della celebrità è una costante in tutte le vicende, peccato sia trattato in una maniera davvero superficiale e non dice fondamentalmente niente di nuovo sull’argomento.

"Bravo Cannibal. Sul post non siamo molto d'accordo,
però sulla Mastronardi come darti torto?"
Un’altra storiella di questo puzzle di ispirazione boccaccesca (il titolo iniziale del film era Bop Decameron) vede impegnato lo stesso Woody Allen, di rientro davanti alla macchina da presa, ed è l’unico che azzecca 1 battuta 1 in tutto il film, quando va dai genitori del fidanzato della figlia, che hanno una ditta di onoranze funebri, e dice: “Abbiamo seguito il primo carro funebre e l’abbiamo trovata”. Per il resto, come detto dal bianco rosso Verdone, più che ridere se piagne.
Al di là di questo unico momento ilare della pellicola, la storiella è di quelle talmente ridicole da poter risultare geniali, se solo fossero affidate a uno Spike Jonze o a un Michel Gondry, non a questo spento Woody Allen. Il padre del futuro marito di sua figlia (una sprecatissima Alison Pill) è un tipo che sotto la doccia, e solo sotto la doccia, si rivela un cantante lirico alla Pavarotti, Caruso o Bocelli. Tanto per non farci mancare pure questo stereotipo italiota. E così Allen lo incoraggia a esibirsi a teatro… sotto la doccia.
Uno spunto grottesco potenzialmente interessante che si risolve, come tutto il resto del film, in farsa. Anche se a me è sembrata più che altro una tragedia.

Non so se gliel’hanno gridato a Roma, nel caso rimedio io:
ah Wood Alien, ma vedi di andare a pijartelo 'nder cu..
(voto 3/10)

lunedì 8 ottobre 2012

Un post in piedi in Paradiso

"Che voto c'ha dato, quel fetentone di Cannibal?"
Posti in piedi in Paradiso
(Italia 2012)
Regia: Carlo Verdone
Cast: Carlo Verdone, Pierfrancesco Favino, Marco Giallini, Micaela Ramazzotti, Nicoletta Romanoff, Diane Fleri, Nadir Caselli, Maria Luisa De Crescenzo, Valentina D’Agostino, Giulia Greco
Genere: in crisi
Se ti piace guarda anche: Io, loro e Lara, L’amore è eterno finché dura, C’era un cinese in coma

Carlo Verdone ai tempi della crisi.
Basta una frase per riassumere per intero la sua “nuova” (si fa per dire) pellicola. Il resto, potete anche immaginarvelo da soli. Se avete familiarità con il suo cinema e soprattutto con le sue ultime prove, non avrete bisogno di una grande fantasia.
Se poi vi racconto in breve la trama, gli sviluppi successivi li capirete già da soli, senza nemmeno che io abbia il bisogno di spoilerarvi niente. Peccato, perché è un piacere perverso spoilerare. Sai che fai qualcosa di sbagliato, ma non puoi farne a meno. E allora voglio spoilerarvi il finale: alla fine tutti muoiono! Provano così a entrare in Paradiso ma sono in troppi, c’è più coda che alle poste italiane e allora rimangono in piedi. Da qui il titolo del film.

No, non è vero che va a finire così. In realtà, il vero finale è ancora più una cagata di questo.

"5? Ma come 5? Quello sta fuori!"
Torniamo alla trama del film, quella vera: Carlo Verdone e i prezzemolini del cinema italiano Marco Giallini e Pierfrancesco Favino sono tre uomini di mezza età che non si conoscono, ma che per casini personali e finanziari finiscono a vivere insieme. Espediente narrativo molto da sitcom, e infatti la inutile sitcom americana The Exes parte proprio da un’ideona del genere, che però può aprire a varie situazioni comiche e persino a riflessioni sulla situazione attuale, su come la crisi economica abbia cambiato gli stili di vita eccetera. Due porte che il film di Verdone apre anche, solo che: dal punto di vista comico è uno dei suoi film più avari di risate liberatorie e i momenti davvero esilaranti sono assenti; dal punto di vista “drammatico” è scontato, piatto, non dice niente di nuovo.

Quanto a Marco Giallini e Pierfrancesco Favino, alla faccia della crisi loro lavorano come due forsennati e dopo A.C.A.B. tornano pure a farsi vedere insieme. È vero che se la cavano discretamente bene pure qui alle prese con la commedia, almeno per gli standard nostrani, però un po’ di ricambio nelle facce del cinemino italiano no, eh?

"Carlé, ripetimi ancora: che voto hai detto che ci ha dato?"
"Solo 5, anche se c'è 'sta gran fregna della Ramazzotti con gli occhiali da hipster."
E poi, naturalmente, c’è la storia del Carletto con la donna più giovane. Che poi è il vero motivo per cui si mette d’impegno a lavorare su un film nuovo. Dopo le varie Claudia Gerini, Regina Orioli (ma che fine avrà fatto?), Natasha Hovey di Compagni di scuola (che fine avrà fatto pure lei?), la nevrotica Margherita Buy (una che era meglio perderla che trovarla) e la Laura Chiatti dell’ultimo Io, loro e Lara, è il turno ora di Micaela Ramazzotti. Micaela Ramazzotti, già ammirata in La prima cosa bella e - meglio precisarlo - NON parente dell’insopportabile Eros Ramazzotti, raccoglie in pieno il testimone di classica tipa verdoniana: immancabilmente fissata con uomini più vecchi - diciamo anche mooolto più vecchi - di lei, gnocca quanto stramba e naturalmente nevrotica. Ma non ai livelli di Margherita Buy, grazieDio.
Come gnocca bonus compare poi Diane Fleri, nei panni della ex di Verdone, perché non solo si deve fare donne molto ma molto più giovani di lui, ma deve pure divorziare da donne molto ma molto più giovani di lui.

"Tié, Cannibal. Tu su Metro ti puoi solo sognare di scrivere!"
Io comunque non gli riesco a voler del male, al Carletto. Però è davvero porello, il suo ultimo film. Dignitoso più di altre pellicole made in Italy viste negli ultimi tempi, quanto allo stesso tempo del tutto inutile e prevedibile dall’inizio alla fine. Come intrattenimento di livello medio-basso e una serata disimpegnatissima può andare bene, però io da un Verdone pretenderei ancora un intrattenimento non dico alto ma almeno di livello medio-alto. Illuso me.
E il finale super mega buonista no, Carlè. Eddaje, che ‘mme combini? Un finale così nun se pò vedè.

Carlo Verdone ai tempi della crisi. Economica, ma soprattutto di idee. Un po’ come questo post in cui sono andato a riciclare la frase di apertura per la chiusura.
Che dici, Carlé, so riciclare le idee abbastanza per poter scrivere la sceneggiatura del tuo prossimo film?
(voto 5/10)

venerdì 2 marzo 2012

Cesare (quale Cesare?) deve morire

"Ma perché i Taviani vogliono che muoia? Che ho
fatto di male, a parte un sacco di canzoni di merda?"
A dispetto del titolo, si appresta a essere un fine settimana molto vitale sugli schermi cinematografici italiani.
Perché?
Vero è che ci sono i soliti film italiani di troppo, ed è vero che anche questa volta dobbiamo sorbirci pure i commenti del Mr. James Ford, però c'è pure qualche titolo interessante in arrivo e una visione obbligatoria: 50 e 50.
E allora celebriamo il cinema e celebriamo la vita, alla facciazza di quello zombie di Ford!

Cesare deve morire di Paolo e Vittorio Taviani
Il consiglio di Ford: non doveva essere "Cannibale deve morire"? No? Siete sicuri?
Ironizzando sulla sorte del mio antagonista - che, ahimè, dovrò tenermi buono essendo il più valido per il ruolo sulla piazza - direi che vado incontro alla seconda pellicola più interessante della settimana, premiata con l'Orso d'oro a Berlino ed in grado di mescolare il sociale - i detenuti di Rebibbia - e Shakespeare - che, come tutti sappiamo, tranne forse il Cannibale, non è proprio l'ultimo degli stronzi -.
Un tentativo lo vale tutto.
Se poi le aspettative non dovessero essere soddisfatte, potrete sempre farvi un giro gratis qui da me.
Il consiglio di Cannibal: voglio Ford tra i detenuti di Rebibbia!
Su chi sia l’ultimo degli stronzi, io una mezza idea ce l’avrei…
Ma di certo non è Shakespeare, benché filmetti come Anonymous abbiano pure il coraggio di avanzare questa ipotesi.
Dei fratelli Taviani non ho mai visto nessun film e questo, complice l’Orso d’oro berlinale, potrebbe essere il primo. Dalle immagini che ho guardato mi sembra una pellicola potenzialmente molto ben girata, non il solito esperimento neorealista di quelli che fanno impazzire Ford e sbadigliare me. Quindi le premesse per una visione interessante ci sono.
E non sto nemmeno a dire che Ford deve morire, perché chi non ha amato un film come The Tree of Life dev’essere già morto dentro uahahah!


"Piuttosto che sentire J. Ford, mi sparo J. Bieber"
Henry di Alessandro Piva
Il consiglio di Ford: torniamo alla pioggia di sangue.
Onestamente, la trama di questo ennesimo sottoprodotto italiano non mi pare neppure male. Eppure c'è sempre il fatto che i sottoprodotti italiani, soprattutto se spinti e presentati come sorte di Capolavori, finiscono per insospettirmi più delle usualmente scombinate scelte cinematografiche del mio antagonista.
A meno di particolari sconvolgimenti, passo.
Il consiglio di Cannibal: meglio Henry Potter?
Io con i sottoprodotti italiani c’ho già sempre a che fare, mi riferisco a quel sottoblogger di Ford. Quindi con questo filmetto non mi ritrovo di fronte a qualcosa di nuovo.
Il trailer non lascia sperare niente di buono, un po’ come quando siete in giro su Google e per sbaglio finite su un sitarello di nome WhiteRussian e non vi sembra un granché, poi cominciate a leggere i post e le cose vanno ancora peggio ahahah… Però c’è quella cagna di Corinna di Boris, ovvero Carolina Crescentini, e come al solito mostra pure le zinne (intendo nel film, non nel sito WhiteRussian). Quindi decidete voi se questo può essere un motivo sufficiente per vederlo (intendo ancora il film, non WhiteRussian che è sconsigliatissimo sempre e comunque!).
Man in black d'un Ford, ma dove cazzo abiti?

The woman in black di James Watkins
Il consiglio di Ford: Eden Lake dove sei?
L'autore del tesissimo e tostissimo Eden Lake torna con una ghost story da grande produzione che non sta raccogliendo i frutti che avevo sperato per questo talentuoso autore.
Sarà colpa del buon Harry Potter!?!?
Forse, ma la mia curiosità in proposito è parecchio scemata.
Che si tratti dell'ennesimo caso di un regista promettente soggiogato dalle major?
Sinceramente spero di no, ma sento odore di bottigliate. Un pò come quando mi trovo a conversare con il Cannibale.
Il consiglio di Cannibal: The Potter in black? Brrrrr, che paura!
Uh, questo film non vedo l’ora di vederlo, giusto per massacrare ancora un po’ quell’odioso di un Harry Potter che da quando è finita la saga un po’ mi manca.
Non è vero.
Grazie a Ford, una volta tanto fonte di una news interessante e non dei suoi soliti aneddoti da pensionato, scopro però che il regista è quello di Eden Lake e quindi potrebbe non essere la solita cazzatona. Però al giorno d’oggi il nome del regista non è una garanzia sufficiente, vedi le ultime fatiche (per noi spettatori) di Spielberg, Cronenberg, Almodovar e Scorsese… E poi la cosa che potrebbe spaventarmi di più in questo film mi sa che non saranno le atmosfere gotiche, bensì l’interpretazione di Radcliffe Potter!

"Per liberarti dall'immagine mostruosa del Ford mi sa ti ci vorrà più di una seduta..."
50 e 50 di Jonathan Levine
Il consiglio di Ford: può essere che sia anche 100.
Questo film, già cult per numerosissimi bloggers - tra i quali spicca anche il mio antagonista - ha tutta l'aria di poter diventare il titolo della settimana e non solo.
Un cast che mi ispira e appare ispirato, un tema scomodo affrontato con sregolatezza, e la capacità di far ridere tenendoci pronti a sfoderare i lacrimoni.
Dunque, per una volta, mi schiero con il Cannibale, e vi dico: guardatevelo senza badare alle probabilità!
Il consiglio di Cannibal: da vedere al 100%
Uno dei film più belli di questo inizio d’anno, già da me abbondantemente osannato qui, 50/50 è un dramma che riesce a essere commedia, o forse una commedia che riesce a essere dramma.
Guardatelo e non ve ne pentirete! Le probabilità che non vi piaccia sono di 1 su 100, e questo 1 su 100 potrebbe essere il solito Ford rompipalle di turno…

"Non ti fidi di come guido io? Ma hai mai visto Ford al volante???"
Safe House - Nessuno è al sicuro di Daniel Espinosa
Il consiglio di Ford: nessuno è al sicuro, soprattutto da film come questo!
Il buon Denzellone, nel corso della sua carriera, è stato protagonista allo stesso modo di pellicole memorabili - Inside man, Philadelphia, He got game - e di altre decisamente dimenticabili.
Safe house ha tutta l'aria di poter entrare senza troppi problemi nel club delle seconde, accompagnato da schifezze mortali come Unstoppable.
Se proprio, dunque, volete farvi del male con una copia scialba del già non eccelso Training day, accomodatevi pure.
Ma sarà come scegliere il Cannibale al posto di Ford. Ahahahahahah!
Il consiglio di Cannibal: cazzata di sicuro
Action-spy-thriller che negli Usa sta riscuotendo un ottimo successo, a me sa di probabile Fordata pazzesca. Ovvero un film tutto inseguimenti, salti ed esplosioni già visto e stravisto.
E comunque Training Day era una discreta figata e, per parafrasare Denzellone in quel film: Ford Kong non è un cazzo in confronto a me!

"Questo post(-it) dice che posso esprimere un desiderio: voglio che Ford vada via"
"Zitto, non dirlo ad alta voce, se no non si avvera!"
Gli sfiorati di Matteo Rovere
Il consiglio di Ford: un film così, non lo sfioro neanche con un fiore. Ma con le bottigliate, eccome!
Ennesima proposta italiana che garantisce scarsa qualità.
Si continua a cercare di imitare registi europei di talento e successo sfornando schifezze finto alternative come questa finendo per affossare sempre di più una realtà che qualche decennio fa era la più florida del mondo in ambito cinematografico.
E non solo.
La dolce vita è proprio finita.
Il consiglio di Cannibal: prova a sfiorarmi Ford, e scatta la denuncia!
Il cast di questa ennesima uscita italiana (ben 4 questa settimana!) non è malaccio. Una volta detto questo, il film ha altissime probabilità di essere comunque una di quelle visioni utili per quando voglio massacrare una pellicola come si deve. E in quel caso non è che la sfioro con le mie critiche, ma sono pronto a distruggerla in maniera spietata con la stessa semplicità quasi irrisoria con cui faccio fuori il mio nemico pubblico numero 1 Ford.

"Ford ha mandato un SMS: è scritto malissimo, però dice che è a Barcellona!"
"Ma allora è vero che i desideri possono diventare realtà! Mi sento svenire..."
Posti in piedi in paradiso di Carlo Verdone
Il consiglio di Ford: io in piedi non ci sto, me ne resto seduto a casa.
Ormai il buon Verdone - che pure da queste parti gode di una discreta stima - non azzecca un film da cinque o sei anni buoni, e i tempi de I compagni di scuola o Bianco, rosso e Verdone sembrano tramontati da un pezzo.
Questa ennesima commediola in versione crisi pare la caricatura di qualche porcata made in Muccinolandia.
Ne faccio anche a meno.
Il consiglio di Cannibal: il Paradiso tu vivrai se i consigli di Cannibal seguirai
Carlo Verdone non realizza film davvero validi da un po’, personalmente l’ultimo che mi ha convinto in pieno è stato Sono pazzo di Iris Blond addirittura del 1996, però comunque il Carletto Bianco, rosso e Fordone riesce a sfornare pellicole sempre (o quasi) almeno dignitose. Non un film da correre a vedere al cinema, a meno che ao’ non siate Verdoniani sfegatati, però prima o poi una visione gliela si può anche concedere.
Per te Ford comunque di posti a sedere ce ne saranno sempre. In Paradiso? No. Al cinema? Nemmeno. Su un aereo? No, finisci dietro nello scomparto animali. All’Inferno? Oh yes! buah ahh ahh

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