Visualizzazione post con etichetta casey affleck. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta casey affleck. Mostra tutti i post

mercoledì 11 ottobre 2017

A Ghost Story, dura la non-vita di un fantasma




A Ghost Story
Regia: David Lowery
Cast: Casey Affleck, Rooney Mara, Will Oldham, Kesha


A Ghost Story non è la classica storia di fantasmi. È la storia di un fantasma, della sua dura vita, o meglio della sua dura non-vita. È una visione non facile. Lenta, mesta, a tratti pesante. È una pellicola che si prende i suoi tempi, che si inventa un tempo tutto suo. A tratti rallenta il ritmo a livelli quasi catatonici, e poi all'improvviso accelera in maniera inaspettata manco fosse la settima stagione di Game of Thrones. Il tempo è un concetto relativo e per un fantasma ancora di più. Per una pellicola su un fantasma, poi, non parliamone.

martedì 21 febbraio 2017

Manchester by the Sea: non chiamatelo strappalacrime, chiamatelo strappacuore





Manchester by the Sea
Regia: Kenneth Lonergan
Cast: Casey Affleck, Lucas Hedges, Michelle Williams, Kyle Chandler, Gretchen Mol, Matthew Broderick, Kara Hayward, Anna Baryshnikov, Heather Burns, Missy Yager


Si fosse chiamato soltanto Manchester, si sarebbe potuto immaginare un film sugli Oasis. O almeno, per me cresciuto negli anni '90 con la musica Britpop, quella città inglese significa soprattutto loro: i fratelli Gallagher. Per qualcuno cresciuto una manciata di anni prima, Manchester invece significherà magari Madchester, la scena musicale cittadina sviluppatasi negli anni '80 guidata da band come Stone Roses, Happy Mondays, Black Grape, Inspiral Carpets e Charlatans.
I patiti di calcio avranno invece immaginato, o sperato in un film sul Manchester United. O magari sul Manchester City.

Manchester by the Sea non ha però nulla a che vedere con la città inglese. Come riporta Wikipedia: Manchester-by-the-Sea, spesso semplicemente Manchester, è un comune degli Stati Uniti d'America facente parte della contea di Essex nello stato del Massachusetts.
È in questa cittadina marittima statunitense di appena 5mila anime che è per lo più ambientato il film Manchester by the Sea. Un luogo tranquillo e sereno, dove puoi uscire in barca per una gita in mare e trovare persone come Michelle Williams. Sembra quasi di stare nella Capeside di Dawson's Creek. Un posto bello in cui vivere, almeno se non ci sono rompiscatole aspiranti Spielberg come Dawson Leery che ti vogliono coinvolgere nei loro filmucoli.

venerdì 3 giugno 2016

Codice 999, la recensione che dà i numeri





Codice 999
(USA 2015)
Titolo originale: Triple 9
Regia: John Hillcoat
Sceneggiatura: Matt Cook
Cast: Casey Affleck, Chiwetel Ejiofor, Anthony Mackie, Woody Harrelson, Aaron Paul, Clifton Collins Jr., Norman Reedus, Kate Winslet, Gal Gadot, Teresa Palmer, Michael Kenneth Williams
Genere: heist movie
Se ti piace guarda anche: The Town, Inside Man, Point Break, Killing Zoe, Training Day

Oggi per la recensione di Codice 999 do i numeri.
Più del solito, intendo.


0
I segni particolari di questa pellicola rispetto ad altre dello stesso genere. Quale genere?
L'heist movie, il cosiddetto film di rapine, quello in stile The Town o Killing Zoe, ben più riusciti di questo. Con l'aggiunta di echi da qualunque pellicola criminal/poliziesca in generale.

giovedì 30 gennaio 2014

CHRISTIAN BALE DAYLE



Oggi è il Christian Bale Day!
L’attore gallese spegne 40 candeline e per l’occasione io e il solito gruppetto di blogger cinefili organizzati abbiamo deciso di festeggiarlo con una festa a sorpresa. Eh sì, perché questo mese abbiamo già indetto una giornata tutta per un personaggio, Martin Scorsese, però ci dispiaceva per il povero Bale e allora abbiamo deciso di bissare pure con un giorno a lui interamente dedicato che se no mi si metteva a frignare e se poi quello sbrocca, diventa pericoloso.
Ecco qui tutti i blog che partecipano all’eventone:

Director's cult
Non c'è paragone
Ho voglia di cinema
White Russian
Life functions terminated
Montecristo



Bella lì, anzi Bale là lì, perché così posso approfittare dell'occasione per parlare un po’ di uno dei miei attori preferiti in the world. Che poi mi chiedevo: “Ma quand’è che ho cominciato a considerare il Bale uno dei miei attori, se non addirittura il mio attore favorito in assoluto, Leo DiCaprio che con The Wolf of Wall Street ha messo la freccia di sorpasso permettendo?”
Il primo film che l’ha fatto salire alla ribalta mondiale, conferendogli lo status di baby celebrity, è stato L’impero del sole. Quel vecchio figlio di una buona donna di Steven Spielberg per una volta c’ha visto lungo. Christian Bale già allora era un piccolo portento recitativo. Eppure non è stato lì che il Bale è entrato nelle mie grazie.
Vediamo un po’ cosa ha fatto d’altro: proseguendo nel suo Curriculum Vitae su IMDb, ci sono titoli che ancora mancano alle mie visioni come Piccole donne e Ritratto di signora, quindi niente. Più su che c’è?
Velvet Goldmine. Bingo! È lì che ho cominciato a considerarlo davvero un grande. In mezzo a un Jonathan Rhys Meyers in versione David Bowie e a un Ewan McGregor alter-ego di Iggy Pop, zitto zitto sbucava lui, il vero grande protagonista di quella splendida pellicola glam. Eppure non è stato nemmeno quello.

"Hey tu coso, hai messo su ciccia!"
A trasformare Christian Bale in un mio idolo totale è stato American Psycho. Il film di Mary Harron non raggiunge gli stecchi picchi di genialità e cattiveria del romanzo di Bret Easton Ellis da cui è tratto, ma c’è un aspetto della pellicola che funziona al 100%. Christian Bale è un Patrick Bateman perfetto. È riuscito nell’impresa quasi impossibile di rendere un personaggio che sembrava poter vivere soltanto su carta in carne e ossa. Bale/Bateman è inquietantissimo e comico allo stesso tempo. È un pazzo serial killer e contemporaneamente un buffone. Le due facce contrastanti di un personaggio simile nelle mani di quasi qualunque altro attore al mondo, pure di quelli bravi, avrebbero prodotto un risultato disastroso. Con Bale invece si raggiunge il sublime, in quella che per quanto mi riguarda è una delle interpretazioni più pazzesche e mostruose nell’intera storia del cinema mondiale.

"Sono il te del futuro, pirla! O sono il te del passato?"
Da lì in poi, Christian Bale ha giocato il resto della sua carriera sui contrasti: da una parte il bellone superficialone muscoloso e dall’altra il freak, il mostro, lo psicopatico pelle e ossa. Il gallese ha dimostrato di essere l’attore più trasformista di Hollywood e dintorni, passando dall’anoressia insonne de L’uomo senza sonno al fisicato Bruce Wayne/Batman, che con il suo Bateman oltre al cognome ha molti punti di contatto. Visto che a quanto pare il suo sport preferito pare essere quello di perdere e poi rimettere su peso nel giro di pochi mesi, anche più di recente ci ha regalato nuove trasformazioni fisiche impressionanti, con il magrone da Oscar di The Fighter alternato agli impegni con i capitoli successivi della saga nolaniana dell’uomo pipistrello, per poi diventare un pelatone con la panzetta da alcolizzato nel recente American Hustle, che gli è valso una nuova nomina per la statuetta dorata.

Negli ultimi mesi, il Bale è stato protagonista anche di un’altra pellicola, passata decisamente più inosservata rispetto ad American Hustle e da noi manco ancora uscita: Out of the Furnace. Perché un film che vanta nel cast Christian Bale, ma anche Casey Affleck, Zoe Saldana, Forest Whitaker, Willem Dafoe e persino Woody Harrelson è passata tanto sotto silenzio e, per una volta, non a torto?
Andiamo a capirne il motivo.

Out of the Furnace
(USA, UK 2013)
Regia: Scott Cooper
Sceneggiatura: Brad Ingelsby, Scott Cooper
Cast: Christian Bale, Casey Affleck, Zoe Saldana, Woody Harrelson, Forest Whitaker, Willem Dafoe, Bobby Wolfe, Boyd Holbrook
Genere: provincia americana
Se ti piace guarda anche: Shotgun Stories, Cogan – Killing Them Softly, Ain’t Them Bodies Saints

Out of the Furnace è un film brutto?
No.
Out of the Furnace è un film inutile?
Sì.
Out of the Furnace è un film noioso?
Dio, sììììììì!

"Hey, ma tu sei quella di Avatar?"
"Proprio io, finalmente te ne sei accorto."
"Ok, in tal caso non stiamo più insieme!"
Ci sono soprattutto due tipi di pellicole che mi fanno incazzare: quelle che un sacco di gente considera dei capolavoroni assoluti ma non si capisce bene il perché, come Avatar o Gravity o Braveheart, e poi le pellicole inutili. Quelle che le vedi e ti chiedi “E allora? Ce n’era davvero bisogno?”. E ti chiedi anche cosa abbiano trovato attori tutt'altro che disoccupati come Bale, Whitaker e Harrelson in una sceneggiatura del genere. Out of the Furnace è un film che racconta una di quelle storie piccole, di vita della profonda provincia americana, di quelle già mostrate in maniera più efficace in un sacco di altre pellicole analoghe. Un thriller drama del tutto anonimo, sia per scrittura che per regia che per personaggi, che sfocia nel più tradizionale dei revenge movie, senza neppure lo stile dei revenge movie orientali e restando solo nell’ambito delle storie di giustizia privata che tanto piacciono all’americano medio. E allora lo vedi e ti chiedi: “C’era davvero bisogno di un altro revenge movie?”

"Il Cannibale ultimamente mi si è ritorto contro, devo rimetterlo in riga!"
Posso capire i film brutti. Ma questi film non pessimi quanto mediocri mi fanno incazzare ancora di più. Dopo il valido Crazy Heart, che però registicamente non è che si segnalasse in maniera particolare, Scott Cooper gira un’altra storia da America country, solo che stavolta non ha una storia interessante da raccontare. La vicenda è incentrata su due fratelli: Bale è quello più responsabile, lavora in fabbrica ma un giorno fa un incidente in auto e finisce in galera; Casey Affleck è invece quello più "fuori", un reduce dall’Iraq che non riesce a trovare un posto nella merdosa cittadina in cui vive e così per passare il tempo e racimolare dei soldi entra in una specie di fight club. Tra salti temporali repentini e affrettati, il film procede senza mai catturare l'attenzione o provocare un'emozione e tu resti lì in attesa che finalmente spicchi il volo. Sai che questo Out of the Furnace possiede il potenziale per uscire dalla mediocrità in cui è immerso, la stessa mediocrità in cui vivono i suoi personaggi. Lo sai perché se Bale e gli altri hanno deciso di girarlo c’avranno visto qualcosa, una luce in grado di illuminare una visione di livello tanto medio. Aspetti, aspetti, aspetti un altro poco, fino a che il film finisce, il decollo non c’è mai stato e tu resti lì a chiederti: “E allora?”

Nell’anonima mediocrità in cui è avvolta questa pellicola, che per atmosfere è vicina a certo cinema dei Coen o di Jeff Nichols o di Andrew Dominik senza possedere una personalità sua, finisce pure il nostro eroe di giornata. Bale qui se la cava, perché Bale se la cava sempre, ma nemmeno lui riesce a regalare alcun lampo, anche solo uno, anche solamente mezzo, a un film che fa incazzare. Perché una sola cosa è peggio dei film brutti o di quelli sopravvalutati. I film medi. E un film medio con il re degli estremismi come Christian Bale non lo posso davvero accettare.
(voto 5-/10)

Il giudizio di Pusheen the cat sul film



domenica 26 gennaio 2014

SANTO DEL GIORNO… PARDON, FILM DEL GIORNO: AIN’T THEM BODIES SAINTS




Ain’t Them Bodies Saints
(USA 2013)
Regia: David Lowery
Sceneggiatura: David Lowery
Cast: Rooney Mara, Casey Affleck, Ben Foster, Keith Carradine, Jacklynn Smith, Kennadie Smith, Nate Parker, Rami Malek, Charles Baker
Genere: country 70s
Se ti piace guarda anche: La rabbia giovane, I giorni del cielo, Shotgun Stories, Un gelido inverno, Re della terra selvaggia

Ormai è sempre più difficile scoprire delle nuove chicche, delle novità di cui nessuno tra i sempre più preparatissimi colleghi blogger abbia già parlato. Magari questo Ain’t Them Bodies Saints è stato segnalato in lungo e in largo ovunque, ma nel caso io non c’ho fatto caso e in ogni caso credo sia comunque un film di cui si è parlato pochino. Perché?
Forse perché Ain’t Them Bodies Saints non è uno di quei film che fanno notizia. Non è glamour, non è cool, non è ruffiano, eppure è un’altra cosa: è una bella visione. Non un capolavoro, non un film fondamentale, niente di rivoluzionario, semmai una pellicola il cui potenziale non è stato sfruttato in pieno dall’acerbo regista David Lowery. Eppure è una bella visione. Sa come pizzicare nella maniera giusta le corde dell’anima (non escludo che quest’ultima frase potrebbe essere contenuta anche in un qualche romanzo di Moccia).

Ain’t Them Bodies Saints è un film delicato, gentile, non urlato. Riporta alla mente…
Terrence Malick.
Cosa sarebbe il cinema di oggi, soprattutto il cinema indie americano ma non solo, senza Terrence Malick?
Una merda, ecco cosa sarebbe.
Questo Ain’t Them Bodies Saints va in particolare a ripercorrere i sentieri selvaggi de La rabbia giovane, l’esordio di Malick. La vicenda è ambientata negli anni ’70. Degli anni ’70 anche in questo caso non “urlati”. Non sono dei 70s scintillanti come quelli di American Hustle. Non c’è in colonna sonora qualche pezzone di David Bowie o dei Sex Pistols o di Blondie o dei Bee Gees o di musica Disco che ci scaraventa subito boom in quel decennio. Non ci sono i pantaloni a zampa di elefante, i freakkettoni, o i discorsi sul Vietnam o i capelli impomatati alla John Travolta. Sono degli anni ’70 ricostruiti in maniera più sottile, meno appariscente. I richiami sono più che altro al cinema di quel decennio e soprattutto a lui, a Terrence Malick e al suo Texas.

Ain’t Them Bodies Saints è una storia d’amore, fondamentalmente. Una storia d’amore tra due criminali, ma non è una roba alla Bonnie e Clyde o alla Natural Born Killers. Subito a inizio film, i due vengono arrestati. Lui finisce in galera, lei, incinta, la mandano fuori per occuparsi della figlioletta, ma lui da dietro le sbarre non smetterà di pensare a lei, pensare a lei e alla figlia che non ha mai visto, e le manderà delle lettere piene di poesia. Il loro rapporto si limiterà a questo, fino a che…
Fino a che non ve lo dico. Non fate i pigri e scopritelo da soli, concedendo a questo film una visione, che se le merita.

"Bella questa lettera arrivata dal futuro da un certo Joaquin Phoenix del film Her."
Un motivo in più per cercarlo?
Oltre alla presenza dell'ottimo Ben Foster, le due splendide interpretazioni dei protagonisti: Casey Affleck, il fratello più bravo a recitare dell’Affleck più bravo a dirigere, Ben, e soprattutto Rooney Mara, la sorella più brava a recitare della Mara più porcellina, Kate.
Rooney Mara che brava è?
Bella anche, ma soprattutto brava. E sì che è bella forte, però la sua bravura forse è persino superiore. Tra l’altro qui ci regala un’ottima parlata del Sud, cosa non semplice per una come lei cresciuta negli ambienti hipster fighetti di NYC. La sua recitazione appare del tutto naturale, senza forzature, senza eccessi, senza scene madri da Oscar. Rooney Mara è un tutt’uno col personaggio, fine. Un’interpretazione splendida ma troppo poco sopra le righe, così come l’intero film. Non un film che sbarlicca le chiappe ai membri dell'Academy, quanto piuttosto un film da Sundance, dove infatti ha ricevuto un paio di premi lo scorso anno, o da Gotham Awards, i premi al cinema indipendente americano, dove infatti ha ricevuto la nomination come miglior film dell’anno insieme a 12 anni schiavo, Before Midnight, A proposito di Davis e Upstream Color.
Ain’t Them Bodies Saints è un piccolo gioiellino, una di quelle pellicole dal ritmo lento, che puzzano di country, di America de ‘na vorta, di cinema de ‘na vorta rivisitato con moderna sensibilità indie. Non sarà il nuovo Un gelido inverno (Winter’s Bone) o il nuovo Re della terra selvaggia (Beasts of the Southern Wild), film di cui in qualche modo è parente, però una visione vi ho convinto a concedergliela sì o no?
(voto 7/10)



venerdì 30 marzo 2012

Tower Heist: colpo a sorpresa

Tower Heist: Colpo ad alto livello
(USA 2011)
Regia: Brett Ratner
Cast: Ben Stiller, Eddie Murphy, Casey Affleck, Alan Alda, Téa Leoni, Matthew Broderick, Michael Peña, Judd Hirsch, Gabourey Sidibe, Stephen Henderson, Nina Arianda
Genere: rapina
Se ti piace guarda anche: Ocean’s Eleven, Misson Impossible - Protocollo fantasma, The Town, I poliziotti di riserva

Per la serie: persino da un filmetto possono arrivare delle soddisfazioni inaspettate.
Riguardo a Tower Heist infatti m’aspettavo di peggio. Di molto peggio. Mi aspettavo: IL peggio.
Non che sia nemmeno un capolavoro. Sebbene la storia racconti di quello che potrebbe essere il colpo del secolo, questo di certo non sarà il film del secolo. Alla fine trattasi di una visione a mala pena decente, però le mie aspettative erano così basse da potermi considerare piacevolmente sorpreso. Roba che mi aspettavo di affibbiargli al massimo un 3, nel caso mi fossi sentito generoso, e invece è arrivato ad arrampicarsi persino fino a un'insperata sufficienza.
Alla fine è sempre tutta una questione di aspettative…

"Deheheh, era da un po' che non facevo un film decente!"
"Eddie, veramente erano passati quasi 30 anni..."
"D'oh!"
Cosa mi fa gridare al (piccolo) miracolo riguardo a questo Tower Heist?
È la solita storiella di un gruppo di improvvisati ladri che cercano di mettere a segno una mega rapina che neanche Danny Ocean e compari si sognerebbero…
E a proposito del film con Clooney, Pitt, Roberts e tutti quegli altri super divi dai super cognomi, questo Tower Heist è come un Ocean’s Eleven, solo meno glamour e cool e più scemour e cul.
Chiedo scusa per il pessimo gioco di parole.
Se la trama è già saputa e risaputa e strasaputa, il bello arriva allora dall’attualità della tematica. Per quanto con i toni della commedia action, la pellicola affronta di petto la situazione economica di oggi. È un film che sta dalla parte del 99% contro l’1% dei ricconi di Wall Street. È un film comunista, così come alla fine lo era anche il non molto riuscito In Time, ed è curioso notare come negli USA di questi tempi vengano sfornate diverse pellicole anticapitaliste camuffate da blockbusteroni.
Perché pur sempre di questo trattasi: di un prodotto realizzato con mestiere e con tutti i trucchetti classici per ammiccare al grande pubblico. Però Ben Stiller è meno cazzaro e macchietta rispetto alle sue ultime robette per famiglie tipo Mi presenti sto cazzo e Una notte al museo degli orrori, ed è più “eroe” nel senso caparezziano del termine. Quasi un Robin Hood moderno ai tempi della crisi.

Alla squadra, al dream (o meglio nightmare) team che mette insieme per cercare di fare il super colpo a spese del riccone stonzo di turno (uno stronzissimo e quindi bravissimo Alan Alda), si unisce anche Eddie Murphy, con un personaggio da ladruncolo di periferia che strappa più di un sorriso, senza esagerare come al solito con la sua caratteristica risata, quella che nella versione italiana ricorda Homer Simpson per via del doppiatore Tonino Accolla. Deh eh eh.


(mi scuso umilmente con tutti i lettori, però l’unico video decente con Tonino Accolla che ho trovato è stato questo da Amici…)

Gabourey Sidibe: "Beh, perché guardate tutti me se è finito il cibo?"
Poi nel team ci sono il sempre bravo Casey Affleck, l’enorme talento di Gabourey Sidibe, quella di Precious, e un resuscitato Matthew Broderick. Nei panni dell’agente dell’FBI c’è invece un anch’essa resuscitata Téa Leoni. Che fine avevano fatto ambedue? Uno di quei misteri cui non avremo mai una risposta. Probabilmente comunque se ne stavano nelle loro ville di L.A. sorseggiando Martini (Téa del te', ahahah!)  in attesa, magari un po’ svogliata, che il telefono suonasse e il loro agente gli proponesse una nuova parte. Solo che il telefono mai suonava. Fino ad ora.
Vecchie glorie ben rispolverate in questa commedia action che mischia atmosfere anni ’90 a una tematica molto attuale. Un prodotto d’intrattenimento che funziona a dovere e riesce anche a muovere dei sentimenti di empatia nei confronti dei protagonisti, degli “sfigati” fottuti dal sistema che a loro volta cercheranno di fottere.
I momenti davvero esilranti sono davvero pochi, purtroppo, è questo è un discreto difettuccio per una commedia. Però ciò che manca sul piatto comico viene bilanciato dalla controparte socio-economica della pellicola.
Niente di eccezionale, or dunque, ma quando si hanno aspettative così basse è più facile rimanere sorpresi in positivo. Cosa comunque nemmeno così scontata, visto che per parecchi film parto senza speranza e poi la visione mi conferma essere effettivamente delle ciofeche. Tanto di cappello quindi a questa banda di scapestrati ladri, che è riuscita nel colpo del secolo: farmi piacere, o quanto meno piaciucchiare, un film con Eddie Murphy. Deh eh eh
(voto 6/10)

domenica 23 gennaio 2011

I’m still here: la vera finta storia di Joaquin Phoenix

I’m still here
(USA 2010)
Regia: Casey Affleck
Cast: Joaquin Phoenix, Antony Langdon, Sean “P. Diddy” Combs, Casey Affleck, Ben Stiller, David Letterman
Genere: (finto) documentario
Se ti piace guarda anche: Exit through the gift shop, Borat

All’apice della sua carriera, dopo la nomination agli Oscar per l’interpretazione di Johnny Cash in Walk The Line – Quando l’amore brucia l’anima, l’attore Joaquin Phoenix fa un annuncio shock: “Mi ritiro dal mondo del cinema, non reciterò più”. La notizia fa il giro del mondo, c’è chi avanza l’ipotesi che si tratti di una burla, chi pensa si sia fumato il cervello. La prima tesi si rivelerà la più esatta, sebbene pure la seconda potrebbe avere inciso in qualche modo nell'intraprendere questo folle progetto.
Joaquin Phoenix si è infatti buttato in un atto di recitazione estremo, cancellando in pratica la sua vita e la sua carriera per diventare una sorta di versione parallela di se stesso, per trasformarsi in un Joaquin Phoenix stronzo, sbruffone, la classica star di Hollywood che ha perso la testa e vuole gettarsi in una cosa nuova e del tutto inattesa: diventare una stella dell’hip-hop.


A riprendere questa metamorfosi c’è il cognato Casey Affleck (sposato con Summer Phoenix), conosciuto sul set di Da morire di Gus Van Sant (quello con una Nicole Kidman over the top). Affleck jr. segue passo passo l'amico mentre distrugge tutto ciò che ha creato come attore, presentandosi strafatto, scontroso e in pessima forma alle interviste per quello che è annunciato come il suo ultimo film, Two Lovers, e andando al David Letterman Show con una barbona da homeless e senza quasi spiccicar parola, tanto che Letterman lo saluta dicendo: “Grazie per non essere stato con noi stasera”.


Ma come se la cava JP nella inedita veste da rapper? Naturalmente è ridicolo, prova a farsi produrre da Diddy (o Puff Daddy, se preferite) senza riuscirci, ha un look totalmente anti hip-hop, fa qualche esibizione freestyle come Eminem in 8 Mile solo che i risultati non sono esattamente gli stessi. In pratica un suicidio mediatico, il suo. Ma tutto fa parte dei piani del documentario, come è stato svelato di recente e come d’altra parte era ampiamente prevedibile.

(Canzone cult: “I’m Still Here”, Joaquin Phoenix)

L’idea di Casey Affleck e Joaquin Phoenix era piuttosto buona, ma in un presente in cui fiction e reality sono sempre più mischiati non era certo nemmeno così sorprendente e infatti che fosse tutta una farsa già era facile da immaginare. Il film (finto) documentario ha qualche momento divertente, i rap strappano diverse risate e Joaquin Phoenix-barbone è strepitoso; l’impressione è però che i due si siano cimentati nell’impresa con un buon spunto iniziale, ma senza poi capire dove andare a parare. Non ci sono infatti particolari riflessioni sul ruolo della popolarità, sul rapporto con i media o sui meccanismi della celebrità come invece avviene in un altro finto documentario ben più riuscito come Exit Through the Gift Shop del genio della street-art Banksy, e si finisce allora più dalle parti di un Borat: demenziale, ma poco altro. E se Casey viene considerato quello bravo a recitare nella famiglia Affleck, quello buono a dirigere sembra invece Ben.
Pur facendosi guardare con un certo interesse, I’m still here puzza quindi di occasione mancata allo stesso modo in cui Joaquin Phoenix doveva puzzare nell’anno di riprese di questo documentario.
(voto 6)

Il disvelamento

sabato 4 settembre 2010

Baby when you're gone

Gone Baby Gone
(USA, 2007)
Regia: Ben Affleck
Cast: Casey Affleck, Michelle Monaghan, Ed Harris, Morgan Freeman, Titus Welliver, Amy Ryan, John Ashton
Links: imdb, mymovies

Cose che tutti sanno di Ben Affleck: è un attore così così, è un sex-symbol, è stato con Gwyneth Paltrow, è stato con Jennifer Lopez, è attualmente sposato con Jennifer Garner, ha fatto Armageddon, recita sempre a bocca aperta (come mi ha fatto giustamente notare Petrolio).
Cose che non tutti sanno di Ben Affleck: ha vinto un Oscar per la miglior sceneggiatura insieme all’amichetto Matt Damon, con cui ha scritto Will Hunting – Genio ribelle, ha vinto una coppa Volpi come miglior attore a Venezia per Hollywoodland, è uno dei bersagli prediletti degli autori di South Park (soprattutto quando stava con J. Lo), è un abituale collaboratore del regista nerd Kevin Smith, è un regista molto promettente.

Se il suo secondo film The Town è attualmente in concorso a Venezia (e vanta nel cast Jon Hamm, Blake Lively, Jeremy Renner oltre allo stesso Affleck), la sua prima prova dietro la macchina da presa Gone Baby Gone è tratta dal romanzo La casa buia di Dennis Lehane, lo stesso di Shutter Island e Mystic River. Ed è in particolare con quest’ultimo che il film ha molti punti di contatto, con una simile storia di una figlia scomparsa in un quartiere popolare degradato e criminale e con una simile voglia di risalire alla verità. Ben Affleck non è Clint Eastwood, questo è poco ma sicuro, però si aggira con sguardo sicuro per le strade di Boston, entra nelle vite dei personaggi, scava dubbi morali neanche da poco.
A indagare la scomparsa di una ragazzina figlia di una tossica ci pensa la coppia di detective amatoriali interpretata ottimamente da Casey Affleck (il fratello bravo a recitare) e Michelle Monaghan, con la loro relazione che risentirà delle conseguenze del caso seguito. Niente Mystic River però, stavolta tutto finirà in un mystic lake.
Ebbravo Affleck, anzi: ebbravi fratelli Affleck.
(voto 6,5)

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

DISCLAIMER

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. L'autore, inoltre, non ha alcuna responsabilità per il contenuto dei commenti relativi ai post e si assume il diritto di eliminare o censurare quelli non rispondenti ai canoni del dialogo aperto e civile. Salvo diversa indicazione, le immagini e i prodotti multimediali pubblicati sono tratti direttamente dal Web. Nel caso in cui la pubblicazione di tali materiali dovesse ledere il diritto d'autore si prega di Contattarmi per la loro immediata rimozione all'indirizzo marcogoi82@gmail.com