Che bella giornata
(Italia 2011)
Regia: Gennaro Nunziante
Cast: Checco Zalone, Nabiha Akkari, Tullio Solenghi, Rocco Papaleo, Ivano Marescotti, Luigi Luciano, Anna Bellato, Michele Alhaique, Mehdi Mahdloo, Anna Rita Del Piano, Caparezza
Genere: comico
Se ti piace guarda anche: Cado dalle nubi, Fantozzi, Così è la vita
Trama semiseria
Checco Zalone è un 30enne e qualcosa che si barcamena come può tra lavori precari e senza un futuro certo. La grande occasione arriva così per lui con il posto da addetto alla sicurezza della bela Madunina di Milano, un compito di grande responsabilità che cercherà di assolvere con la massima attenzione e diligenza, fino a che non cadrà nelle mire di due pericolosi attentatori mediorientali. Ce la farà il nostro eroe a salvare il mondo, o perlomeno Milano?
Recensione cannibale
La prima avventura cinematografica di Checco Zalone, Cado dalle nubi, si inseriva in quel filone alla Save the last dance/Flashdance/Le ragazze del Coyote Ugly in cui la protagonista proveniente dai sobborghi cerca di sfondare nel magico mondo della musica o del ballo. Una strada non lastricata in oro in cui bisogna scendere a compromessi, ne sa bene qualcosa la Jessica Alba di Honey. Come le protagoniste di questi film o quasi, Checco Zalone dalla Puglia con furore sale su nella gran Milàn da cantautorone in erba e cerca di percorrere la pericolosa via per il successo, per fortuna risparmiandoci di ballare sul bancone alle note di “Pour some sugar on me” come al Coyote Ugly.
Il film a tratti divertiva, ma ci mostrava uno Zalone ancora acerbo e forse non del tutto a proprio agio nelle vesti di nuova Julia Stiles, chissà perché? Per la sua opera seconda, l’artista barese allora punta più in alto e vola dritto verso una versione aggiornata del neorealismo, un neo-neorealismo non senza nei ma che non annoia. Sentendo la vocazione a trattare argomenti alti, questa volta Checco lascia da parte i sogni adolescenziali di diventare una popstar e si confronta a tu per tu con problematiche belle pesanti come il lavoro precario, la religione, la guerra e il terrorismo internazionale.
Ma se qualcuno ha avanzato paragoni con Totò, Adriano Celentano e Borat, secondo me Checco Zalone è piuttosto una sorta di novello Fantozzi. Laddove Paolo Villaggio fotografava in maniera dissacrante eppure drammaticamente vera la condizione lavorativa italiana degli anni ‘70/’80 (meno riusciti invece gli episodi 90s), in maniera analoga (ho detto analoga, non anale) Zalone con il suo alter-ego ci presenta quella che bene (poco) o male (tanto) è l’Italia di oggi: si trova un lavoro solo con le raccomandazioni, meglio se dalla Chiesa, si fa spazio solo chi non ha talento, si vive ancora con i genitori, si conosce una ragazza dal vivo ma poi la si va a cercare su Facebook, si vive una vita precaria senza certezze né futuro. No future for you, come preconizzavano i Sex Pistols, peccato che non ci sia alcuna anarchia in the italy ma dobbiamo pure sobbarcarci il peso di una classe politica ingombrante, costosa e di cui vergognarci fieramente.
L’alter-ego cinematografico di Checco Zalone non è però una vittima del sistema come Fantozzi, merdaccia umana schiacciata dal mega direttore galattico, bensì è complice del sistema: sfrutta le raccomandazioni, sfrutta il suo migliore e unico amico (interpretato da un collaboratore di Maccio Capatonda) in una maniera da far invidia persino al Mark Zuckerberg di The Social Network, è superficiale tanto da andare in giro con una Porsche nuova vecchio modello nonostante sia squattrinato e ignorare le attenzioni di Maria solo perché cessa, è una persona senza alcuna capacità che però un lavoro ce l’ha, tanto da arrivare a fare da guardia del corpo al Papa.
Certo, anche i cattivi hanno un lato umano, vedi Vallanzasca o Gordon Gekko, e quindi lo Zalone cinematografico è anche capace di innamorarsi e persino di una tipa con una misera seconda coppa B. E se il cuore ti batte per una seconda coppa B, forse è vero amore. Ma nonostante la vicenda romantica, il suo è comunque un vero villain, è il simbolo dell’italiano medio che in qualche modo ce la fa sempre a cavarsela attraverso sotterfugi e astuzie varie. Non bisogna però confondere il suo alter-ego filmico divertente ma anche disprezzabile, con il Checco Zalone comico e uomo più intelligente di quello che potrebbe sembrare da un primo superficiale approccio e dalle sue origini televisive.
Non sopporto Zelig. Non tanto per una presa di posizione radical-chic, ma più che altro perché non mi piace la struttura del cabaret con dei comici che fanno dei monologhi o al massimo duetti da sbadiglio. Per dire, preferisco una comicità come nei Soliti Idioti o Little Britain in cui gli sketch sono costruiti come se fossero piccoli film. Se guardo una scenetta con Ale & Franz (tanto per citare due tra quelli provenienti dallo Zelig che ancora si salvano), posso divertirmi per un paio di minuti, poi mi rompo i coglioni a vedere questi qua seduti su una panchina a parlare. Spesso poi molti comici giocano su una sola idea, su un tormentone (Max Pisu, Raul Cremona, Anna Maria Barbera) e lo ripetono all’infinito con il pubblico in sala che si sganascia dalle risate e applaude come al circo, anzi al circus.
Pur non essendo mai stato un fan assoluto di Checco Zalone, è sempre stato tra i pochi dello Zelig che ho trovato sopportabili (Ficarra e Picone per esempio li prenderei a piconate), soprattutto per la sua capacità di giocare con le parole e per aver sempre dato un ruolo centrale alla musica (sebbene a livello musicale Zalone non è che sia proprio il massimo).
Cinematograficamente Che bella giornata non è certo un capolavoro: la regia si limita al minimo indispensabile, la comparsata di Caparezza sulla carta divertente non è poi così riuscita, alcune scenette sono tirate troppo per le lunghe e la sceneggiatura è piuttosto prevedibile. Però la parte finale per quanto vada nella direzione del lieto fine non termina nemmeno in uno di quegli happy-end hollywoodiani totali. Se prendiamo la parte da commedia romantica qui presente, troviamo infatti una sovversione totale degli schemi classici: c’è una lunga parte di corteggiamento, è vero, ma Checco con la sua bella madre-bina non solo non consuma un’appassionata notte di sesso come in qualunque romcom americana che si rispetti, ma nemmeno un bacetto si becca.
Al di là di tutte queste riflessioni che possono essere solo frutto di un delirio mentale personale, per quanto mi riguarda considero Che bella giornata un modo riuscito per passare una non diciamo bella, ma se non altro piacevole giornata (o serata). Se lo scopo di un buon horror è quello di spaventare, questa l’ho trovata una commedia riuscita visto che mi ha fatto ridere per un’ora e mezza. Non dico che mi abbia fatto ridere in una maniera intelligente. Forse sì, visti gli spunti non stupidi sulla guerra in Iraq, sulla Chiesa e sul terrorismo, ma non è tanto questo il punto: la cosa importante è che mi ha fatto ridere e basta, come cinepanettoni e vari altri pseudo comici italiani non riescono a fare.
La satira proposta dal Checco non è certo corrosiva o eversiva e più che politically scorrect è grammatically scorrect, però aiuta comunque a scherzare su un paese in cui certo non ci si annoia mai, ma in cui allo stesso tempo sarebbe difficile vivere, senza un po’ di ironia.
(voto 6,5)
Frasi cult:
“Quando andate via dall’Iraq?”
“Appena finito di pagare il mutuo.”
“Io pugliese di madre tarantina
lei francese di madre bina”
dalla canzone cult: “L’amore non ha religione”