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venerdì 3 giugno 2016

Codice 999, la recensione che dà i numeri





Codice 999
(USA 2015)
Titolo originale: Triple 9
Regia: John Hillcoat
Sceneggiatura: Matt Cook
Cast: Casey Affleck, Chiwetel Ejiofor, Anthony Mackie, Woody Harrelson, Aaron Paul, Clifton Collins Jr., Norman Reedus, Kate Winslet, Gal Gadot, Teresa Palmer, Michael Kenneth Williams
Genere: heist movie
Se ti piace guarda anche: The Town, Inside Man, Point Break, Killing Zoe, Training Day

Oggi per la recensione di Codice 999 do i numeri.
Più del solito, intendo.


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I segni particolari di questa pellicola rispetto ad altre dello stesso genere. Quale genere?
L'heist movie, il cosiddetto film di rapine, quello in stile The Town o Killing Zoe, ben più riusciti di questo. Con l'aggiunta di echi da qualunque pellicola criminal/poliziesca in generale.

martedì 19 aprile 2016

Il segreto dei suoi occhi, un film più rifatto di Nicole Kidman





Il segreto dei suoi occhi
(USA 2015)
Titolo originale: Secret in Their Eyes
Regia: Billy Ray
Sceneggiatura: Billy Ray
Ispirato al film: Il segreto dei suoi occhi (El secreto de sus ojos) di Juan José Campanella
Cast: Chiwetel Ejiofor, Nicole Kidman, Julia Roberts, Joe Cole, Alfred Molina, Dean Norris, Michael Kelly, Zoe Graham, Niko Nicotera
Genere: rifatto
Se ti piace guarda anche: Il segreto dei suoi occhi (2009), Cold  Case

Non è poi così male avere una pessima memoria. Puoi ad esempio vedere il remake di una pellicola girata appena una manciata di anni fa, una pellicola che pure ti era piaciuta e parecchio, e sembrarti come se fosse nuova. Quasi.
È in quel quasi però che risiede la differenza fondamentale tra il godersi una visione nuova di pacca e una riciclata. È nella sensazione di déjà vu che ti accompagna dall'inizio alla fine che sta quella piccola, ma fondamentale differenza.
Non avendo una gran memoria, non sono in grado di elencare con precisione analogie e differenze tra Il segreto dei suoi occhi versione argentina originale del 2009 e Il segreto dei suoi occhi versione statunitense "tarocca" del 2015. Posso però notare che non si sono manco sbattuti a cambiare il titolo e che si sono limitati a modificare qualcosina a livello di trama e di dettagli, giusto per americanizzare e modernizzare il tutto. Ad esempio hanno sostituito il calcio con il baseball, e hanno passato l'ambientazione dall'Argentina a cavallo tra anni '70 e '90 agli Usa post 11 settembre. Niente comunque di troppo fantasioso o in grado di stravolgere l'originale. Cosa che da un lato è un bene, dall'altro rende questo remake del tutto inutile, come d'altra parte lo sono quasi tutti i remake.

mercoledì 20 gennaio 2016

Sopravvissuto a una chat con Matt Damon





Nel corso di una missione su Marte, l'astronauta e botanico Matt Damon ebbe un terribile incidente e venne abbandonato sul pianeta dai suoi compagni, che fuggirono codardamente auto convincendosi che era morto. Qualche tempo più tardi Matt Damon, sopravvissuto per miracolo all'incidente, riuscì a ripristinare le comunicazioni con la NASA e pure con i suoi ex colleghi. Questa è la conversazione che hanno avuto in chat in versione integrale. Non quella censurata che poi hanno inserito nella pellicola tratta dalla vicenda.

lunedì 24 febbraio 2014

12 ANNI SCHIAVO, UN FILM IN CORSA PER LA LIBERTÀ E PURE PER L’OSCAR




12 anni schiavo
(USA, UK 2013)
Titolo originale: 12 Years a Slave
Regia: Steve McQueen
Sceneggiatura: John Ridley
Ispirato al libro: 12 Years a Slave di Solomon Northup
Cast: Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender, Lupita Nyong'o, Sarah Paulson, Kelsey Scott, Quvenzhané Wallis, Dwight Henry, Scoot McNairy, Taran Killam, Chris Chalk, Michael K. Williams, Paul Giamatti, Benedict Cumberbatch, Paul Dano, Alfre Woodard, Brad Pitt
Genere: libero
Se ti piace guarda anche: Django Unchained, The Help, The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca

Questo post è liberamente ispirato a una storia vera

A fine 2013, in un paese teoricamente civile e teoricamente democratico come l’Italia, comincia la promozione del film 12 Years a Slave, nel nostro paese 12 anni schiavo. La pellicola racconta la vera storia di Solomon Northup, un violinista di colore, un uomo libero che nel 1841 viene rapito e ridotto in schiavitù. A interpretare questo personaggio troviamo uno strepitoso Chiwetel Ejiofor nominato agli Oscar per questa parte.
Quello che la distribuzione italiana si è chiesta a questo punto è stato un fragoroso: “Chiiiiiwetel chiiiiiiiiii?”
Si tratta di un attore che ha lavorato con registi prestigiosi come Steven Spielberg e Spike Lee, girato film come Amistad, Love Actually, Lei mi odia, Piccoli affari sporchi e American Gangster, però raramente in ruoli da protagonista e quindi non è che sia in effetti proprio notissimo.
A questo punto, come promuovere in Italia un film con un protagonista così poco conosciuto?
Meglio puntare sui nomi di richiamo nel cast dei comprimari. Ad esempio Michael Fassbender e Brad Pitt.


Ora, Michael Fassbender ci può ancora stare. Ha un ruolo da non protagonista notevole per cui è stato nominato agli Oscar 2014. Ma Brad Pitt…
Brad Pitt in 12 anni schiavo compare dopo 1 ora 40 e ha giusto un paio di scene. Il suo personaggio gioca un ruolo cruciale nella storia, però il suo è giusto poco più di un cameo. Tra l’altro è il peggiore del cast. Appare, fa un po’ il figo e non c’azzecca un granché con il resto della pellicola, ma vabbé, Pitt è uno dei produttori del film e quindi il regista Steve McQueen poteva mica dire di no a una sua apparizione.
La sua è l’unica prova recitativa discutibile di un cast per il resto in stato di grazia in cui spiccano tra gli altri Paul Dano, Sarah “American Horror Story” Paulson, Paul Giamatti, Benedict “Sherlock” Cumberbatch, e soprattutto la rivelazione Lupita Nyong'o, con un ruolo durissimo che è valso pure a lei la nomina agli Oscar 2014. Brava, molto brava, però la statuetta deve comunque andare a Julia Roberts o a Jennifer Lawrence, ok?
Al di là del fatto che Pitt è quello che si segnala di meno in questo grandioso cast, il suo è inoltre un ruolo davvero minuscolo. Dedicargli il poster è una cosa ridicola. È come se sulla locandina di Django Unchained avessero messo Franco Nero. E a questo punto è strano che in Italia non ci abbiano pensato…


Va bene, però adesso vogliamo parlare del film, che se no facciamo come quelli che mettono sulla locandina Brad Pitt invece di concentrarsi sugli aspetti davvero importanti della pellicola, che no, non riguardano Brad Pitt?

ATTENZIONE: QUALCHE SPOILER PRESENTE QUA E LÀ
12 anni schiavo è una pellicola impegnata ma non è una mazzata. È una frustata. Un’Odissea dentro lo schiavismo, quasi un’Apocalyspe Now della segregazione razziale, sebbene privo di quella follia e quella genialità in grado di far passare un film dall'essere buonissimo, perché 12 anni schiavo è un film buonissimo, a un Capolavoro assoluto.
Più che buonissimo, 12 anni schiavo è un film cattivissimo. Cattivissimi sono tutti i bianchi presenti, a parte il Santone Pitt, seppure con sfumature di cattivo diverse. È inoltre una pellicola che non ci risparmia alcuna violenza o atrocità. Non lo fa però con lo stile esagerato e quasi fumettistico di un Quentin Tarantino nel suo Django Unchained. Non lo fa nemmeno con lo stile esasperato e quasi horror del Mel Gibson de La passione di Cristo. Lo fa con uno stile suo. Steve McQueen in qualche modo rende poetica la violenza dei suoi film. Il suo è un cinema molto fisico, viscerale, che non può lasciare indifferenti. Steve McQueen fa male male male. Ce l’aveva fatto notare con il suo primo cazzotto, Hunger, ce l’ha ricordato con una seconda mazzata come lo splendido immenso Shame, e ce lo conferma adesso. Con una frustata. Una? Molto più di una. Quelle che Chiwetel Ejiofor è costretto a infliggere alla povera Lupita Nyong'o. Quelle che quel bastardo di Michael Fassbender gode a infliggere alla sempre più povera Lupita Nyong'o. Quelle che Julia Roberts o Jennifer Lawrence dovranno infliggere a una ancora più povera Lupita Nyong'o, perché mi spiace, ma nonostante questo piano sequenza sia impressionante, l’Oscar deve pur sempre andare alla Roberts o alla Lawrence, ok?
La scena fisicamente più sconvolgente è questa. Cinematograficamente parlando invece è quella dell’impiccagione di Chiwetel Ejiofor, in cui Steve McQueen utilizza delle lunghe riprese fisse. Una sequenza che qualche altro regista più gentile avrebbe tagliato, avrebbe risparmiato a noi pubblico sensibile. Steve McQueen invece no. Come un Michael Haneke ancora più sadico decide di non spostare la macchina da presa. Questo è l’immobilismo di chi non ha fatto niente per cambiare le cose, per anni, decenni, secoli. Se servisse una solo scena per rappresentare secoli di segregazione razziale nei tanto democratici Stati Uniti d’America, sarebbe questa.

Non è l’unica. Ci sono diverse scene fenomenali, in questo film. Tanto che a ripensarci l’idea che non sia un capolavoro comincia a vacillare un pochino. La scena del tentativo di fuga, ad esempio. Noi che non abbiamo vissuto in una situazione di merda del genere, nella sicurezza e nel comodo delle nostre casette ci possiamo domandare: “Sì, vabbè, ma perché questi non si ribellano allo schiavismo, perché non scappano?”.
Questa scena ci mostra come non ci fosse una via d’uscita. No exit. Era come vivere dentro The Walking Dead, solo con al posto degli zombie gli schiavisti e al posto degli umani degli attori migliori.
E ci sono diverse altre scene difficili da cancellare dalla mente, come quella della compravendita degli schiavi venduti come carne in macelleria, o quella del faccia a faccia notturno di Michael Fassbender con Chiwetel Ejiofor degna di un thriller tesissimo, così come resta impresso e fa venire la pelle d’oca a risentirlo lo splendido tema musicale composto da Hans Zimmer e poi quel momento in cui Ejiofor si unisce al coro gospel “Roll Jordan Roll” in maniera sempre più convinta e disperata. Allora capisci che 12 anni schiavo non sarà un capolavoro assoluto ma quasi quasi gli si avvicina. È un film potente, emozionante, forte, che ti rimane incollato addosso, come una frustata che lascerà per sempre la sua ferita profonda sulla tua pelle.

Il cinema di Steve McQueen non è un cinema di parole. È un cinema di immagini, di sequenze come quelle appena citate che lacerano la pelle. Eppure in questo 12 anni schiavo il regista inglese, pescando nel libro scritto dal protagonista di questa incredibile vicenda, Solomon Northup, ci regala anche alcune parole meravigliose, su tutte:
“Io non voglio sopravvivere. Io voglio vivere.”
12 anni d’applausi.

Steve McQueen con questo film non ci prende per mano per raccontarci una storiella edificante, come avrebbe potuto fare uno Steven Spielberg. Steve McQueen ci scaraventa in mezzo al 1800 e ci abbandona lì. Non da soli, bensì insieme a Solomon Northup/Chiwetel Ejiofor, e ci propone una storia differente da quella di altre pellicole sulla tematica dello schiavismo. Solomon era un uomo libero che, da un giorno all’altro, è stato trasformato in uno schiavo. La pellicola mostra cosa significa perdere la libertà per chi la libertà ce l'ha avuta. 12 anni schiavo sbatte in faccia al pubblico della White America e a noi pubblico bianco tutto l’assurdità della schiavitù, ficcandoci in testa una domanda: “E se capitasse a noi? E se facessero questo a noi?”.
La vicenda di Solomon Northup sarà ovviamente vissuta in maniera più vicina dalle persone di colore, ma la sua è una storia universale che racconta la perdita del bene più prezioso dell’uomo, la libertà. Una parola che purtroppo troppo spesso negli ultimi tempi è stata usata a vanvera, fino a essere svuotata del suo vero significato.
Si potrà dire che 12 anni schiavo gioca bene le sue carte per ammiccare le giurie dei premi che contano, Golden Globe così come Oscar. Eppure, in una delle ultime scene, l’inquadratura sul volto di Chiwetel Ejiofor che ritorna a casa non si può considerare una ruffianata. Quella è la rappresentazione della liberazione. La rappresentazione di un uomo che si rende conto di aver riacquistato tutto quello che aveva perduto. Perché la libertà è tutto. Quello è lo sguardo di chi ha smesso di sopravvivere e ora può tornare a vivere.
(voto 8+/10)
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