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giovedì 1 maggio 2014

LABOR DAY – IL GIORNO DEL LABORO




Un giorno come tanti – Labor Day
(USA 2013)
Titolo originale: Labor Day
Regia: Jason Reitman
Sceneggiatura: Jason Reitman
Ispirato al romanzo: Labor Day di Joyce Maynard
Cast: Kate Winslet, Josh Brolin, Gattlin Griffith, Clark Gregg, James Van Der Beek, Tom Lipinski, Maika Monroe, Brooke Smith, Brighid Fleming, J.K. Simmons, Lucas Hedges, Dylan Minnette, Tobey Maguire
Genere: racconto di formazione
Se ti piace guarda anche: L’uomo senza volto, Mud, Stand by Me - Ricordo di un'estate

La giornata dei lavoratori negli USA si festeggia il primo lunedì di settembre. Perché?
Questo, se proprio vi interessa, ve lo potete leggere su Wikipedia.

In Italia invece la Festa del lavoro è tradizionalmente oggi. Solo perché un gruppo di artisti pseudo alternativi possano avere l’occasione di suonare al concertone del Primo Maggio? O per quale altro motivo?
Magari lo sapete già, in caso contrario potete scoprirlo sempre su Wikipedia.

Se vi interessano tutte queste cose, fate insomma che trasferirvi su Wikipedia, così vi fate una cultura. Se invece vi interessa sapere qualcosina sul film intitolato Labor Day e previsto in uscita in Italia, anche se non si sa bene ancora quando, con il titolo Un giorno come tanti, siete nel posto giusto.

Un giorno come tanti è un film come tanti?
No. Magari una volta. Oggi, e con oggi intendo non il Primo Maggio bensì il presente, non è una pellicola di quelle che si vedono tanto spesso. È un racconto di formazione più di quelli tipici degli anni ‘80/’90. Quei film come L’uomo senza volto, L’attimo fuggente o Stand by me. Non a caso è ambientato proprio negli 80s, più precisamente nel 1987, durante il weekend del Labor Day. Io sono un appassionato delle pellicole che come collocazione temporale vanno indietro in quel periodo, come Donnie Darko o Take Me Home Tonight, però va detto che per questo film il regista Jason Reitman ha fatto una scelta differente. Non ha puntato sulle canzoni e sugli abiti dell’epoca. Non ha inserito molti riferimenti espliciti a quel periodo. Jason Reitman ha deciso di raccontarci una storia quasi fuori dal tempo, ambientata nel passato, ma girata con uno stile da pellicola indie intimista odierna (e con odierna intendo sempre del presente, non del Primo Maggio). Niente Duran Duran, allora. Niente Madonna o Michael Jackson o capelli cotonati o inguardabili abiti iper-colorati. Manca qui la goduriosità dei superficiali anni ’80. Quella potete proprio scordarvela. Un giorno come tanti – Labor Day punta su altri elementi. Quali?
Questa è una risposta che NON potete trovare su Wikipedia, ma solo su Pensieri Cannibali.

"Sono un ricercato internazionale peggio di Dell'Utri, però chissene,
giochiamo a baseball!"
Il film parte da uno spunto thriller, che qualche regista sadico avrebbe potuto virare verso il genere splatter horror e invece Jason Reitman no. La pellicola inizia con il bruto Josh Brolin, un assassino appena evaso di prigione, che prende in ostaggio un ragazzino (l’emergente Gattlin Griffith, che sì, si chiama proprio Gattlin) e sua mamma (la solita brava Kate Winslet). Se a questo punto vi aspettate una serie di torture o un’adrenalinica pellicola ad alta tensione, di quelle con gli ostaggi e un’agente dell’FBI prossimo alla pensione che cerca di farli uscire tutti sani e salvi, pure in questo caso vi sbagliate. Quindi in questo film non ci sono canzoni 80s, né capelli cotonati e manco delle scene di tortura. E cosa c’è, allora?

C’è una storia d’amore. Vi viene in mente la Sindrome di Stoccolma? In questo caso avete ragione. Questo film è l’inno supremo alla Sindrome di Stoccolma. La casalinga disperata Kate Winslet, che non vede un bigolo da parecchio tempo, si innamora del bel (insomma, si fa per dire) assassino Josh Brolin che ha rapito lei e il figlio, ma l’ha fatto in maniera assai delicata, da vero e proprio gentiluomo. Al fascino del criminale è davvero difficile resistere e Kate Winslet manco ci prova. Dimenticando di essere sequestrata da un omicida ricercato in tutta la città, lo ospita a casa sua e si mette a disegnare cuoricini sul suo diario e sulle mutandine come una teenager in love.

In Un giorno come tanti c’è una storia d’amore, ma non solo. Il punto di vista è quello del figlio di Kate Winslet e questa è allora anche e soprattutto, come dicevamo all’inizio, una vicenda di formazione. Il ragazzino in quei giorni di inizio settembre del weekend del Labor Day 1987 vive un’esperienza che cambierà per sempre la sua vita. Innanzitutto perché non capita tutti i giorni di essere presi in ostaggio da un assassino, e soprattutto da un assassino che si rivela pure un uomo gentile e premuroso e che si vuole fare sua mamma. Allo stesso tempo, entrano in gioco anche altri fattori. I suoi genitori sono divorziati e, finalmente, ha l’opportunità di vedere sua madre felice, capace di riprendere in mano la sua vita per la prima volta da quando il marito l’ha abbandonata per correre dietro alla segretaria, un classico. Inoltre, il ragazzino protagonista vivrà la sua prima cotta pre-adolescenziale, grazie all’arrivo in città di una bambinetta (l'attrice rivelazione Brighid Fleming) che, nonostante abbia tipo 12 anni, sta già attraversando una fase di depressione giovanile pre-grunge. Pure lui, così come sua madre con il bandito, non potrà resistere al fascino della ribelle.

Un giorno come tanti parte allora come un thriller come tanti e poi diventa qualcosa di totalmente differente. Una pellicola in grado di avvolgere a sé lo spettatore con i suoi ritmi lenti e capace di toccare il cuore, anche dei meno sensibili, grazie a una parte finale che vi sembrerà o una ruffianata colossale, oppure vi farà piangere come vitelli.
Perché si dice piangere come vitelli?
La risposta a questa domanda non la trovate su Wikipedia, bensì su questo piccolo e non so quanto attendibile sito, La stradaweb.it.

Pensieri Cannibali risponde invece a un altro quesito. Un giorno come tanti è un film che va visto?
Sì, magari proprio oggi, in questo Labor Day italiano.
(voto 6,5/10)

mercoledì 30 aprile 2014

THE TO DO LIST, IL NYMPHOMANIAC DELLE COMMEDIE AMERICANE




The To Do List
(USA 2013)
Regia: Maggie Carey
Sceneggiatura: Maggie Carey
Cast: Aubrey Plaza, Johnny Simmons, Scott Porter, Bill Hader, Alia Shawkat, Sarah Steele, Rachel Bilson, Andy Samberg, Christopher Mintz-Plasse, Donald Glover, Clark Gregg, Connie Britton, Nolan Gould, Adam Pally, Jack McBrayer
Genere: anni novanta
Se ti piace guarda anche: Easy Girl, C’era una volta un’estate, American Pie, Suxbad, Non è un’altra stupida commedia americana, Ragazze a Beverly Hills

Come forse saprete, mi piace leggermente fare liste. Roba che il protagonista di Alta fedeltà è un pivello al mio confronto. Ispirato dalla visione di The To Do List, pellicola in cui Aubrey Plaza è una liceale che decide di compilare la lista delle “maialate” sessuali da fare prima di andare al college, vi propongo la mia personale lista di cose che vorrei fare, non prima dell’università, che con quella già ho dato, ma prima di morire.

The To Do List Cannibale
  • Farmi almeno una Spice Girl. Posso accettare persino Sporty Spice.
  • Incontrare una come Joe o B di Nymphomaniac su un vagone di Trenitalia.
  • Farmi frustare da Lars von Trier.
  • Fare un motoscafo tra le tette di Kate Upton.
  • Farmi Jennifer Lawrence. Non importa come e non importa quando. Va bene anche quando sarà una vecchia decrepita sul letto di morte.
  • Avere un figlio. Possibilmente con Britney Spears. E poi possibilmente abbandonarlo di fronte a una scuola di magia stile Hogwarts.
  • Farlo con una pornostar. Valentina Nappi, se per caso stai leggendo, questa è una richiesta ufficiale.
  • Organizzare un’orgia party con i Daft Punk che fanno da dj.
  • Partecipare a un Bunga Bunga party e poi essere pagato a vita da Berlusconi per non raccontare quanto successo.
  • Vedere Hollywood che sputtana un mio romanzo/racconto, ma mi copre di denaro mentre mi fotte.
  • Far diventare Pensieri Cannibali un sito più visitato di YouPorn.
  • Guardare il film The To Do List. ✓

L’ultima l’ho messa, così almeno una cosa posso spuntarla subito via dalla lista. The To Do List ho appena finito di guardarlo, dietro consiglio di Valentina che ringrazio, e mi ha esaltato come poche altre pellicole viste negli ultimi tempi. Questo è in pratica il film cannibale per eccellenza. È una commedia teen americana volgare e politically incorrect al punto giusto, ha una protagonista super alternative come la nuova diva indie Aubrey Plaza, ha una colonna sonora bomba ed è ambientato negli anni ’90.
90s is the new 80s. Dopo il revival degli anni ’80 che ormai ci stiamo lasciando alle spalle, adesso è arrivato il momento di ripescare il decennio successivo. Cosa che da una parte mi riempie di gioia, essendo la decade in cui sono cresciuto, e dall’altra mi mette una gran malinconia, visto che significa che sto davvero invecchiando.

The To Do List è tutto quello che si può chiedere a un film teen. Se non mi credete, facciamo una lista delle cose che ci devono essere in una pellicola adolescenziale come si deve e poi vediamo:

  • Tipa nerd che trova un lavoretto estivo che rappresenterà un passo fondamentale nella sua crescita personale ✓
  • Tipa nerd che si innamora del tipo figo ✓
  • Tipo nerd che si innamora della tipa nerd innamorata del tipo figo (Scott Porter delle serie Friday Night Lights e Hart of Dixie) ✓

  • Tipa nerd che poi non è così nerd e si rivela un bel vaccone ✓
  • Tipo nerd interpretato da Christopher Mintz-Plasse ✓

  • La sorella figa (Rachel Bilson, la Summer di The O.C. che qui ha in pratica lo stesso ruolo ed è sempre gnocca uguale) ✓

  • Amiche della protagonista sessualmente più esperte di lei ✓
  • Tipo grunge interpretato dal geniale Andy Samberg ✓

  • Un genitore spaventato all’idea di parlare ai figli di sesso (l’agente dello S.H.I.E.L.D. Clark Gregg) e l’altro che invece non vede l’ora di farlo (la MILF tv per eccellenza Connie Britton, quella delle serie Nashville, Friday Night Lights e American Horror Story stagione 1) ✓
  • Genitori che vedono i figli fare sesso ✓
  • Figli che vedono i genitori fare sesso ✓

The To Do List combina in pratica gli elementi fondamentali delle pellicole ormai super classiche degli anni ’80 di John Hughes, il memorabile Sixteen Candles – Un compleanno da ricordare su tutti, con i filmetti trash goliardici degli anni ’90/primi anni zero come American Pie e Non è un’altra stupida commedia americana. Sembra una puntata di Beverly Hills 90210, però riletta in chiave quasi parodistica ma non del tutto. C’è infatti un grande rispetto per gli anni ’90, citati in continuazione attraverso i poster della protagonista, attraverso gli abiti e le acconciature oggi inguardabili dei vari personaggi, e naturalmente attraverso le canzoni, che vanno dagli Spin Doctors alle Salt-N-Pepa e dai Cranberries a Marky Mark.

"E adesso quale altra lista dovrò inventarmi per superare quelle cannibali?"
C’è un grande rispetto per i 90s, ma allo stesso tempo c’è la voglia di andare oltre. Si può dire che in questo film non c’è niente che non si sia visto nelle pellicole e nelle serie tv di quel decennio e se il protagonista fosse un ragazzo, come il Jimbo di American Pie, sarebbe anche vero. Eppure un fattore di novità c’è. The To Do List è una pellicola profondamente femminista, in cui si va oltre la solita trama da romcom dove la ragazza di turno per raggiungere la vera felicità deve per forza trovare un bravo ragazzo, il grande amore della sua vita, e accasarsi. La protagonista di The To List è invece una ragazza indipendente che scopre a sue spese le gioie, così come i dolori, del sesso. Come Joe di Nymphomaniac, solo che questa è una commedia spassosa e leggera, ci sono meno, diciamo mooolte meno scene esplicite, e l’autore non è un pazzo maniaco geniale come Lars von Trier, bensì la più modesta esordiente Maggie Carey. La regista alle prime armi dimostra di essere dietro la macchina da presa ancora acerba, mentre come sceneggiatrice possiede già una buona consapevolezza dei propri mezzi. Non avrà realizzato la pellicola più originale del mondo, eppure il suo stile è fresco e ricorda quello della Diablo Cody dei primi tempi.
In pratica, The To Do List è la teen comedy più figa vista da molto tempo a questa parte. Oserei quasi dire dagli anni Novanta. Da mettere subito in cima alla lista dei film da vedere.
(voto 7,5/10)


martedì 11 marzo 2014

MOLTO RUMORE PER NULLA, SHAKESPEARE AI TEMPI DI JOSS WHEDON




Molto rumore per nulla
(USA 2012)
Titolo originale: Much Ado About Nothing
Regia: Joss Whedon
Sceneggiatura: Joss Whedon
Tratto dall’opera teatrale: Molto rumore per nulla di William Shakespeare
Cast: Amy Acker, Alexis Denisof, Clark Gregg, Reed Diamond, Fran Kranz, Sean Maher, Riki Lindhome, Spencer Treat Clark, Nathan Fillion, Tom Lenk, Jillian Morgese, Ashley Johnson
Genere: whedonshakespeariano
Se ti piace guarda anche: Romeo + Giulietta, Coriolanus, 10 cose che odio di te

C’è gente, un sacco di gente soprattutto nei paesi anglosassoni, cresciuta con le opere di William Shakespeare e poi c’è gente, un pochino meno gente, cresciuta con le opere di Joss Whedon. Io faccio parte della seconda categoria. Un pochino sono cresciuto pure io con il Bardo, ma soprattutto con Whedon, paparino di Buffy – L’ammazzavampiri. Non potevo allora proprio perdermi la pellicola Molto rumore per nulla, in cui i due talenti creativi di epoche differenti si sono congiunti in un lavoro solo.

"Oh Romeo, perché sei tu Romeo?
Ah no, scusa, ho sbagliato opera shakespeariana..."
Cosa c’è di Shakespeare nel film Molto rumore per nulla?
Molto.
La trama è la stessa e anche i dialoghi sono gli stessi dell’opera originale scritta dall'autore di fortunate hit mondiali come Romeo e Giulietta e Amleto. A cambiare è l’ambientazione, contemporanea. Nonostante questo, gli attori parlano nell’inglese shakespeariano e ciò all’inizio crea un effetto straniante, però tempo pochi minuti e ci si fa l’abitudine e soprattutto l’orecchio, un po’ come accade anche con il Romeo + Giulietta di Baz Luhrmann. Laddove quest’ultimo è una rivisitazione in chiave pop pulp anni ’90 del super classico del Bardo, Much Ado About Nothing mantiene un’impronta più classica, più teatrale, aderente allo stile shakespeariano riportato però in ambienti e costumi moderni. Dimenticate allora gli eccessi bazluhrmanniani, così come potete dimenticare anche il Joss Whedon di The Avengers. Scordatevelo del tutto, quello.

Joss Whedon gira qui usando un bianco e nero sopraffino, avvolgendo il tutto con musiche da lui stesso incise, riarrangiando persino un paio di canzoni composte dallo stesso Shakespeare per l’opera teatrale originale. Il suo è un vero e proprio omaggio al vecchio Will, talmente appassionato che riesce persino a evitare le accuse di manierismo o di mero esercizio di stile che all’inizio pure potrebbero venire in mente. Nonostante una cura formale splendida, la realizzazione è così genuina e casereccia (ma non amatoriale), che il testo di Shakespeare prende vita sotto una forma nuova, molto sincera.

"Era ora che mi davi una parte da protagonista, dannato Whedon!"
È evidente la distanza dai suoi lavori più celebri, Buffy, Angel, The Avengers, Agents of S.H.I.E.L.D. (di cui è co-creatore), Quella casa nel bosco (di cui era co-sceneggiatore), così come da quelli più di nicchia, come la sci-fi di Firefly, Serenity e Dollhouse, o il geniale esperimento di web-serie musical comedy horror Dr. Horrible’s Sing-Along Blog. Allo stesso tempo, i fan capiranno subito di sentirsi dentro a un’opera di Joss Whedon. La ragione? Soprattutto la scelta del cast.
Manca giusto Sarah Michelle Gellar, per il resto i pupilli dell’autore ci sono tutti: i protagonisti principali sono una sontuosa Amy Acker, attrice affascinantissima e sottovalutatissima che lavorissima soprattutto in tv e nelle produzioni whedoniane, e che qui alle prese con la scanzonata femminista Beatrice offre un autentico saggio di bravura. Al suo fianco si ritrova Alexis Denisof (Wesley nella serie Angel), meno bravo della collega eppure capace di rendere degnamente il divertente personaggio dello scapolone Benedetto. Intorno ai loro esilaranti battibecchi e alle loro scaramucce d’amore ruota la comedy di Shakespeare, e intorno a loro gira anche tutta una serie di personaggi molto ben delineati, interpretati da altri vari volti whedoniani come Tom Lenk (Andrew di Buffy), Fran Kranz (visto in Dollhouse e Quella casa nel bosco), Clark Gregg (quello di Agents of S.H.I.E.L.D.) e uno spassoso Nathan Fillion (quello della serie Castle, oltre che il protagonista di Firefly).

"Manco solo Buffy. Ma perché nessuno l'ha chiamata?"
"Troppo manesca, quella cattivona!"

In pratica è come trovarsi allo stesso tempo dentro un’opera whedon e non-whedon: sai che è un suo film, ma c’è qualcosa di diverso dal solito. Contemporaneamente, è come essere in un’opera teatrale di Shakespeare, ma con qualcosa di differente dal consueto. È il classico piccolo gioiellino prezioso, un film strano che a suo modo riesce a farsi amare. Ha incassato circa un millesimo rispetto al super successo The Avengers, un film cui l’espressione Molto rumore per nulla calza a pennello, ma vale mille volte tanto.
(voto 7+/10)

P.S. Il film non è previsto in uscita nei cinema italiani, ma si trova in rete sottotitolato.

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