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venerdì 9 settembre 2016

Le pazze lo chiamavano Jeeg Robot, gli altri Super Criminale, io Lupin IV





Lo chiamavano Jeeg Robot
(Italia 2016)
Regia: Gabriele Mainetti
Sceneggiatura: Nicola Guaglianone, Menotti
Cast: Jeeg Robot Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi, Antonia Truppo, Gianluca Di Gennaro, Salvatore Esposito, Francesco Formichetti, Maurizio Tesei, Daniele Trombetti
Genere: antisupereroistico
Se ti piace guarda anche: Unbreakable, Léon, Freaks!

Si trasforma in un raggio missile
con circuiti di mille valvole
tra le stelle sprinta e va...

No, mi spiace. Ho sbagliato sigla.

Mila e Shiro due cuori nella pallavolo
Shiro e Mila, amore a prima vista è
Mila e Shiro due cuori nella pallavolo
Shiro e Mila, che dolce sentimento è
Sempre, sempre così, sarà per Mila e Shiro
Sempre, sempre così, sarà per Mila e Shiro...

Ho sbagliato ancora e questa volta pure genere. Scusate, ma i miei ricordi d'infanzia sono abbastanza confusi. Capitemi. Già faccio fatica a ricordare cosa ho mangiato ieri sera. Faccio persino fatica a ricordare cosa ho mangiato 'sta mattina e la colazione l'ho terminata massimo 10 minuti fa. Figuriamoci se mi ricordo di quando ero un bambino. Forse ero un bimbominkia ante litteram. E forse lo sono ancora.

Corri ragazzo laggiù
cola tra lampi di blu
corri in aiuto di tutta la ggente
dell'umanità

Ora ci siamo!

mercoledì 28 novembre 2012

Cameron Diaz, non pulire questo sangue

"Ammazza quanto mena, quella Cameron Diaz!"
Diaz - Non pulire questo sangue
(Italia 2012)
Regia: Daniele Vicari
Cast: Jennifer Ulrich, Elio Germano, Claudio Santamaria, Davide Iacopini, Renato Scarpa, Ralph Amoussou, Fabrizio Rongione, Antonio Gerardi, Paolo Calabresi, Ignazio Oliva, Rolando Ravello
Genere: crudo
Se ti piace guarda anche: A.C.A.B. - All Cops Are Bastards, Elephant, Polytechnique

Impossibile dire “Mi è piaciuto, non mi è piaciuto” per un film come questo. Non è una visione piacevole, non ci sono dubbi. Le sensazioni che si provano sono più vicine a quelle di una pellicola horror. Come The Human Centipede, solo che è tutto vero. È successo tutto e qui, in Italia. Non in qualche regime del passato o in qualche luogo distante.

"Va bene, Cameron Diaz è una bella donna.
Però ti sembra il caso di intitolarle addirittura una scuola?"
Si fa fatica a crederlo, eppure ripensando a quei giorni, a quella confusa fine di luglio 2001, torna alla mente un periodo di enormi tensioni, che oggi stanno ritornando prepotentemente, in Italia quanto in altri paesi. Sta tornando l’odio, le tensioni sociali, le guerre dei poveri, tra chi cerca di far valere i propri diritti e i poliziotti. E i politici? Loro no, non sono in mezzo al campo di battaglia. Loro assistono (forse pure divertiti) agli scontri da lontano. Tranquilli e beati.

L’attacco, perché di questo si è trattato, dei poliziotti alla scuola Diaz è qui presentato con una ferocia che fa tornare alla mente altre visioni scolastiche. I telefilm americani ambientati nelle high school come Beverly Hills o Dawson’s Creek?
Non esattamente. Mi riferivo più a cose come Elephant o Polytechnique, film su stragi compiute da pazzi. La differenza è che qui sono compiute dalla polizia, su precisi ordini dall’alto. Qui si tratta di una lucida follia di massa. L’irruzione alla Diaz presentata in maniera nuda e cruda da Daniele Vicari è sicuramente tra le scene horror dell’anno e anche in alcuni altri momenti il regista italiano ci regala attimi di grande cinema. Non solo di cinema verità o di cinema di denuncia.

"Non so se si merita il nome di una scuola, ma io a quella Cameron Diaz
due colpi di manganello glieli darei, se sai cosa intendo..."
Purtroppo, a livello cinematografico non tutto funziona così bene. Il livello di recitazione ad esempio è decisamente bassino. Bravi Claudio Santamaria e la martoriata Jennifer Ulrich (vista anche nel notevole L’onda), mentre diversi altri attori e comparse appaiono parecchio impostati, poco naturali, come se recitassero in una fiction di bassa lega. Ed è un peccato, perché Vicari invece dirige con piglio deciso.
A far nascere qualche dubbio è poi la scelta di raccontare la storia in maniera eccessivamente corale. Una scelta che ci permette una pluralità di punti di vista, ma che risulta persino troppo frammentaria. Per quanto avrebbe potuto inficiare sull’effetto realistico del tutto, non sarebbe stato male approfondire maggiormente alcuni personaggi. Nella prima poco convincente mezz’ora, in particolare, si ha un quadro troppo generale e si fa fatica ad avvicinarsi ai personaggi.
Il bello del film, o meglio il brutto, arriva con l’irruzione della polizia alla Diaz. Porco Diaz, che scena! È qui che la pellicola si trasforma da semplice e diligente ricostruzione di un momento nerissimo della storia italiana recente, da cronaca di una pagina vergognosa, a qualcosa di più. Diventa un horror vero e proprio. Sembra di essere in un episodio di The Walking Dead, solo che al posto degli umani ci sono i poliziotti, e al posto degli zombie ci sono le persone che se ne stavano tranquille e pacifiche alla Diaz.

"Vogliamo anche una scuola intitolata a Natalie Portman, brutti bastardi!"
Diaz - Non pulire questo sangue può anche essere visto come un j’accuse contro la polizia italiana e in fin dei conti lo è. Anche perché è tutto successo, tutto documentato e tutto prontamente infangato, con una giustizia, molto parziale, che è arrivata a punire (una parte de)i colpevoli solo di recente, con anni di ritardo. Da un punto di vista cinematografico, Diaz convince a tratti, mentre lascia perplessi in alcune parti. Il finale, ad esempio: chiudere sul primo piano di Jennifer Ulrich, protagonista delle scene fisicamente più pesanti, sarebbe stato perfetto; l’ultima sequenza con l’inquadratura delle colline invece, che cosa mi rappresenta?
Un altro dubbio che mi viene è: cosa può pensare di questa visione chi quell’anno di disgrazia 2001: Odissea nello strazio non l’ha vissuto in presa diretta? Io non ero fisicamente presente alla Diaz (per fortuna) e non ero a Genova, però ho seguito i fatti attraverso la visione distorta fornita dai media e ho pian piano scoperto qual era stata la tremenda realtà. Ma un 18enne, ad esempio, o comunque chi di questa vicenda non sa nulla, cosa ne può pensare dalla sola visione del film? Vicari ha realizzato una ricostruzione molto ambiziosa, ma è riuscito davvero a ricreare quel periodo, con tutte le sue contraddizioni?
Sì? No? Ni? Secondo me in parte sì, ma non al 100%. È come se mancasse qualche pezzo di questo complesso puzzle. Il punto dei vista degli sbirri, ad esempio. Vediamo il poliziotto “buono” Claudio Santamaria, mentre la follia degli altri A.C.A.B. si sarebbe potuta approfondire. Da un punto di vista politico, poi, vediamo le solite porcherie dell’organizzazione locale, ma quelli che stavano più in alto? Quelli del G8 per cui alla fine tutti questi casini sono nati? Si poteva forse osare qualcosina di più, sotto questo aspetto.
Pur con tutti i suoi difetti, Diaz resta comunque un film necessario, un pugno allo stomaco dello spettatore. E uno degli horror italiani più spaventosi dai tempi di… Dario Argento quando era in forma?
Nah, direi dai tempi di... Videocracy.
(voto 6,5/10)

Post pubblicato anche su L'orablu, in versione doppia recensione con quella di Beatrix Kiddo.


lunedì 24 maggio 2010

Fo**imi ancora

Baciami ancora
(Italia, 2010)
Regia: Gabriele Muccino
Cast: Stefano Accorsi, Vittoria Puccini, Claudio Santamaria, Giorgio Pasotti, Pierfrancesco Favino, Marco Cocci, Sabrina Impacciatore, Daniela Piazza, Primo Reggiani, Adriano Giannini, Valeria Bruni Tedeschi

Le premesse certo non sono delle migliori. Gabriele Muccino torna dalla trasferta hollywoodiana con in valigia l’orripilante inno al capitalismo e al conformismo sociale titolato La ricerca della felicità e il sonnacchioso inno alla vita new-age di 7 anime. In più, tanto per tirar su qualche altro soldino, il Muccino si è messo a fare tutta una serie di pubblicità merdose (la Tband Tim la scorsa estate, quest’anno la minchiata con Christopher Lambert per Fiat).
Dico questo con rammarico, visto che i suoi film italiani mi sono piaciuti. Davvero frizzante e divertente all’esordio con Ecco fatto; piacevolmente adolescenziale, prima che il genere adolescenziale venisse sputtanato da Moccia, in Come te nessuno mai (il suo film che preferisco); melodrammatico e con tentativi (magari non del tutto riusciti) di descrizione generazionale in L’ultimo bacio. Infine, esageratamente melodrammatico e con tentativi (anche qui non pienamente riusciti) di descrivere la società italiana tra veline e borghesia romana in Ricordati di me. Tutti film se non altro personali e vivi.
A far da traino al suo ritorno in patria, per cui ha rispolverato i personaggi del suo film più celebre, è arrivata poi la canzone “Baciami ancora” del Jovanotti. Una ruffianata assurda, laddove “L’ultimo bacio” di Carmen Consoli era una delicata, dolce, bella ballad nostalgica.

Premesse non delle migliori e anche l’inizio non è dei più esaltanti. La voce fuori campo alla American Beauty era roba da 10 anni fa. Il cercare di scimmiottare l’intreccio di personaggi di Magnolia pure. Moh basta, però. Ecco: i personaggi del film sembrano rimasti ancorati allo scorso decennio. Nel passaggio dai 30 ai 40 non sono cresciuti per niente. Forse sono persino regrediti.
Accorsi è ancora più frenetico e nervoso, tanto che, ironia della sorte, in questo Ultimo bacio – Parte seconda ci rimette quasi le penne per lo stress. Dategli dello Xanax, please, o fatelo andare da uno strizzacervelli bravo.
Pierfrancesco Favino ha le orecchie e un ego ancora più grosso. E pensare che c’è chi lo considera un sex-symbol.
Giorgio Pasotti è cambiato. In peggio. L’hanno ridotto davvero in uno stato pietoso, con una pettinatura che al confronto il Javier Bardem di Non è un paese per vecchi quando passa per strada lo chiamano “Ah bellicapelli!”
Per fortuna che c’è Claudio Santamaria in versione depresso-psicopatico ad alzare il ritmo di un film che parte piatto.
Marco Cocci è sempre quello libero, indipendente, che sogna di fuggire da questa Italia di merda senza prospettive e da un lavoro eternamente precario al supermercato.
E anche Muccino alla fine è sempre lo stesso. È tornato con una consapevolezza maggiore dei propri mezzi, una fotografia più ricercata ma fondamentalmente è lo stesso che era prima di attraversare l’Oceano. Il che, visti i risultati americani, è un bene anche se i difetti pure stavolta non mancano: la sceneggiatura ha delle svolte facili e prevedibili, Muccino ha un gusto musicale da spot Barilla e costruisce paesaggi agresti da cartolina, per non dire da spot Tim.

Qualche cosa però è cambiata, almeno a livello di cast femminile. Anche nelle critiche negative al film, quasi tutti hanno sostenuto quanto Vittoria Puccini fosse brava e non facesse sentire la mancanza di Giovanna Mezzogiorno. No, dico: stiamo scherzando? Elisa di Rivombrosa che sostituisce la (forse) migliore attrice italiana di oggi e si dice che non si sente la sua mancanza? Ma andatevenetuttiaffaaaaaaancuore
Ché pure fisicamente le due non c’azzeccano una mazza l’una con l’altra e solo quello stordito di un Accorsi può essere l’unico a non accorgersi che sua moglie si è trasformata in un’altra donna, mentre prova in tutti i modi a fottersela, pardon “baciarla”, ancora.
Se ne L’ultimo bacio era la ragazzina Martina Stella a far scatenare la crisi, stavolta in un ribaltamento dei sessi è Daniela Piazza, la moglie di Dumbo Favino, a spassarsela con un ragazzino più giovane.
E poi c’è Sabrina Impacciatore, migliorata sia fisicamente che a livello recitativo. Sembra oggi quasi una Charlotte Gainsbourg de Tor Vergata. Aò.

Son tornate le lucciole a Roma, canta Jovanotti. E proprio come una "lucciola" che si è prostituita a Hollywood, anche Muccino è tornato. Tra luci e ombre, con i suoi pregi e i suoi difetti. Ma almeno ha smesso per un momento di fare lo schiavetto al soldo di Willy Smith, di Tim o di Fiat (seppure qua dentro c’è una gran bella marchetta della Lancia Ypsilon) e ha fatto un cinema suo al 100%.
(voto 5,5)

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