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venerdì 16 novembre 2012

Cogito Argo sum

"Oh, ma qua poster di Lady Gaga non ne hanno?"
Argo
(USA 2012)
Regia: Ben Affleck
Sceneggiatura: Chris Terrio
Ispirato a un articolo di: Joshuah Bearman
Cast: Ben Affleck, Bryan Cranston, Alan Arkin, John Goodman, Victor Garber, Tate Donovan, Christopher Denham, Scoot McNairy, Kerry Bishé, Clea DuVall, Rory Cochrane, Kyle Chandler, Chris Messina, Zeljko Ivanek, Titus Welliver, Farshad Farahat, Taylor Schilling
Genere: arguto
Se ti piace guarda anche: Homeland, 24

"...E non c'è manco uno che mi chiede l'autografo. Ma dove sono finito?"
Fino a poco tempo fa, quando pensavi a Ben Affleck pensavi a Ben Affleck il sex symbol, Ben Affleck ‘o sciupafemmene che passa da J.Lo a Jennifer Garner, Ben Affleck l’attore modesto. L’attore modesto e dall’espressività limitata che però ti dava l’impressione di avere qualcosa in più da offrire. Sarà per quella sceneggiatura da Oscar scritta a quattro mani insieme all’amichetto Matt Damon, quella per Will Hunting - Genio ribelle, il film che ha rivelato entrambi. Che dopo ce l’ha messa tutta, per farsi dimenticare di essere uno sceneggiatore da Oscar, intepretando filmetti come Pearl Harbor, Daredevil o Amore estremo. E invece, il Ben aveva una carta inaspettata da giocarsi, quella da regista.
Contro ogni aspettativa, Ben Affleck esordiva ben bene, con il thriller parente di Mystic River, Gone Baby Gone. Al che pensavi che vabbé, un film decente può riuscire a chiunque. È riuscito persino a Ligabue, con l’esordio Radiofreccia, non c’è da stupirsi troppo sia venuto fuori a Ben Affleck.
Con il secondo film, lo splendido The Town, i dubbi che a Ben il primo colpo non fosse uscito per puro caso arrivavano. Si aveva semmai l’impressione che con l’esordio fosse persino andato con il freno tirato, mentre per le strade di The Town Affleck scorrazzava che è un piacere.
Se un indizio può non voler dire niente e due indizi possono rappresentare un semplice caso, al terzo non c’è più spazio per i dubbi. Il terzo è una prova. Argo è una prova.
Prova di cosa?
Prova che Ben Affleck è un dannato grande regista. Uno dei migliori in circolazione negli USA al momento.
Chi l’avrebbe detto? Probabilmente nemmeno lui stesso, visto che con autoironia, attraverso un dialogo presente nel film, schernisce la sua nuova professione:

“Si impara a fare il regista in un giorno?”
“Perfino una scimmia impara a fare il regista in un giorno.”

"Signore, mi spiace ma questo coso pieno di cocaina è leggermente illegale.
Se però se lo infila nel didietro, faccio finta di non aver visto niente..."
Un grande merito dell’Affleck regista è quello di sapersi scegliere delle belle storie da raccontare. Dopo i romanzi da cui erano tratti i suoi due film precedenti, a ispirare questa sceneggiatura impeccabilmente firmata dall’esordiente Chris Terrio è invece un articolo. Una storia talmente da film da essere vera.
A cavallo tra il 1979 e il 1980, 6 diplomatici americani si ritrovano rifugiati politici dell’ambasciata canadese in Iran. Il governo degli USA vuole farli tornare in patria, ma come fare, vista la delicatissima situazione in quel paese?
"Certo che come produttore sei proprio braccine corte, Ben. Non solo
il pranzo ce lo dobbiamo fare sugli scalini con la roba del McDonald's,
ma hai pure usato i buoni sconti, hai usato. Te credo che J.Lo t'ha lasciato!"
ATTENZIONE SPOILER
È qui che arriva Ben Affleck bello fresco, in versione consulente della CIA, e propone un’idea singolare e folle per riportarli negli Stati Uniti: organizzare le riprese di un finto film di fantascienza, intitolato per l’appunto Argo, e fingere che i 6 facciano parte della troupe, giunta in Iran per dei sopralluoghi per le location. Ce la faranno i mezzi del cinema a riuscire laddove la politica sembra fallire?

Lo scopriremo con Ben Affleck che ci terrà la manina attraverso i vari registri della pellicola. Dopo una prima parte prettamente politica, Argo diventa una visione con vari spunti divertenti e una serie di battute scoppiettanti. Perché Argo è un film di fantascienza all’interno della finzione narrativa della pellicola stessa, mentre l’Argo firmato da Ben Affleck è una pellicola politica e spionistica, ma trova pure il tempo di concedersi qualche sberleffo nei confronti di Hollywood e dei suoi meccanismi. Sberleffo e al contempo una celebrazione di Hollywood, visto che la missione è organizzata con l’aiuto di un paio di producers cinematografici, due gigionissimi Alan Arkin e John Goodman, i migliori di un cast ricchissimo e mega-telefilmico.

"Siamo troppo retrò in questa foto, altroché Instagram!"
Accanto al Ben Affleck protagonista, che tra Argo e The Town si dimostra attore più convincente quando si auto dirige, compaiono infatti un sacco di volti proveniente perlopiù dal mondo delle serie tv: Bryan Cranston di Breaking Bad qui come in Drive e Detachment si ritaglia solo un ruolo marginale, però almeno fa dimenticare una serie di comparsate in pellicole dimenticabili come Larry Crowne e Total Recall; sfilano poi Tate Donovan di The O.C. e Damages, Clea DuVall attualmente guest-star di American Horror Story Asylum, Kyle Chandler di Friday Night Lights, Titus Welliver Uomo in nero di Lost, Chris Messina di Damages e The Mindy Project, e questo solo per citarne alcuni. Occhio poi pure a una manciata di rivelazioni indie da tenere appunto d’occhio: Christopher Denham, di recente visto nel notevole Sound of My Voice, Scoot McNairy di Monsters e la gnocchetta Kerry Bishé vista in Red State.
Ma è un cast talmente ricco che si farebbe prima a nominare chi non è presente. Matt Damon, ad esempio. Che Ben & Matt negli ultimi tempi non siano più BFF come una volta?

"Ma stiamo girando Argo il finto film all'interno del vero film, oppure Argo
il vero film ispirato a un fatto reale? Non ci capisco più niente neanch'io..."
Oltre a un gran cast, a una splendida cura nella fotografia, nei costumi e persino nelle pettinature tardo ’70, a funzionare è il ritmo. Ben Affleck sa come tenere il tempo. Dopo averci divertito con la parte dedicata al dorato mondo di Hollywood, ci scaraventa in una parte finale al cardiopalma, in cui la tensione raggiunge gli stessi livelli delle puntate migliori delle migliori serie spionistiche dell’ultimo decennio, Homeland e 24.
Ben Affleck sembra quindi ricalcare le orme del suo altro amichetto, George Clooney, che non a caso figura tra i produttori di questo Argo. Entrambi sex symbol, entrambi attori non fenomenali, eppure migliorati pure in questo campo negli ultimi tempi. Da quando fanno i registi. Che poi fare i registi è la cosa che riesce loro meglio. A parte fare gli sciupafemmene in giro. Almeno Ben, viste le voci che circolano sul conto del bel George…

E allora Ben Affleck, gran figlio di una buona donna, did it again. E se un indizio può non voler dire niente e due indizi possono rappresentare un semplice caso, al terzo non c’è più spazio per i dubbi. Il terzo è una prova. Argo è una prova. Anzi, come prova basterebbe la sola grandiosa scena di montaggio alternato tra la conferenza stampa tenuta da un’attivista iraniana e quella tenuta dai producers del finto film Argo, un magistrale alternarsi di realtà e fiction, nonché di due diversi approcci al mondo, che racchiude tutta la grandezza del vero film Argo.
Ah, ho dimenticato una cosa fondamentale: cosa vuol dire Argo?
Argo vaffanculo se non lo guardate!
(voto 8/10)

Post pubblicato anche su L'orablu.

sabato 2 giugno 2012

The Faculty: l’invasione degli ultraporci

L'appuntamento con il film cult della settimana lo potete leggere anche sul blog L'orablu. Questa settimana è dedicato a una pellicola di tema vagamente fantascienti-fico e vagamente catastrofista.

The Faculty
(USA 1998)
Regia: Robert Rodriguez
Cast: Elijah Wood, Josh Hartnett, Jordana Brewster, Clea DuVall, Laura Harris, Shawn Hatosy, Robert Patrick, Famke Janssen, Salma Hayek, Bebe Neuwirth, Piper Laurie, Christopher McDonald, Usher Raymond, Jon Stewart, Jon Abrahams, Summer Phoenix, Danny Masterson
Genere: invasione aliena
Se ti piace guarda anche: Mars Attacks!, L’invasione degli ultracorpi, La guerra dei mondi, Super 8, Scream

Ispirato al classico fordiano L’invasione degli ultracorpi, The Faculty è una rielaborazione divertita del tema “invasione aliena” in perfetto stile Kevin Williamson.
Dopo aver destrutturato ma più che altro preso per il culo il genere horror con Scream e dopo aver riletto in chiave personale il filone teen con la serie Dawson’s Creek, nel 1998 allo sceneggiatore viene affidato il compito di rivedere e correggere alla sua maniera addirittura il genere fantascientifico.
Anche qui, così come in Scream, i protagonisti vivono l’invasione aliena in maniera post-moderna, tenendo ben presente le regole imparate dalle pellicole cinematografiche, il citato L’invasione degli ultracorpi in primis. Ma i riferimenti vanno anche al romanzo Il terrore della sesta Luna, a La cosa di John Carpenter, a E.T. ai Men in Black e quant’altro arrivando persino alla Bibbia. Un menù Gran Gourmet servito in tavola dallo chef Williamson con la sua solita abbondante dose di ironia.
Il tutto è poi guarnito da una colonna sonora troppo ’90, davvero troppo ‘90, con Garbage, Offspring, Creed e addirittura titoli di coda con un pezzo degli Oasis.

"Alieni? Chissene, io ne approfitto per toccare! So' mica Frodo..."
Con una sceneggiatura citazionista del genere servita su un piatto d’argento, uno come Robert Rodriguez s’è divertito un mondo a trasformare le parole di Kevin Williamson in immagini e ad aggiungere la sua piccante dose di salsa messicana.
Per prima cosa, l’amichetto intimo di Q.T. (per rispetto, ho deciso che d’ora innanzi chiamerò Quentin Tarantino solo con le iniziali) si è scelto un cast pure questo un sacco 90s e soprattutto un sacco variegato: Elijah Wood, futuro Frodo qui per la prima volta chiamato a salvare i destini del mondo, la fighetta fast & furious Jordana Brewster, la dark-goth pre-emo Clea DuVall, la M.I.L.F. Famke Janssen, la sua amichetta latina Salma Hayek (purtroppo neanche lontanamente caliente come in Dal tramonto all’alba), la biondina ambigua Laura Harris, il quarterback intellettuale-wannabe Shawn Hatosy, Robert Patrick (reduce da X-Files e Terminator 2), nei panni di un allenatore di football severissimo che verrà parodiato in maniera esilarante in Non è un’altra stupida commedia americana.


Non è mica finita: ci sono pure la sempre inquietante Piper Laurie recuperata da Twin Peaks e Carrie - Lo sguardo di Satana, il cantante R&B Usher, persino il conduttore tv Jon Stewart e poi Josh Hartnett.
Josh Hartnett è uno dei più grandi misteri recenti di Hollywood. Ha fatto il filmetto horror sequel ideale per iniziare a farsi conoscere, Halloween 20 anni dopo, ha interpretato il tipo più figo del mondo per eccellenza ovvero Trip Fontaine ne Il giardino delle vergini suicide di Sofia Coppola, ha fatto la marketta nel blockbusterone di turno, Pearl Harbor, la commedia giusta per rivelare la sua versatilità anche in campo comedy, ovvero il sempre divertente 40 giorni & 40 notti, è tornato con Rodriguez per Sin City, ha fatto uno pseudo-cult criminale come Slevin, un thriller sottovalutato come Appuntamento a Wicker Park e poi una puntata dritta nel cinema d’autore, con Black Dahlia di Brian de Palma, sul cui set ha pure conosciuto Scarlett Johansson, con cui ha vissuto una breve quanto paparazzata e glamour liaison. Insomma, è figo, è bravo, recita con i registi giusti e finisce su tutti i magazine mondiali. E poi?
Poi gira 30 giorni di buio e sulla sua carriera cala letteralmente il buio. Non solo per 30 giorni.
Colpa di una serie di scelte poco fortunate, o magari di un pessimo agente che gli consiglia i film sbagliati, ma il buon Josh Hartnett negli ultimi tempi si è visto davvero poco e solo in robe del tutto evitabili con titoli come Stuck Between Stations e Bunraku (?!?).
Josh, come ti sei ridotto in questo stato?
Pazzesco: allora gli emo esistevano ancor prima dei Tokio Hotel!
Misteri di Hollywood…

Ritornando alla misteriosa invasione aliena di questo The Faculty, dicevamo di quanto Robert Rodriguez si dev’essere divertito a girarlo, con un entusiasmo contagioso e godurioso che è riuscito a trasmettere anche alla pellicola.
The Faculty è un ultracorpo che visto oggi appare così 90s e proprio per questo lo si guarda con un filo di nostalgia. Quando una volta guardavi i film anni ‘80 pensavi: “Cazzo, quanto sono anni ’80!”, adesso capita che guardi una pellicola come The Faculty e pensi: “Cazzo, che film anni ’90!”.
Ti rendi così conto che il tempo passa, le invasioni aliene pure, ma il divertimento resta. E quello regalato da un film come The Faculty è rimasto (quasi) del tutto intatto.
(voto 7+/10)

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