Boh, non riesco a capire se siamo a Milano o a Gotham City, in fondo si assomigliano, entrambe avvolte nella scighera come sono. In tutto il mondo lo chiamano solo Batman. Qua a Milano invece lo chiamiamo il Batman. Anche se, più che il solito Batman pieno di danè playboy e cummenda, figlio di un baùscia, sembra un incrocio tra il Kurt Cobain e lo Sherlock Holmes.
Soltanto una di queste recensioni de L'inganno, il nuovo film di Sofia Coppola, è quella vera. Riuscite a capire qual è, e quali invece sono solo un inganno?
Leggetele e poi partecipate al sondaggio presente a fondo post. ⬇⬇⬇
L'inganno
Titolo originale: The Beguiled
Regia: Sofia Coppola
Cast: Colin Farrell, Nicole Kidman, Kirsten Dunst, Elle Fanning, Oona Laurence, Angourie Rice, Addison Riecke, Emma Howard
Cast: Colin Farrell, Rachel Weisz, Léa Seydoux, Olivia Colman, Jessica Barden, John C. Reilly, Ben Whishaw, Angeliki Papoulia, Ariane Labed
Genere: animalesco
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Se vi capitasse, cosa probabile, di dovervi reincarnare in un animale, quale scegliereste?
Io vorrei essere un gatto. Sono i miei animali preferiti. Sono indipendenti. Fanno la pipì e la popò senza aver bisogno di qualcuno che li accompagni. Dormono quasi sempre. Gli piace la pussy. Non combinano un cavolo tutto il giorno e vanno a zonzo per discoteche, bar e locali la notte. Si godono la vita alla grande e, in più, se la godono per 9 volte. Chi se la passa meglio di loro?
Cast: Colin Farrell, Vince Vaughn, Rachel McAdams, Taylor Kitsch, Kelly Reilly, Abigail Spencer, Leven Rambin, David Morse, Lolita Davidovich, Yara Martinez, Emily Rios, C.S. Lee, Fred Ward
Genere: WTF
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Dei bei personaggi intrappolati dentro una storia di merda.
Volendo sintetizzare brutalmente, si può riassumere così la stagione 2 di True Detective. Se invece volete riassumerla in un altro modo, a voi la parola, se ne avete il coraggio. Cercare di parlare della trama di TD2 non è infatti proprio semplice, visto che non si è capita una mazza.
Alcune cose però si sono capite. Vai di elenco:
- A nessuno è mai fregata una cippa dell'omicidio del fantasmino Caspere. Nè tanto meno della questione dei gioielli.
"Hey, sono l'unica che ha seguito questa stagione solo per vedere come finiva il caso di Caspere?"
Cast: Emma Thompson, Tom Hanks, Annie Rose Buckley, Colin Farrell, B.J. Novak, Jason Schwartzman, Paul Giamatti, Bradley Whitford, Kathy Baker, Rachel Griffiths, Luke Baines
Genere: genesi di un film
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È possibile fare un bel film sulla realizzazione di un brutto film? Cerchiamo di scoprirlo.
Come ho testimoniato ieri, la visione di Mary Poppins mi ha provocato nausea e incazzature varie, con tutte le sue canzoncine cinguettose e i suoi eccessi di disneysmo sfrenato. Quindi, anche se magari non sarete d’accordo, per me Mary Poppins è un brutto film. Un film pessimo.
A ciò dobbiamo aggiungere un’altra questione mica da poco. Nel cast di questo Saving Mr. Banks c’è Mr. Tom Hanks. Come forse saprete, c’è una sola cosa che mi infastidisce più di Mary Poppins o di Antonella Ruggiero che cantano: la visione di un nuovo film con Tom Hanks. Questa volta, il Fabio Fazio degli attori hollywoodiani ha deciso di superare se stesso e mettermi ulteriormente alla prova in una maniera perfida. In Saving Mr. Banks, il film sulla lavorazione del film di Mary Poppins, Hanks ha deciso di interpretare non un personaggio a caso, bensì Walt Disney. E io con il mondo Disney non è che vada proprio d’accordissimo e in particolare per Walt Disney non è che abbia mai provato un’enorme simpatia. Al creatore dell’insopportabile perfettino Topolino ho sempre preferito Carl Barks, autore del mio personaggio preferito dell’universo disneyano, il mitico, avidissimo, cattivissimo Paperon de’ Paperoni, il vero paparino dei vari Gordon Gekko di Wall Street e Jordan Belfort di The Wolf of Wall Street.
Le premesse erano quindi per me davvero tragiche.
Mary Poppins + Tom Hanks + il personaggio di Walt Disney all’interno di una pellicola prodotta dalla stessa Disney = ero già pronto al suicidio.
Prima di compiere il gesto estremo, ho però deciso di dare una possibilità a questo Saving Mr. Banks, sperando si sarebbe potuto trasformare in un mio Saving Mr. Hanks. Invece no. Non ho salvato Tom Hanks. Io in questo film Tom Hanks l’ho odiato. Come al solito, più del solito. Eppure qui questo odio è giustificato, perché Tom Hanks interpreta Walt Disney e Walt Disney è il cattivo di turno.
Un film della Disney in cui Walt Disney è il villain?
Sì, così almeno è come io personalmente ho visto il film.
Saving Mr. Banks racconta di come la serie di libri per ragazzi di Mary Poppins realizzata dalla scrittrice inglese Pamela Lyndon Travers si è trasformata nel celebre film della Disney Mary Poppins che tutti conosciamo, che alcuni di voi amano e che io invece odio. Il processo per portare la tata più magica e più celebre del mondo su grande schermo è stato tutt’altro che semplice. Walt Disney, l’ostinatissimo Walt Disney, l’uomo che non accetta un no come risposta, aveva provato per 20 anni a convincere la Travers a farsi cedere i diritti per realizzarne un adattamento cinematografico, ma lei gli ha sempre risposta: “Ciucciamela!”
Perché?
Perché non voleva che la sua storia, i suoi personaggi, la sua Mary Poppins venissero disneyzzati. Non voleva che la sua saga fosse trasformata in una pellicola musical a cartoni animati. Come darle torto, a questa donna illuminata, come darle torto?
"Ebbene sì, la Rai ha trovato un nuovo conduttore per Sanremo
ancora più buonista di Fabio Fazio: me!"
Il tempo passa, lei continua a dire no, fino a che, a inizio anni Sessanta, l’esercito Disney alza il tiro del suo corteggiamento sfrenato, invitando la Travers a partecipare alla realizzazione del film nei suoi studi hollywoodiani. La P.L. Travers (ma perché tutti gli scrittoroni autori di saghe fantasy hanno più di un nome?) si trova così in un ambiente zuccheroso, tipicamente disneyano, che la infastidisce. Come darle torto di nuovo?
Walt Disney, il Male fatto persona, di fronte a lei è tutto buono buonino, come i tipici protagonisti delle sue pellicole. In realtà fa di tutto pur di realizzare il film che lui vuole. Non gliene frega niente della Travers o della Mary Poppins originale. A lui interessa solo comprare le persone, comprare le loro storie, modificarle e portare nei cinema la sua ennesima versione edulcorata e malata del mondo. Fino a che non vince lui. Questo film in pratica è, almeno per come l’ho vista io, una discesa negli Inferi.
Un grande pregio di Saving Mr. Banks è quello di mostrarci come la Travers abbia trovato l’ispirazione per la sua Mary Poppins. Attraverso una serie di flashback riviviamo la problematica infanzia della scrittrice cresciuta con un padre alcolizzato, Colin Farrell, attore irlandese noto bevitore scelto non a caso per questo ruolo che gli calza a pennello. Grazie a questa parte veniamo così a conoscere le vere radici della storia, del personaggio creato dall’autrice, ben lontano dalla messa in scena zuccherosa della versione disneyana. Questi flashback sono alternati in maniera sapiente con la parte che vede la Travers adulta, intepretata da una Emma Thompson, attrice che pure lei non m’è mai piaciuta, più che convincente.
"Benvenuto nel tuo Inferno personale, Cannibal!"
La vera rivelazione personale del film comunque è lui, sì proprio lui: Tom Hanks. Ma non avevo detto che l’avevo trovato ancora una volta odioso?
Sì, esatto. In quest’occasione non interpreta però il suo solito personaggio da protagonista buono del film. Qui è il cattivo e così risulta perfetto. Peccato che poi pure Saving Mr. Banks non riesca a salvarsi dal solito finale strappalacrime e rischi così di compromettere quanto di buono mostrato fino a quel momento. Ma non ha troppa importanza. D’altra parte da una pellicola prodotta dalla Disney non ci si poteva aspettare una conclusione differente. Ciò che non mi aspettavo era di apprezzare una performance recitativa di Tom Hanks, né tanto meno apprezzare un film sulla lavorazione di una pellicola da me tanto detestata. Eppure Saving Mr. Banks, nonostante la regia non certo memorabile di John Lee Hancock, riesce a essere una riflessione profonda ed efficace su ciò che sta dietro alla nascita di una pellicola, ancor più del pur intrigante Hitchcock che raccontava della realizzazione di un capolavoro – quello sì – del cinema come Psyco. E dimostra anche come, a volte, dietro a una storia celebre, può nascondersi un’altra storia ben più interessante.
Per rispondere alla domanda posta in apertura di post quindi sì, è possibile fare un bel film persino sulla realizzazione di uno dei film più detestabili di sempre su uno dei personaggi più detestabili di sempre, almeno nella versione disneyana, Mary Poppins.
1 bella prima parte, ritmata, frizzante ed elettrizzante.
2 discrete palle la parte finale, sconclusionata e troppo prevedibilmente crime oriented.
3 tre civette sul comò
che facevano l'amore
con la figlia del dottore
il dottore si ammalò
ambarabà ciccì coccò!
Se devo scegliere tra questo film e il precedente del regista/sceneggiatore Martin McDonagh, quel gioiellino di humour nero che era In Bruges, scelgo nettamente In Bruges senza nemmeno dover fare la conta ambarabà ciccì coccò.
4 come gli amici al bar di Gino Paoli.
Cosa c’entra? Niente, ma dopo tutto chi vi dice che io non sia l’ottavo psicopatico?
5 ottimi attori (Woody Harrelson, Colin Farrell, Sam Rockwell, Christopher Walken, Michael Pitt) + 2 ottime attrici (Abbie Cornish e Olga Kurylenko).
6,5 il mio voto alla pellicola.
7 psicopatici
(UK 2012)
Titolo originale: Seven Psycopaths
Regia: Martin McDonagh
Sceneggiatura: Martin McDonagh
Cast: Colin Farrell, Sam Rockwell, Abbie Cornish, Olga Kurylenko, Woody Harrelson, Christopher Walken, Helena Mattson, Michael Pitt, Michael Stuhlbarg, Harry Dean Stanton, Linda Bright Clay, Gabourey Sidibe, Zeljko Ivanek, Tom Waits
Cast: Jason Bateman, Charlie Day, Jason Sudeikis, Kevin Spacey, Jennifer Aniston, Colin Farrell, Jamie Foxx, Julie Bowen, Meghan Markle, Donald Sutherland
Genere: commedia criminale (nel senso che è un crimine fare uscire una commedia che non faccia ridere)
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Come al solito, i titolisti italiani non c’hanno preso un granché. Più azzeccato era il titolo originale: Horrible Bosses, che almeno ci forniva precise indicazioni riguardo alla horrible qualità del film.
Una traduzione fedele sarebbe potuto comunque essere: Come fare un film da schifo e vivere felici. E invece no.
Se con un film come l’italiano C’è chi dice no c’era ben poco da ridere, gli americani al momento non se la passano meglio di noi e questo Come ammazzare il capo e vivere felici dimostra come la crisi della commedia sia internazionale quanto quella economica. Così come la crisi delle idee. Le due poco divertenti farse partono infatti dallo stesso identico presupposto, che in un periodo come quello attuale non sorprende di certo.
Odiate il vostro capo? Arrivereste fino al punto di ucciderlo, talmente è insopportabile?
Innanzitutto, dovreste già ringraziare il cielo (e magari anche quello stro**one del reverendo Camden di Settimo cielo) perché un capo ce l’avete, cosa che significa che anche un lavoro ce l’avete. E non è mica poco, oggi come oggi come oggi come oggi come oggi come oggi scusate, mi sono incantato.
Mettiamo però il caso che il vostro capo sia davvero odioso a livelli insopportabili e abbiate deciso di andare fino in fondo ai vostri propositi e sopprimerlo. Questo film vi viene in aiuto proponendovi tre esempi pratici.
Nel primo, Kevin Spacey interpreta il capo più stro**o e pezzo di me**a che si possa immaginare, in una sorta di ironico ribaltamento del suo ruolo in American Beauty in cui era lui a mandare “a fanguuulo!” il capo. Il povero Jason Bateman, che si sforza in tutti i modi di fare carriera all’interno della sua azienda e pure di far ridere, in entrambi i casi senza successo, è quindi in qualche modo giustificato nel volerlo fare fuori. Una decisione estrema, certo, però possiamo capirlo.
Il secondo caso è quello di un irriconoscibile Colin Farrell in versione incompetente figlio di papà che riceve la ditta in eredità dal papino e la gestisce di cacca, prefendo spassarsela berlusconianamente andando a escort. Un comportamento che può essere più o meno condivisibile, ma fino a che non decide di scendere in politica non deve mica renderne conto a nessuno, no? Insomma, qui Colin Farrell è una testa di C, ma meritarsi una pena di morte, così, solo perché è un pirla? Non lo so, mi sembra eccessivo… Jason Sudoku Sudeikis, forse basterebbe che ti facessi un paio di birrette insieme a lui, e scopriresti che il "povero" Colin non è poi così malaccio come sembra. Però, vabbè, caro il mio Sudeikis hai un cognome greco e quindi si può anche capire che tu in questo determinato periodo storico sia piuttosto incacchiato con il mondo. E quindi possiamo arrivare a comprendere e perdonare pure te.
"Do you remember Mike Tyson?"
Il terzo caso è quello di Jennifer Aniston, dentista sexy che molesta in tutti i modi possibili e non possibili il suo assistente, interpretato dal poco conosciuto ma anche poco promettente Charlie Day. A lui, tutte queste avance e tutti questi riferimenti sessuali espliciti non stanno proprio bene, visto che è già innamorato della sua fidanzata con cui si sta per sposare.
Stiamo però parlando di Jennifer Aniston. E per di più di Jennifer Aniston in versione dentista sexy e ninfomane!
Chi è che si merita di morire?
Lei?
Leeeeeeeei?
Jennifer Aniston dentista sexy e ninfomane merita di morire?
Io la sentenza di morte la firmerei piuttosto nei confronti del Charlie Gay Day, visto che in una situazione così paradossale sarebbe parecchio facile far ridere e invece l’unica che riesce a strappare qualche risata è proprio la Aniston, in gran forma fisica e anche comica, cosa che invece non si può certo dire del resto del cast.
Kevin Spacey ad esempio per tutto il tempo della pellicola indossa l’espressione incazzosa non di chi deve interpretare un capo bastardo, ma di chi si sta chiedendo: “Ma come ho fatto a ridurmi dall’essere il villain de I soliti sospetti e 7even al cattivo boss di questa porcheria?”
Colin Farrell strappa un paio di sorrisi giusto per il trucco da sfigato che gli hanno messo addosso, ma il suo personaggio è davvero troppo stereotipato, così come gli altri. Va bene che siamo dentro una commedia e gli stereotipi sono sempre un buon modo per far ridere in maniera facile, però come la mettiamo che qui da ridere c’è davvero poco?
D’altra parte una pellicola in cui l’invenzione più divertente è quella della parola “bismamma” utilizzata al posto di nonna, non ha certo molte carte da giocare.
Il peggio sono però i tre protagonisti. Se nell’italiano C’è chi dice no un qualche moto di empatia nei confronti dei personaggi si riesce ad averlo, qui i tre Qui, Quo, Qua risultano meno simpatici dei loro capi ed è un peccato soprattutto per Jason Bateman che al cinema, a parte Juno, non riesce proprio a trovare un ruolo al livello di quelli avuti nelle serie tv Arrested Development e, per i più nostalgici, nel telefilm anni ’80 La famiglia Hogan.
Anzi no, devo correggermi. Il peggio è Jamie Foxx in versione killer comico (?): per lui i tempi d'oro di Collateral sono davvero molto lontani.
Altre critiche da aggiungere? Per il momento no.
E così siamo giunti alla fine della storia tragicomica che vi ho appena raccontato e che si chiama: come ammazzare questo film e vivere felici.
"Mi han detto che il tatuaggio della farfallina è passato
di moda, e allora ho ripiegato su questo..."
The Way Back
(USA 2010)
Regia: Peter Weir
Cast: Jim Sturgess, Ed Harris, Colin Farrell, Saoirse Ronan, Mark Strong, Dragos Bucur
Genere: fuga per la vittoria libertà
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Qual è la cosa più importante nella vita?
Dite l’amore? Dite l’amicizia? Dite il rispetto? Dite la fi*a?
Ok, forse c’avete anche ragione, ma c’è una cosa che conta ancora di più: la libertà. Senza di essa non ci può essere spazio per nient’altro ed è per questo che non riesco a immaginare niente di più terribile di una dittatura, sia essa di tipo fascista, nazista, comunista o berlusconiana…
In The Way Back ci troviamo in pieno stalinismo, con un gruppo di poveri Cristi condannati ad anni ed anni di prigonia in un gulag siberiano perché accusati, con pretesti piuttosto pretestuosi (altrimenti che pretesti sarebbero?), di essere contro il regime. Tutto intorno al campo di prigionia le condizioni naturali sono alquanto avverse, tanto per usare un eufemismo: le temperature si aggirano intorno ai meno 40 gradi, c’è un tempo da lupi e infatti ci sono i lupi per davvero in giro (tranquilli niente lupi mannari, questo non è un teen fantasy), e nel caso i protagonisti della storia riuscissero anche a fuggire in mezzo alla neve, su di loro c’è una taglia che pende e chiunque li uccida verrà ricompensato generosamente. In condizioni più estreme che ad Alcatraz, un gruppo di impavidi decide comunque di tentare il fugone, una sorta di Prison Break ai tempi di Stalin. Perché ci provano? Perché, come ho detto, la libertà è la cosa più importante che ci sia.
Ok, forse dopo la fi*a, ve lo concedo!
"Che palle, qui non c'è manco la connessione Internet.
Come facciamo a leggere l'opinione cannibale sul nostro film?"
The Way Back è il nuovo film dell'australiano Peter Weir, sì il regista di The Truman Show e L’attimo fuggente e di un sacco di altri titoli, che giunge sì a 8 anni di distanza dal suo ultimo Master & Commander, per la serie: sì, c’è qualcuno che ci mette più di Terrence Malick a sfornare una nuova pellicola. Anche questa volta il Weir ci racconta una storia bella e importante, un tantino anti-comunista, anzi talmente tanto che diciamo potrebbe piacere persino a Berlusconi. Peccato che il concetto di libertà espresso non sia esattamente quello promosso dal leader della Mediaset Freedom…
La partenza tra i gulag è ottima, sebbene le pretese di realismo siano piuttosto relative, visto che a interpretare dei polacchi e dei russi hanno messo attori britannici come Jim Sturgess o l’irlandese Colin Farrell… ma vabbè, alla fine sono così bravi da farcene dimenticare. Farrell in particolare è un attore che mi è sempre piaciuto (Daredevil escluso, specifico) ma qui in particolare l’ho trovato in una delle sue interpretazioni più convincenti. In un cast quasi esclusivamente maschile, si segnala poi Saoirse Ronan, attrice qui non al suo massimo, ma solo perché le sue altre performance in Amabili resti, Espiazione e nel recente Hanna sono state qualcosa di oltre modo strepitose.
"Ma spendere una parte del budget per un condizionatore no, eh?"
Se la storia dei prigionieri in fuga all’inizio riesce a coinvolgere e a catturare, il film paga però l’eccessiva durata, o sarebbe meglio dire che è lo spettatore a pagarla con dosi leggere di noia. Nonostante la lungaggine e qualche sbadiglio di troppo, The Way Back si fa comunque ricordare con piacere grazie anche a un bel finale, seppure un pochino troppo ruffiano, un po’ come il resto del film. Però un inno alla vera libertà (e non al popolo della libertà) da queste parti è sempre il benvenuto.
E adesso via di qua, siete liberi anche da questo post.
Cast: Colin Farrell, Keira Knightley, Anna Friel, David Thewlis, Ray Winstone, Ben Chaplin, Eddie Marsan, Stephen Graham, Ophelia Lovibond, Jamie Campbell Bower
Genere: criminale
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Trama semiseria
Colin Farrell è un criminale appena uscito di galera che prova a rigare dritto e a mettere la testa a posto. Nonostante le vecchie compagnie tra cui un certo Beppe Signori provino a reinserirlo nel giro della mala, lui si trova un lavoro serio, o quasi: va a fare il “buttafuori” nella dimora dell’attrice super celebrità Keira Knightley, la cui vita è martoriata dai paparazzi. Lo so, miei cari sporcaccioni, della trama ve ne frega ben poco. Quello che volete sapere davvero è: ma Colin e Keira scopano?
Che domande…
Recensione cannibale
London Boulevard merita di essere visto anche solo per una delle coppie cinematografiche più fighe mai viste di sempre o se non altro di questi malati tempi recenti: Colin Farrell e Keira Knightley. E so che tutti, ma dico tutti, lo vedrete per questo.
Comunque il film, lungi dall’essere un indimenticabile capolavoro, è pure piuttosto godibile e piacevole da guardare. Il merito principale va naturalmente ai due protagonisti, che oltre ad essere supercool sono anche parecchio bravi a recitare, cosa che non sempre è così scontata. Se Colin ha tutte le occasioni per gigioneggiare alla grande con il ruolo (già abusatissimo) del criminale pseudo redento che prova a cambiare vita, peccato però per Keira, sacrificata in un ruolo tenuto un po’ marginale e non sfruttato a dovere come sarebbe stato lecito immaginarsi. Notevolissimo anche il cast di contorno, tra gli emergenti promettenti Ophelia Lovibond (Amici, amanti e...) e Jamie Campbell Bower, la promessa mancata Ben Chaplin (La sottile linea rossa e Formula per un delitto, poi il vuoto...), la lanciata Anna Friel (Limitless, la serie Pushing Daisies), il potteriano David Thewlis, il cattivissimo Ray Winstone e le ormai garanzie british Stephen Graham (This is England, Boardwalk Empire) ed Eddie Marsan (l’attore con la faccia da tasso di La felicità porta fortuna).
La trama cade in qualche (qualche? diciamo più di qualche) stereotipo del genere. Si tratta di una vicenda criminale già narrata, con la solita parabola del delinquentello che una volta uscito di prigione vuole mettere la testa a posto e lo farà anche grazie all’amore. Scontato, è vero, ma comunque London Boulevard non appesantisce troppo questa abusata vicenda, grazie al buon humor britannico presente qui magari non in dosi massicce ma pur sempre presente. La storia d’amore tra Colin e Keira è anch’essa inevitabile e non va troppo distante da altre love story analoghe come quelle di Notting Hill o Guardia del corpo (and aaaaaaaaiaaaaaai will always looove you… l’orrore, l’orrore!), però quando hai Colin e Keira insieme in un film sarebbe stato criminale, questo sì davvero criminale, non farli stare insieme.
Splendida of course anche la cornice londinese che ci scaraventa dritti in mezzo alle streets, l’atmosfera perenna da pub e una perfect soundtrack. Tutto troppo cool per rimanere indifferenti, ma paradossalmente anche tutto troppo cool e perfectino per coinvolgere davvero, sarà per via di una regia troppo derivativa e in pieno Guy Ritchie style di William Monahan, esordiente dietro la macchina da presa ma già sceneggiatore da Oscar per The Departed.
London Boulevard è insomma un cinema medio britannico piacevole e che dà qualche soddisfazione, a differenza di molto cinema medio italiano. Ma poi basta parlarne, tanto lo so già che lo vedrete solo e unicamente per Colin + Keira…
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