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giovedì 6 novembre 2014

TAYLOR SWIFT, DALLE STALLE (DEL COUNTRY) ALLE STELLE (DEL POP)





Taylor Swift “1989”
Ogni periodo ha le sue popstar. Con periodo non intendo il Medioevo o il Rinascimento, ma più semplicemente gli ultimi decenni, da quando esiste la musica pop. Sebbene, a ben vedere, ogni epoca storica abbia avuto le sue popstar: Gesù Cristo, per esempio, non era forse una stella della popular culture? E William Shakespeare? E Leonardo da Vinci? E, andando più indietro nel tempo, il Tyrannosaurus Rex non era un po' l'Elvis della sua era?

Una volta le popstar duravano più a lungo. Madonna e Michael Jackson hanno segnato interi decenni, tanto per dire. Più di recente Britney Spears è stata all'apice per una manciata di anni. Non troppi, ma alcuni sì. Adesso la vita di una popstar è ancora più breve. Con vita intendo vita al top delle charts, non (necessariamente) vita fisica. Justin Bieber, tanto per dire, è una cometa già spentasi e pure malamente. Lady Gaga per un paio d'anni è apparsa come la stella più brillante nel cielo della pop music moderna e invece ora è già un nome che fa tanto retrò. Anche se, secondo me, in futuro qualche sorpresa ce la potrebbe regalare ancora.

Se nel 2013 la popstar dell'anno è stata Miley Cyrus, nel 2014 dobbiamo inchinarci a una nuova pop queen: Taylor Swift. Va detto che il suo è un nome in circolazione da diversi anni. Nonostante abbia appena 24 anni, Taylor ha già pubblicato 5 album, venduto vagonate di dischi, soprattutto negli Stati Uniti, ed è da parecchio una star di prima grandezza nel firmamento musicale. Fino ad ora però era più che altro stata la reginetta della musica country-pop. Un genere da cui aveva cominciato a smarcarsi un paio d'anni fa con la super hit “We Are Never Ever Getting Back Together”, ma è soltanto ora con il suo ultimissimo album “1989” che la Swift ha tagliato del tutto il cordone ombelicale che la legava al country e ha spalancato le gamb... ehm, volevo dire le porte al pop.

martedì 4 marzo 2014

ALABAMA MONROE – UNA STORIA D’AMORE, DI BELGIO E DI GRANDE BELLEZZA




"Sicuro di preferire la Ferilli?"
Alabama Monroe – Una storia d’amore
(Belgio, Olanda 2012)
Titolo originale: The Broken Circle Breakdown
Regia: Felix Van Groeningen
Sceneggiatura: Carl Joos, Felix Van Groeningen
Tratto dall’opera teatrale: The Broken Circle Breakdown featuring the Cover-Ups of Alabama di Johan Heldenbergh e Mieke Dobbels
Cast: Johan Heldenbergh, Veerle Baetens, Nell Cattrysse, Geert Van Rampelberg, Jan Bijvoet
Genere: bluegrass
Se ti piace guarda anche: La guerra è dichiarata, Blue Valentine, La stanza del figlio
Uscita italiana: prossimamente

Caro Paolo Sorrentino, La grande bellezza è un gran bel film e mi inchino a te e alle tue capacità registiche. Devo però ammettere che io, all’ultima notte degli Oscar, anziché il tricolore verde, bianco e rosso sventolavo bandiera…
No, non bandiera gialla. Non siamo mica dentro una canzone di Gianni Pettenati, che hai capito? Sventolavo la bandiera del Belgio. Come mai?


Innanzitutto perché sono un antinazionalista pezz’e mmerda e l’amoreodio più odio che amore per la mia patria è qualcosa che mi porto dentro. Il motivo principale comunque è che il film belga in gara nella cinquina delle migliori pellicole straniere agli Oscar 2014 è quello che mi è piaciuto di più. Hai presente quando vedi un film e te ne innamori e non è una cosa razionale, è così è basta? Ecco, a me non è capitato con la tua grande bellezza, che pure ho gradito assai, a parte la parte finale che quella insomma, potevi anche farla un po' meglio… A me è successo con questo piccolo film belga The Broken Circle Breakdown o, per dirla con il titolo italiano visto che è previsto in uscita prossimamente anche nelle nostre sale, Alabama Monroe – Una storia d’amore. E' con questo che è scoppiato l’amore. A Sorrentì, il tuo film è girato da Dio. Secondo me oggi come oggi a livello visivo sei il più grande talento italiano, e vah beh questo magari non è che ci vada molto, ma sei uno dei migliori anche a livello mondiale. Per pura potenza delle immagini, con te credo possano competere al momento giusto Terrence Malick, Nicolas Winding Refn e Darren Aronofsky. Forse pochi altri. Splendida la tua regia, Paoletto, però il tuo film è un pezzo di ghiaccio. Eddaje, diciamolo. È un film di spessore artistico, culturale, politico a suo modo, religioso, spirituale, pieno di kitsch e allo stesso tempo di bellezza. A livello di cuore non sta invece messo benissimo. A me i film freddi piacciono anche, ma quando ti ritrovi di fronte a una pellicola cinematograficamente di ottimo livello e che ti fa pure venire i brividi, allora c’è poco da fare.

Sorrentì, il bel film belga non l’hai ancora visto? E allora ti dico io di che parla.
The Broken Circle Breakdown racconta di una coppia. Lui musicista di musica country, anzi musicista della forma di musica country più pura e radicale: il bluegrass. Quello che ascoltano giusto negli stati del profondo Sud. Non mi riferisco alla tua Campania, Paoletto, ma al profondo Sud degli Stati Uniti. Lei invece è una sexy tatuatrice bionda interpretata da Veerle Baetens, attrice dal fascino magnetico da tenere assolutamente d’occhio. Fossi in te, Sorrentino, una parte nel mio prossimo film gliela farei provinare. Comunque, questi due hanno una figlia e questa si ammala di cancro. Una storia strappalacrime?
Sì.
Una storia raccontata in maniera strappalacrime?
No.
The Broken Circle Breakdown utilizza una struttura temporale molto libera, il presente si alterna con il passato che si alterna con dei flashback e tutto fluisce in una maniera libera, quanto allo stesso tempo naturale e facile da comprendere. Pur privo delle sue invenzioni stilistiche, mi ha ricordato il francese La guerra è dichiarata di Valérie Donzelli, lavoro dalla trama simile e dalla simile attitudine nel trattare un tema ostico in una maniera parecchio particolare e inconsueta. The Broken Circle Breakdown è inoltre un film molto americano. Molto americana è la fotografia. Molto americane sono le ambientazioni country. Molto americana è la musica della piacevole colonna sonora folk, anzi bluegrass, che ricopre un ruolo centrale nella pellicola. Non americana è invece l’attitudine con cui la delicata drammatica tematica della malattia viene affrontata.

"Let it go, let it gooooo...
Mannaggia, non mi va più via dalla testa, quella maledetta canzoncina!"
Paoletto, non so dirti se il modo di affrontarla sia tipicamente belga. Io i belgi non li capisco molto. Sono stato una volta, in Belgio, per la precisione a Bruxelles e a Bruges. Sì, la città costruita apposta per le riprese del film In Bruges, proprio quella. Il popolo belga non è che sia riuscito a inquadrarlo per bene. Le ragazze sì. Non che siano più o meno belle rispetto ad altri stati in cui sono stato, però sono più tettone. Non so perché, dev’essere qualcosa nell’aria o nell’alimentazione, ma tra le belghe c’è una percentuale altissima di tettone. I belgi in generale invece quelli non so. Hanno un po’ dei francesi, per radical-chicchismo, un po’ degli olandesi, per pazzia, e un po’ dei crucchi tedeschi per la precisione, la freddezza e la passione per la birra. Sono un popolo di mezzo. Un popolo ibrido. Da una parte è una cosa positiva, perché sono un mix di culture diverse, dall’altra negativa, perché non hanno una forte e precisa identità nazionale. Come dire che sanno di tutto e non sanno di niente.
Per quanto riguarda una pellicola come The Broken Circle Breakdown, devo dire che gli aspetti positivi hanno prevalso. Sebbene, come ti dicevo prima, questo film più che di Belgio, di Francia, di Olanda, di Germania o di altro, sa di America. E in questo mi ha vagamente ricordato un paio di tuoi lavori, Paoletto. Non La grande bellezza, bensì i due tuoi film più sottovalutati, o comunque i meno celebrati: L’amico di famiglia, soprattutto per il personaggio del cowboy Gino, e poi This Must Be the Place per il modo europeo di guardare alla cultura americana. Allo stesso tempo resta un film belga, qualunque cosa ciò significhi, e io l’ho amato, l'ho amato molto. Al suo interno ci sono delle scene commoventi, ma niente roba da fazzoletto facile. C’è la vita di due persone e a ben vedere nel film ci sono solo loro due e poco altro. C’è un monologo contro Dio e la religione che sarebbe roba inimmaginabile nella bigotta America, figuriamoci nella più ancor bigotta Italia, persino nei tuoi film, Paolo. Sopratutto, dentro The Broken Circle Breakdown c'è un'altra cosa, che si trova soltanto in poche rare pellicole ed è una cosa a te tanto cara, caro Sorrentino: la grande bellezza.
(voto 8+/10)

domenica 9 febbraio 2014

SOGNANDO IL NEBRASKA




Nebraska
(USA 2013)
Regia: Alexander Payne
Sceneggiatura: Bob Nelson
Cast: Bruce Dern, Will Forte, June Squibb, Bob Odenkirk, Mary Louise Wilson, Stacy Keach, Devin Ratray, Angela McEvan
Genere: grandpa movie on the road
Se ti piace guarda anche: Una storia vera, Parto con mamma, A proposito di Schmidt, Uomini di parola

California Dreamin’ on such a winter’s day” cantavano negli anni ’60 i Mamas & Papas.
Ti sogno California e un giorno io verrò” cantavano i Dik Dik plagiand… ehm coverizzando quel celebre brano in italiano.
California, here we come” cantavano pure i Phantom Planet nella sigla della serie tv teen The O.C..
Sognando la California, lo facevano pure i fratelli Vanzina nel loro trashissimo film omonimo che vidi addirittura al cinema quando avevo 10 anni. E mi piacque pure un casino.
In pratica tutti sognano la California, anche io. Tutti tranne Woody Grant, lo scorbutico alcolizzato (ma non osate dirglielo) vecchino protagonista del nuovo film di Alexander Payne. Lui sogna il Nebraska. What the fuck?
Oh, il mondo è bello perché vario e ognuno è libero di sognare quel che vuole. Certo che, con tutti i posti sulla faccia della Terra, per sognare proprio il Nebraska le rotelle a posto non devi avercele. Ma perché Woody Grant vuole andare proprio lì?
Per la figa?

Vi pare che il Nebraska sia un posto noto per la figa?
Sarà allora per i divertimenti?

Questo qui sopra è il massimo del divertimento che può offrire il Nebraska, quindi no, non è nemmeno per quello. Woody ci vuole andare per ritirare un premio da un milione di dollari. A questo punto ci vorrei andare pure io, nel merdoso Nebraska. Woody ha ricevuto a casa una lettera in cui gli si comunica la grandiosa vittoria e così decide di partire dal suo paesino nel Montana fino al Nebraska. Essendo un po’ troppo vecchio, e pure troppo alcolizzato (ma continuate a non dirglielo) per mettersi alla guida, il figlio decide di accompagnarlo e il film diventa il più classico dei road movies, dirigendosi a un bivio che può portare in due direzioni: da una parte la commedia in stile Parto con mamma, il recente film con Seth Rogen e Barbra Streisand, dall’altra la pellicola esistenziale alla Una storia vera di David Lynch.
Nebraska si posiziona su una strada intermedia. È una visione che garantisce un buon numero di risate, il tocco comedy è presente per tutto il percorso, eppure la sua ambizione è quella di raccontare qualcosa di più. Anche il risultato rimane intermedio. Nebraska è un film che procede molto bene e fa riflettere su tante cose, sul rapporto tra genitori e figli, su come i sogni siano la cosa più importante per farci andare avanti sempre e comunque nella vita, e soprattutto è un viaggio dentro la vecchiaia, osservata in maniera a tratti divertente e a tratti un pochino deprimente. Nonostante le ottime ambizioni, il film non raggiunge i vertici di poesia e gli abissi di profondità di Una storia vera. D’altra parte Alexander Payne, bravino e tutto eh, non è certo David Lynch. E a proposito… ma l’avete visto, domenica scorsa, David Lynch a Che tempo che fa?
Lui grandissimo. Un uomo stupendo dotato di un carisma unico anche se la spiegazione sulla meditazione trascendentale è risultata più complicata della prima visione di Mulholland Drive. Splendido vedere lui, Lui, però l’intervista portata avanti da Fabio Fazio e Carlo Verdone che facevano a gara su chi se ne intendeva di più di arte, citando Bacon e Hopper per fare i fighi, è stato un punto di televisione davvero basso. Tra un po' si tiravano giù i pantaloni per fare a gara anche a chi ce l'ha più lungo. Hai ospite uno dei più grandi registi e geni viventi e butti via tutto così?
E non gli fai manco mezza domanda su Twin Peaks?
È come avere ospite Messi e non parlare di calcio. Come avere Paul McCartney e non menzionare i Beatles. Come avere Justin Bieber e non chiedergli se Selena Gomez ha la patatina rasata o ha un boschetto.



Lasciamo un vecchino in formissima (sarà merito della meditazione trascendentale?) come David Lynch e torniamo a un altro vecchino un po’ meno in forma, Woody Grant (interpretato dal ripescato Bruce Dern), che comunque è pure lui un idolo. Uno che, dialogando con il figlio, ci regala perle di saggezza come la seguente:

Avete mai parlato di avere dei figli?
No.
E perché ci avete fatto?
Perché a me piace scopare e tuo madre è cattolica. Fai un po’ tu la somma.

"Sono giovane, voglio un Manhattan Classic del McDonald's!"
"Giovane tu? Ma se potresti essere il nonno di Napolitano ahah!"
Il viaggio che intraprende è molto simile a quello di Una storia vera, con la differenza che Woody Grant, una versione più acida e bastarda di Alvin Straight, non lo compie su un tosaerba ma si fa scarrozzare in giro dal figlio. Lo ricorda molto anche per le atmosfere, per le musiche country e per i personaggi loser da white trash America. Ci sono persino due gemelli, e tra l’altro qui sono esilaranti, sembrano usciti da una puntata di Beavis & Butt-head o di King of the Hill, l’altro cartone creato da Mike Judge.
Nebraska è allora un viaggio delizioso, ma che si va inevitabilmente a confrontare e a scontrare con il capolavoro (uno dei tanti capolavori) di David Lynch, e che si accoda inoltre a quella che sta diventando la tendenza del momento: i Granpa movies. Con il genere adolescenziale un po’ in crisi, salvo alcune eccezioni di lusso come Spring Breakers, i nonnini si stanno ritagliando un ruolo sempre più di primo piano nella cinematografia attuale. Ai vari Uomini di parola, Last Vegas e Jackass Presents: Bad Grandpa e alla galleria di vecchini cinematografici recenti, Nebraska va ad aggiungere un paio di personaggi memorabili: il fun-tastico Woody Grant e la sua sboccatissima moglie, una vecchina fissata con il sesso che regala i momenti più divertenti della pellicola. Brava Jane Squibb a portarla sullo schermo, però a essere memorabile è più il personaggio che non la sua interpretazione, quindi ok la nomination agli Oscar, ma la statuetta deve andare nelle belle manine di Julia Roberts o di Jennifer Lawrence.

"Ma cos'avrà quella Jennifer Lawrence più di me?"
C’è un’altra cosa che Nebraska ricorda, a parte Una storia vera o gli altri “grandpa movies” recenti: i film di... Alexander Payne. D'altra parte il regista è lui. Questo è un tipico Alexander Payne movie e a me i suoi movies piacciono, solo che non riescono mai a conquistarmi del tutto. Questo non fa eccezione. Come road story ricorda da vicino soprattutto un altro suo grandpa movie come A proposito di Schmidt, ma ha anche un pizzico di follia alcolica alla Sideways, senza dimenticare i complicati intrecci famigliari del recente Paradiso amaro. Nebraska insomma è una specie di summa del cinema molto americano di Alexander Payne, girato questa volta con un evocativo bianco e nero, un gran bel viaggio in un paese per vecchi (siamo sicuri sia il Nebraska e non l’Italia?) che però, come già gli altri film del regista, non riesce a essere del tutto originale e trascinante.
Ora vi saluto, babbei. Mi è appena arrivata una lettera che dice che ho vinto un milione di dollari. Nebraska, aspettami che sto arrivando!
(voto 7/10)


"Hai dato un voto più alto a quella robetta per ragazzine di Hunger Games? Li mortacci tua, Cannibal Kid!"

lunedì 3 dicembre 2012

Lawless: Fratelli fuorilegge che si dan delle gran patelle

Lawless
(USA 2012)
Regia: John Hillcoat
Sceneggiatura: Nick Cave
Tratto dal romanzo: The Wettest County in the World di Matt Bondurant
Cast: Shia LaBeouf, Tom Hardy, Jason Clarke, Jessica Chastain, Mia Wasikowska, Guy Pearce, Dane DeHaan, Gary Oldman, Noah Taylor
Genere: proibizionista
Se ti piace guarda anche: Boardwalk Empire, Shotgun Stories, Animal Kingdom


"Inquietante io???"
Nick Cave.
Non mi è mai piaciuto molto, Nick Cave. L’ho sempre trovato troppo inquietante. Va bene essere un pochino inquietanti, ma lui è troppo inquietante.
Una manciata di sue canzoni mi piacciono anche, su tutte queste due, “Where the Wild Roses Grow” in duetto con Kylie Minogue e la struggente “Into My Arms”, ma in linea di massima lo trovo troppo… come dire? Sì, inquietante.





"Non dico una Ferrari, ma almeno una 500 al posto di questo catorcio
potremmo anche permettercelo, se solo vendessimo qualcosa
di un po' più forte di una Ceres..."
I miei dubbi permangono anche sul Nick Cave versione sceneggiatore. Sceneggiatore per la terza volta, dopo Ghosts… of the Civil Dead e La proposta (che non ho visto), con questo Lawless, ancora una volta diretto dal suo amichetto regista John Hillcoat. I due australiani questa volta si sono concessi una trasferta con una produzione americana e con un super cast della Madonna. Roba che con un super cast della Madonna del genere se non realizzate un capolavoro siete due pirloni e il verdetto è…
Mi spiace Hillcoat & Cave, ma siete proprio due pirloni!

Premetto subito che il genere di storie quivi raccontato non è di quelli che mi entusiasmano molto: la vicenda si svolge nel 1931, in pieno Proibizionismo, e vede per protagonisti 3 fratelli con dei giri loschi di alcool, perché in epoca di Proibizionismo che altro puoi fare?
In pratica, sembra di essere in un episodio di Boardwalk Empire, serie tv con cui ho una relazione travagliata. All’inizio non mi piaceva e l’ho mollata dopo una manciata di episodi. Di recente mi sono sforzato di riprenderla, con risultati alterni. La prima stagione non è davvero niente di eccezionale, mentre nella seconda si intravedono notevoli miglioramenti. Nella terza, attualmente in corso negli USA, il mio livello di interesse è invece di nuovo sceso e l’ho messa in stand-by a tempo indeterminato.
Lawless è come un episodio di Boardwalk Empire, ma come uno di quelli noiosi (e nella serie purtroppo ce ne sono diversi).

"Ti dò un passaggio solo se ammetti che la tua auto è un vero catorcio,
caro Sciaia dal buffo cognome."
Al di là del fatto che possa essere un tipo di vicenda di quelle non proprio interessantissime, almeno per me, la sceneggiatura del Nick Cave, tratta dal romanzo The Wettest County in the World di Matt Bondurant, a sua volta ispirata a fatti reali, scricchiola da tutte le parti. Inizia con una voce fuori campo, che poi sparisce, poi a un certo punto ritorna, poi risparisce, per tornare giusto sul finale. I ritmi latitano per un sacco di tempo in cui non succede granché, mentre i fatti salienti della pellicola vengono trattati in maniera sbrigativa. Si procede a ritmo di crociera e poi, bang, quando c’è finalmente un’accelerazione, arriva proprio nel momento in cui non ci dovrebbe essere.

John Hillcoat ci aveva già abituati a ritmi bassi con il suo precedente The Road, pellicola interessante sebbene non riuscita al 100% tratta dal romanzo di Cormac McCarthy, ma al confronto di questa era una iniezione di adrenalina al cuore stile Uma Thurman in Pulp Fiction. Lawless esagera con i ritmi blandi e passa alternativamente dal sonnacchioso nei momenti di maggiore interesse al comatoso in quelli di minore interesse. Tra le scene che ridestano dal sonno c’è una rissa da bar in cui Tom Hardy le suona più di Bud Spencer. Cosa che non significa che sono diventato improvvisamente un fan delle scazzottate, solo che nel resto del film non succede davvero niente che almeno due botte le si accettano volentieri.
E poi, soprattutto, c’è una scena con Jessica Chastain nuda!
Un film con Jessica Chastain, un film con Jessica Chastain perdipiù nuda e mi tocca parlarne male! Maledetto Nick Cave!

"Volete de più? Ve tocca vedé er filme!"

Da qui potete farvi un’idea della noia che mi ha provocato. Non un film brutto, quanto un film davvero noioso. Quasi quanto La talpa. Curiosamente, anche in quel film figuravano Tom Hardy e Gary Oldman. Personalmente consiglierei loro di trovarsi un agente con dei gusti un po’ più vivaci e frizzantini, nella scelta delle sceneggiature.

"Senza Optimus Prime a pararmi le chiappe, me la sono fatta addosso già 2 volte!"
Se Hardy, Oldman e la Chastain recitano con disinvoltura ma non lasciano il segno come in altre occasioni del passato, in questo super cast a convincere di più sono a sorpresa Shia LaBeouf, che dimostra di avere un buon potenziale quando non è costretto a recitare insieme a dei robottoni giganti, e meno a sorpresa la solita immensa Mia Wasikowska, in grado di illuminare la scena in quella manciata di scene scarse in cui compare. Qual è il suo segreto? Non è che sia una bellezza sfolgorante, il più delle volte sembra persino malaticcia, eppure riesce sempre a risultare memorabile. Anche se pure lei dovrebbe trovarsi un agente migliore, visto che tra questo, Alice in Wonderland e Albert Nobbs, di pellicole succedanee del Valium ne sta girando un po’ troppe.
Menzione finale anche per Dane DeHaan, il protagonista di Chronicle, alle prese con il personaggio un filino più simpatico tra tutti, e per Guy Pearce, nella parte di un super cattivone più inverosimile che convincente.

Posso consigliare dunque un film tanto noioso?
No.
Se però volete vedere le tette di Jessica Chastain, vi toccherà sorbirvelo. E se vi piace Nick Cave e il suo stile, che qui ci mette il suo zampino oltre che come sceneggiatore pure nella colonna sonora, probabilmente apprezzerete anche la (sonnacchiosa) pellicola nel suo complesso. Io no. Io continuo a trovare Nick Cave troppo… come dire?
Inquietante.
(voto 5/10)


mercoledì 3 ottobre 2012

Mumford & Ronf

Mumford & Sons “Babel”
Genere: ronf-folk
Provenienza: Londra, Inghilterra
Se ti piace ascolta anche: Bob Dylan, Simon & Garfunkel, una banda locale che suona alla festa di paese








L’incisione perfetta su disco.
Della noia.
(voto 4/10)



"I Mumford & Sons sono la mia band preferita!"

sabato 22 ottobre 2011

La cugina di campagna

Hart of Dixie
(serie tv, stagione 1)
Rete americana: The CW
Rete italiana: non ancora arrivata
Creata da: Leila Gerstein
Cast: Rachel Bilson, Scott Porter, Jaime King, Cress Williams, Wilson Bethel, Tim Matheson, McKaley Miller, Nancy Travis
Genere: pop-country
Se ti piace guarda anche: Everwood, Men in trees, Tutta colpa dell’amore, Waiting for forever

Artemio/Renato Pozzetto l’aveva già capito nel 1985: la vita in campagna può essere meglio di quella in una città come la tentaculàr Milàn.
Alla stessa conclusione, a distanza giusto di qualche anno, ci potrebbe arrivare anche la un "filino" più sexy Rachel Bilson nella nuova serie Hart of Dixie, di recente confermata dal network americano The CW per una stagione completa. In Italia non è ancora arrivata, ma nel caso avrei un po’ paura al titolo che potrebbero affibiarle. Hart of Dixie è infatti un gioco di parole di piuttosto difficile comprensione già per uno yankee: Hart significa cervo, è anche il cognome della protagonista e pure un giochino con heart/cuore, mentre Dixie è un termine leggermente dispregiativo con cui si intendono i campagnoli, quelli all’Artemio. In più è la storpiatura di “Heart of Dixie”, ovvero il soprannomignolo dell’Alabama, lo stato southern in cui è ambientata la serie (però il pilot è stato girato in North Carolina e il resto della serie a Los Angeles…). In Italia con un nome del genere potrebbero sbizzarrirsi alla grande finendo per intitolarla Cuori in campagna e passarla nei pomeriggi di Canale 5 la prossima estate. Ma magari mi sbaglio…

Hart of Dixie nasce come sorta di incrocio tra le serie Men in Trees ed Everwood: nella prima, Anne Heche si trasferiva in Alaska e scopriva che la vita into the wild non era poi così malaccio; in altre parole, si trovava un montanaro con cui accoppiarsi selvaggiamente. In Everwood invece avevamo una storia qui ripresa quasi pari pari: un medico si spostava da New York a un paesino sperduto di montagna in seguito alla morte della moglie.
In Hart of Dixie invece abbiamo la giovane dottoressa Rachel Bilson, mitica, indimenticata e bona Summer di The O.C., una che come chirurgo è un fenomeno tipo la Yang di Grey’s Anatomy, ma con i pazienti ha un tatto che manco il Dr. House; così quando eredita dal padre segreto uno studio medico a Bluebell, un paesino sperduto nel Sud degli Stati Uniti con gli alligatori liberi per strada, si trasferisce lì in modo da diventare più “umana” con i suoi pazienti.
La differenza con Everwood, a parte la localizzazione geografica e il conseguente accento del Sud molto fico molto True Blood della popolazione locale, è che i toni qui sono più leggeri. In Everwood infatti già solo nelle prime puntate avevamo 7 morti e un paio di ragazzini in coma, qui invece non c’ha ancora lasciato le penne nessuno. A parte il padre della Bilson che comunque aveva circa 125 anni e tanto lei non sapeva nemmeno fosse il suo vero padre…
Ah, e poi c’è pure qualche echo del film con Reese Witherspoon e Patrick Dempsey Tutta colpa dell’amore (titolo originale: Sweet Home Alabama, tanto per ricordare i danni che possono fare i titolisti nostrani).

Appena arrivata nella cittadina, accompagnata da una soundtrack che conta più un country in stile Taylor Swift che non Johnny Cash (siamo pur sempre sul network americano The CW), Rachel Bilson fa ovviamente subito strage di cuori e si invaghisce piuttosto ricambiata del “golden boy” locale Scott Porter (già in Friday Night Lights, dove era lo sfortunato quarterback finito sulla sedia a rotelle Jason Street), il quale sta però per convolare a nozze con la reginetta di bellezza stronzetta localetta, Jaime King (vista in Sin City), la quale però nasconde anche una relazione con il sindaco di colore locale, Cress Williams (visto pure lui in Friday Night Lights, nell’ultima stagione). Però la Bilson ha anche un’attrazione di tipo animalesco e sessuale con il suo vicino di casa sbruffone Wilson Bethel (già visto da… nessuna parte). Insomma, una girandola sentimentale cui si aggiungono una serie di casi medici non troppo interessanti inseriti in una cornice country stereotipata e da cartolina, ma pur sempre gradevole, qualche confronto tra città e campagna pure questo piuttosto prevedibile, il personaggio della giovane blogger nerd locale McKaley Miller (pure lei vista da nessun’altra parte) che potrebbe regalarci qualche momento divertente e in più qualche rivalità con il medico locale, il classico uomo repubblicano e all’antica che farà fatica a dare fiducia alla Bilson. Sarà anche che lei più che da un ospedale sembra uscita da Gossip Girl…

La serie non è niente di imperdibile, a parte per i fan di Rachel Bilson in pantaloncini corti come il sottoscritto, ma comunque è carina e guardabile e rappresenta la serie “buoni sentimenti” dell’anno. Pur prediligendo i telefilm brutti, sporchi e cattivi, ogni tanto anch’io ho bisogno di una serie che mi riporti ai vecchi, sani valori di una volta e che mi dica che la vita in campagna è meglio di quella in città.
Anche se non è vero.
(voto 6+/10)

martedì 6 settembre 2011

FORD SIDE STORY

Svelato il musical preferito di Ford:
Grease nella versione con Lorella Cuccarini
Ma mannaggia a me quando ho proposto a Mr. James Ford una sfida sul campo dei film musical e sul mondo della musica in generale! Dovevo aspettarmelo che l’accoppiata cinema + musica da lui proposta sarebbe stata micidiale, visti i suoi gusti agli antipodi rispetto ai miei in entrambi i campi (vedi la mia super lista di ieri). E va bene, me la sono proprio cercata, però certo che Ford ha dato del suo peggio, superando persino le mie più catastrofiche previsioni. Che io sia maledetto!
Cannibal Kid

Neanche il tempo di riprendersi dallo shock del rientro, ed ecco che la premiata (???) ditta Ford&Cannibal torna alla ribalta rievocando, in qualche modo, le battaglie dei mesi scorsi che hanno visto i due antagonisti per eccellenza della blogosfera darsele di santa ragione a colpi di dischi preferiti: questa volta, infatti, i nostri eroi (???) si cimentano con il musical, un genere troppo spesso sottovalutato che è stato capace di sfornare pellicole che hanno fatto epoca e si sono conquistate l'amore incondizionato di intere generazioni di spettatori.
Giusto per rompere un pò di dogmi e regole - in fondo, siamo due cattivi ragazzi - abbiamo inserito nella selezione anche film a tematica musicale, cercando di tenere le distanze il più possibile l'uno dall'altro - del resto, non era certo un'impresa ardua! -: la differenza sostanziale, come potrete notare, sarà data dal fatto che, tolte le eccezioni delle poche scelte in comune, non ci sarà paragone tra i filmetti cannibali e i ben più sostanziosi cult fordiani.
E ora, senza perdere altro tempo, lasciamo parlare canzoni, strumenti e voci.
"At the late night, double feature, picture show."
Mr. Ford

"Coraggio, tra poco questa lagna di classifica sarà finita! Forse..."
1) West side story di Robert Wise e Jerome Robbins (1961)
Mr. James Ford Una recente, clamorosa, incredibile riscoperta. Un Classico intramontabile ma anche un film tremendamente attuale, fotografato, scritto e girato con una maestria impareggiabile dal grandissimo Robert Wise, supportato per l'occasione da Jerome Robbins, uno dei più importanti coreografi di tutti i tempi.
Uno script tratto da Romeo e Giulietta riportato alle tematiche del disagio sociale e dell'immigrazione nella New York City delle bande che influenzerà generazioni intere di spettatori e registi - qualcuno ha detto I guerrieri della notte? - per un cult che nessun appassionato di Cinema dovrebbe perdersi.
Dev'essere per questo che il Cannibale evita come la peste tutti i grandi film del passato.
Pezzo cult: Leonard Bernstein&Stephen Sondheim "Gee, Officer Krupke"
Cannibal Kid Film visivamente interessante, peccato solo che sia così lungo, lento, noioso, estenuante. Altro difetto, imperdonabile per un musical, la qualità delle musiche e delle canzoni, tutt’altro che memorabili. Anzi, parecchio odiose.
E Benjamin Horne di Twin Peaks che incontra una tipa e la sera stessa le dice “Ti amo” e lei gli risponde: “Aaaanch’io. Ah, ma com’è che ti chiami?” mi sembra una cosa alquanto ridicola.
Omaggiandolo nello stile, Drew Barrymore con il video da lei diretto per la canzone Our Deal dei Best Coast è riuscita in soli 4 minuti a fare qualcosa di molto più incisivo, poetico e potente, visto che possiede una cosa che non fa parte di questo West Side Story e dell’universo fordiano in generale: l’essenzialità.
JF Evidentemente, caro Cannibale, dormivi già quando passavano pezzi come Officer Kupke o In America, più attuali ora di quando furono composti, ai tempi. Purtroppo la limitata visione del nostro Kid si fa sentire una volta ancora.
Ormai mi sento quasi lo sponsor di questo giovane perduto dietro proposte finto moderne e rivoluzionarie come quelle che crede di idolatrare.
CK Attuali?????????????? Forse nel tuo ricovero (non so se mentale o per anziani o tutte e due...)
JF Pezzi così guarda che il tuo amico Marshall se li sogna!
CK Continua a sognare, Ford. Continua a sognare...
JF Cause I'm a dreamer, but I'im not the only one!
Gesù: "Che serie di filmacci, porco Giuda! Oh, scusa Giuda."
Giuda: "Eh no, quando ce vo' ce vo', porco di quel...
2) Jesus Christ Superstar di Norman Jewison (1973)
JF Un altro imperdibile pezzo della Storia di questo genere, un musical completamente cantato e profondamente radicato nella cultura hippie e psichedelica del periodo, nonchè il primo racconto incentrato sulla figura di Gesù con Giuda protagonista indiscusso.
Nella mia lista è quello che forse ritengo meno perfetto, eppure il suo fascino è incredibilmente kitsch e clamorosamente sentito, tanto da ipnotizzarmi ogni volta che, per caso, me lo ritrovo in tv, o scelgo di recuperare il dvd.
Un film a cui voler bene, anche perchè parliamo di una delle pellicole più clamorosamente anticonformiste, anticlericali e "contro" del panorama religioso.
Pezzo cult: Tim Rice&Andrew Lloyd Webber, tutto il cantato di Giuda, il compianto Carl Anderson
CK Apprezzabile il tentativo di modernizzare la storia di Gesù e il risultato avrà fatto contenti i più hippie e freakketoni. A me però non ha appassionato per nulla, sarà che ormai serie come South Park o i Griffin sono andati molto oltre nello sberleffo religioso, cosa che fa apparire questo film del tutto superato e naïf. E poi il fatto che abbia ottenuto l’approvazione da parte del Vaticano la dice lunga sulla sua scarsa capacità dissacratoria, altroché “una delle pellicole più clamorosamente anticonformiste, anticlericali e "contro" del panorama religioso”. Ma fammi il piacere, Ford!
Per non dire di interpretazioni vocali, oltre che recitative, che a parte Carl Anderson non sono certo eccezionali. Insomma, l’ennesima palla di film fordiano e per me un Jesus Christ ben poco Superstar. Molto meglio Judas!
JF Se non fossero esistiti film come questo, South park e i Griffin non sarebbero stati creati nemmeno per miracolo. Sarebbe un pò come pensare che tu sei nato da solo, senza l'aiuto dei tuoi genitori. Ma il non riconoscere i meriti di chi è venuto prima di noi è tipico degli adolescenti ancora immaturi. Quindi non me la prendo neppure troppo. Il tempo mi darà ragione.
CK Disse l'uomo che denigra Matrix e poi esalta Inception alias Matrix 2.0...
E comunque South Park e Griffin sono così profondamente dissacranti che non verranno mai accettati dalla Chiesa, mentre Jesus Christ Superstar è anticonformista all'incirca quanto lo è Bagnasco, che quando vuole essere blasfemo si va a leggere la Bibbia in bagno. E magari fa pure una puzzetta...
JF South park e i Griffin tempo vent'anni e saranno sponsorizzati dal Vaticano. The times they are changin', cantava il vecchio Bob.
CK Scommettiamo che non succederà? Beatles, Oasis, Pink Floyd etc sono stati riabilitati dalla Chiesa, ma gruppi realmente contro come Nirvana e Sex Pistols no, né mai lo saranno. Lo stesso vale per South Park...
JF Tempo al tempo, Cannibale. Vedrai che tra un secolo Cobain sarà canonizzato. Ahahahahahah!


Altroché Nashville... questo è il disco country che a Ford piace ascoltare!
3) Nashville di Robert Altman (1975)
JF Nella Storia del Cinema, ci sono davvero pochi registi come Robert Altman. Il Maestro indiscusso dei film corali, prima di stupire con America oggi e parallelamente a colpi di genio come Un matrimonio, realizzò il manifesto della musica folk e country grazie a questo affresco travolgente e profondamente toccante che scuote il cuore di una delle capitali americane della musica attraverso la cronaca di un festival di cinque giorni in cui i protagonisti vedono le proprie vite cambiare ed incrociarsi, trovare nuovi stimoli o sprofondare.
Più che di un musical o di un film musicale, qui si parla di una dichiarazione d'amore per la musica stessa e la vita che le ruota attorno.
Roba che non si contano i brividi. Standing ovation.
Pezzo cult: Keith Carradine, "I'm easy"
CK A me il country piace anche, ma solo a piccole dosi, questo è davvero troooppo.
Mi chiedo se certi film ti piacciano per davvero, oppure sia solo una sadica punizione nei miei confronti per farmi sorbire delle lagne di 2ore-e-mezzo di questo tipo. Certo che se non è ‘na palla d’altri tempi, a te un film proprio non piace…
Non si contano i brividi? Piuttosto non si contano gli sbadigli!
JF Ennesima conferma della completa, totale, incredibile, stupefacente incapacità del Cannibale di riconoscere i grandi Capolavori del passato. Dovessero saltare in aria le piramidi o il Partenone, sapete chi andare a cercare!
CK Solo perché un film piace a te, non significa sia un Capolavoro. Anzi. Quanto al far saltare per aria qualcosa, il mio primo obiettivo è un altro...
JF A dirla proprio tutta, credo che Nashville sia universalmente riconosciuto come Capolavoro, ma non vorrei dilungarmi troppo, con le tue affermazioni ti sarai guadagnato il controllo serrato della Cia, a quest'ora! 


Giochino del giorno: indovina quale tra questi è Mr. Ford
e vinci un DVD di Dancer in the dark autografato da Lars Von Trier
4) The Rocky Horror Picture Show di Jim Sharman (1975)
JF Il musical che mi ha fatto amare i musical, nonchè il più sovversivo, dissacrante, divertente, coinvolgente film del suo genere: ricordo quando lo vidi per la prima volta, proiettato e recitato "live" al Cinema Mexico di Milano - storica sala che continua a riproporlo ogni anno, il giovedì sera, per mesi interi - nell'ormai lontano 1997. Fu un'esperienza incredibile, e tra riso lanciato, acqua sparata, sbuffi d'aria e insetti di gomma scoprii il lato più divertente dell'eros in sala.
Una cosa che, fino ai tempi di Shortbus, non rividi più in nessuna pellicola.
Ridere è un piacere della vita, il sesso pure, godersela anche. Dunque, perchè non metterli tutti insieme? Jim Sharman l'ha fatto, e come tutti i grandi colpi di genio della Storia - non solo della settima arte - non si può che riconoscerne la grandezza.
Pezzo cult: Richard O'Brien (cantato da Meatloaf), "Hot patootie"
CK Presente anche nella mia classifica di ieri, quello sì un vero picture show spettacolare. Oggi invece c’è rimasto solo l’horror… E come pezzo cult sei riuscito a scegliere una delle canzoni meno interessanti, complimenti!
JF Sinceramente, io trovo che nel Rocky Horror non esistano canzoni "meno interessanti". Ma dev'essere un mio limite, giusto!?
CK Sì, perché sei un limite vivente. O forse morente buahahaah!
JF Meglio i miei limiti dei tuoi "Limitless"! Ahahahahahahahah!


"Scusa Ford, siamo in missione per conto di Dio, quindi... Cannibal!"
5) The blues brothers di John Landis (1980)
JF Siamo in missione per conto di dio.
Devo proprio dire altro?
Pezzo cult: indiscutibilmente tutti
CK Scelta scontatissima, per un film che personalmente non mi ha mai entusiasmato, con il suo umorismo cartoonesco e in fondo innocuo. Una pellicola finto trasgressiva ma in realtà, come Jesus Christ Superstar, pure questa approvata dalla Chiesa.
Grande John Belushi, ok, mentre Dan Aykroyd non lo reggo. Grandi alcuni personaggi presenti come James Brown, Ray Charles e Aretha Franklin, però nel complesso il tutto suona più vicino ai gusti di uno Zucchero Sugar Fordaciari che non ai miei. Dello stile cannibale ci sono giusto i Wayfarer, per il resto accetto il fatto che sia un cult per molte persone, ma non per me.
Everybody needs somebody to hate. E io ho te, Ford.
JF Non dubitavo di una sola parola in proposito. Troppo popolare e del popolo per i tuoi gusti, vero, radical-Cannibal!? Ma se pure la cosca della Chiesa si è dovuta rassegnare, prima o poi lo farai anche tu. Già ti va bene che il mitico John se ne sia andato in bellezza, altrimenti era qui con me a menare vuoti di Jack Daniels come se piovessero!
CK Tu e i Blues Brothers siete minacciosi per finta, ma non fareste del male a una mosca. E di certo non fate paura a un Cannibale.
JF Vorrei proprio vederti, in una serata con me e John Belushi!


Un gruppo di barboni immortalati per strada.
Ah no, scusate: è il cast di The Commitments...
6) The Commitments di Alan Parker (1991)
JF Gli anni novanta, con la loro depressione e la distruzione di tutto quello che erano state le meraviglie del decennio precedente, assestarono un pesante colpaccio a tutta l'energia travolgente ed irriverente dei cult figli dei decenni precedenti, rischiando di trasformare il musical in uno spettacolo per famiglie o nostalgici: fortunatamente, pellicole come questa splendida storia di formazione "bandiana" hanno reso omaggio al genere tenendo alta la bandiera della sua anima, radicata, spesso e volentieri, nel calore esplosivo, per l'appunto, della soul.
Protagonisti perfetti, interpretazioni da urlo - su tutti, l'allora giovanissimo Andrew Strong, con una voce da fare invidia a Joe Cocker - e tanto cuore.
La malinconia la fa da padrona, e in fondo si racconta una caduta: ma con che stile, ragazzi.
Pezzo cult: The Commitments "Try a little tenderness"
CK Bella ambientazione dublinese per un filmetto che si dimentica già durante la sua stessa visione. Male la musica, visto che con questo gruppo di ubriaconi siamo ben lontani dai vertici del soul vero. Maluccio anche la recitazione (ben al di sotto dei solitamente altissimi standard britannici) e l’impersonale regia di Alan Parker è tutto fuorché memorabile. Un film di livello medio-basso, che manca di lasciare il segno. Con Ford è l’abitudine, quando ci va ancora bene…
JF I tuoi pessimi gusti musicali si confermano nel non riconoscere l'impatto di una colonna sonora di soul con i controcazzi. Ma del resto, sei messo più o meno alla stregua delle coriste che si lamentano dei modi di Deco. E sei decisamente più inglese che non irlandese. Ci sarà un motivo, se io non sono mai stato a Londra e tu, probabilmente, mai a Dublino!
CK Come al solito ti sbagli e di grosso. Oltre che a Londra, a Dublino ci sono stato eccome e mi sono pure visitato la fabbrica della Guinness, mentre tu che vuo' fa tanto l'irlandese manco bevi birra e quindi che parli a fare?
Avevo anche scritto un post al riguardo, quando tu non eri ancora diventato un mio assiduo fan e seguace...
JF Anche io ho visitato la fabbrica della Guinness, il giorno in cui mi sono recato al vero santuario dublinese dell'alcool: la distilleria del Jameson, il whisky irlandese più buono della Storia! 


"Ho un regalo per te, bimboFord. Se quando lo apri esplode tranqui, è normale."
7) Nightmare before Christmas di Henry Selick (1993)
JF Nonostante desiderassi con tutto me stesso inserire questo Capolavoro nella lista futura dedicata ai film d'animazione, ho optato, in modo da dargli più spazio e lustro, di inserirlo tra i musical, complice l'incredibile lavoro svolto da Danny Elfman e Renato Zero sulla colonna sonora.
Una favola nera che è un gioiello di tecnica, narrazione, songwriting, musica, effetti e contenuti, divertente e profondamente malinconica ad un tempo.
Un film così incredibilmente bello da cucire la boccaccia anche a quel pallone gonfiato del Bau Bau Cannibale.
Pezzo cult: Danny Elfman "This is Halloween" per la versione originale, Renato Zero e Marjorie Biondo "Jack e Sally" e Andrea Surdi "Mister Bau Bau" per la versione italiana
CK Film splendido che non mancherà nella mia lista di film d’animazione preferiti. Ford ha preferito inserirlo tra i musical e ci sta, visto che alza paurosamente il bassissimo livello musicale delle sue altre inascoltabili proposte. Anche se è molto meglio la soundtrack originale dell’adattamento comunque accettabile di Renato Zero…
Comunque non è un film un po’ troppo dark ed emo per i tuoi sbadigliosi gusti fordiani?
JF Non è dark per nulla, dato che parla di una crescita attraverso l'esperienza, e finisce con una rinnovata energia legata alla voglia di fare. E, a ben guardare, Halloween è sempre stata una festa legata al travestimento: niente di più fordiano, dunque!
CK Se non è dark Nightmare Before Christmas, cosa lo è secondo te? L'ENEL?
Comunque mi sa che confondi travestimento con travestitismo uahahahaha!


Ecco perché Napoli è sommersa dai rifiuti: la gente si è finalmente
accorta che i dischi di Nino D'Angelo so' 'na schifezza.
Ma invece di buttarli portateli a Ford, che tanto è contento...
8) Tano da morire di Roberta Torre (1997)
JF Una piccola perla nostrana passata quasi inosservata agli occhi dei più, in realtà uno dei migliori film sulle problematiche delle organizzazioni criminali nelle città del Sud - personalmente, continuo a preferirla a Gomorra -, nonchè vertice artistico della carriera musicale di Nino D'Angelo, che conferma il suo talento per la musica etnica e popolare componendo un vero e proprio disco di "world music" del Bel Paese.
Girato con pochissimi fondi ma illimitata inventiva, una pellicola solo apparentemente povera e "di serie b" in grado dalla prima visione di divenire un supercult.
Pezzo cult: Nino D'Angelo "O' Rap e' Tano"
CK Film di una bruttezza imbarazzante, sia da un punto di vista cinematografico che musicale. Nemmeno il gusto per il trash può giustificare l’apprezzamento di una roba del genere. Giusto il gusto per l’orrido. Un film amatoriale (e si vede), che vorrebbe essere divertente (e non si vede), e vorrebbe magari dare anche uno sguardo profondo, artistico e originale sulla Mafia (finendo solo per risultare ridicolo e fastidioso). Il paragone con Gomorra non è proponibile nemmeno per scherzo, anche perché questa porcheria non regge nemmeno il confronto dei peggiori video amatoriali che girano su YouTube.
Inascoltabili poi le canzoni, d’altra parte composte dal peggio dei peggio: Nino D’Angelo! Questo non è ‘nu film, è ‘na strunzata. Unico pregio, rispetto ad altri film fordiani, è la breve durata, ma rimane comunque una delle cose peggiori che io abbia mai visto e sentito in vita mia.
Mister Ford, è proprio il caso di chiedertelo: che minchia guaddi?
JF Gomorra, caro picciotto, a questo non può che baciare le mani. Tu e quella figa lessa di Saviano potete andare a farvi compagnia ai caffè letterari, e farvi un pò di pompini a vicenda mentre noi, qui, raccontiamo la strada vera. Quasi come Fellini. Ma immagino che anche lui sia troppo Classico per i tuoi gusti.
CK Da te mi aspetto sempre il peggio, ma paragonare Fellini all'ultima delle merde, ovvero questo film, è davvero troppo persino per te. Più che un white russian, ti sei bevuto il cervello. Ormai ti abbiamo perso definitivamente: R.I.P. James Ford.
JF Ancora una volta resti indietro nella comprensione del testo: l'accezione a Fellini era legata ai racconti che vengono dalla strada, e non dai salotti. Ad ogni modo, l'ultima delle merde è e sarà sempre Antichrist del tuo amico Von Trier, a braccetto con l'altra pippa secolare The fountain!
CK Già, peccato che Von Trier e Aronofsky siano tra i più importanti e considerati registi del mondo, mentre Roberta Torre è finita a Chi l'ha visto? E nemmeno in veste di regista della trasmissione...


"Aaahahaha, sul serio siamo in una lista con Tano da morire?
No dai, sul serio? Allora non c'è un cazzo da ridere..."
9) Moulin rouge di Baz Luhrmann (2001)
JF Inspiegabilmente, un film musicalmente geniale, visivamente sfarzoso ma soprattutto struggente e terribilmente romantico trova posto anche nell'arido e striminzito cuoricino del Cannibale, che non ha saputo resistere alla storia d'amore di Satin e Christian, ritmata da un adattamento delle canzoni da rimanere senza fiato, eseguite benissimo dal cast.
Gli arrangiamenti dei pezzi, coraggiosi ed insoliti - Il tango di Roxanne, per esempio - impreziosiscono un inno all'amore e al Cinema di quelli tanto cari al Cinema Classico, dunque doppio stupore rispetto all'opinione positiva del mio antagonista in proposito.
A questo punto, doveste esservelo perso finora, non resta che recuperarlo al più presto.
Perchè quando fordismo e kiddismo si incontrano, si trova la scintilla del vero genio.
Pezzo cult: Ewan McGregor & Nicole Kidman "Elephant love medley"
CK Grande film, strabiliante sia a livello cinematografico che musicale, diretto e recitato in maniera pazzesca, che davvero non c’azzecca nulla al fianco di un orrore come Tano da morire e che più che omaggiare, stravolge totalmente il noioso Cinema Classico di sta cippa. Molto più sensata la sua presenza all’interno della mia lista di ieri, rispetto al can can da cagnara fordiana…
JF Ennesimo esempio, proprio accanto a Nightmare before Christmas e Tano da morire, dell'ecclettismo fordiano rispetto alla monocorde ottica cannibalesca, che si limita a "film con colonna sonora interessante e bella fica".
CK Talmente monocorde che nella mia lista si passa da Judy Garland alla Disco e dai Joy Division a Eminem, per dire, mentre tu passi solo attraverso le varie declinazioni di "film con colonna sonora inascoltabile e manco una bella fica".
JF A me risulta che qui si passi da Cash al musical classico anni '60, dalla musica popolare italiana al soul: per le belle fiche basta l'ultimo dei soft porno in stile Bitch slap. Ma non credo che sappiano cantare troppo bene, le signorine in questione. A meno che non cambino il microfono.
CK Nino D'Angelo musica popolare italiana??? Anzi: Nino D'Angelo musica??????????????????????????????
JF Più popolare di Nino D'Angelo cosa c'è!? Potrei dirti una sequela di altri nomi, ma se non hai apprezzato De Andrè, difficilmente qualcosa del "popolare" italiano ti andrà mai bene!


"Ford, questa tua top 10 m'ha proprio rotto. Me ne vado.
E più che walk, me ne vado via di run!"
10) Walk the line di James Mangold (2004)
JF La mia decina originale comprendeva Velvet Goldmine, ottimo film dell'altrettanto notevole Todd Haynes, ma per dare lustro ad una rivalità come quella tra me ed il ragazzino dall'altra parte del campo di battaglia ho pensato che sarebbe stato più rappresentativo, a fronte del "suo" Bowie o pseudo tale, contrapporre il man in black per eccellenza, nonchè uno degli emblemi della fordianità: il mio nonno musicale Johnny Cash.
Mangold è un buon mestierante, e di certo questo film sarebbe stato incredibilmente più potente se girato dallo stesso Haynes, o Scorsese, o Eastwood - e sarebbe stata una coppiata magica -, ma le due incredibili interpretazioni dei protagonisti Reese Whiterspooon e Joaquin Phoenix, che hanno re-interpretato tutti i pezzi storici di June Carter e Johnny Cash, compensano il tutto, senza contare il fatto che il concerto a Folsom è riprodotto in fedeltà assoluta e che, fondamentalmente, questo film ha avuto il merito di far riscoprire un artista incredibile al grande pubblico. Cosa volere di più?
Inoltre, la storia d'amore - assolutamente rispecchiata dalla pellicola - tra "Holy terror" e "Wildwood flower", rispettivamente Cash e Carter, è talmente unica da toccare inevitabilmente ogni spettatore. Una cosa così grande capita una volta nella vita, se si è estremamente fortunati.
Pezzo cult: Joaquin Phoenix & Reese Whiterspoon "Jackson"
CK Buon film, ma non eccellente, visto che la regia del mediocre mestierante James Mangold è troppo piatta e tradizionale e almeno di questo ti sei reso conto persino te. È vero che anche Johnny Cash non è che fosse ‘sto innovatore, però un grande personaggio come lui ha avuto una pellicola di buon livello, quando ne avrebbe meritata una ancora migliore e più coraggiosa. Se da un punto di vista di sceneggiatura e regia siamo nella media standard delle produzioni hollywoodiane, ad alzare il livello ci pensano allora le ottime performance di Joaquin Phoenix e Reese Witherspoon sulle canzoni di Cash e June Carter. Dopo una serie di film fordiani atroci e da tappi nelle orecchie (salvo pochissime eccezioni), almeno si sente finalmente un po’ di musica decente!
JF Strano che tu possa apprezzare Cash, un grandissimo personaggio a volte talmente Classico da mettere in difficoltà anche me - leggendo della sua vita, più volte sono rimasto perplesso rispetto ad alcune sue scelte personali -. Ma a caval donato non si guarda in bocca. Anche perchè, dopo tutte le bestialità che mi sorbisco ogni volta da parte tua, un pò di tregua dovrò pur averla, ogni tanto, no!?
CK Questo perché riesco a distinguere i grandi Classici che meritano, come Cash, da quelli che invece sono delle lagne e non hanno superato la prova del tempo, ovvero la maggior parte delle tue proposte. E con questo mi aggiudico game, set e incontro!
JF Sei proprio sicuro? Guarda che Cash era "in missione per conto di dio", poteva esercitare come Pastore ed era pure repubblicano! Ahahahahahaha!
CK Allora non dovrebbe piacere neppure a te che ti dichiari anticlericale e non repubblicano. Per quanto mi riguarda, tendo a considerare gli artisti per il loro talento artistico, piuttosto che per vicende o idee personali.
JF Meglio un repubblicano come Cash - o Clint, o Kid Rock, giusto per farti un pò incazzare - che una fighetta come Cobain! Ahahahahahahah!


E con quest' ultima assurdità pronunciata dall'uomo che sussurrava ai tamarri, vi diamo appuntamento alla prossima guerra. Ancora più agguerrita...

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