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mercoledì 16 aprile 2014

DOM HEMINGWAY, LO SCAZZINATORE




Dom Hemingway
(UK 2013)
Regia: Richard Shepard
Sceneggiatura: Richard Shepard
Cast: Jude Law, Richard E. Grant, Demian Bichir, Madalina Diana Ghenea, Kerry Condon, Emilia Clarke, Nathan Stewart-Jarrett, Jordan A. Nash
Genere: criminale
Se ti piace guarda anche: Il lercio, In Bruges, Uomini di parola

A Dom Hemingway piace il cazzo. Lo adora. Il suo, non quello degli altri. A Dom Hemingway piace anche scassinare casseforti. È un Dio nel farlo. È il suo talento. L’altro suo talento, se così vogliamo chiamarlo, è la sfiga. È perseguitato dalla sfiga. A Dom Hemingway non ne va bene una. Perché? Perché sarà anche un criminale scassinatore egocentrico, però in fondo è un buono. E ai buoni le cose non girano mai bene. Così Dom passa 12 anni in galera. Perché? Perché non è una spia. Avrebbe potuto patteggiare e avere uno sconto di pena, ma non è una spia e così si è fatto 12 anni di galera. Dom Hemingway è un po’ il Solomon Northup dei carcerati. Oddio, a parte i 12 anni di prigionia, non hanno granché in comune. Diciamo niente.

Dopo tutti questi anni in gattabuia, Dom esce. Un po’ come Al Pacino in Uomini di parola. Ecco, il paragone è già più calzante, rispetto a quello con 12 anni schiavo. La differenza è che Dom Hemingway quando torna in libertà è più giovane rispetto al vecchio Al che di anni in prigione se n’era fatti 28, eppure alcune cose sono comunque cambiate anche per lui in tutto questo tempo. Ad esempio, dentro i pub e i locali non si può più fumare. Che, per carità, è anche una cosa positiva perché prima c’avevano sempre un’aria irrespirabile, però se uno ci pensa è una cosa assurda. Non lo so, tra un po’ nei locali vieteranno persino gli alcolici e la cosa all’inizio apparirà strana, ma poi tutti ci faranno l’abitudine e, va bene la salute, però è una merda vivere in una società così politically correct. Come le serie “storiche” della HBO e delle altre reti via cavo americane ci insegnao, una volta era tutto un fiorire di bordelli, di posti in cui si poteva scopare, bere e drogarsi in santa pace e adesso è tutto un divieto. È questo ciò che l’uomo chiama progresso?

Una volta ripresa confidenza con il mondo “libero”, se un mondo in cui non si può fumare in un fumoso locale può essere considerato libero, Dom Hemingway cerca di riscattare ciò che gli spetta per aver tenuto la bocca cucita ed essersi fatto 12 anni schiav… pardon, carcerato. “Voglio ciò che mi spetta lo voglio perché mio m’aspetta” mi immagino Dom canticchiare alla Giovanni Lindo Ferretti. In realtà i CSI non sono presenti in colonna sonora, anche perché questo è un film britannico e nel Regno Unito il Consorzio Suonatori Indipendenti manco sanno cos’è. Non ci sono i CSI, però la soundtrack del film è una bella storia. Un’autentica bomba che sfoggia perle di Primal Scream, Motorhead e Pixies (quelli fighi di una volta, non quelli spenti di oggi). Il momento musicale che rimane più impresso è però “Fisherman’s Blues” dei Waterboys, una delle canzoni più belle di tutti i tempi, in questo film interpretata da Emilia Clarke.


"Anche se adesso ho questo look da barbona, non deridetemi.
Sono pur sempre la madre dei draghi!
Ebbene sì, miei cari fan di Game of Thrones in ascolto. Dopo averla vista anche in Spike Island, la Khaleesi in questo film non gioca con i draghetti, bensì è la figlia di Dom Hemingway. Dom Hemingway ve l’ho presentato qui sopra. È un idolo. Un fenomeno. Uno spasso totale. Se non ce l’hai per padre. Se ce l’hai per padre, è una vera merda. Potete quindi capire come Emilia Clarke non impazzisca per lui. Ma questo non è un suo problema. Non è un problema suo, né dei suoi draghetti. Il problema è di Dom Hemingway che, oltre a volersi prendere ciò che gli spetta a livello economico, dopo 12 anni in cella dovrà anche cercare di riallacciare i rapporti con la figlia Khaleesi, anzi no, adesso dobbiamo chiamarla Fhyga… volevo dire Mhysa. Miei cari fan di Game of Thrones in ascolto, vi devo però dare anche una brutta notizia. Emilia Clarke in questo film compare giusto per pochi minuti. Il solo e unico grande protagonista della pellicola è infatti lui, Dom Hemingway, interpretato da un Jude Law scatenato come non mai. Jude Law attore che ho sempre apprezzato molto e che negli ultimi tempi si era specializzato nel tratteggiare in maniera sottile personaggi minori, un po’ sotto tono, come in Closer, Anna Karenina, Effetti collaterali, Contagion o pure il Watson di Sherlock Holmes versione Robert Downey Jr., e invece questa volta è lui a interpretare un personaggio costantemente sopra le righe. Un idolo. Un fenomeno. Uno spasso totale. Un personaggio da amare alla follia. Se non ce l’hai per padre.
(voto 7+/10)

 

martedì 1 aprile 2014

MA CHE TI VENISSE IL COLPO!





Oggi è il Primo Aprile e noi blogger cinematografici della rete Internet abbiamo deciso di tirarvi uno scherzo, ma un bello scherzo. Non quelle notizie false tipo “Justin Bieber è stato esiliato sulla Luna” che poi quando scopri che non sono vere ti scende la tristezza. Abbiamo deciso di organizzare una giornata monotematica dedicata ai film sugli inganni, sugli imbrogli, sui colpacci. Ognuno di noi s’è preso una pellicola a sua scelta e, tra una Stangata e un American Hustle, potete trovare tutti i post che hanno partecipato all’evento nell’elenco qui sotto. Quanto a me, per l’occasione ho scelto di ripescare Il colpo.
Il colpo
(Canada, USA 2001)
Titolo originale: Heist
Regia: David Mamet
Sceneggiatura: David Mamet
Cast: Gene Hakcman, Delroy Lindo, Rebecca Pidgeon, Sam Rockwell, Danny DeVito, Ricky Jay, Patti LuPone
Genere: caper movie
Se ti piace guarda anche: American Hustle, Entrapment, Ocean’s Eleven, Tower Heist – Colpo ad alto livello

Il colpo è un film che avevo beccato tanto tempo fa, durante una notte buia e tempestosa, o forse non lo era ma mi piace immaginare lo fosse, sui Bellissimi di Rete 4. Esistono ancora i Bellissimi di Rete 4 e, se sì, sono davvero Bellissimi?
Chi lo sa? In ogni caso, spesso in quel ciclo mi capitava di vedere film tutt’altro che bellissimi. Talvolta passava però anche qualche pellicola valida e, tra queste, Il colpo aveva attirato la mia attenzione. Aveva fatto colpo. Peccato che fosse già iniziato e che poi il sonno avesse preso il sopravvento e così fatto sta che non sono riuscito a guardarlo per intero. Gli anni sono passati, mi sono sempre ripromesso di ripescarlo, non l’ho mai fatto, fino ad ora. Fino all’evento dell’1 aprile di cui ho parlato sopra.

Come film di truffe e raggiri, Il colpo è un colpo perfetto. Un classico esempio di “caper movie”. Che cappero è, un caper movie?
Ve lo spiego subito, cercando di non raggirarvi. Semplicemente, si tratta di una pellicola incentrata su un gruppo di criminali impegnati a preparare e a mettere in atto un furto, una rapina, un colpaccio. Quei film alla Ocean’s Eleven, alla Entrapment, o ancora alla Stangata o alle Iene, oppure alla American Hustle, se volete un esempio più fresco. Un sottogenere del thriller anche noto come "heist movie" e che a me personalmente non entusiasma più di tanto. Eppure questo Il colpo, che in originale si chiama guarda caso proprio Heist, in quella notte buia e tempestosa mi aveva catturato. Ora che mi sono visto il film completo, devo dire che non ho capito bene cosa mi avesse attirato tanto. Non che sia una pellicola pessima, tutt’altro, però è persino troppo un classico heist movie o caper movie che dir vogliate per i miei gusti. Tutto è orchestrato alla perfezione e tutto allo stesso tempo sa di già visto. Il colpo si attiene alle regole del genere, seguendole con grande classe. Una visione di puro intrattenimento che farà la gioia dei patiti di questo tipo di film, ma che si lascia vedere anche da tutti gli altri.

La prima parte è dedicata a una veloce carrellata sui personaggi, tra cui spicca il protagonista Gene Hackman, attore che non ho mai amato particolarmente, che qui interpreta il tipico scassinatore esperto giunto all’ultimo colpo della sua carriera, visto che una videocamera di sicurezza ha immortalato il suo volto e quindi per lui è giunta l’ora di ritirarsi. Ad aiutarlo nel piano criminale che dovrebbe mettere la parola fine alla sua (più o meno) rispettabile carriera ci saranno i suoi soci e i suoi nemiciamici storici. Dalla sua parte c’è Delroy Lindo, un tipico caratterista di quelli che dici: “Ma questo dove l’ho già visto?” e sei capace di andare avanti a pensarci per ore, ma che dico ore?, dico minuti, e poi prima che il cervello ti esploda fai un salto su IMDb che è meglio e scopri così che ha fatto varie robe tra cui Fuori in 60 secondi, Domino e adesso è nella serie tv non male Believe. Dalla parte di Gene Hackman c’è anche la sgnacchera del film, tale Rebecca Pidgeon che sembra la Holly Hunter dei tempi migliori. Non che Holly Hunter sia mai stata tutta ‘sta figona, però una volta non era male. O forse, più che Holly Hunter, ricorda Jennifer Jason Leigh da giovane, che lei sì fino a qualche anno fa aveva quell’aria da porca davvero hot. Ecco, Rebecca Pidgeon ha quel tipo di fascino lì e avresti detto che, dopo Il colpo, avrebbe fatto una luminosa carriera e invece chi l’ha più vista?
Vi posso dire chi non l’ha più vista: io.
A remare contro Gene Hackman e i suoi piani criminali ci penserà invece un gruppo criminale capitanato da Danny DeVito, anche noto come il Brunetta grasso, e Sam Rockwell, altro eterno caratterista di cui questa pellicola abbonda. Più che un cast, sembra una carrellata di caratteristi.

"Non osare mai più dire che Brunetta è più alto di me, intesi?"
Una volta introdotti i vari personaggi, viene preparato il piano e poi lo si mette in atto. Il film ovviamente non risparmia una serie di colpi di scena a raffica, con tradimenti su tradimenti e con tutti che vogliono fottere tutti. Il regista e sceneggiatore David Mamet ci sguazza alla grande dentro questa trama thriller, mette tutti gli ingredienti al posto giusto e la visione scivola via in maniera impeccabile, ma allo stesso tempo senza grosse sorprese e senza entusiasmare più di tanto. E allora, perché diavolo quella notte buia e tempestosa di svariati anni or sono mi aveva colpito?
Forse perché quando ti trovi in quello stato di dormiveglia in cui vedi/non vedi un film, mescoli la pellicola con l'immaginazione e nella tua mente si crea un miscuglio affascinante, al di là dei sogni e al di là dei reali meriti del lavoro cinematografico. O forse è perché mi ero guardato proprio le scene migliori, quelle in cui sono inserite battute notevoli come: “È talmente calmo che quando va a dormire sono le pecore a contare lui” e ottimi dialoghi come:
“Fa girare il mondo...”
“Che cosa?”
“Il denaro.”
“Qualcuno dice l'amore...”
“Non è sbagliato, in fondo... l'amore per il denaro.”

Alla fine non ho capito ancora adesso cosa mi avesse affascinato tanto, di questo Il colpo. Forse è il fatto di essere stato trasmesso tra i Bellissimi ad aver portato il mio subconscio a credere che il film che stavo guardando fosse davvero bellissimo, quando invece è solo un valido “caper movie” del cappero.
(voto 6/10)

giovedì 22 agosto 2013

1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 PSICOPATICI




1 bella prima parte, ritmata, frizzante ed elettrizzante.


2 discrete palle la parte finale, sconclusionata e troppo prevedibilmente crime oriented.


3 tre civette sul comò
che facevano l'amore
con la figlia del dottore
il dottore si ammalò
ambarabà ciccì coccò!
Se devo scegliere tra questo film e il precedente del regista/sceneggiatore Martin McDonagh, quel gioiellino di humour nero che era In Bruges, scelgo nettamente In Bruges senza nemmeno dover fare la conta ambarabà ciccì coccò.


4 come gli amici al bar di Gino Paoli.
Cosa c’entra? Niente, ma dopo tutto chi vi dice che io non sia l’ottavo psicopatico?


5 ottimi attori (Woody Harrelson, Colin Farrell, Sam Rockwell, Christopher Walken, Michael Pitt) + 2 ottime attrici (Abbie Cornish e Olga Kurylenko).


6,5 il mio voto alla pellicola.


7 psicopatici
(UK 2012)
Titolo originale: Seven Psycopaths
Regia: Martin McDonagh
Sceneggiatura: Martin McDonagh
Cast: Colin Farrell, Sam Rockwell, Abbie Cornish, Olga Kurylenko, Woody Harrelson, Christopher Walken, Helena Mattson, Michael Pitt, Michael Stuhlbarg, Harry Dean Stanton, Linda Bright Clay, Gabourey Sidibe, Zeljko Ivanek, Tom Waits
Genere: psyco crime
Se ti piace guarda anche: In Bruges, Uomini di parola, Small Apartments, A Fantastic Fear of Everything





venerdì 1 marzo 2013

OPPAN GANGNAM SQUAD

Hey yo followers what up?
fuori le tette se siete delle pin-up
oggi ho visto un film per soli duri
un film che spacca i culi
lo Scarface della nostra generation
ascoltate qui non one nation one station
prendetemi pure per i fondelli
ché io vi mando Balotelli
del nuovo cinema criminale è lo status quo
ve lo presento, bro, questo è Gangster Squad

BOOM

Hey, un momento… cos’è questo rumore?
Oddio, stanno sparando. Stanno sparando alla mia casa. Tutti giù. Tutta la mia crew, tutti i miei fra, state giù! Sono quelli della gang rivale, quelli di Pensieri Cannibali. Sì, devono essere loro che vogliono vendicarsi perché su Facebook ho lanciato delle accuse pesanti sulla loro pagina. Roba tipo: “Noi siamo troppo i meglio e voi fate pena. E poi lo dico: di cinema non ne capite proprio un acciderbolina di niente!”.
Ora mi sa che vogliono vendetta. Vogliono sangue. Maledetti cannibali, continuano a sparare. O forse è una bomba?

BOOM

Ehm… come non detto. Mi sono sbagliato. Non erano spari. Erano solo dei ragazzini fuori che facevano saltare dei mini ciccioli. Che strizza!
Comunque come dicevo nel mio freestyle, secondo me Gangster Squad è un capolavoro, è troppo il meglio, voto 100 su 10, però adesso per par condicio beccatevi la recensione della mia crew rivale. Quella dei Pensieri Cannibali. Secondo loro il film non è così fenomenale. Però che ne capiscono loro?
Proprio un acciderbolina di niente!

"Che minchia guaddi?"
Gangster Squad
(USA 2013)
Regia: Ruben Fleischer
Sceneggiatura: Will Beall
Tratto dal romanzo: Tales From the Gangster Squad di Paul Lieberman
Cast: Josh Brolin, Ryan Gosling, Sean Penn, Emma Stone, Mireille Enos, Nick Nolte, Anthony Mackie, Michael Pena, Robert Patrick, Giovanni Ribisi, Ambyr Childers, Michael Bacall, Evan Jones, Troy Garity
Genere: gangsta
Se ti piace guarda anche: L.A. Confidential, Scarface, Gli intoccabili, American Gangster, Dick Tracy, Sin City

1949, Los Angeles, la città è controllata dal boss Mickey Cohen. Per fermarlo il sindaco mette su una speciale e segreta task force, una squad che agisce con ogni mezzo lecito e soprattutto non lecito per fermare il delinquente. Diventando a sua volta una Gangster Squad.

Uh, bello! Un noir in piena regola. Un romanzo criminale di quelli old style, con un cast di prim’ordine, due giovani divi come Ryan Gosling ed Emma Stone, garanzie come Josh Brolin e Sean Penn, un regista lanciato, e una vicenda ispirata alla figura di un criminale esistito per davvero e che di nome fa proprio Mickey Cohen. Eppure in giro non se ne parla bene. Negli USA è uscito in sordina ed è stato parecchio snobbato dal pubblico e preso poco in considerazione dalla critica. Com’è possibile?

"Ahahah, Sean così conciato sei più divertente del Nongio."
Presto detto. Gangster Squad non è un film brutto, bensì rientra in una categoria peggiore, più infima ancora: quella delle pellicole inutili. Gangster Squad è un film gangsta molto tradizionale, senza alcun tratto distintivo in grado di farlo emergere tra le altre numerosissime pellicole analoghe già prodotte in passato. L’unica particolarità sta nel fatto che qui il Bene agisce con gli stessi mezzi del Male, ma alla fine non è che sia poi tutta ‘sta grossa novità. Soprattutto considerando come i Buoni rimangano comunque sempre distinti in maniera netta dai Cattivi. O meglio dal Cattivo, il cattivone Sean Penn. Per renderlo più somigliante al vero Mickey Cohen, hanno applicato sulla faccia del povero Penn un trucco che fa spavento, ma non nel senso che fa paura. Non fa brutto, è brutto e basta, ai livelli di quelli di J. Edgar o quasi. Sean Penn così truccato sembra il Nongiovane quando fa il mafioso nei Soliti Idioti. Rendetevi conto che prendere sul serio un personaggio del genere non è quindi visivamente facile. Se a ciò aggiungiamo che questo Mickey Cohen/Sean Penn ancor più che proiettili spara una serie di battute assurde, di cui alcune per carità pure divertenti, il risultato è quello di cadere presto nel ridicolo. Sean Penn è un cattivo di una cattiveria talmente eccessiva da risultare cartoonesca. Anche la sua violenza appare parecchio inverosimile e fumettosa. Al confronto di altri film del genere o anche di una serie come Boardwalk Empire, ad esempio, Gangster Squad sembra quindi la versione Rai Yoyo di una storia criminale.

"Ma chettibevi, Josh? Un appletini? Tu sì che sei un duro!"
Possiamo allora cercare di vedere la pellicola come una specie di revisione in chiave fumettistica ma più che altro videogammara del noir tradizionale, però la componente più giocosa e divertente è troppo limitata. Il film si lascia vedere, perché Ryan Gosling ed Emma Stone sono sempre un bello spettacolo per gli occhi, sebbene la loro intesa sia lontana da quella sfoggiata in Crazy, Stupid, Love., e perché a livello visivo le ambientazioni sono ben realizzate e c’è una buona cura tecnica dietro. Anche i livelli di ritmo, per quanto mai trascinanti, risultano piuttosto elevati e la pellicola ha il pregio se non altro di non annoiare. Da qui ad avvicinarsi alle pietre miliare del genere, di strada però ne passa parecchia.

L.A. Confidential era un esercizio di stile, ma che stile. Giocava con gli stereotipi del noir, ma lo faceva con classe. Gangster Squad invece con gli stereotipi non ci gioca, li subisce e finisce per risultare un film senza una grossa personalità. Il regista Ruben Fleischer evidentemente ha fatto il passo più lungo della gamba, tanto per parlare attraverso stereotipi come fa la pellicola. Dopo due commedie frizzanti come Benvenuti a Zombieland e 30 Minutes or Less, il giovane e comunque ancora promettente regista 34enne ha tentato di realizzare un film più serio. Obiettivo non centrato e a questo punto spero che per i suoi prossimi lavori ritorni a sfoggiare la sua anima più cazzona e torni a tinte più leggere, giacché il noir non gli si addice..

"Pensi ancora che sia ridicolo, Cannibal?"
Quanto agli attori, è raro vedere un cast del genere così sprecato. Ryan Gosling in questo film è troppo ciaciarun, parla troppo. Lui sarebbe più efficace come attore muto. Dovrebbero fargli fare una pellicola alla The Artist. Vincerebbe l’Oscar.
Emma Stone, o anche per dirla con un francesismo usato da Sean Penn: “quella splendida passera rossa”, è una belle femme ma è poco fatale. I panni di moderna Easy Girl le si addicono, mentre per un ruolo in noir pure lei non mi sembra del tutto a suo agio. Più a suo agio appaiono allora Josh Brolin, comunque pure lui piuttosto spento, e Mireille Enos presa in prestito dalla serie The Killing, mentre Nick Nolte non è mai apparso tanto vecchio, Giovanni Ribisi non è mai apparso così poco psicopatico e Sean Penn come anticipato offre ahinoi la sua interpretazione più ridicola di sempre. Tutta colpa del trucco?

Il difetto maggiore del film però è probabilmente un altro ancora: non ha un vero fascino retrò. Degli anni ’50 (o per essere precisi della fine degli anni ’40) ci sono gli abiti, le pettinature, le Cadillac. A mancare è il profumo. Non c’è l’odore, degli anni ’50. O di fine anni ’40, Signori Precisetti. La cosa migliore, e più 40s/50s di tutto il film, sono allora i bei titoli di coda disegnati. Troppo poco, troppo tardi.
Gangster Squad, un film per finti duri
un film che non spacca i culi.
(voto 5,5/10)



venerdì 1 febbraio 2013

COGAN IL BARBARO

Cogan - Killing Them Softly
(USA 2012)
Titolo originale: Killing Them Softly
Regia: Andrew Dominik
Cast: Brad Pitt, Scoot McNairy, James Gandolfini, Ben Mendelsohn, Richard Jenkins, Ray Liotta, Sam Shepard
Genere: criminale
Se ti piace guarda anche: Chopper, Slevin, RockNRolla

Bla bla bla blablabla bla bla bla blablabla discorsi noiosi blablablabla cazzate politiche finto impegnate che vorrebbero dire tutto sugli Stati Uniti di ieri oggi e domani in realtà non dicono nulla che non sapessimo già da tipo due secoli blablabla bla bla bla bla sparatoria in slow motion perché fa figo bla bla bla bla bla bla bla bla pezzo di Johnny Cash già suonato in mille altri film e serie tv migliori di questo bla bla bla bla bla bla bla bla bla altri discorsi infiniti che vorrebbero essere come quelli di Tarantino ma col piffero che sono altrettanto divertenti arguti illuminati spassosi geniali bla bla bla bla blablablablablaaaa altra sparatoria con un pezzo retrò che pure questo fa molto Tarantino ma Tarantino di serie B ma che dico? di serie Z bla bla bla bla blaaa e ci mettiamo dentro pure un attacco a tutto il sistema America e pure a Obama che lui non ha cambiato niente change un cavolo bla bla bla bla gli Stati Uniti sono governati dai soldi bla bla ma guarda se non arrivava il regista Andrew Dominik dall’Australia mica lo sapevamo bla bla bla bla bla bla e ci vuole un’ora e mezzo di film per dircelo tra un bla bla e un altro bla bla e pure l’autoradio e le tv non smettono di fare bla bla e c’è pure blad Brad Pitt bla bla e fa il figo e non è che si deve sforzare tanto per fare il figo perché lo è di suo anche se in quella pubblicità di Chanel non sembrava tanto figo ma sembrava imbalsamato bla bla però qui invece torna a fare il figo ma non il figo figo come quando faceva Tyler Durden in Fight Club bla bla bla bla bla bla e parlano ancora quanto e più che in Lincoln bla bla e poi arriva pure James Gandolfini quello dei Soprano e per qualche momento salva il film dalla noia e salva il giovane dallo stress e dall’azione cattolica e a proposito di Zucchero e di gente che ruba lo stile agli altri e cerca di farla franca ma non la fa franca l’ho già detto che il regista di Cogan Andrew Dominik cerca in tutti i modi di copiare Tarantino? bla bla e si vede benissimo anche perché non è che va a copiare un regista di nicchia polacco che nessuno conosce ma copia Tarantino e copiare Tarantino era di moda negli anni Novanta poi tutti si sono resi conto che non si poteva copiare Tarantino perché il suo stile è irreplicabile e chi lo copia fa solo la figura dello Zucchero della situazione e non c’è niente di peggio che fare la figura dello Zucchero della situazione o delle pecore beeeh beeeh ed è proprio ciò che capita qui con Andrew Dominik qualcuno gli spieghi che non sarà mai come Tarantino e laddove i dialoghi di Tarantino sono folgoranti i suoi a me suonano solo come un vuoto inutile bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla
bleah
(voto 4/10)

"Tutto il bla bla bla ti è sembrato inutile? Vediamo se preferisci questo, Cannibal..."



Scusate, mi sono confuso. Avevo sbagliato video...



lunedì 3 ottobre 2011

In che scuola guida insegnano a farsi Carey Mulligan e subito dopo fracassare il cranio a uno?

Drive
(USA 2011)
Regia: Nicolas Winding Refn
Cast: Ryan Gosling, Carey Mulligan, Bryan Cranston, Oscar Isaac, Ron Perlman, Christina Hendricks, Albert Brooks, Russ Tamblyn
Genere: fuoriserie
Se ti piace guarda anche: Driver - L’imprendibile, Collateral, Somewhere, Breaking Bad

Nicolas Winding Refn ha abbandonato il suo campetto danese ed è andato a giocare in serie A. Non intendo sostenere che in Danimarca non si possano fare buoni, anche ottimi campionati film. Lars Von Trier ne è l’esempio più lampante. Così come anche in serie B o nelle serie minori si può esprimere un gran calcio.
Però quando ti ritrovi ad allenare una grande squadra, tutto è più facile. Sì, ci sono maggiori pressioni, ci sono i giornalisti che ti pressano a tutto campo, il presidente che ti marca stretto. Però hai i campioni, hai le strutture, le facilità, migliori assistenti, etc., insomma hai un aiuto maggiore per conseguire grandi risultati.

Refn finché faceva da solo poteva impegnarsi finché voleva, però non poteva fare tutto al meglio. Come sceneggiatore ad esempio aveva dimostrato lacune già in Bronson, così come nell’acerba Pusher-trilogia, fino ad arrivare al Valium per eccellenza del cinema mondiale Valhalla Rising. Refn però ha un talento visivo pazzesco, questo l’ho sostenuto persino nella mia certo non tenera stroncatura di quel suo ultimo valhalla-film.
Imparando dagli errori, Refn ha deciso così di concentrarsi, almeno a questo giro, sulla cosa che gli riesce meglio, la regia, con uno script affidato a uno sceneggiatore esterno e con l’ausilio dei mezzi hollywoodiani. Cosa che non significa per forza passare a fare film commerciali o idioti o con supereroi e/o vampiri. In questo caso significa semplicemente poter lavorare con un cast della Madocina (Ryan Gosling + Carey Mulligan + Bryan Cranston di Breaking Bad + Christina Hendricks di Mad Men + Russ Tamblyn di Twin Peaks!) e avere una sceneggiatura tratta da un romanzo dell’autore noir James Sallis che, per quanto non così sconvolgente, contiene almeno le basi: ovvero i personaggi e, soprattutto, un cuore.
La ciliegina sulla torta sarebbero dovute essere le musiche di Angelo Badalamenti, ma alla fine queste sono state realizzate dal meno conosciuto Cliff Martinez.
Dite che nemmeno Angelo Badalamenti è così conosciuto???
Chiedete chi è Angelo Badalamenti?
Volete che mi tagli le vene qui in diretta Internet?
Volete un cazzo di sacrificio umano?
Uff, allora, per chi non lo sapesse Angelo Badalamenti è solo il più grande compositore di musiche da film (e serie tv) di tutti i tempi.
Ennio Morricone?
Sì, bravo, bravissimo, enorme Ennio Morricone. Però Angelo Badalamenti con il suo lavoro per David Lynch ha raggiunto le vette del mio Olimpo personale.
Il tema di Twin Peaks vi basta per rinfrescarvi la memoria?
Non vi basta? Ma se non conoscete nemmeno questo vuol dire che il mio blog non solo ha fallito la vittoria ai Macchianera Awards (il premio di miglior sito cinematografico dell'anno è infatti andato a Cineblog), ma ha fallito proprio la sua missione.
Ha insomma fallito in toto.


Quando poi ti ritrovi come protagonista un immenso Ryan Gosling al posto di quel pesce lesso di Mads Mikkelsen di Valhalla Rising (con cui questo film per fortuna non ha nulla cui spartire), tutto è mooooolto più facile e per Refn dirigere diventa comodo come guidare con il pilota automatico. O come guidare la Ford Focus, quella che secondo lo spot cambia le marce da sola, frena da sola, si parcheggia da sola e intanto ti fa pure un pompino. Se voi si parcheggia da sola sulle strisce, a un incrocio o davanti alla stazione dei carabinieri, la multa però non se la paga da sola.


Il regista danese Refn, rendendosi conto di essere in serie A, non si è comunque limitato a inserire il pilota automatico e si è inventato una regia precisa, pulita, dannatamente efficace e con alcuni lampi di bellezza assoluti. Qualcuno ha menzionato la scena dell’ascensore prima bacio/massacro dopo?

Comunque di cosa parla questo Drive? Non l’abbiamo detto finora perché 1) a quanto pare tutto il mondo dei blogger ne ha già parlato e 2) secondo me la cosa più importante non è cosa racconta, ma come lo racconta. Già che ci siamo diciamo però brevemente a uso e consumo di chi non l'avesse ancora visto che il film non è solo un film sulla guida e sul rapporto con l’auto, cosa che comunque è visto che si ritrova per protagonista uno che si chiama Driver e di professione fa l’autista non di taxi, non di autobus, bensì trasporta i criminali dopo le rapine e nel tempo libero fa lo stuntman cinematografico e lavora pure in un officina, tanto per ribadire che le auto gli piacciono un pochetto. Il film racconta inoltre una storia d’amore molto delicata, all’Orientale direi quasi. Più tradizionale la parte “criminale”, che ha comunque il merito di regalarci qualche scena di ultraviolenza gratuita notevole, perlomeno se siete tra i drughi cui piace il genere ultraviolenza.

La cosa più bella di Drive è però l’atmosfera che riesce a creare. Un omaggio a Driver - L’imprendibile di Walter Hill, quanto agli anni ’80, una visione che viaggia da qualche parte tra American Gigolo, il cinema di Michael Mann e la Los Angeles dei romanzi di Bret Easton Ellis, ma anche un film tremendamente moderno e attuale, grazie a una prima scena di tensione fenomenale che sembra uscita dal videogame Driver però girata meglio molto meglio e alla soundtrack elettronica impreziosita da pezzi di Kavinsky, Riz Ortolani, Chromatics, Desire e soprattutto da una delle canzoni più belle mai sentite in un film e non solo in un film: A real hero del procuder francese College featuring il duo canadese Electric Youth.
Si può dire quel che si vuole, ma una canzone del genere fa già da sola un gran bel pezzo di film. Senza A real hero, Drive sarebbe un po’ come Top Gun senza Take my breath away dei Berlin, per dire o, cambiando totalmente genere, Apocalypse Now senza The End dei Doors.


Questa volta con Refn tutto funziona in maniera magica, il viaggio procede alla grande nonostante non racconti una storia sostanzialmente nuova o mai sentita e nonostante i ritmi lenti ma avvolgenti e con improvvise accelerazioni (che ricordano la serie tv Breaking Bad, e non a caso è presente Bryan Cranston), confermando come quest’anno i premi al Festival di Cannes siano stati davvero azzeccati e così, dopo la Palma d’oro a The Tree of Life, il premio alla regia per questa piccola meraviglia ci sta tutto.

Va bene farsi le ossa nei campionati minori, ma adesso con grandi attori, una colonna sonora spettacolosa e una sceneggiatura semplice ma finalmente degna di questo nome, Refn è arrivato in serie A e finalmente ha potuto mostrarsi per quello che è: un fuoriclasse del volante e della macchina da presa. Anzi, di più:
A real human being and a real hero
(voto 9/10)

venerdì 2 settembre 2011

Non passa lo straniero, zan zan

Gionatan Squillace in versione inverno dello straniero
Certo che ci va una bella dose di incoscienza e pure di coraggio a volersi sottoporre volontariamente al mio giudizio cannibale. Sono doti quindi che di certo non mancano a Gionatan Squillace, che mi ha contattato per chiedermi un parere sul suo romanzo d’esordio, L’inverno dello straniero. Avrà fatto bene o se ne dovrà pentire?

Gionatan Squillace “L’inverno dello straniero”
(romanzo d’esordio, pp. 78, edizioni Pendragon)

“Bastardello, Bastardello resterai,
di stracci e sterco vestirai
vipere e sassi mangerai
Bastardello, Bastardello morirai”

L’inverno dello straniero affronta una tipologia di personaggio ormai classico nella letteratura e nel cinema moderni, quella dell’assassino solitario, l’uomo (o la donna) dal cuore congelato che riesce a uccidere senza pietà e a vivere isolato da tutto, o quasi. Una materia pericolosa che può dare frutti riusciti come in Nikita, Leon e soprattutto Ghost Dog, quanto andare verso i territori dell’involontariamente ridicolo come nel pessimo The American con Giorgione Clooney, che per chi non lo conoscesse è anche noto come ex di Elisabetta Canalis.
Un brivido mi ha dunque percorso la schiena quando ho realizzato che questo romanzo sarebbe potuto finire invischiato tra le nevi di un racconto del genere. Per fortuna Squillace, usando toni pacati e uno stile minimale post-hemingwayano (mia impressione), a tratti forse persino troppo minimale, riesce a evitare questa trappola e ci consegna un personaggio interessante, quello di un uomo triste ma non deprimente, con un passato oscuro alle spalle che ritornerà prepotente a fargli visita. In un’ambientazione innevata che fa immaginare paesaggi desolati a mezza strada tra Fargo dei Coen (il loro film che preferisco, per quanto comunque non li ami per nulla) e il recente ottimo Un gelido inverno - Winter’s Bone.
A movimentare la vicenda ci pensano, oltre alle missioni a sangue freddo del killer, anche una serie di personaggi che irrompono nella vicenda in maniera inaspettata e portano il romanzo lontano dagli snodi classici delle storie di killer solitari: il padre e i fratelli del protagonista entrano infatti a far parte del quadro, rendendolo più sfaccettato e interessante e introducendo la tematica della famiglia, di solito non presente in questo genere di storie, e in particolare un conflitto padre-figlio affatto niente male. Anche se al centro dell’immagine rimane sempre lui, il nostro assassino lupo solitario, con tutti i suoi scheletri e fantasmi e un crescendo di tensione narrativa non da poco.

Per quanto riguarda il suo prossimo lavoro, a un livello puramente personale mi auguro che Squillace prenda una via più cannibale, aumentando le dosi di sesso, droga & rock’n’roll delle sue storie, mentre per quanto riguarda il livello di violenza direi che qui già ci siamo. Questa sua opera d’esordio si muove infatti su territori più nelle corde di un Mr. James Ford che non nelle mie, però non ho potuto comunque fare a meno di notare un talento letterario dal buon potenziale, non ancora del tutto espresso ma ben presente, in grado di costruire una buona varietà di personaggi eppure lasciando l’impressione che qualcuno poteva essere approfondito in maniera ulteriore. Anche se l’effetto è probabilmente voluto, quello di suggerire, stuzzicare e non dare piena soddisfazione, lasciando con la voglia di qualcosa di più, di un bis.
L’estate sta finendo, un anno se ne va e il resto lo conoscete bene, quindi preparatevi all’inverno con questo romanzo, una lettura perfetta in una baita a fianco della legna che brucia nel camino. In questo momento non vi sembra un'immagine molto allettante? Ne riparliamo tra qualche mese…
(voto 7/10)

(Ascolto personalmente consigliato per accompagnare la lettura: “Wounded Rhymes” di Lykke Li)

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lunedì 20 giugno 2011

Colin Farrell + Keira Knightley = un film imperdibile qualunque sia il vostro orientamento sessuale

London Boulevard
(USA, UK 2010)
Regia: William Monahan
Cast: Colin Farrell, Keira Knightley, Anna Friel, David Thewlis, Ray Winstone, Ben Chaplin, Eddie Marsan, Stephen Graham, Ophelia Lovibond, Jamie Campbell Bower
Genere: criminale
Se ti piace guarda anche: In Bruges, Lock & Stock, Notting Hill

Trama semiseria
Colin Farrell è un criminale appena uscito di galera che prova a rigare dritto e a mettere la testa a posto. Nonostante le vecchie compagnie tra cui un certo Beppe Signori provino a reinserirlo nel giro della mala, lui si trova un lavoro serio, o quasi: va a fare il “buttafuori” nella dimora dell’attrice super celebrità Keira Knightley, la cui vita è martoriata dai paparazzi. Lo so, miei cari sporcaccioni, della trama ve ne frega ben poco. Quello che volete sapere davvero è: ma Colin e Keira scopano?
Che domande…

Recensione cannibale
London Boulevard merita di essere visto anche solo per una delle coppie cinematografiche più fighe mai viste di sempre o se non altro di questi malati tempi recenti: Colin Farrell e Keira Knightley. E so che tutti, ma dico tutti, lo vedrete per questo.
Comunque il film, lungi dall’essere un indimenticabile capolavoro, è pure piuttosto godibile e piacevole da guardare. Il merito principale va naturalmente ai due protagonisti, che oltre ad essere supercool sono anche parecchio bravi a recitare, cosa che non sempre è così scontata. Se Colin ha tutte le occasioni per gigioneggiare alla grande con il ruolo (già abusatissimo) del criminale pseudo redento che prova a cambiare vita, peccato però per Keira, sacrificata in un ruolo tenuto un po’ marginale e non sfruttato a dovere come sarebbe stato lecito immaginarsi. Notevolissimo anche il cast di contorno, tra gli emergenti promettenti Ophelia Lovibond (Amici, amanti e...) e Jamie Campbell Bower, la promessa mancata Ben Chaplin (La sottile linea rossa e Formula per un delitto, poi il vuoto...), la lanciata Anna Friel (Limitless, la serie Pushing Daisies), il potteriano David Thewlis, il cattivissimo Ray Winstone e le ormai garanzie british Stephen Graham (This is England, Boardwalk Empire) ed Eddie Marsan (l’attore con la faccia da tasso di La felicità porta fortuna).

La trama cade in qualche (qualche? diciamo più di qualche) stereotipo del genere. Si tratta di una vicenda criminale già narrata, con la solita parabola del delinquentello che una volta uscito di prigione vuole mettere la testa a posto e lo farà anche grazie all’amore. Scontato, è vero, ma comunque London Boulevard non appesantisce troppo questa abusata vicenda, grazie al buon humor britannico presente qui magari non in dosi massicce ma pur sempre presente. La storia d’amore tra Colin e Keira è anch’essa inevitabile e non va troppo distante da altre love story analoghe come quelle di Notting Hill o Guardia del corpo (and aaaaaaaaiaaaaaai will always looove you… l’orrore, l’orrore!), però quando hai Colin e Keira insieme in un film sarebbe stato criminale, questo sì davvero criminale, non farli stare insieme.
Splendida of course anche la cornice londinese che ci scaraventa dritti in mezzo alle streets, l’atmosfera perenna da pub e una perfect soundtrack. Tutto troppo cool per rimanere indifferenti, ma paradossalmente anche tutto troppo cool e perfectino per coinvolgere davvero, sarà per via di una regia troppo derivativa e in pieno Guy Ritchie style di William Monahan, esordiente dietro la macchina da presa ma già sceneggiatore da Oscar per The Departed.
London Boulevard è insomma un cinema medio britannico piacevole e che dà qualche soddisfazione, a differenza di molto cinema medio italiano. Ma poi basta parlarne, tanto lo so già che lo vedrete solo e unicamente per Colin + Keira…
(voto 6,5)

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