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lunedì 29 settembre 2014

LE MIE CANZONI PREFERITE - RIASSUNTONE E PLAYLIST





La Top 100 delle canzoni preferite di tutti i tempi da Pensieri Cannibali è stata svelata nei giorni scorsi. Tranquilli, non sta per iniziarne una nuova!
Questo post, oltre a essere un riempitivo, è un occasione per riassumere tutte le posizioni per chi se le fosse perse, o per chi non c'aveva voglia di stare a seguire tutti e 10 i post e aspettava il riepilogone, che puntuale arriva ora.
E in fondo trovate anche la playlist di Spotify per ascoltarvi tutti e 100 i pezzi uno in fila all'altro.

Prima di iniziare, ricordo l'unica regola seguita nella compilazione di questa lista: lo stesso artista/gruppo non può essere presente con più di un unico brano. Cosa che significa 100 canzoni per 100 artisti/band differenti.

"Beccatevi la Top 100 cannibale, maaaaaoooooo!"

venerdì 12 settembre 2014

LE MIE CANZONI PREFERITE - LA TOP 10





Il viaggio musicale di Pensieri Cannibali giunge oggi a destinazione.
La Top 100 delle canzoni preferite di tutti i tempi da questo blog svela oggi i primi 10 posti, se non altro di questo preciso momento, perché se dovessi rifare le classifica tra qualche mese, o anche solo tra qualche giorno, le cose potrebbero cambiare parecchio.
Prima di scoprire la Top 10, vi beccate intanto il solito riepilogone delle posizioni precedenti:


Nei prossimi giorni arriverà anche il riassuntone definitivo con tutti e 100 i pezzi, più la playlist Spotify.
Adesso però basta chiacchiere e passiamo a vedere e soprattutto a sentire la Top 10.

"Ora vi canterò tutte le canzoni della classifica di Pensieri Cannibali.
O magari soltanto una..."

mercoledì 18 maggio 2011

BLOG WARS: IL RITORNO DEGLI 80s (PARTE I)

Anche Sophie Marceau ascolta i miei dischi, pardon musicassette
Chiedo l’attenzione ai signori Giurati.
Vorrei parlarvi degli scintillanti anni ’80, un decennio a lungo sottovalutato, quando non addirittura sbeffeggiato. Superficiali, sciocchi, tamarri anni Ottanta: in parte è vero, purtroppo, ed è questo il lato che vi mostrerà domani l’avvocato Mr. James Ford.
Gli anni Ottanta sono però stati anche un decennio fantastico, soprattutto per la musica pop, hip-hop e per l’onda new-wave e post-punk che ha travolto la scena rock, ed è questo quello che vi mostrerò io, o almeno una parte di questo mondo, con 10 tra le 1.000 perle regalateci dalla decade da cui forse è anche cominciato il declino della civiltà occidentale. Ma d’altra parte cosa c’è di più affascinante della caduta?
Benvenuti sul lato migliore degli anni ’80 e godetevi il divertente viaggio, ricordando che questa non vuole essere una lista degli album fondamentali del decennio in senso assoluto, ma soltanto i “miei” preferiti personali.
E adesso la parola a voi Giurati.
Cannibal Kid

P.S. L’immenso “Closer” dei Joy Division è rimasto fuori soltanto perché della favolosa band di Ian Curtis avevo già parlato nei 70s e non volevo ripetermi.

1. The Smiths “The Queen is Dead” (1984)
Cannibal Kid Degli Smiths andrebbe citata l’opera omnia, composta da 4 album e una serie di singoli. Ché loro canzoni-capolavoro come “Please please please let me get what I want” le potevano usare come b-side, talmente grandioso era il loro materiale. Mica come i tuoi poveri artisti pivellini che fanno fatica a infilare una canzone decente una persino in un album. Morrissey, Johnny Marr e compagni hanno fatto la musica britannica degli ultimi 30 anni. Simply the best, c’è poco da fare. Tra i loro album scelgo “The Queen is dead” e se non ti sta bene, Mr. Ford you’re dead!
Ah comunque Ford il Barbaro ti sfido a replicare senza usare le seguenti espressioni: “depressi”, “radical-chic”, “sopravvalutati” e “mi chiamo James Ford e solo i miei dischi sono fondamentali e hanno fatto la Storia della Musica Mondiale e tutto il resto è Merda”.
Mr. James Ford Grande rispetto per gli Smiths e la loro musica, sicuramente importante nella formazione del pop britannico. Detto questo, Ford il barbaro dice: "Schiacciare Morrissey, inseguire Johnny Marr mentre fugge, e ascoltare i lamenti delle femmine mentre li prendi a bottigliate".
Guarda cosa mi fai fare: per darti una lezione devo anche prendermela con i gruppi che mi piacciono.


2. The Cure “The head on the door” (1985)
CK Come per i Beatles nei 60s e David Bowie nei 70s, per la produzione dei Cure negli 80s non c’è che l’imbarazzo assoluto della scelta, tra le meraviglie di varia natura che ci hanno regalato. Per ogni persona-bestia come te che non li inserisce tra le band fondamentali degli anni Ottanta un angelo in Paradiso perde le ali e, tanto per essere equi, all’Inferno un diavolo perde le corna.
La mia preferenza personale assoluta va alla magia pop contenuta in “The head on the door” (con perle come “Close to me”, “In between days” e “Six different ways”), ma adoro pure “Faith”, un disco scurissimo che anticipa le atmosfere di Twin Peaks (sentite “The Funeral Party”), le atmosfere incantate e dark di “Seventeen seconds” e la disintegrazione che non è mai suonata tanto bene come in “Disintegration”.
E a tal proposito, Mr. Ford Balboa, ti disintegro e come Ivan Drago ti spiezzo in due! Per questo non c’è nessuna cure che ti possa salvare. E attento che ti vengo a trovare nei tuoi Sweet dreams come Freddy Krueger e come ninnananna ti canto “Lullaby”.
Potevo dire qualcosa di più anni ’80 di questo?
JF Caro Cannibale-San, non mi fai certo cadere nei tuoi trabocchetti da due soldi con giri di parole come questo, io vesto il Cobra (Kai) e ti spappolo la faccia con il colpo dell'airone, e ti spedisco nella Daydream nation dove ti aspetta il vecchio Jason armato di tosaerba, e io mi godo lo spettacolo schiaffandomi un menù di Burghy.
Detto questo, e rispettando i Cure nonostante la gran voglia di strappare le ali a un buon quantitativo di angeli, confermi il tuo cattivo gusto preferendo questo disco a Seventeen seconds e Faith, enormemente superiori.
CK Ecco: quando non sai più cosa inventarti pur di non ammettere che i miei gruppi sono di gran lunga migliori dei tuoi, ti appigli alla scelta di un album piuttosto che un altro, quando invece l'unica cosa che dovresti fare è scusarti pubblicamente per il fatto di continuare a mettere robette tipo Rick Springfield anziché i Cure o David Bowie!
JF Ti ricordo soltanto che è la stessa tecnica che hai usato tu stesso più volte, forse per mascherare i tuoi discutibili gusti.
CK E allora tu sei un copione gne gne gne gne gneeene!

3. Sonic Youth “EVOL” (1986)
CK I Sonic Youth sono una componente fondamentale nella cultura cannibale, non solo per quanto riguarda il suono, un mix di noise e pop deviato, ma anche per quanto riguarda il mio immaginario tutto. La gioventù sonica mi ha iniziato alla vera musica alternativa, sebbene poi comunque ho deciso di non abbandonare nemmeno la musica pop; ma d’altra parte pure loro sono sempre stati ossessionati dalla (distruzione della) cultura popular. Grandioso anche Daydream Nation, ma a livello personale preferisco questo malefico album EVOL, con il pezzo d’apertura che si chiama “Tom Violence” e dà il nome a uno dei personaggi del mio romanzo nel cassetto che prima o poi (magari) vedrà la luce. I Sonic Youth, oltre che Maestri della scena alternative rock tutta e in particolare dei 90s, sono anche i miei Maestri. Ecco Francis Ford Coppola, almeno adesso sai chi devi ringraziare.
JF Adoro l'odore di radical chic, al mattino!
I suoni sbomballati dei Sonic Youth - che comunque apprezzo - non potranno mai essere all'altezza della passionalità ribollente dei miei guru Beefheart e Waits, anche perchè i tuoi cari finti cattivi, passando così tanto tempo a darsi un tono, non si sono mai avveduti del fatto che, a seguirli, c'erano solo gli antenati degli emo.
Se poi sono loro i tuoi Maestri, ho proprio un bel modo, in mente, per ringraziarli.
Inizia con Botti e finisce con Gliate.


4. Pixies “Surfer rosa” (1988)
CK Spettacolare pure il successivo Doolittle, però la presenza della mia canzone manifesto “Where is my mind?” mi ha fatto propendere per Surfer Rosa con cui surfo sulle tua testa sulle note di un disco che dovrebbe essere sempre suonato ogni qual volta che i vecchi smemorati come te si dimenticano di come debba suonare una rock band. Così, dannazione, e non come i Kiss! A proposito, come ho fatto a dimenticarmelo nell’altro post? Kiss my ass!!!
JF Nell'ass ci finisce la tua tavola formato teen, perchè i Pixies stavano nel mio discman quando ancora i piccoli Cannibali dovevano crescere, e la grandezza indiscussa di questo disco meraviglioso - che non per nulla ho anche io nella mia lista - era già un dato di fatto prima che tu li scoprissi grazie a Fight Club.
Per punizione, dovrò segnarti la mano con il sapone. E dopo, ovviamente, riempirti di botte. ;)

5. Public Enemy “It takes a nation of millions to hold us back” (1988)
CK Ford, per omaggiare i Public Enemy e questo loro album che dice tutto quello che c’è da sapere sull’hip-hop ma non hai mai osato chiedere, ti dedico un rap. DJ, spara la base!

“Fight the Ford”
Nemmeno un milione di Mr. Ford ci può trattenere,
siamo un esercito di cannibali senza catetere
vuoi una mano per dormire, cowboy? noi ti diamo l’etere
anche se ti metti a piangere non usiamo parole tenere
Siamo un esercito di cannibali venuti a sbranarti
sgomma via easy rider sulla tua Harley
mentre ci fumiamo un joint in Paradiso con Bob Marley
Kurt Cobain, Jim Morrison e Ian Curtis
mentre da te nessuno lo pretende un bis
ed hey, prima che hai tirato fuori la pistola
Jack Bauer ti ha strozzato già alla gola
ti facciamo a pezzi come un cubetto caro tamarro d’un Vanilla Ice
dopo il nostro trattamento ti avremo cavato via pure gli eyes
come uno dei tuoi stupidi eroi action ti urliamo: “Ci vediamo all’Inferno”
prima che riuscirai a replicare a ‘sto cazzo di rap sarà già inverno!

JF Per rispondere a dovere a questo tuo colpo magico e rap cannibalistico dovrai attendere la mia lista e trovare il mio disco hip hop del decennio, intanto ti dico che il confronto tra i due pezzi, alla fine, sarà semplicemente come quello tra Fibra e Frankie Hi Nrg. Praticamente, tutti a festeggiare da, con e per Ford.
Tranne te.
CK Preferirei un parallelo 2Pac (io) VS. Notorious B.I.G. (tu): perché sia lì come qui con gli anni Novanta arriveranno i proiettili veri!
JF Paragone perfetto. Io ho sempre detestato 2Pac. Troppo fighetto per i miei gusti.
CK 2Pac fighetto??? Sei proprio un caso senza speranza...

6. The Go-Go’s “Beauty and the Beat” (1981)
CK Cosa c’è di meglio di un bel girl group? Ma è inutile chiederlo a un vecchio orso scorbutico come te, Mr. Ford... L’esordio delle Go-Go’s è dall’inizio alla fine uno degli album più spettacolari e divertenti di sempre, uno di quelli perfetti da suonare ogni estate senza mai annoiarsi e ha avuto la meglio sugli altri loro ottimi album come i successivi “Vacation” e “Talk Show”, sulle figate soliste della loro cantante Belinda Carlisle e sulle meraviglie di Bangles, Bow Wow Wow, Pretenders, Siouxsie and the Banshees, Kim Wilde, Kim Carnes, Joan Jett, Cyndi Lauper… Roba che è meglio se non ascolti perché ti farebbe perdere la tua immagine da burbero macho di frontiera duro e puro…
JF La mia immagine non viene scalfita se invece di cose leggerine pur se ascoltabilissime come questa si scelgono donne tutte d'un pezzo come la grandissima Pat Benatar - che fa polpette di tutte le Belinda Carlisle del mondo - o l'intimista e struggente Tracy Chapman - che non a caso è fieramente entrata nella mia decina -.
Il problema è lo stesso: hai l'intuizione, ma manca la zampata finale, un pò come alle Go go's.
CK Figuriamoci se non mi tiravi fuori la più tamarra: Pat Benatar. Love is a battlefield un corno, questo campo di battaglia prevede solo ODIO!
JF Allora Hit me with your best shot, vediamo cosa sai fare, Drago senza ali!


7. Madonna “The Immaculate Collection” (1990, raccolta singoli anni ’80)
CK L’immacolata collezione di Madonna è una delle raccolte di canzoni più belle concepibili: tutte le sue spettacolari hit infilate una dietro l’altra rappresentano qualcosa di davvero impressionante. So che in fin dei conti Madonna un poco piacerà pure a te, sebbene il pop per te rimane sempre una musica di serie B rispetto al fuoco sacro del rock.
Lancia pure qualche frecciata, se vuoi, però ti ricordo che per ogni bestemmia contro la Madonna sono 10 Ave Maria e per ogni volta che pronunci invano il nome di Jesus “Cannibal” Christ sono 10 Padre nostro. Quindi fai te due conti…
JF Soltanto per creare scompiglio nella tua chiesa, razza di pronipote di Palpatine XVI, bersaglierei volentieri Madonna, ma dato che si sta parlando di un'icona e il suo inserimento nella tua lista mi pare doveroso, starò buono e ripenserò alle iene, alla fava grossa e a Charlie Chan.

8. The Stone Roses “The Stone Roses” (1989)
CK Ponte ideale tra i suoni danzerecci della Madchester anni ’80 e il brit-pop dei prossimi anni ’90, l’esordio degli Stone Roses è uno dei simboli della pura inglesità in musica, oltre che un’autentica goduria per chiunque ami i grandi dischi in qualunque parte del mondo, a parte Fordlandia.
L’apertura con “I wanna be adored” è da leggenda, dopodiché si prosegue tra melodie appiccicose, atmosfere sognanti e ritmi irresistibili. Inchinati anche tu nell’adorazione delle mie scelte musicali, Mrs. Ford. Ormai è la cosa più dignitosa che ti è rimasta da fare.
JF Non voglio infierire troppo sulle tue discutibili scelte filobritish che non prevedono neppure un pò di pepe a stelle e strisce, così passo oltre apprezzando il coraggio che mostri nel cercare di provocare le mie bottigliate a tutti i costi, un pò come fossi la Rachel Berry della rete. Ma sei che ti dico, cara Barbra in erba!? Che questa volta mi comporterò da vero gentlemen inglese, e momentaneamente ti risparmierò il pubblico ludibrio.
CK Di America ce n'è eccome: Sonic Youth, Pixies, Public Enemy, Go-Go's, Madonna... la conosci la geografia? Tu piuttosto, nemmeno un nome inglese nella tua listina e ancora stai a parlare, Puckerman con la cresta da mohawk? Sono capitate più cose nella sola Manchester degli 80s di quante ne siano mai successe nell'intera storia della tua intera Fordlandia musicale...
JF Sono capitate un sacco di cose, a Manchester: calcio, birra e fabbriche.
A Fordlandia non andremo forte in geografia, ma almeno un pò di vita riusciamo a ritagliarla allo squallore! ;)


9. New Order “Brotherhood” (1986)
CK Dopo la morte di Ian Curtis, gli altri Joy Division hanno messo su i New Order e hanno continuato facendo musica grandiosa, molto diversa dalla band precedente, più orientata verso l’elettronica e la dance, eppure sempre interessante e ricca di idee con una produzione pazzesca tra singoli da applausi e album notevoli, tra cui scelgo “Brotherhood” perché contiene la mia preferita “Bizarre love triangle”. Adesso che non hai la scusa di fare battutacce sulla morte e sul suicidio davvero di pessimo gusto e che non fanno ridere nemmeno i polli, a cosa avrai intenzione di appigliarti, malefico Fordy Knoxy?
JF Qui entriamo nella città dolente dei Cannibali perduti: pur riconoscendo il valore musicale dell'opera in questione, due sole parole possono descrivere la noia mortale di prodotti come questo in un decennio spumeggiante come quello degli indimenticabili eighties: CHE PALLE!
Con tutta la depressione che mi farai sorbire nel corso dei novanta, dovevi proprio schiaffarci dentro anche questo!?
CK Considerando che il tuo concetto di divertimento è qualche vecchio di 90 anni in concerto per sola voce e chitarra, la musica ritmata, ballabile, goduriosa, malinconica (ma non depressa) dei New Order sì, hai ragione: è davvero noiosa!


10. Tears for Fears “The Hurting” (1983)
CK Certo che è davvero un Mad World, quello in cui si sono persone con dei gustacci come Mister Mistero Ford. Però è giusto che sia così, se no poi chi ci sarebbe da criticare?
I Tears for Fears sono la rappresentazione della scrittura pop 80s ai massimi livelli e in questo esordio hanno tirato fuori alcune delle loro cose migliori, da Change e Pale Shalter alla grandiosa Mad World poi riproposta in chiave acustica da Gary Jules nella colonna sonora del capolavoro (hai letto bene, Fordino) Donnie Darko. Un film che la mente mad ma poco elastica del nostro cowboy Jimmy Ford non riuscirà a capire neanche tra un migliaio di anni… Ma in fondo (proprio in fondo in fondo), ti vogliamo bene anche per questo, vecchia roccia!
JF Tenero fiorellino Cannibale, anche da queste parti, molto in fondo e ammettendolo soltanto all'apice di una sbronza, ti si vuole bene, ma il giorno in cui Donnie fichetta Darko sarà considerato un Capolavoro sarà l'Apocalisse, e Kubrick, Eisestein e Kurosawa usciranno dalle loro tombe per banchettare con il tuo cervello.
E giusto per farsi due risate, faranno a pezzi tutta la tua collezione di preziosi dischi dei Tears for fears.

Domani se proprio ci tenete verrà presentata anche la lista di Mr. James Ford, altrimenti potete anche andare a fare una gita fuori porta che tanto non vi perdete niente…

mercoledì 22 settembre 2010

Back to the 80s

Il quiz dell’amore – Starter for 10
(UK, USA 2006)
Regia: Tom Vaughan
Cast: James McAvoy, Alice Eve, Rebecca Hall, Dominic Cooper, Simon Woods
Link: imdb

Ci sono due tipi di film di cui sono particolarmente contento di parlare calcando l’inchiostro virtuale su queste pagine. I primi sono quelli brutti, modesti, ridicoli che mi diverto a massacrare in allegria e magari qualche volta anche con un pizzico di cattiveria. Nonostante questa sadica gioia, le soddisfazioni maggiori arrivano però quando posso segnalarvi un film piccolo e sconosciuto, una gemma (non ho detto una Gemma del Sud) persa tra gli scaffali delle videoteche (se ne esistono ancora…) che però merita di essere conosciuta, vista, amata.
È questo secondo, per fortuna, il caso di Starter for 10, film inglese del 2006 uscito in Italia con l’imbarazzante titolo Il quiz dell’amore, ma reperibile in rete anche in lingua originale con sottotitoli italiani.

Ancor più dei film degli anni ’80, amo le pellicole ambientate negli anni ’80 (vedi il mio preferito Donnie Darko) e si dà il caso che questo Starter for 10 stia temporalmente a cavallo tra il 1985 e il 1986. Protagonista della storia è James McAvoy (visto anche nell’ottimo Espiazione e nel mediocre Wanted), un ragazzo di un piccolo paesino di provincia che ha sete di conoscenza ed ha l’opportunità di placarla quando entra a far parte di un prestigioso college britannico. Qui, da perfetto sfigato, entrerà a far parte della squadra di quiz con cui finirà persino in tv (in un quiz show che assomiglia a quello di Magnolia) ma soprattutto conoscerà due ragazze: la bionda e la mora. Non sono le Veline: la Blondie è molto sexy ma è pure provvista di un cervello, la mora è la studentessa militante, inkazzata e politicamente attiva. Di quale delle due si innamorerà, secondo voi?
I panni della bionda sono splendidamente indossati dalla bona Alice Eve, attrice piuttosto lanciata molto più affascinante qui che non nella recente commedia-boiata Lei è troppo per me; la mora niente male è invece Rebecca Hall, attrice ancora più lanciata tra Vicky Cristina Barcelona, The Prestige, Frost/Nixon e il nuovo hit americano The Town di Ben Affleck.

Il film è tratto dal libro Le domande di Brian di David Nicholls, che ne ha curato anche la sceneggiatura e che credo mi andrò a cercare al più presto in biblioteca. Tra l’altro il Nicholls è ora sulla cresta dell’onda grazie al suo nuovo romanzo Un giorno, che è diventato anche una pellicola con Anne Hathaway e di cui sono appena state terminate le riprese.

Ciò che più convince di Starter for 10 è la sua innocenza quasi naïf, una semplicità che non va alla ricerca di svolte sorprendenti o scene inserite giusto per creare scandalo. Elementi che lo fanno sembrare non solo ambientato negli anni ‘80 ma proprio uscito dallo scaffale di una vecchia videoteca (ho controllato e sì: ne esistono ancora anche oggi).
Spettacolare, assolutamente spettacolare la colonna sonora, quasi un greatest hits dei Cure (e un film che parte sulle note dolciamare di “Boys don’t cry” non può non essere quantomeno bello), più qualche altra chicca del periodo come “Situation” degli Yazoo o "Ever Fallen In Love" dei Buzzcocks, più Tears For Fears, Smiths, Style Council ecc ecc...
Un tuffo negli anni Ottanta, un personaggio in cui immedesimarsi, un film piccolo e poco noto da conoscere, guardare, amare.
(voto 8)

venerdì 21 maggio 2010

Che ora è?

La doppia ora
(Italia, 2009)
Regia: Giuseppe Capotondi
Cast: Ksenia Rappoport, Filippo Timi, Antonio Truppo, Geatano Bruno, Michele Di Mauro, Fausto Russo Alesi

La doppia ora si ha quando le ore e i minuti sono uguali. Toh, le 23:23, per fare un esempio concreto che possono capire tutti. Secondo il personaggio di Filippo Timi, quando ti capita di vedere un’ora del genere devi esprimere un desiderio, come quando vedi una stella cometa. La tipa interpretata da Ksenia Rappoport a quel punto gli chiede: “E si avverano?”
“Certo che no,” fa lui.
È un po' di questo che parla il film. Di desideri che non si avverano.


È un momento positivo, per il cinema italiano. Non parlo tanto in senso generale. Parlo semplicemente del mio rapporto personale con il cinema italico. Dopo La prima cosa è bella e L’uomo che verrà, La doppia ora sigla ora una tripletta per me storica. A differenza di quelle altre due ottime pellicole, La doppia ora non va però a scavare nella memoria e nell’essenza dell’essere italiani, bensì è un thriller con venature paranormali molto ma molto internazionale. Non a caso, nel mercato di Cannes ha trovato in questi giorni una distribuzione americana. Probabilmente non farà sfracelli al botteghino, ma almeno dimostrerà al pubblico globale che il cinema italiano non è solo quello delle infinite commedie famigliari. E chissà che poi a Hollywood non pensino anche a un remake: La terza ora?

Riguardo alla trama preverisco non svelarvi nulla. Vi dico solo che nella primissima scena c’è una tizia che guarda Canale 5 nella sua camera d’albergo. Poco dopo si getta dalla finestra. Questo è l’unico momento della pellicola che ho previsto; d’altronde, quando si guarda la programmazione della Mediaset ammiraglia non si può che pensare al suicidio…
Tutto il resto è imprevedibile. Meravigliosamente imprevedibile. Si passa dalla storia d’amore tra due anime perdute che si uniscono, al poliziesco, a un intereccio incasinato alla Vanilla Sky/Apri gli occhi, all’horror, il tutto nella cornice di una Torino really noir.
Grandiosa la coppia formata da Filippo Timi (il nostro Russell Crowe?) e da Ksenia Rappoport (attrice russa che parla l’italiano molto meglio di parecchie sue colleghe nostrane). Il regista Giuseppe Capotondi viene dal mondo del videoclip: oltre a robe per Negrita, Ligabue e compagnia brutta (si deve pur iniziare da qualche parte), ha anche girato video international per Kelis, Ms Dynamite e Keane (l’ottimo “Crystal Ball"). La doppia ora è il suo primo lungometraggio. Certo, non un esordio da tutti i giorni per il cinema italiano.
Canzone ricorrente del film: Cure, “In Between Days”
(voto 8+)

martedì 17 giugno 2008

Apocalypso

È stata un’estate strana, quella del duemilaeotto. Le pioggie si sono fatte incessanti. Una nuova era glaciale sembrava doversi abbattere da un momento all’altro sul nostro pianeta stanco. Il sole vero e proprio non si è mai visto. Le piscine sono rimaste chiuse e i bambini non si sono mossi da davanti agli schermi accesi di televisioni e pc. La luce si rifletteva sulle loro facce pallide. Video su youtube di tutti i tipi passavano davanti ai loro occhi spenti. Qualche soft-porno, ma più che altro video comici: gatti che scivolano, ragazzi che si cimentano in un playback ridicolo delle loro canzoni preferite, gente che si fa molto male in modi molto stupidi. Cose di questo genere. Non c’era altro da fare. Fuori il cielo era dark come una canzone dei Cure e infatti nel mio stereo passava spesso “In Between Days”. Erano giorni che nessuno vedeva più un raggio di luce naturale illuminare le cose, ma le labbra di Scarlett Johansson tappezzavano le pareti delle città e allora non ci abbiamo fatto troppo caso. Ci siamo tutti infilati le cuffie dell’iPod nelle orecchie per non sentire il suono dei gemiti della Terra che si lamentava.

Quando qualche anno prima avevano cominciato a rompere con la storia del surriscaldamento globale era già troppo tardi per cambiare le cose. Ci sarebbe stato bisogno di un cambio di mentalità, ma molto tempo prima. La soluzione alla crisi del petrolio era così sotto gli occhi di tutti che nessuno riusciva a vederla. Bastava semplicemente smetterla di consumare petrolio. Fonti di energia alternativa erano già ampiamente disponibili, ma nessuno voleva rischiare una mutazione così radicale degli equilibri nelle forze dell’economia mondiale. E così si è andati avanti finchè non era più possibile andare avanti.
Le prime notizie della fine sono arrivate in maniera frammentaria. Nessuno si aspettava che sarebbe stata così veloce. E invece. Difficile capire cosa succedeva e dove succedeva. I telefonini non prendevano più. Non c’era mai campo, nemmeno in pieno centro a Milano. Le televisioni a un certo punto si oscurarono. Mettevi sull’uno e davano lo stesso programma del due dove trasmettevano lo stesso identico programma del cinque e sul sei niente “Italiaaa… Unooo”. Solo puntini grigi. Noiosi puntini grigi. Cominciavamo persino a rimpiangere Enrico Papi. E poi internet cominciò a non andare. “La rete non ha un centro, è impossibile fermarla completamente,” così diceva qualcuno all’epoca. Eppure anche i pc cominciarono a trasmettere solo un’enorme distesa di puntini grigi. Grigi come i cieli non erano più da un pezzo. Ora erano neri pece.
Nei giorni bui di quell’estate alcune persone scomparvero nel nulla. I primi a sparire furono i giornalisti. A forza di dire cazzate nemmeno si erano resi conto di quello che stava succedendo nel mondo, così si dimenticarono di documentare quella che era la fine della civiltà umana come la conoscevamo. Poi fu la volta dei preti. I crocefissi si capovolsero e le loro lacrime di Giuda non furono sufficienti a salvarli da una fine orrenda. Quindi toccò ai politici. Erano talmente utili alla società che il resto della popolazione ci mise giorni ad accorgersi della loro scomparsa. Nessuno se ne lamentò particolarmente, comunque.
L’ultimo giorno che ricordo di quell’epoca piovvero rane. Gra gra gra gracidavano perché scendevano vive e ben chiacchierine. Quando cominciammo a sentire più gra gra che bla bla avevamo già capito che la razza umana era messa un tantino male. Ricordo le rane che saltavano dappertutto, sui monumenti, dentro le finestre delle abitazioni e perfino addosso ai nostri corpi stile groupies. Poi mi sono improvvisamente rilassato, ho chiuso gli occhi e mi sono addormentato. Difficile dire quanto tempo sia passato e nessuno è in grado di dirlo. Eravamo tutti addormentati. Fino a che un raggio di sole timido ci ha risvegliati e ha dischiuso i nostri occhi.
Niente era come prima. Non eravamo stati vittime di un’allucinazione collettiva. Ci strofinavamo gli occhi l’un l’altro e non riuscivamo a credere a quello che vedevamo. Le città non esistevano più. Eravamo immersi in un’immensa natura senza fine, in mezzo agli animali. L’unico segno della vecchia civiltà era il labbro del manifesto di Scarlett Johansson che sventolava a mò di bandiera da un albero. Ci siamo fermati tutti a guardarlo, fino a che un’aquila è arrivata e se l’è portato via. Si è portato via il labbro di Scarlett Johansson.
Adesso siamo io e Bob nel villaggio insieme agli animali e a qualche altra persona. Lui legge il quotidiano tutti i giorni. È sempre lo stesso, porta la data del 21 settembre 2008. L’ultimo giorno di quella strana estate. Bob si rolla canne a ripetizione per riuscire a capire come si è arrivati fino a quel punto senza accorgersi di niente. Continua a ripetere che “tutto andrà bene”. Io voglio credergli. Siamo tutti felici e nessuno pensa a come spendere il proprio misero stipendio e nessuno pensa che la benzina è troppo cara perché nessuno tanto ha la macchina e nessuno pensa al lavoro precario e nessuno pensa ad odiare qualcun altro perché non c’è nessun motivo per odiare nessuno. Nessuno possiede niente.
A me però mancano l’iPod, MySpace, il Burger King, la tv spazzatura e youtube. E mi mancano le labbra di Scarlett Johansson. L’aquila le ha portate nel villaggio confinante il nostro. Devo addestrare il mio piccolo esercito di dodici scimmie e andarmele a prendere. Odio i miei vicini. Armo di ossa le mie scimmie e andiamo a massacrare quei bastardi. Bob è contario. Lui è per “peace & love, fratello, peace & love.” Ordino a una scimmia di dargli una mazzata in testa. Devo avere le labbra di Scarlett e nessun pacifista si può mettere in mezzo ai miei diabolici piani “Uah Uah Uaaah!” Ordino di far rinchiudere Bob. E a chi mi fa notare che non esistono posti dove rinchiudere la gente io replico “Legatelo, e poi costruite delle prigioni.”

Con il mio esercito delle 12 scimmie vado in missione nel villaggio confinante. Li cogliamo di sorpresa nella notte e ci portiamo via le labbra di Scarlett senza che nessuno di loro nemmeno se ne accorga. Dormono alla grande.
La mattina dopo il labbro di Scarlett è stato issato su un’asta ed è diventato la bandiera del nostro villaggio. I nostri vicini che finalmente si sono svegliati ci guardano con rabbia. Minacciano. Promettono che “sarà guerra” se non restituiamo loro il labbro. Io non ho nessuna intenzione di restituirglielo. È nostro. Il nostro simbolo.
Passano i giorni, e nulla accade. Dal paese confinante non si sente provenire nessun suono. Sembrano tramare qualcosa, ma probabilmente sono troppo inetti per tramare veramente qualcosa. Staranno solamente facendo finta. Dopo 11 giorni in cui non succede nulla, un uomo del villaggio confinante si avvicina alla nostra bandiera e si fa saltare in aria con dell’esplosivo fabbricato miscelando sapone con nitroglicerina. Muoiono diverse persone e molti animali del nostro villaggio. Noi gridiamo disperati, “promettiamo vendetta,” organizziamo concerti in memoria delle vittime. Addestro le mie scimmie a costruire dei fucili. Imparano in fretta e fabbricano armi di ottima fattura. Andiamo nel villaggio dei vicini e cominciamo a sparare. Le scimmie hanno un’ottima mira e su mio ordine non finiscono di sparare finchè anche l’ultimo componente dell’altro villaggio cade a terra stecchito.
Ora non c’è più nessuno da combattere e nessun labbro per cui combattere. Mi annoio. Comincio a sparare al mio esercito di scimmie. Ogni giorno ne faccio fuori qualcuna, poi mi metto a sparare alle altre persone e agli altri animali del mio villaggio. Fino a che non rimane più nessuno. Hey, un attimo. C’è ancora Bob. Bob è nella prigione che ho fatto costruire apposta per lui.
“Bob, amico mio,” vado a dirgli, “mi sei rimasto solo tu. Che cosa devo fare adesso?”
“Pensa a Dio. Pensa all’amore,” mi fa lui lasciando da parte il rancore che immagino possa provare visto che sono stato io a rinchiuderlo lì dentro.
“No, non è l’amore ciò di cui ho bisogno. È la distruzione,” realizzo io. “Dio crea, io uomo distruggo.”
Ho sentito di un villaggio su a Nord dove è stato ritrovato un iPod. Chiedo a Bob se vuole venire con me, ma lui rifiuta. “Peace & love, fratello. Peace & love,” mi ripete. Lascio Bob e le sue farneticazioni alle spalle. Carico il fucile e mi metto in marcia verso Nord. A caccia di iPod.

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