lunedì 29 settembre 2014
LE MIE CANZONI PREFERITE - RIASSUNTONE E PLAYLIST
venerdì 12 settembre 2014
LE MIE CANZONI PREFERITE - LA TOP 10
mercoledì 18 maggio 2011
BLOG WARS: IL RITORNO DEGLI 80s (PARTE I)
Anche Sophie Marceau ascolta i miei dischi, pardon musicassette |
mercoledì 22 settembre 2010
Back to the 80s
venerdì 21 maggio 2010
Che ora è?
È un po' di questo che parla il film. Di desideri che non si avverano.
Canzone ricorrente del film: Cure, “In Between Days”
martedì 17 giugno 2008
Apocalypso
Quando qualche anno prima avevano cominciato a rompere con la storia del surriscaldamento globale era già troppo tardi per cambiare le cose. Ci sarebbe stato bisogno di un cambio di mentalità, ma molto tempo prima. La soluzione alla crisi del petrolio era così sotto gli occhi di tutti che nessuno riusciva a vederla. Bastava semplicemente smetterla di consumare petrolio. Fonti di energia alternativa erano già ampiamente disponibili, ma nessuno voleva rischiare una mutazione così radicale degli equilibri nelle forze dell’economia mondiale. E così si è andati avanti finchè non era più possibile andare avanti.
Le prime notizie della fine sono arrivate in maniera frammentaria. Nessuno si aspettava che sarebbe stata così veloce. E invece. Difficile capire cosa succedeva e dove succedeva. I telefonini non prendevano più. Non c’era mai campo, nemmeno in pieno centro a Milano. Le televisioni a un certo punto si oscurarono. Mettevi sull’uno e davano lo stesso programma del due dove trasmettevano lo stesso identico programma del cinque e sul sei niente “Italiaaa… Unooo”. Solo puntini grigi. Noiosi puntini grigi. Cominciavamo persino a rimpiangere Enrico Papi. E poi internet cominciò a non andare. “La rete non ha un centro, è impossibile fermarla completamente,” così diceva qualcuno all’epoca. Eppure anche i pc cominciarono a trasmettere solo un’enorme distesa di puntini grigi. Grigi come i cieli non erano più da un pezzo. Ora erano neri pece.
Nei giorni bui di quell’estate alcune persone scomparvero nel nulla. I primi a sparire furono i giornalisti. A forza di dire cazzate nemmeno si erano resi conto di quello che stava succedendo nel mondo, così si dimenticarono di documentare quella che era la fine della civiltà umana come la conoscevamo. Poi fu la volta dei preti. I crocefissi si capovolsero e le loro lacrime di Giuda non furono sufficienti a salvarli da una fine orrenda. Quindi toccò ai politici. Erano talmente utili alla società che il resto della popolazione ci mise giorni ad accorgersi della loro scomparsa. Nessuno se ne lamentò particolarmente, comunque.
L’ultimo giorno che ricordo di quell’epoca piovvero rane. Gra gra gra gracidavano perché scendevano vive e ben chiacchierine. Quando cominciammo a sentire più gra gra che bla bla avevamo già capito che la razza umana era messa un tantino male. Ricordo le rane che saltavano dappertutto, sui monumenti, dentro le finestre delle abitazioni e perfino addosso ai nostri corpi stile groupies. Poi mi sono improvvisamente rilassato, ho chiuso gli occhi e mi sono addormentato. Difficile dire quanto tempo sia passato e nessuno è in grado di dirlo. Eravamo tutti addormentati. Fino a che un raggio di sole timido ci ha risvegliati e ha dischiuso i nostri occhi.
Niente era come prima. Non eravamo stati vittime di un’allucinazione collettiva. Ci strofinavamo gli occhi l’un l’altro e non riuscivamo a credere a quello che vedevamo. Le città non esistevano più. Eravamo immersi in un’immensa natura senza fine, in mezzo agli animali. L’unico segno della vecchia civiltà era il labbro del manifesto di Scarlett Johansson che sventolava a mò di bandiera da un albero. Ci siamo fermati tutti a guardarlo, fino a che un’aquila è arrivata e se l’è portato via. Si è portato via il labbro di Scarlett Johansson.
Adesso siamo io e Bob nel villaggio insieme agli animali e a qualche altra persona. Lui legge il quotidiano tutti i giorni. È sempre lo stesso, porta la data del 21 settembre 2008. L’ultimo giorno di quella strana estate. Bob si rolla canne a ripetizione per riuscire a capire come si è arrivati fino a quel punto senza accorgersi di niente. Continua a ripetere che “tutto andrà bene”. Io voglio credergli. Siamo tutti felici e nessuno pensa a come spendere il proprio misero stipendio e nessuno pensa che la benzina è troppo cara perché nessuno tanto ha la macchina e nessuno pensa al lavoro precario e nessuno pensa ad odiare qualcun altro perché non c’è nessun motivo per odiare nessuno. Nessuno possiede niente.
A me però mancano l’iPod, MySpace, il Burger King, la tv spazzatura e youtube. E mi mancano le labbra di Scarlett Johansson. L’aquila le ha portate nel villaggio confinante il nostro. Devo addestrare il mio piccolo esercito di dodici scimmie e andarmele a prendere. Odio i miei vicini. Armo di ossa le mie scimmie e andiamo a massacrare quei bastardi. Bob è contario. Lui è per “peace & love, fratello, peace & love.” Ordino a una scimmia di dargli una mazzata in testa. Devo avere le labbra di Scarlett e nessun pacifista si può mettere in mezzo ai miei diabolici piani “Uah Uah Uaaah!” Ordino di far rinchiudere Bob. E a chi mi fa notare che non esistono posti dove rinchiudere la gente io replico “Legatelo, e poi costruite delle prigioni.”
Con il mio esercito delle 12 scimmie vado in missione nel villaggio confinante. Li cogliamo di sorpresa nella notte e ci portiamo via le labbra di Scarlett senza che nessuno di loro nemmeno se ne accorga. Dormono alla grande.
La mattina dopo il labbro di Scarlett è stato issato su un’asta ed è diventato la bandiera del nostro villaggio. I nostri vicini che finalmente si sono svegliati ci guardano con rabbia. Minacciano. Promettono che “sarà guerra” se non restituiamo loro il labbro. Io non ho nessuna intenzione di restituirglielo. È nostro. Il nostro simbolo.
Passano i giorni, e nulla accade. Dal paese confinante non si sente provenire nessun suono. Sembrano tramare qualcosa, ma probabilmente sono troppo inetti per tramare veramente qualcosa. Staranno solamente facendo finta. Dopo 11 giorni in cui non succede nulla, un uomo del villaggio confinante si avvicina alla nostra bandiera e si fa saltare in aria con dell’esplosivo fabbricato miscelando sapone con nitroglicerina. Muoiono diverse persone e molti animali del nostro villaggio. Noi gridiamo disperati, “promettiamo vendetta,” organizziamo concerti in memoria delle vittime. Addestro le mie scimmie a costruire dei fucili. Imparano in fretta e fabbricano armi di ottima fattura. Andiamo nel villaggio dei vicini e cominciamo a sparare. Le scimmie hanno un’ottima mira e su mio ordine non finiscono di sparare finchè anche l’ultimo componente dell’altro villaggio cade a terra stecchito.
Ora non c’è più nessuno da combattere e nessun labbro per cui combattere. Mi annoio. Comincio a sparare al mio esercito di scimmie. Ogni giorno ne faccio fuori qualcuna, poi mi metto a sparare alle altre persone e agli altri animali del mio villaggio. Fino a che non rimane più nessuno. Hey, un attimo. C’è ancora Bob. Bob è nella prigione che ho fatto costruire apposta per lui.
“Bob, amico mio,” vado a dirgli, “mi sei rimasto solo tu. Che cosa devo fare adesso?”
“Pensa a Dio. Pensa all’amore,” mi fa lui lasciando da parte il rancore che immagino possa provare visto che sono stato io a rinchiuderlo lì dentro.
“No, non è l’amore ciò di cui ho bisogno. È la distruzione,” realizzo io. “Dio crea, io uomo distruggo.”
Ho sentito di un villaggio su a Nord dove è stato ritrovato un iPod. Chiedo a Bob se vuole venire con me, ma lui rifiuta. “Peace & love, fratello. Peace & love,” mi ripete. Lascio Bob e le sue farneticazioni alle spalle. Carico il fucile e mi metto in marcia verso Nord. A caccia di iPod.