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martedì 10 ottobre 2017

madre! de! Dios!





madre!
Titolo originale: mother!
Regia: Darren Aronofsky
Cast: Jennifer Lawrence, Javier Bardem, Ed Harris, Michelle Pfeiffer, Domhnall Gleeson, Brian Gleeson, Stephen McHattie, Kristen Wiig


La trama
ATTENZIONE CONTIENE SPOILER DEL FILM E DELLA BIBBIA

Javier Bardem è uno scrittore, anzi un Poeta che va a vivere in una casa in mezzo al nulla insieme alla giovane e bella mogliettina Jennifer Lawrence. E fin qui niente di male. Le cose furbe però finiscono qui.

giovedì 28 settembre 2017

Madre! Chi è l'ospite della rubrica di oggi?





Questa settimana c'è un solo film tra quelli in uscita che merita di essere visto di corsa. E no, non mi riferisco a Emoji – Accendi le emozioni e spegni il cervello.
Questa settimana inoltre c'è un solo ospite di questa rubrica che merita di essere letto. E no, non parlo di me né tanto meno di Mr. Ford, visto che siamo i soliti padroni di casa. Ce l'ho con Babol, l'autrice de Il Bollalmanacco di Cinema, un blog che unisce divertimento e competenza con una sapienza che si avvicina a quella di Pensieri Cannibali.
O quasi.


Madre!

Babol: Ci abbiamo provato, io, il Cannibale e Ford, ad infiltrarci durante la proiezione di Madre! a Venezia, travestiti da JLaw, Aronofsky e Javier Bardem. Non so come ma ci hanno riconosciuti e cacciati a pedate come dei plebei qualsiasi, così non abbiamo potuto unirci al coro quasi unanime di insulti, sputi e vituperi che hanno ricoperto l'ultima opera del povero Aronofsky. Non so i miei colleghi, ma io sono pronta a vendicarmi correndo al cinema piena di grandi e positive speranze, anche se la Lawrence mi ha spaccato i cabasisi da tempo.

"AAAH! Ma cosa sono i cabasisi?
Questa Babol è più incomprensibile dei film di Aronofsky!"

venerdì 1 luglio 2016

Pi greco – L'ospitata del delirio





Per darvi un'idea di quanto sia disperata oggi la situazione lavorativa, soprattutto tra i giovani, vi posso dire che persino un sitarello piccoletto come Pensieri Cannibali riceve – non dico ogni giorno, ma comunque piuttosto spesso – richieste per poter collaborare o proprio lavorare.
In genere io rifiuto gentilmente. Pensieri Cannibali non è un sito collettivo. Nonostante in qualche occasione eccezionale abbia ospitato gli interventi di colleghi blogger come AlmaCattleya o Lisa Costa, e la rubrica sulle uscite cinematografiche della settimana sia scritta insieme al mio rivale Mr. James Ford, Pensieri Cannibali è una pura espressione del mio ego e del mio punto di vista personale.
Questa volta però ho voluto fare un'eccezione. Tra i vari curriculum vitae ricevuti, ce n'è uno che mi ha colpito in maniera particolare. Era di una ragazza. Specifico subito che non era accompagnato da una foto, quindi non so se sia carina o meno e quindi il mio giudizio non è stato influenzato da fattori estetici.
Il curriculum di questa ragazza di appena 15 anni di suo è già impressionante. Ad esempio ha pubblicato un libro, girato video e cortometraggi, scritto sceneggiature, registrato canzoni... Insomma, in pratica ha fatto più lei a 15 anni che io a 34. Al di là di ciò, la cosa che più mi ha sorpreso è stata la forma scelta: un curriculum scritto a mano (va beh, col font di Word che simula la scrittura a mano) su un foglio a protocollo, come se fosse un temino delle elementari.
È il curriculum più geniale che io abbia mai visto e così ho deciso di dare una possibilità a questa giovane promessa della creatività italiana. Qui di seguito vi propongo una sua particolare recensione rimata e ritmata del (gran) film di Darren Aronofsky π – Il teorema del delirio.
Per la serie: piccole cannibali crescono, ecco a voi Lucrezia Romussi.
Se volete, potete contattarla all'indirizzo  lucreziaromussi@yahoo.com, ma non fate i soliti stalker, mi raccomando!

π – Il teorema del delirio

lunedì 21 luglio 2014

NOIAH




"Lo so, ho dei capelli improponibili.
Ma nella Bibbia il balsamo non viene mai menzionato..."
Noah
(USA 2014)
Regia: Darren Aronofsky
Sceneggiatura: Darren Aronofsky, Ari Handel
Cast: Russell Crowe, Jennifer Connelly, Emma Watson, Ray Winstone, Anthony Hopkins, Douglas Booth, Logan Lerman, Leo McHugh Carroll, Kevin Durand, Nick Nolte, Mark Margolis, Marton Csokas, Finn Wittrock, Madison Davenport
Genere: bestemmia cinematografica
Se ti piace guarda anche: La passione di Cristo, The Fountain – L’albero della vita

ATTENZIONE FANATICI
Se siete fanatici religiosi, se portate la Bibbia sempre con voi, se andate a messa tutte le domeniche, o se siete Mel Gibson, potreste considerare questo post blasfemo. Proseguite la lettura soltanto a vostro rischio e pericolo, altrimenti fate sempre in tempo a tornare sul sito di Famiglia Cristiana.


In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu.
Dio poi creò tante altre belle cose, un sacco di animaletti, fino a che creò anche l’uomo, dicendo semplicemente: “Abracadabra, facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. Ma mancava ancora qualcosa. Qualcosa di molto importante. A questo punto, Dio allora disse: “Sia la figa!”. Ed Emma Watson fu.


Per festeggiare la sua creazione più bella, Dio passò la domenica a masturbarsi furiosamente contemplando la sua immagine. Una volta stufatosi di guardarla mentre non faceva nulla, decise di creare un qualcosa per tenerla impegnata e così fece il cinema. Dopo aver creato il cinema e i film dei Lumière in cui non succedeva nulla, Dio decise di creare pure i registi e fu così che diede vita a Darren Aronofsky. Il cineasta americano realizzò una pellicola più bella dell’altra, da Pi greco – Il teorema del delirio a Requiem for a Dream, da The Wrestler a Il cigno nero, fino a che decise di dedicarsi a Noah, un lavoro tratto dalla Bibbia. Un progetto dalle ambizioni divine.

La storia di Noè e della sua arca la conoscete già tutti, vero?
Ehm… io veramente non la conoscevo proprio bene bene. Da bambino ho saltato qualche lezione di catechismo di troppo. Più in là con gli anni ho provato a rimediare alle mie lacune religiose e un giorno mi sono detto: “Leggiamoci un po’ sta Bibbia. Ci sarà una ragione se ha venduto milioni di copie…”
Ho iniziato a leggere qualcosa, ma ben presto ho rinunciato. Ragazzi, ma non l’ha mai detto nessuno?
La Bibbia è ILLEGGIBILE!
È un libro scritto in maniera davvero terrificante. Prendiamo un passaggio dalla Genesi in cui si parla proprio del protagonista di giornata, il simpatico (si fa per dire) Noè.

1. Il Signore disse a Noè: «Entra nell'arca tu con tutta la tua famiglia, perché ti ho visto giusto dinanzi a me in questa generazione. 2 D'ogni animale mondo prendine con te sette paia, il maschio e la sua femmina; degli animali che non sono mondi un paio, il maschio e la sua femmina. 3 Anche degli uccelli mondi del cielo, sette paia, maschio e femmina, per conservarne in vita la razza su tutta la terra. 4 Perché tra sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; sterminerò dalla terra ogni essere che ho fatto». 5 Noè fece quanto il Signore gli aveva comandato.
6 Noè aveva seicento anni, quando venne il diluvio, cioè le acque sulla terra. 7 Noè entrò nell'arca e con lui i suoi figli, sua moglie e le mogli dei suoi figli, per sottrarsi alle acque del diluvio. 8 Degli animali mondi e di quelli immondi, degli uccelli e di tutti gli esseri che strisciano sul suolo 9 entrarono a due a due con Noè nell'arca, maschio e femmina, come Dio aveva comandato a Noè.
10 Dopo sette giorni, le acque del diluvio furono sopra la terra; 11 nell'anno seicentesimo della vita di Noè, nel secondo mese, il diciassette del mese, proprio in quello stesso giorno, eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono. 12 Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti.

A parte il fastidio provocato da tutti i numerini inseriti a ogni frase, ma vi sembra un libro scritto bene? Non c’è manco mezza descrizione o un minimo di introspezione psicologica dei personaggi. Niente. Al confronto della Bibbia, Tre metri sopra al cielo, Twilight e Cinquanta sfumature di grigio sono dei capolavori assoluti.
Tralasciando gli aspetti letterari, c’è qualcuno che può ritenere anche solo lontanamente verosimili i fatti in essa raccontati?
Eppure giusto qualche milione, per non dire qualche miliardo, di persone sulla faccia della Terra crede che quanto narrato nella Bibbia sia davvero successo. Prendiamo il passaggio “Noè aveva seicento anni.
Se quest’uomo ha 600 anni, voglio il numero del suo chirurgo plastico.


Prendiamo un altro passaggio: “Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti.” Ma manco a Masone in Liguria, il posto meteorologicamente più sfigato del mondo, ha mai piovuto così tanto. Eddai.


In pratica La Sacra Bibbia è il più fantasioso romanzo fantasy di sempre. Roba che al confronto Il signore degli anelli può essere considerato puro neorealismo. Il regista Darren Aronofsky, chiamato a sé dalla voce di Dio, o più probabilmente da quella del Dio Denaro, ha così deciso di trattare le vicende bibliche come fossero una materia fantasy, chiamando attori come Emma "Hermione" Watson e Logan "Percy Jackson" Lerman e aggiungendo alcuni elementi fantastici al racconto, giusto per rendere le cose un po’ meno noiose (obiettivo non riuscito per niente), senza però nemmeno esagerare. Come potete leggere in questo articolo di Wired, le differenze tra quanto raccontato nella Bibbia e nel film non sono poi nemmeno troppe.

ATTENZIONE SPOILER
Per chi come me non avesse troppa dimestichezza con la Bibbia, rammento la vicenda di Noah in breve.
Noah è un giovane ragazzo di 600 anni che una notte, dopo una cena pesante a base di cibo piccante, fa dei sogni strani. Sogna che il mondo sta per finire a causa di un acquazzone particolarmente pesante. Nessuno gli crede.



Per prepararsi al diluvio universale, Noah si mette così a costruire una gigantesca arca e per farlo si fa aiutare da un gruppo di muratori giganti, di nazionalità rumena e albanese, ovviamente sottopagati. Noè in maniera molto generosa decide che nell’arca potranno accomodarsi solo lui, sua moglie, i suoi tre figli e quella sgnaccherona gigante della sua figlia adottiva, Emma Watson, per l’occasione ribattezzata la Porca di Noè, visto che dovrà accontentare gli appetiti sessuali di tutti e tre i suoi figli e pure i suoi. Insieme a loro possono venire anche un sacco di animali a coppie, un maschio e una femmina. Niente coppie gay. Noah vende così i biglietti ai vari animali, gonfiando i prezzi a dismisura. Gli altri umani cercano di acquistare qualche biglietto dai bagarini o in rete, ma niente. Non si trovano più. Sono sold out più di un concerto dei Rolling Stones.
A un certo punto, preso dalla follia, Noah Crowe si mette pure a cantare, credendo di essere ancora in Les Misérables.






A parte la sua famiglia, secondo Noah tutto il resto dell’umanità deve pagare per i propri peccati e morire in maniera brutale sotto la pioggia, scatenando le reazioni preoccupate della comunità internazionale.


Gli uomini provano a salvarsi in tutti i modi. C’è chi prega, c’è chi cerca di corrompere Noah, c’è addirittura chi manda Bruce Willis e Ben Affleck nello spazio…


Ma non c’è niente da fare. Viene persino organizzata un’agghiacciante battaglia che sembra uscita dal nuovo capitolo di Transformers girato da Michael Bay e invece no, si tratta davvero di una pellicola diretta da Darren Aronofsky. E se pure Darren Aronofsky si mette a realizzare certe porcate, non c’è più niente da fare. L’umanità è spacciata.

Il film di Aronofsky non è però solo questo. Fondamentalmente è anche la storia del villain più cattivo di tutti i tempi. Non mi riferisco tanto allo stesso Noah che dà il titolo alla pellicola, che pure come abbiamo visto è non poco stronzo. Mi riferisco a Dio. Un Dio vendicativo, misogino e misantropo che vuole sterminare l’intera razza umana, che continua a mettere alla prova l’uomo con una serie di sfide una più perfida dell’altra manco fossero gli Hunger Games. Dopo la mela del peccato nel giardino dell’Eden che gli ha sbattuto lì davanti alla faccia, salvo poi dirgli “No, non puoi mangiarla!”, proprio come una tipa che te la fa solo annusare, Dio questa volta ha superato persino se stesso. Seguendo l'esempio di George R. R. Martin che a ogni stagione di Game of Thrones deve tirare fuori una serie di morti più impressionanti di quelle precedenti, Dio a questo giro ordina a Noah di uccidere la prole della sua figliastra, ma solo nel caso gli nasca una figlia femmina, giusto per ribadire la sua misoginia se qualcuno aveva ancora dei dubbi in proposito.
A Emma Watson però non nasce una figlia. Ne nascono due! E Noah deve ucciderle entrambe. Già è grave uccidere delle persone, poi è ancora più grave uccidere dei bambini, poi è ancora peggio uccidere delle bambine che essendo figlie di Emma Watson crescendo sono destinate a diventare delle fighe stellari.
A questo punto Noah cosa farà? Andrà davvero fino in fondo nei suoi intenti malati e metterà fine all’intera razza umana per sempre, o disubbidirà a Dio?

Questo lo saprete già se avete letto la Genesi. L’alternativa è quella di guardarvi il film di Darren Aronofsky, anche se io vi sconsiglio di farlo. Se avete amato i suoi precedenti lavori come me, qui dentro dell’un tempo grande regista non troverete molte tracce, se non per qualche vago riferimento ai passaggi più deliranti della sua opera più controversa, The Fountain – L’albero della vita. Questo nonostante Aronofsky figuri come sceneggiatore e produttore, oltre che come regista. Questo nonostante la presenza del solito Clint Mansell a firmare le musiche, tronfie e fastidiose. Questo nonostante il cast vanti attori feticcio del regista come la bella Jennifer Connelly e la partecipazione vocale dell’aficionado Mark Margolis, che durante la visione del film avrà probabilmente avuto sulla faccia per tutto il tempo quest’espressione.


Dimenticate il Darren Aronofsky che conoscevate. Nonostante a livello visivo si tratti di un lavoro potente e dotato di un suo certo fascino, e questa è l’unica buona notizia, Noah è un pasticcio di proporzioni bibliche. Una pellicola in grado di far perdere la Fede, la Fede nel Cinema. Se qualcuno riesce ad arrivare alla fine di questa lunga, estenuante, allucinante e noiosa visione senza bestemmiare nemmeno una volta, quel qualcuno merita di essere fatto Santo Subito.
Fino all’ultimo ho sperato fosse solo un brutto scherzo. Il terrificante finale moralista mi ha fatto capire che no, Aronofsky non stava scherzando ed era dannatamente serio. Persino quando ha tirato fuori questi cosi giganti.


Dimenticate allora Darren Aronofsky. Dimenticate il Cinema. Dimenticate pure che questo possa essere un film sul diluvio universale. Noah è solo un diludendo universale.
(voto 3/10)

sabato 16 novembre 2013

L’ARCA DI NO



Ecco il trailer del nuovo film di Darren Aronofsky, Noah, con nel cast Russell Crowe, Jennifer Connelly, Emma Watson, Logan Lerman e Anthony Hopkins e dedicato alla figura di Noè. Quello dell’arca.



Ed ecco le prime reazioni a caldo alla visione del trailer.

Ma perché hanno dato a Emma Watson la parte di mia figlia?
Me la sarei fatta più che volentieri.
Russell Crowe

Ma perché hanno dato a Emma Watson la parte di mia figlia?
Me la sarei fatta più che volentieri.
Jennifer Connelly

Ma perché hanno dato a Emma Watson la parte di mia nipote?
Me la sarei fatta più che volentieri.
E perché mi hanno dato la parte di Matusalemme? Non sono così vecchio, no?
Hey, cos'è questo silenzio?
Anthony Hopkins

Ma perché hanno dato a Emma Watson la parte di mia sorella?
Me la sarei fatta più che volentieri.
Vabbé, pazienza, almeno me l'ero già fatta in Noi siamo infinito.
Logan Lerman

Ma che è ‘sta cagata apocalittica?
Cannibal Kid di Pensieri Cannibali

Ma è Darren Aronofsky o Roland Emmerich?
Onesto e spietato (da Facebook)

Ma Porco Di...!
Noè

martedì 13 dicembre 2011

Darren Aronofsky: Man of the year 2011 n. 5

Darren Aronofsky
Genere: genio
Provenienza: Broolyn, New York, USA
Età: 42
Il passato: π - Il teorema del delirio, Requiem for a Dream, L’albero della vita, The Wrestler
Il suo 2011: Il cigno nero, regia spot pubblicitari
Il futuro: il biblico Noah
Perché è in classifica: è uno dei più grandi talenti visivi dei nostri tempi (e oserei dire anche di sempre)
Ti potrebbero piacere anche: David Lynch, David Cronenberg, David Fincher

Uno che inizia la propria carriera con un film come π - Il teorema del delirio o è un genio o è un pazzo. Le sue opere successive hanno fatto propendere più per il genio (Requiem for a Dream) o più per il pazzo (L’albero della vita dai cui rami si è sviluppato il The Tree of Life di Terrence Malick, forse). Quindi è rimasto in bilico verso la sanità mentale, grazie allo stile documentaristico nudo e crudo con cui in The Wrestler ha donato vita e anima a quel non-sport che è il wrestling, il più inutile spettacolo dopo quello di Fiorello. Oppure verso la malattia mentale pura, con le visioni della ballerina Portman di Black Swan, con cui si è confermato ai vertici del cinema mondiale e ha pure inciso sulla cultura pop dei nostri giorni.
Ma siccome anche i registi multimilionari per mantenere il loro costoso stile di vita dissoluto devono scendere a compromessi, indecisi se comprare una Ferrari o una Lambo ma tutt’e due no perché la crisi economica si fa sentire pure per loro, Aronofsky in quest’annata ha pure diretto un video per quell’obbrobrio musicale rappresentato dall’infausta e moralmente sbagliata unione di Lou Reed e Metallica. E quindi ha anche diretto alcuni spot pubblicitari per la Revlon (con Jessica Biel e Pharrell Williams), Yves Saint Laurent (con Vincent Cassell) ma anche una dura campagna contro le metanfetamine (quest’ultima credo l’abbia girata gratis). Portando a casa risultati visivamente sempre notevoli.
Comunque troppe parole sono state persino sprecate. Per parlare di Darren Aronofsky basterebbe infatti una parola sola: GENIO.







lunedì 14 novembre 2011

The drugs don’t work (la disoccupazione ha colpito pure loro)

Non sopporto gli spot anti droga.
Di solito sono patetici, banali, prevedibili, scontati, moralizzatori.
Democristiani.
Se alla regia però c’è un certo Darren Aronofsky (Il cigno nero, Requiem for a Dream, The Wrestler, π - Il teorema del delirio, L'albero della vita) beh, allora le cose cambiano.
Il regista ha infatti diretto 4 spot 4 uno più bello dell’altro, uno più devastante dell’altro, per il The Meth Project, una campagna contro l’uso del meth, o anche crystal meth, o anche metanfetamine, o anche MDMA di baustelliana memoria, o anche le droghe chimiche cucinate nella serie Breaking Bad, o anche tutte quelle sostanze che tra i giovani d’oggi sono più popolari di Justin Bieber. Non che ci vada molto.
Comunque ecco le 4 clip, roba - attenzione - per stomaci forti.

domenica 11 settembre 2011

Ostregheta!

Michael Fassbender con la Coppa delle Coppe
Breve commento sul Festival di Venezia, premettendo che non ero presente, non ho visto i film in Concorso, non ho visto sfilare Keira Knightley sul red carpet (questa è la cosa che rimpiango di più) e quindi il mio breve commento non vale praticamente una mazza.
Comunque...
Il presidente di giuria Darren Aronofsky, o meglio il Genio Darren Aronofsky, Leone d’Oro al radical-chicchismo, ha confermato la sua natura di gran figlio di buona donna ignorando totalmente i film più applauditi e i favoriti della vigilia. Niente per gli americani. Niente per Cronenberg, Friedkin, Polanski, Clooney (ma almeno quest'ultimo si rifarà probabilmente agli Oscar). Niente nemmeno per Kate Winslet.
In compenso ha consegnato il Leone d’Oro al russo Aleksander Sokurov per il suo Faust, una di quelle pellicole monumentali che si preannuncia come un mattonazzo pazzesco, dunque un film che paradossalmente potrebbe essere amato dal mio blogger nemesi Mr. Ford. Chi è il radical-chic, adesso, chi?
Aronofsky dall’alto della sua magnanimità ha però pensato anche al cinema italiano, con il premio speciale della giuria assegnato a Crialese e al suo Terraferma.
Per quanto mi riguardo sono felice, ricordando sempre che non ho visto i film quindi parlo così a vanvera (ma se qualcuno il prossimo anno volesse farmi avere gli accrediti stampa non disdegnerei), per la coppa Volpi di miglior attore a Michael Fassbender, la cui grandezza è stata finalmente riconosciuta, e per i premi andati al greco Lanthimos, già autore dello spettacoloso quanto agghiacciante Kynodontas e ora vincitore della miglior sceneggiatura per Alpis, al Wuthering Heights (Cime tempestose) di Andrea Arnold (la regista di Fish Tank) e ai giovani attori del nuovo film del fenomeno giapponese Sion Sono.
Ma visto che il mio commento alla cieca wale quel che wale e cioè pressappoco quanto una canzone dei Dari, meglio far parlare l’elenco ufficiale dei premi.

- Leone d'oro: Faust di Aleksandr Sokurov
- Leone d'argento miglior regia: Cai Shangjun per Ren shan ren hai
- Premio Speciale della giuria: Terraferma di Emanuele Crialese
- Coppa Volpi migliore attrice: Deanie Yip per Tao Jie (A Simple Life)
- Coppa Volpi miglior attore: Michael Fassbender per Shame
- Leone del Futuro - Premio Venezia Luigi De Laurentiis: La-Bas - Educazione criminale di Guido Lombardi
- Osella migliore sceneggiatura: Efthymis Filippou e Yorgos Lanthimos per Alpis
- Osella miglior contributo tecnico: Robbie Ryan per la fotografia di Wuthering Heights
- Premio Marcello Mastroianni giovane attore/attrice emergente: i protagonisti di Himizu, Shòta Sometani e Fumi Nikaido
- Premio Orizzonti per il miglior lungometraggio: Kotoko di Shinya Tsukamoto
- Gran Premio Speciale della Giuria della Sezione Orizzonti: Whores' glory di Michael Glawogger
- Premio Orizzonti per il miglior cortometraggio: In attesa dell'Avvento di Felice D'Agostino e Arturo Lavorato

martedì 3 maggio 2011

Hollywood rules the world

C'era una volta, in un tempo nemmeno troppo lontano, un mondo in cui le sceneggiature dei grandi eventi erano scritte da una banda di perfidi autori composta da Quentin Tarantino, Oliver Stone, gli autori della serie 24 e Darren Aronofsky (quest'ultimo giusto per incasinare ulteriormente le trame): 11 settembre, tsunami, catastrofi nucleari, rivolte popolari, guerre al terrore, disoccupazione, crisi economica, bunga bunga party... Dopo il terremoto in Giappone e la guerra in Libia il mondo ha però deciso di dire basta e licenziare queste menti malate, visto che le loro sceneggiature stavano diventando troppo splatter e violente per il pubblico di minorenni, che è anche quello che interessa maggiormente gli investitori pubblicitari.
E allora c'è stato un cambio di registro radicale con una serie di storie tutte nuove e dal taglio molto diverso: un matrimonio reale da favola tra il principe azzurro e una morta di fame figlia di minatori (però gnocca e con una sorella dalle gran belle chiappe), una beatificazione improvvisa di un simpatico anziano il cui unico miracolo in vita era stato arrivare alla fine di una messa senza addormentarsi e, ciliegina sulla torta, la morte del nemico pubblico numero 1, il lupo cattivo, lo spettro che infestava i nostri peggiori incubi da 10 anni, il cattivone Osama Bin Laden.
Ma chi si cela in realtà dietro a queste melense sceneggiature mondiali?
Naturalmente il nuovo ghost writer ingaggiato è Nicholas Sparks, l'autore di Le pagine della nostra vita, Le parole che non ti ho detto, I passi dell'amore, Dear John e The Last Song.
Avete voluto un mondo felice? Poi però non lamentatevi se si rivela una palla colossale...

lunedì 18 aprile 2011

Vincent Cassoeula

E che qualcuno non venga poi a lamentarsi che in questo blog si parla sempre e solo di figa. E così dopo Natalie Portman e Keira Knightley, ecco una nuova raffinatissima reclame per un parfum, questa volta con protagonista Vincent Cassel, il marito buono a recitare della Bellucci (non che abbia altri mariti, però quando si parla di Bellucci e di recitare nella stessa frase è sempre meglio specificare). Dirige lo spot per Yves Saint Laurent Darren Aronofsky (e si vede) con musiche di Clint Mansell (e si sente).
E sì, tranquilli comunque: ci stanno delle fighe pure qui...

venerdì 1 aprile 2011

La prossima ballerina che ce l’ha con Natalie Portman la trasformo in un cigno spennato

Termina qui la Darren Aronofsky week, anche perché 5 film ha fatto e non è che possa inventarmene degli altri.
Se proprio ci tenete potete comunque recuperare le altre tappe del trip mentale:

Il cigno nero
(USA 2010)
Titolo originale: Black Swan
Regia: Darren Aronofsky
Sceneggiatura: Andres Heinz, Mark Heyman, John McLaughlin
Cast: Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis, Barbara Hershey, Winona Ryder, Ksenia Solo, Benjamin Millepied, Christopher Gartin, Sebastian Stan, Janet Montgomery, Kristina Anapau, Mark Margolis
Genere: questa è la follia
Se ti piace guarda anche: Mulholland Drive, Suspiria, Donnie Darko, Eyes Wide Shut, The Company

Non si può dire che abbia messo d’accordo proprio tutti. Darren Aronofsky non è uno di quelli che può piacere a chiunque e infatti anche Il cigno nero, come e ancor di più dei suoi predecessori, è passato attraverso esaltazioni e stroncature entrambe nettissime. Però a questo giro, nonostante una produzione che credeva nel progetto tanto quanto io credo che la Juve possa ancora vincere lo scudetto, ha centrato il suo primo grande successo al botteghino ed è stato pure preso in considerazione dall’Academy. Un miracolo in cui ha avuto una mano da una Natalie Portman estrema (e psicopatica) come non mai.

Negli ultimi giorni è uscita una polemica circa il reale impegno a livello danzereccio della protagonista. La ballerina controfigura Sarah Lane ha infatti affermato di aver fatto ben il 95% delle scene di danze che si vedono poi nel montaggio finale del film, mentre Darren Aronofsky, Mila Kunis e il fidanzato ballerino di Natalie Benjamin Millepied hanno affermato che è stata lei a fare l’80% dei numeri in tutù. Qualunque sia la verità, la forza della sua interpretazione sta in ben altro e comunque questa controversia appare più che mai nello spirito del film: una lotta tra ballerine con Natalie impegnata contro il suo doppio. Abbastanza materiale per girarne un sequel.

Quanto al film, ho decantato le gesta della ballerina Nina e del capolavoro supremo Il cigno nero già a tempo della mio post-recensione. In questa sede, inquadrandolo all’interno del percorso personale del regista, posso aggiungere di come questa pellicola riesca a prendere le tendenze migliori del cinema di Aronofsky mostrate finora e a inserirle tutte dentro una storia sola: un viaggio mentale intricato ma non quanto il teorema del delirio o The Fountain, e una fisicità presa dall’esperienza di The Wrestler e Requiem for a Dream trasportata però attraverso la grazia e il passo di danza di un regista trasformatosi ormai in ballerino. E anche in un cigno (rigorosamente nero).
(voto 10)

Accoglienza: un incredibile successo di pubblico dovuto al passaparola più che a strategie di marketing che l’ha fatto diventare il film sulla danza dal maggiore incasso nella storia del cinema americano (senza contare l’inflazione, ha superato persino La febbre del sabato sera, Dirty Dancing, Flashdance e Save the last dance). La pellicola ha consacrato definitivamente Natalie Portman premiata con l’Oscar 2011 di miglior attrice (il film ha avuto anche altre 4 nomination), ma ha diviso la critica tra pro e contro. A Venezia Tarantino presidente di Giuria ha preferito premiare Somewhere, film valido ma il buon Quentin ha confermato quanto i suoi gusti siano spesso discutibili in fatto di film. Quanto a donne invece ne capisce, visto che ha assegnato il premio Mastroianni di miglior giovane alla strepitosa Mila Kunis.
Box-office USA: $ 106 milioni


E adesso? Quale sarà il prossimo progetto di Darren Aronofsky? Ancora non si sa, quello che vi posso dire è cosa NON farà: il regista ha infatti abbandonato il progetto di Wolverine perché le riprese lo avrebbero tenuto lontano troppo a lungo dal figlioletto (che paparino tenero, chi l’avrebbe mai detto?) e io ringrazio il cielo perché non ho mai sopportato né il personaggio né Hugh Jackman, inoltre l’idea di un Aronofsky impegnato in un blockbusterone sui supereroi da buon radical-chic mi disturbava alquanto. Certo, Christopher Nolan ha fatto cose egrege con Batman. Ma con Batman, non con l’X-Man mani di forbice.

giovedì 31 marzo 2011

Solitario nella notte va, se lo incontri gran paura fa…

Quarta fermata nel folle mondo di Aronofsky, dopo π - Il teorema del delirio, Requiem for a Dream e The Fountain - L'albero della vita.

The Wrestler
(USA 2008)
Regia: Darren Aronofsky
Sceneggiatura: Robert D. Siegel
Cast: Mickey Rourke, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Mark Margolis, Todd Barry, Wass Stevens, Judah Friedlander, Ernest Miller
Genere: power-ballad
Se ti piace guarda anche: The Fighter, Rocky Balboa, 8 Mile, Million Dollar Baby

Aronofsky goes mainstream? Il regista mette da parte per una volta ossessioni personali ed eccessi visivi e preferisce rimanere concentrato sulla storia. Per fortuna, fare un film “normale” non è comunque affar suo e quindi pur realizzando il suo lavoro più lineare e meno visionario, Aronofsky si inventa un modo suo per rendere comunque l’insieme il più indigesto possibile al pubblico di massa e agli Oscar. Per notare la differenza con una storia simile ma realizzata in maniera più tradizionale basti vedere The Fighter, altro progetto cui Aronofsky avrebbe dovuto partecipare, preferendo alla fine la storia più disperata e meno alla Rocky di questo The Wrestler.

Il regista prende la sua macchina da presa, si trasferisce a vivere alle spalle del protagonista e lo segue ovunque con le sue tanto amate riprese a mano, un vero marchio di fabbrica di Aronofsky. A rendere la pellicola ancora più fisica e viscerale è la scena di un violentissimo incontro di wrestling, ben più sanguinoso e cronenberghiano di quanto si sia mai visto nei patinati match WWE di John Cena, lontani anni luce dalle palestre di serie B qui narrate.
La storia del Randy “The Ram”, interpretato da un Mickey Rourke quasi autobiografico e ancora alive and kicking, è la più semplice finora narrata da Aronofsky, ma rifugge in tutto e per tutto le solite trappole del genere sportivo/riscatto sociale. Questa non è la bella vicenda di una rivincita come nel sopra citato The Fighter, bensì una storia girata con stile (quasi) documentaristico che è uno sprofondare progressivo fino alla caduta (oppure no?) finale, in maniera analoga a quanto capita ai malcapitati di Requiem for a Dream e alla Nina del successivo Il cigno nero. Insomma, al regista non interessa tanto la classica parabola ascesa e declino, ma solo il declino. Che poi è la parte più avvincente, quindi perché perdere tempo a parlare anche dell’ascesa come fanno tanti altri?

Come al solito con il regista newyorkese, l’interpretazione del film non è comunque univoca, ma assolutamente libera. The Ram può essere infatti visto come un idolo assoluto (forse da Mr. Ford?), mentre per quanto mi riguarda è un tizio ancorato al passato che non si è accorto che gli 80s sono finiti da un pezzo, una versione squattrinata dei bolliti Hulk Hogan e Ozzy Osbourne “ammirati” nei rispettivi reality di Mtv “Hogan Knows Best” e “The Osbournes”, uno di quelli che se ne escono con deliri che lasciano il tempo che trovano come: “Gli anni Ottanta sì che erano forti, poi è arrivato quel frocetto di Kurt Cobain e ha rovinato tutto”. Una frase che la dice lunga su un uomo incapace di andare avanti e che vive nel mito di un “glorioso” passato fatto di hair-metal band che mai tornerà (per fortuna). Perché gli anni ’80 sono stati pieni di roba grandiosa, ma non di certo quella rimpianta da The Ram.

E così questa è la power-ballad rock del regista, l’unica finora di una carriera più incentrata su una sperimentazione che in musica trova analogie con Radiohead e Aphex Twin. Da fuoriclasse quale è se l’è cavata in maniera eccellente, ma la dimensione che più gli è congeniale resta tutt’altra. Stavolta è rimasto a guardare dal di fuori, senza entrare dentro lo specchio come ha poi fatto con la ballerina Nina. La mia impressione è che questo film sia stato vissuto in maniera personale più da Mickey Rourke che non da Aronofsky, qui in viaggio in trasferta per una volta non dietro ai suoi di trip mentali, ma dentro quelli di un altro.
(voto 7/8)

Accoglienza: Leone d’Oro a Venezia 2008, è probabilmente il film di Aronofsky che ha ricevuto le recensioni migliori dalla critica, sicuramente comunque quello che ha generato meno odio nei suoi confronti. Nomination agli Oscar per Mickey Rourke e per Marisa Tomei in versione stripper (ingiustamente ignorata invece l'ottima Evan Rachel Wood). Golden Globe come miglior protagonista a Rourke e come miglior canzone originale a “The Wrestler” di Bruce Springsteen.
Box-office USA: $ 26 milioni

mercoledì 30 marzo 2011

L'albero azzurro

C'è stato π - Il teorema del delirio e quindi Requiem for a Dream. E ora è la volta dell'Aronofsky più controverso.

The Fountain - L’albero della vita
(USA 2006)
Regia: Darren Aronofsky
Sceneggiatura: Darren Aronofsky
Cast: Hugh Jackman, Rachel Weisz, Ellen Burstyn, Mark Margolis, Stephen McHattie, Sean Patrick Thomas, Cliff Curtis, Donna Murphy
Genere: romantico
Se ti piace guarda anche: L’esercito delle 12 scimmie, Mr. Nobody, Il curioso caso di Benjamin Button, Southland Tales, 2001: Odissea nello spazio

Darren Aronofsky non fa film brutti. Fa solo film che il pubblico più o meno comprende. E The Fountain è sicuramente il meno compreso e il più autistico tra i suoi vispi pargoli. La cosa paradossale è che dietro a una struttura che fonde concetti religiosi, filosofici, scientifici e quant’altro e dietro a tre piani temporali (1500, presente e un futuro molto prossimo) si nasconde la realtà più intima e allo stesso tempo semplice finora raccontata dal regista: una tragica storia d’amore e morte. Perché, ebbene sì, anche Aronofsky ha un cuoricino in mezzo al petto che batte e questa volta ha voluto raccontarci una vicenda toccante e intensa, seppure in maniera tutta sua, finendo pure per innamorarsi durante le riprese della protagonista femminile Rachel Weisz (con cui è recentemente finita, chiusa parentesi gossip).

L’eccesso di ambizione non è un difetto. Certo, in questo caso il buon Darren ha mirato persino troppo in alto, andando a riprendere le tematiche filosofeggianti e teologiche dell’esordio ma riproponendole in una chiave mistico-trascendentale eccessiva da vero teorema oltre il delirio. Se però togliamo la parte iniziale e quella finale, che pure hanno il loro sfuggente e affascinante perché, Aronofsky per la prima e finora unica volta c’ha fatto sbirciare dentro al suo petto, non dimenticando tuttavia la sua tematica preferita: lo sprofondare negli abissi della mente umana.

Un tentativo simile per andare in porto doveva avere tutti gli elementi che funzionano in maniera perfetta, in questo caso però oltre a una sceneggiatura che mette troppa carne al fuoco, va sottolineata la scelta non troppo azzeccata di Hugh Jackman come protagonista, quando in origine il film doveva essere intepretato dal fincheriano Brad Pitt. Attori non a caso entrambi piuttosto “scimmieschi” per interpretare la parte di uno scienziato che fa esperimenti sulle scimmie. E poi qualcuno ha il coraggio di dire che ai film di Aronofsky manca l’ironia.

Le ambizioni della pellicola non sono del tutto riuscite, vedi anche una colonna sonora che per quanto curata per la prima volta nel caso di Mansell non è particolarmente memorabile. The Fountain è un racconto di amore & morte a tratti molto intenso ma nel complesso confuso (lo ammetto); eppure per me è comunque sempre meglio un film tanto pieno di idee quanto imperfetto e pasticcione, come anche l’altrettanto controverso Southland Tales di Richard Kelly, piuttosto che un film perfettino quanto privo di una benché minima personalità od originalità come Il discorso del re.
Mi rendo conto che chi si aspettava di vedere un regolare fantasy action con Hugh “Wolverine” Jackman possa essere uscito dal cinema con un bel mal di testa, però mai commettere l’errore di aspettarsi un film piacevole da Aronofsky. Ogni suo lavoro è un tormento, una botta in testa e questa volta anche al cuore. Di tenebra.
(voto 7+)

Accoglienza: piuttosto ignorato dal pubblico e perlopiù stroncato dalla critica all’uscita, per quanto rimanga l’Aronofsky meno amato a qualche tempo di distanza il film è stato parzialmente rivalutato. Magari non da tutti...
Box-Office USA: $ 10 milioni

martedì 29 marzo 2011

I sogni son desideri

Dopo π - Il teorema del delirio, ecco la seconda tappa nel trip aronofskyano.

Requiem for a Dream
(USA 2000)
Regia: Darren Aronofsky
Sceneggiatura: Darren Aronofsky
Cast: Jared Leto, Jennifer Connelly, Ellen Burstyn, Marlon Wayans, Christopher McDonald, Keith David, Dylan Baker, Mark Margolis
Genere: tossico
Se ti piace guarda anche: Paradiso + Inferno, Trainspotting, Cristiana F. - Noi i ragazzi dello zoo di Berlino, Storytelling, Sid & Nancy, Mysterious Skin, Bully

Tratto dal racconto omonimo del 1978 di Hubert Selby Jr., Requiem for a Dream è una visione volutamente sgradevole che ci racconta di personaggi annientati a un grado zero di umanità. Uno di quei film insomma che è un tale pugno allo stomaco che non mi stupisce abbia dei detrattori. La cosa che invece mi stupisce è che sia un film anche parecchio amato da un sacco di gente. Io ho un rapporto piuttosto conflittuale con la pellicola; dopo averlo visto la prima volta ed esserne rimasto molto coinvolto/sconvolto, mi ero ripromesso di non vederlo più perché è un film che nella sua devastante forza fisica è in grado di farmi male come pochi altri. E invece ci sono ricascato perché le pillole di Aronofsky sono una droga, un tunnel da cui non puoi uscire e non ci puoi uscire no non ci puoi uscire e no non con le tue gambe almeno. A perfetto simbolo della devastazione qui presente, il personaggio di Jared Leto (finalmente in un ruolo da protagonista) si riduce il braccio in un filamento di carne nera a forza di farsi le pere e così anch’io non ho potuto non cedere a reinfilarmi in vena questo american dream smaciullato.

Il tipo di Scary Movie fa sempre il fattone, un caso?
A livello registico Darren si diletta in una serie di riprese allucinate e stranianti, di split-screen, primissimi piani, grandangoli hip-hop, camere legate ai corpi degli attori, non tanto per fare il figo (forse un pochino anche per quello), ma più che altro per dare la più adatta rappresentazione visiva della vita di un gruppo di tossici di eroina (i tre ragazzi), quanto di televisione e anfetamine (la madre). Con Trainspotting e I ragazzi dello zoo di Berlino questo Requiem è una delle versioni cinematografiche più estreme e calate (letteralmente) nel mondo della droga che quasi quasi mi faccio e poi me lo rivedo un’altra volta. Anche se fa male. Anche se è un pugno allo stomaco di quelli che ti lasciano un livido indelebile ma allo stesso tempo ti fanno crescere, di quelli che non necessariamente ti rendono una persona migliore ma allo stesso tempo di certo ti segnano.
Non solo droga, comunque, visto che quella messa peggio di tutti qui dentro è la madre, quella fissata di apparire sulla cazzo di televisione: un mostro di personaggio che sembra uscito dritto dalla nostra penisola Mediaset. A interpretare questa sciura cresciuta a pasticche e programmi stile Forum c'è un'allucinante spaventosa agghiacciante e agghiacciata Ellen Burstyn, nominata agli Oscar per questa prova ai confini della resistenza fisica. Darren Aronofsky da buon bastardo deve goderci parecchio a spingere i suoi attori così oltre (anche Natalie Portman deve saperne qualcosa...).

La droga fa male, ma la tv anche peggio
Una fotografia perfetta della disperazione umana sventolata in faccia a chi ancora -stolto- crede negli happy ending. Perché qui non c’è, come suggerisce il titolo del motivo ricorrente di Clint Mansell, una “Lux Aetherna” alla fine del tunnel. Non c’è più speranza perché non c’è più nessun (American) dream cui affidarsi. Solo un eterno e buio requiem. E non puoi uscire no non puoi più uscire e non ci puoi riuscire e sì ci puoi solo morire.
(voto 8,5)

Accoglienza: pubblico e critica divisi  e spiazzati all’uscita, ma rapidamente è diventato un piccolo cult sul mondo della droga, e non solo, oltre ad aver fatto conoscere Aronofsky anche all’infuori del circuito dei festival cinematografici. Diversi premi e nomination per la performance di Ellen Burstyn, mentre “Lux Aetherna” di Clint Mansell è entrato di diritto tra i pezzi più epici nella storia delle colonne sonore e non a caso è stato utilizzato in seguito anche per vari altri film e trailer, oltre ad essere stato pure campionato dal rapper Lil Jon nel pezzo “Throw it up”.
Box-Office USA: $ 3,6 milioni

lunedì 28 marzo 2011

Darren Aronofsky, il regista del delirio

Il cigno nero ha dimostrato al mondo che Darren Aronofsky è una di quelle poche persone al cui passaggio bisognerebbe inchinarsi, per rendere giusto omaggio a cotanto genio. Per narrare le gesta di questo eroe della nostra epoca ho deciso quindi di ripercorrere tutta la sua carriera partendo dall’inizio. Visto che il mondo è bello perché è vario naturalmente questa è solo una panoramica molto soggettiva. Tanto per dire, secondo il mio blogger-antagonista Mr. Ford Aronofsky è un pirletti che ha fatto 3 primi film di merda che nessuno si è filato, poi è stato illuminato sul suo cammino da Mickey Rourke, da sempre noto per le sue brillanti doti recitative, e quindi si è confermato, ma in tono minore, con Black Swan.
Per me (e anche per una parte del mondo) le cose sono andate però un pelino diversamente…

π - Il teorema del delirio
(USA 1998)
Titolo originale: Pi (π)
Regia: Darren Aronofsky
Sceneggiatura: Darren Aronofsky
Cast: Sean Gullette, Mark Margolis, Ben Shenkman, Pamela Hart, Samia Shoaib
Genere: allucinato
Se ti piace guarda anche: Ghost Dog, Eraserhead, Following, L’uomo senza sonno, L’esercito delle 12 scimmie, Cube - Il cubo, The Number 23

Fin dall’esordio si capisce che Darren Aronofsky non è uno normale. Il modello di riferimento principale per il regista ebreo di origini russe e ucraine è da subito David Lynch, qui in particolare con un Eraserhead richiamato a partire dal bianco e nero. Ma questa non è che una piccola influenza di un film fondamentale della nostra epoca.
Il teorema del delirio è un film sì ovviamente delirante e soprattutto molto ma molto drum’n’bass, come sottolinea la colonna sonora firmata da Clint Mansell, ex leader della british band Pop Will It Itself con cui Aronofsky instaura subito una collaborazione ancora più stretta di quella Lynch/Angelo Badalamenti. Nella spettacolosa soundtrack ci sono tutti i pesi massimi dell’elettronica del periodo, da Aphex Twin ad Autechre, dai Massive Attack a Orbital e Roni Size. Chi non apprezza il genere credo che difficilmente riuscirà a comprendere in pieno un film come questo, in grado di avere un impatto sul cinema di oggi quanto i lavori di Aphex Twin hanno avuto sulla musica moderna.
Le musiche sono infatti un aspetto fondamentale nel cinema di Aronofsky ancor più di molti altri autori e credo che il pubblico rock’n’roll non possa entrare in una pellicola del genere. Il pubblico rock’n’roll che cerca il ritornellone da cantare a squarciagola allo stadio con Aronofsky troverà pane per i suoi denti solo con The Wrestler, mentre dentro a un film del genere non sono presenti facili melodie o lo schema classico strofa/ritornello/strofa, ma solo un flusso di idee e ritmo puro, ritmo drum’n’bass. Il film tra l’altro appare oggi attuale più che mai visto che il genere è tornato di gran moda, perlomeno in Inghilterra (nel terzo mondo musicale ovvero l’Italia ovviamente no).

π è visivamente qualcosa di magnifico, la summa di varie tendenze videoclippare tra Anton Corbijn, Nine Inch Nails e lo spot Levi’s firmato Michel Gondry. Inizia da qui anche il parallelo con Christopher Nolan, il cui esordio Following sempre nel 1998 è girato con un b/n affatto dissimile da questo. I due registi oggi più osannati del mondo hanno infatti un percorso piuttosto comune fatto di viaggi mentali mica da poco, solo che laddove Nolan rimane sempre più razionale e cerca di dare una spiegazione a tutto, Aronofsky preferisce restare più criptico, è decisamente più fisico e ha un rapporto più viscerale con i suoi personaggi, laddove l’inglese preferisce un contatto più freddo e psicologico. Due registi dallo stile vicino eppure dagli approcci radicalmente lontani.

Il film che comunque sento più affine a questo π comunque è Ghost Dog – Il codice del samurai di Jim Jarmusch, uscito un anno dopo; stilisticamente piuttosto lontani, entrambi raccontano di personaggi solitari che vivono dentro il loro mondo e riescono a coniugare al loro interno tendenze diverse e in apparenza inconciliabili: la cultura hip-hop e la disciplina dell’antico Giappone in Ghost Dog, il drum’n’bass e la matematica nel teorema del delirio. Oltre ad altri piccoli dettagli come la fissazione per gli uccelli (i pennuti, non pensate ad altro…) e i discorsi con le bambine al parco (discorsi filosofici, anche in questo caso non pensate ad altro…).

La trama di π è parecchio complessa (per usare un eufemismo), ma più che altro è un puro trip sonoro e mentale dentro una mente geniale e deviata quanto quella del regista, solo che qui il suo alter-ego non è un regista destinato a cambiare la storia del Cinema, bensì un matematico che prova a ricondurre tutta la realtà del mondo ai numeri, interpretato da un ottimo Sean Gullette, poi rimasto nell'ombra un po' come accaduto ai due protagonisti dell'esordio di Nolan, ovvero Jeremy Theobald e Alex Haw. Nel cast c’è naturalmente anche Mark Margolis, attore feticcio del regista newyorkese che comparirà in tutti i suoi film.

Come distinguere un film di Aronofsky da una imitazione?
Se non c'è Mark Margolis, è un falso
Il viaggio aronofskyano nella follia della mente umana concluso dal tuffo di Nina ne Il cigno nero è partito da qui, in un film non alla portata di tutti. Il regista all’esordio parla infatti ancora una lingua tutta sua che nei suoi ultimi due lavori si è poi sforzato di tradurre e rendere un po’ più accessibile anche per chi ancora non si è procurato un dizionario Aronofsky-linguaggio umano.
Altamente consigliato, sia il film che l’acquisto del suddetto dizionario.
(voto 9+)

Accoglienza: il film è stato osannato dalla critica e ha vinto vari premi tra cui quello per la regia al Sundance 1998 e miglior film e sceneggiatura agli Independent Spirit Awards 1999.
Box-office USA: $ 3,2 milioni, ma il film è costato appena $ 60 mila.

Fine prima parte del viaggio aronofskyano.
To be continued…

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