Da voi fuori c’è il sole?
Sì? Bene, invece qui su Pensieri Cannibali il cielo è nuvoloso e piovono recensioni, recensioni musicali mini e medium size. Dopo aver ascoltato ieri una raffica di
album hip-hop ed electro, oggi è la volta di alcuni dischi pop o rock, o anche pop-rock, passati da queste parti nelle ultime settimane/mesi.
Beady Eye “BE”
La cosa di gran lunga migliore del secondo album dei Beady Eye, la nuova band di
Liam Gallagher, è la sexy copertina. Almeno per questo aspetto, un miglioramento rispetto agli
Oasis. A livello visivo, le copertine dei dischi oltre ai video della band dei Gallagher sono infatti sempre stati, salvo rare eccezioni, alquanto penosi. Per il resto, il secondo album dei Beady Eye mette davvero una gran tristezza. Registrato male, senza lo straccio di una canzone decente, presenta un Liam Gallagher del tutto stonato, il primo singolo “Second Bite of the Apple” scopiazza per l’ennesima volta una delle canzoni più scopiazzate della storia, “
Time of the Season” dei grandi Zombies, e contiene testi che persino un bambino dell’asilo si vergognerebbe di divulagare al mondo (“I'm feeling fine / this is my time to shine” canta Liam in “I’m Just Saying”, tanto per dire). Un disco che mette tristezza e che fa anche un po’ di tenerezza, perché Liam Gallagher ci crede davvero. A cosa?
Ci crede davvero di essere il nuovo John Lennon. Invece ormai è solo un Bidu eye.
(voto 4/10)
Daughter “If You Leave”
Ascoltate questa band specializzata in malinconiche atmosferiche acustiche. Non la lascerete più.
E per fortuna che sono di Londra e non di Napoli, altrimenti si chiamerebbero A’ soreta e proporrebbero canzoni neomelodiche…
(voto 7,5/10)
Little Boots “Nocturnes”
Little Boots potrebbe essere la popstar più celebre del pianeta, e invece sono in pochi a filarsela. Sarà perché è carina caruccia ma non è una figona stellare, o forse perché non sputtaneggia abbastanza, o forse perché il suo suono pop-dance tra Kylie Minogue e Goldfrapp di qualche tempo fa è già passato di moda, in questo frenetico passeggero mondo in cui viviamo. Come sarà o come non sarà, il suo secondo album “Nocturnes” è un disco ideale da ascoltare in notturna (chi l’avrebbe detto?), ricco di potenziali hit che probabilmente non si trasformeranno mai in reali hit. Pazienza. Non so se a Little Boots potrà bastare, ma se non altro sul lettore del mio smart phone le sue canzoni sono più popolari di quelle di tutte le starlette dei talent-show in circolazione.
(voto 6,5/10)
MS MR “Secondhand Rapture”
Vi avevo già parlato di loro tra le band dal suono vicino a quello di
Florence + the Machine. Adesso torno a segnalarveli perché sono arrivati con il loro album d’esordio, che è una chiccheria notevole, e con cui il duo americano si segnala per una personalità tutta sua.
Prima che ve li consigli per una terza volta, fatemi e fatevi un favore: cominciate ad ascoltarli.
(voto 7/10)
AlunaGeorge “Body Music”
Body Music, ma non solo. Gli AlunaGeorge hanno tirato fuori un album d’esordio leggermente elettronico, che fa muovere lentamente le chiappe e più in generale tutto il body, in grado però di far felice anche il cervello, grazie a produzioni mai scontate e soluzioni sonore tutt’altro che banali, e pure il cuore, con una serie di pezzi pop che ammiccano con delicatezza al trip-hop quanto all’R&B, come se fossero un incrocio tra i Morcheeba e Ashanti, finendo però per suonare superiori a entrambi.
Body Music, ma pure Brain & Heart Music. Mica male, per dei debuttanti assoluti.
(voto 7+/10)
Editors “The Weight of Your Love”
Che palle. Finisce sempre così. Tante band indie-pop-rock che iniziano la loro carriera con un sacco di belle promesse, un ottimo sound, ispirandosi magari a grupponi come Radiohead o Joy Division e poi finiscono per fare un pretenzioso, ruffiano, odioso rock da stadio. È capitato ai Muse, è successo ai Coldplay, ora purtroppo ci siamo giocati anche gli Editors. Dopo tre intriganti album in cui facevano tornare in vita lo spettro del gruppo di Ian Curtis, adesso giocano a fare gli U2, con risultati mica tanto boni. Basta ascoltare il primo singolo “A Ton of Love”, cover di un vecchio successo della band irlandese.
Ah, non è una cover?
(voto 5/10)
Dinosaur Pile-Up “Nature Nurture”
Vi manca il grunge, piccoli orfanelli degli Anni 90?
Questi dinosauri vi portano con loro indietro nel tempo, non fino all’Età della Pietrà, bensì fino ai primi di quel decennio. Ritirate allora fuori dall’armadio le camicione in flanella, anche se ora come ora vi faranno sudare un pochetto, alzate il volume a palla e cominciate a pogare.
Yeeeah yeeeeeeeeeah.
(voto 6+/10)
Miles Kane “Don’t Forget Who You Are”
Britpop fuori tempo massimo o prima ondata del revival del Britpop?
Infischiandosene delle etichette, Miles Kane tira fuori un album di brani che si sarebbero potuti trasformare in inni negli anni ’90, forse pure negli anni '60, mentre oggi non convincono del tutto. Io il Kane lo preferisco quando fa coppia con Alex Turner degli Arctic Monkeys, quindi skippo queste canzoncine gradevoli ma dimenticabili e attendo con ansia un nuovo album dei The Last Shadow Puppets.
Miles, don’t forget who they are.
(voto 6/10)
Fall Out Boy “Save Rock and Roll”
Autori in passato di una manciata di brani pop-punk frizzanti, i Fall Out Boy avevano preso la decisione di sciogliersi praticamente all’apice del loro successo. Per il cantante Patrick Stump e il bassista/autore dei testi/sex symbol alternativo nonché produttore Pete Wentz sembravano spalancate le porte per il successo da solisti e invece poi… chi li ha più visti?
Dopo un periodo di oscurità e qualche nuovo progetto che quasi nessuno s’è filato di striscio, i due hanno deciso saggiamente di rimettere insieme la band, hanno tirato fuori un singolo che spakka come “My Songs Know What You Did in the Dark (Light ‘Em Up)” e un album che è skizzato alla numero 1 della Billboard chart e li ha riportati sulla breccia dell’onda, almeno negli Stati Uniti.
Tutto bene?
A livello commerciale, sì. A livello artistico, ‘nsomma. Tra ospitate riuscite (la cantante inglese emergente Foxes in “Just One Yesterday”) e altre meno (una Courtney Love inconsistente in “Rat a Tat” e un Elton John zombie nel pezzo di chiusura), il disco suona come una compilation di canzoni messe lì insieme a casaccio. Non sgradevole, ma di sicuro troppo poco per salvare il rock’n’roll come il titolo voleva far credere.
(voto 5,5/10)
Caro Emerald “The Shocking Miss Emerald”
Se vi piace questo tango-pop commerciale da balera di periferia e avete:
A) Meno di 60 anni
B) L’uso funzionante delle orecchie
cari emerald miei, fossi in voi comincerei a preoccuparmi.
(voto 3/10)