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venerdì 25 ottobre 2013

PLUSH, IL THRILLER CAZZATONA




Plush
(USA 2013)
Regia: Catherine Hardwicke
Sceneggiatura: Catherine Hardwicke, Arty Nelson
Cast: Emily Browning, Thomas Dekker, Xavier Samuel, Cam Gigandet, Dawn Olivieri, Brandon Jay McLaren, Frances Fisher, James Kyson
Genere: thriller cazzatona
Se ti piace guarda anche: Fear – Paura, Swimfan, Attrazione fatale, The Runaways, What We Do Is Secret

Plush è il nuovo film di Catherine Hardwicke e Catherine Hardwicke è famosa, meglio dire famigerata, per essere la regista di Twilight.
A questo punto tutti a dire: “Catherine Hardwicke merda e merda chi non lo dice.”
Però io devo venire in difesa della fanciulla. Beh, fanciulla più o meno, visto che i suoi 57 anni buoni sul groppone ce li ha. Va riconosciuto infatti che il primo Twilight è un capolavoro, se considerato al confronto dei seguiti. Ma avete visto gli ultimi due terrificanti capitoli Breaking Dawn diretti da Bill Condom Condon, l’uomo adesso pronto alla revisione disneyana della vita di Julian Assange nel nuovo Il quinto potere?
Con il materiale stephaniemeyeriano a disposizione, Catherine Hardwicke con il primo Twilight è riuscita a fare ancora un piccolo miracolo. La regista dalla sua ha poi realizzato anche un ottimo film sul mondo degli skaters con Lords of Dowtown, ha gettato un interessante sguardo sulle babyminkia con Thirteen e ha pure girato il criticatissimo Cappuccetto rosso sangue, che io sono tra i pochi al mondo ad aver moderatamente apprezzato.
Una regista più odiata che amata quindi che pure con questa nuova pellicola è destinata a ricevere fischi e bottigliate, più che applausi e awards. A ragione? A torto?

Plush inizia quasi come un rockumentary. Un rockumentary fittizio visto che è la storia di una rock band, i Plush, che non esiste realmente. Una band che è capitanata da un fratello chitarrista, Thomas Dekker, e da una sorella cantante, Emily Browning. Solo che lui…
ATTENZIONE SPOILER
Muore!
FINE SPOILER
ANZI NO, GLI SPOILER CONTINUANO
Senza il fratello, scomparso per una misteriosa overdose, che fa tanto cliché rocknrolla, Emily Browning si trova in crisi creativa e dà alle stampe un disco che fa abbastanza pena. Tutti lo criticano, Pitchfork in testa, e qui possiamo vedere un parallelo tra la protagonista della pellicola e la regista Catherine Hardwicke, habitué alle critiche feroci nei confronti dei suoi lavori.
La band e soprattutto Emily Browning ritrovano ispirazione quando lei si mette a lavorare a stretto contatto con il nuovo chitarrista, Xavier Samuel, che assomiglia tanto, ma proprio tanto, al suo fratello scomparso. Il rapporto tra i due diventa sempre più intimo, non solo a livello musicale, benché lei sia sposata. D'altra parte, non sarebbe un film della Hardwicke se non ci fosse un triangolo romantico.
Una storia molto sex, drugs & rock’n’roll con un’aggiunta di sottotrama sentimentale che, per quanto piena zeppa di stereotipi, scorre via in maniera leggera.

Questa però non è che la prima parte. Con calma, con molta calma, quasi verso la fine, il film poco a poco si trasforma, in maniera non del tutto imprevista ma nemmeno così scontata, fino a diventare un thrillerino di quelli molto anni ’90. Tutta la pellicola è molto anni ’90, già il titolo richiama una splendida canzone degli Stone Temple Pilots. Riferimento non so se voluto o meno, ma comunque presente. E anche la band dei Plush, con quel suo suono electro-trip-hop-rock tra Garbage e Republica, fa molto anni ’90.
Nella sua componente da thriller-stalker movie, la sua anima molto anni ’90 si palesa ancora più chiaramente e finisce dalle parti di quei film stile Fear – Paura con Reese Witherspoon e Mark Wahlberg, o La mia peggiore amica con Drew Barrymore, o se vogliamo pure Basic Instinct, o insomma quelle cazzatone di thrillerini pseudo soft erotici super patinati che circolavano un paio di decenni orsono e che sapevi erano delle cazzatone, ma allo stesso tempo ti tenevano incollati fino al termine allo schermo e pure con una buona dose di tensione addosso. Lo stesso avviene per Plush. La recitazione è così così, Xavier Samuel in versione darkone appare parecchio fuori parte, mentre Emily Browning pur non convincendo fino in fondo se la cava ancora. La parte musicale è piuttosto valida, la Browning impegnata anche in veste di cantante ha una vocina niente male, come aveva già dimostrato nella soundtrack di Sucker Punch, sebbene da una pellicola così rock’n’roll sarebbe stato lecito aspettarsi qualcosina di più a livello sonora. La regia di Catherine Hardwicke fa poi molto video alternative rock, molto anni ’90, ovvio, e insomma questo film è un thriller cazzatona come quelli che andavano nel periodo post-grunge. Un thriller cazzatona che fondamentalmente mi è piaciuto. Fino alla fine. Che pure quella è una cazzatona.
(voto 6,5/10)



venerdì 16 marzo 2012

House of Lies: Con questa faccia da... bugiardo

House of Lies
(serie tv, stagione 1, episodi 1-6)
Rete americana: Showtime
Rete italiana: non ancora arrivata
Creata da: Matthew Carnahan
Cast: Don Cheadle, Kristen Bell, Josh Lawson, Ben Schwartz, Dawn Olivieri, Glynn Turman, Donis Leonard Jr., Greg Germann, Megalyn Echikunwoke, Griffin Dunne
Genere: yuppies 2.0
Se ti piace guarda anche: Dirt, Californication, Nip/Tuck, Margin Call

House of Lies non vi piacerà.
È una serie stronza piena di personaggi stronzi che sono stronzi pieni di soldi che lavorano per degli altri stronzi pieni di soldi per farli diventare ancora più stronzi e ancora più pieni di soldi.
House of Lies non vi piacerà, almeno se cercate modelli di vita positivi. Eroi esistenziali. Qui dentro non ne troverete. Ciò che troverete sarà invece un branco di yuppie 2.0 che fanno un lavoro non semplice da spiegare a parole. Nemmeno loro saprebbero spiegarvelo in maniera chiara. In pratica sono un gruppo di consulenza per le aziende. Quando una compagnia sta per finire in bancarotta, oppure ha un qualche problema, o ancora vorrebbe ampliare il proprio giro di affari ma non sa come fare, allora chiama loro. I consulenti esterni. Delle sanguisughe che cercheranno non tanto di risolvere i problemi aziendali, quanto crearne di nuovi in modo da trarre il maggiore profitto personale possibile. Non proprio eroi esistenziali. Soprattutto in epoca di recessione.

Il protagonista di House of Lies non vi piacerà.
Avete presente Dirt? La serie tv con protagonista Courteney Cox, la mora di Friends e di Scream? La serie in cui lei era Lucy Spiller, direttora del giornale scandalistico più senza scrupoli e più senza peli sulla lingua del mondo telefilmico? Quella super bitch di Lucy Pinder?
Comprende?
No comprende?
In ogni caso, il creatore di House of Lies è lo stesso di Dirt: Matthew Carnahan. House of Lies è il suo nuovo show ed è in perfetto stile Showtime, il network americano che trasmette anche Californication, Dexter, Homeland, Shameless e Weeds. Cosa che significa: sesso, tanto sesso, tante scene di sesso e di nudo, turpiloquio abbondante e situazioni esplicite da vietato ai minori e da mettere in subbuglio l’America puritana. E pure l’Italia puritana.

"Ahahah, sei più divertente di Cannibal!
Cioè comunque molto poco divertente..."
Matthew Carnahan non vi piacerà.
È una mente malata e perversa, incapace di creare personaggi buoni. Cosa che non significa che non sia capace di creare personaggi interessanti. Tutt’altro.
Come il protagonista di questa serie.
Il protagonista di questa serie non vi piacerà.
Marty Kaan, interpretato da un Don Cheadle più gigione e faccia da schiaffi che mai, è un uomo sicuro di sé al 100%, è ricco, è affascinante, ha successo con le donne e nel suo lavoro, qualunque lavoro sia, è un fenomeno. Sì, il classico tipo che sembra avere una risposta a tutto e a cui tutto sembra andare bene.
Naturalmente, le cose sono più complesse di così. La sua ex moglie è infatti una supa dupa bitch, roba che al confronto Lucy Spiller era Madre Teresa di Calcutta. Suo figlio è un tween dalla sessualità confusa che si veste e si comporta come una ragazza. Suo padre, che vive insieme a lui, è un vecchio erotomane. Il suo nuovo boss al lavoro fa di tutto per mettergli il bastone tra le ruote. In più, sembra avere delle questioni irrisolte per via della madre morta. Suicida.
Nonostante quest’ultima parte potrebbe farvelo apparire più simpatico e umano, la cosa non funziona un granché. Marty Kaan continuerà a non piacervi. Anche perché fa quella cosa.
Quale cosa?
Fa quella cosa di parlare ogni tanto alla telecamera, rivolto direttamente a noi spettatori che lo stiamo a guardà. Marty Kaan, con il suo atteggiamento da sapientino, ogni tanto infatti stoppa la messa in scena per spiegarci meglio alcune cose, come i dettagli specifici sul suo lavoro o altre menate del genere. È questa la particolarità della serie. Il giocare faccia a faccia con lo spettatore.
Considerando però come il titolo sia House of Lies, non è che ci sarà qualcosa che Marty il so tutto io, Marty la poker face ci nasconde? Qualche bugia?

"Ciao, bella bambina... Ah, sei un bambino? Ehm, mi sa che mi parte l'aereo!"
Un po’ più di simpatia la potreste provare per gli altri personaggi. Però pure loro andandoli a osservare meglio non è che siano dei gran simpaticoni. Pure loro hanno più ombre che luci. Ritroviamo l’ex Veronica Mars Kristen Bell e all’inizio sembra l’unica in grado di contrapporsi a Marty. Sembra l’unica dotata di una morale. Sembra voler gestire le cose in maniera differente, ma presto scopriremo che pure lei non è così differente da Marty e pure lei a forza di stare con un team di uomini si comporterà da perfetto uomo. Da perfetto uomo yuppie stronzo, intendo.
Gli altri due membri del team sono un’accoppiata di cazzari: uno più piacione che vorrebbe raccogliere l’eredità di Marty, l’altro invece più nerd e goffo. È forse lui l’unico personaggio, insieme al figlioletto di Marty, per cui poter simpatizzare apertamente senza apparire per stronzi. Perché House of Lies, tra l’altro già confermato per una seconda stagione, è in realtà una house of assholes.
E quindi, come già vi ho detto: House of Lies non vi piacerà.
Bugia.
(voto 7+/10)

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