Visualizzazione post con etichetta dean norris. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta dean norris. Mostra tutti i post

lunedì 27 novembre 2017

Il libro di Henry, un libro stupendo. Peccato sia un film





Il libro di Henry
Titolo originale: The Book of Henry
Regia: Colin Trevorrow
Cast: Jaeden Lieberher, Jacob Tremblay, Maddie Ziegler, Naomi Watts, Lee Pace, Dean Norris, Sarah Silverman


Sulla carta The Book of Henry è un grande film. Una pellicola che fa versare fiumi di lacrime. Uno sfoggio di piccoli talenti come non se ne vadevano dai tempi di... com'è che si chiamava quella trasmissione condotta da Mike Bongiorno?
Bravo, bravissimo. Sì, giusto. Non ho mai sopportato quel programma. C'è una differenza tra piccoli prodigi e fenomeni da baraccone e in quello show l'ago della bilancia pendeva più che altro dalla seconda parte. Peggio ancora Ti lascio una canzone con Antonella Clerici. Non a caso ha lanciato la carriera dei tre tenorini de Il Volo...

domenica 3 maggio 2015

MEN, WOMEN & CHILDREN - CHE FILM SCIATTO... PARDON, CHATTO







Movie Geek
Hey amico, sai cos'è successo al regista Jason Reitman?



Cannibal Kid
Che è successo?
È morto?
NOOOOOO! :(((

domenica 2 febbraio 2014

VEDI THE COUNSELOR E POI MUORI




The Counselor – Il procuratore
(USA, UK 2013)
Titolo originale: The Counselor
Regia: Ridley Scott
Sceneggiatura: Cormac McMarthy
Cast: Michael Fassbender, Penélope Cruz, Cameron Diaz, Javier Bardem, Brad Pitt, Bruno Ganz, Rosie Perez, Toby Kebbell, Emma Rigby, Édgar Ramírez, Dean Norris, Natalie Dormer, Goran Visnjic
Genere: ridicolo
Se ti piace guarda anche: Basic Instinct 2, The Mexican, Domino

The Counselor – Il procuratore è come Napoli.
Mi spiego meglio: avete presente il detto “Vedi Napoli e poi muori?”. Ecco, per The Counselor vale lo stesso, sebbene giusto in un’accezione un filo meno positiva.

Vedi The Counselor e poi, se sopravvivi, ti chiedi: “Ma chi l’ha scritto, un abominio del genere?”
Come risposta ti aspetteresti un: “Stephenie Meyer sotto droghe pesanti”.
O, peggio ancora, un: “Stephenie Meyer da sobria”.
O, pure peggio, un “Federico Moccia in collaborazione con Nicholas Sparks alle prese con una storia pulp.”
E invece no. A scriverlo è stato il Premio Pulitzer Cormac McCarthy. Il premio più importante della narrativa americana l’ha ricevuto per La strada. Io non ho letto quel libro, avevo solo visto il film The Road con Viggo Mortensen, una specie di versione seria di Io sono leggenda e The Walking Dead, ma sono sicuro che se lo sia meritato. Se per La strada gli hanno dato il Pulitzer, adesso, per compensare, per la sceneggiatura di The Counselor devono dargli minimo la sedia elettrica. Un film del genere sembra scritto da un 14enne arrapato che nella sua vita al massimo ha scritto la lista della spesa, non da un 80enne Premio Pulitzer considerato un genio mondiale. Eddai, se quest’uomo si merita un Pulitzer, a quando un Premio Nobel per la Letteratura a Fabio Volo? O a me?

I dialoghi del film, quello sui diamanti tra Bruno Ganz e Michael Fassbender, sono una vergogna. Vorrebbero rivelare chissà quali verità sul mondo e invece finiscono per non dire niente. Sono fiumi di parole inconsistenti e noiosi. Dialoghi letterari che su carta potrebbero magari funzionare, sebbene non ci giurerei, ma che ascoltati recitati da degli attori, solitamente attori validi tra l’altro, perdono di senso. Tocca sentire Javier Bardem e Cameron Diaz scambiarsi opinioni profonde come:

È un po’ fredda come visione, non ti pare?
La verità non ha temperatura.

La stessa povera attrice è poi chiamata a cimentarsi in quella che fin da ora di candida al titolo di scena scult dell’anno: Cameron Diaz che si scopa un’auto. Detta così sembra una figata. Vi assicuro che non lo è. È una delle scene meno sexy cui si possa assistere. Grazie a momenti del genere, questo film è riuscito a farmi rivalutare persino Basic Instinct 2. Di brutto.


Il regista Ridley Scott ha dedicato The Counselor alla memoria del fratello Tony Scott, scomparso nel 2012, ma questo film è un affronto nei suoi confronti. Sembra quasi che Cormac McCarthy abbia voluto scrivere la parodia di un film hollywoodiano alla Tony Scott, quei thriller fracassoni e pulp stile Domino o Una vita al massimo. Peccato che quella che gli è uscita è soltanto la pessima copia di un film alla Tony Scott. Che brutto modo di omaggiarlo.

"Cos'è? Una manifestazione contro questo film?
Allora mi aggrego anch'io!"
Oltre a essere scritto da cani, altroché da un Pulitzer, con una trama assurda e priva di interesse alcuno, The Counselor è un film girato con stile ultrapatinato quanto lento, ultralento, come se Ridley Scott si fosse trasformato in un Michael Bay sotto sedativi. È un divertissement di lusso che non diverte nessuno. Persino gli attori, persino uno sprecatissimo Michael Fassbender, paiono annoiarsi a morte e paiono non comprendere le battute che McCarthy ha messo in bocca ai suoi personaggi.

Non capisco cosa stai cercando di dirmi” dice Michael Fassbender.
Non lo so” gli risponde Javier Bardem.

In questo stupendo dialogone possiamo riassumere il (non) senso dell’intera visione. Un insulto all’intelligenza umana, un insulto al cinema, un insulto alla memoria di Tony Scott. Un thriller senza tensione, un action movie senza azione, un dramma senza drammi che si sarebbe potuto salvare solo con un po’ d’ironia e invece, a parte qualche battutina penosa che poteva risparmiarsi, si prende troppo dannatamente sul serio. Dopo aver visto una cosa del genere, giuro che sto male. Malissimo. Mi sento in fin di vita.
Vedi The Counselor e poi muori.
(voto 2/10)

P.S. Tralasciando il look osceno, Javier Bardem qui riesce ad avere un taglio di capelli (forse) più scandaloso che in Non è un paese per vecchi. Evidentemente quello da cui proviene non è un paese per parrucchieri.

Peggio così?

O così?

P.P.S. Ma la scena conclusiva?
Sbaglio o è il finale più ridicolo di sempre?

martedì 8 ottobre 2013

BREAKING END




Breaking Bad
(serie tv, stagione 5)

È finito. Breaking Bad è finito. E adesso?
E adesso si attende la nuova ossessione telefilmica. Tutti a dire: “Non ci sarà mai un’altra serie come Breaking Bad” e forse è così. La stessa cosa però la si diceva anche il 23 maggio 2010, subito dopo la conclusione di Lost. Tutti lost senza Lost, eppure Breaking Bad c’era e c’era anche già da un po’. Breaking Bad ha cominciato le sue trasmissioni il 20 gennaio 2008, ma c’ha messo un po’ a carburare come serie. C’ha messo ancora di più a trasformarsi in un cult assoluto. Breaking Bad era ed è comunque rimasta fino alla fine una serie cult, non certo di massa, nonostante negli ultimi tempi il numero di suoi adepti sia aumentato in maniera esponenziale.

Ma perché Breaking Bad è diventato così cult? Qual è il suo segreto?
Avevo già provato a spiegarlo qua, e pure un pochino qua, ma c’è sempre qualcosa che sfugge. Il fascino di Breaking Bad è tutta una questione di chimica. Di chimica e di cura nei dettagli. Si dice che ci sono due cose che stanno nei dettagli: il diavolo e la grandezza. Da adesso facciamo che sono tre e aggiungiamoci pure Breaking Bad. La diabolica grandezza di Breaking Bad sta nei dettagli.
La storia del tranquillo professore di chimica che si trasforma in un produttore o meglio "cuoco" e poi pure in un boss del traffico di metanfetamine è indubbiamente affascinante. Uno spunto notevolissimo. Il bello della serie, il vero good dentro Breaking Bad, è però il modo in cui è stato preparato. Di storie intriganti ce ne stanno tante, così come in giro di droghe se ne trovano a bizzeffe. Almeno in certi quartieracci. La differenza sta nella qualità. La roba blu preparata da Walt White è pura, purissima, superiore al resto delle metanfetamine cucinate col buco del culo, per questo è così preziosa. Lo stesso vale per Breaking Bad. Breaking Bad è cucinata alla grande dal suo creatore Heisenberg Vince Gilligan e dai suoi fedeli aiutanti.
Ciò che fa andare Breaking Bad oltre le altre serie, oltre a quanto visto finora su piccolo schermo, è proprio questa attenzione maniacale ai più piccoli dettagli. La presenza del Pink Teddy Bear in alcuni episodi, ad esempio.


O il telefonino di Hello Kitty dato dal mitico avvocato Saul Goodman a Jesse Pinkman.


O ancora il fatto che quando Walt White va in esilio nella casa in mezzo al nulla, tra i film in DVD sono presenti due copie due di Mr. Magorium e la bottega delle meraviglie.


Lo so che possono sembrare delle piccole cose, delle stronzatine, e forse lo sono, ma ciò non di meno sono delle chicche che hanno contribuito a rendere questa serie qualcosa di strepitoso e unico. I dettagli. Mai sottovalutare i dettagli.
E ora veniamo alla puntata finale...

SERIES FINALE
Titolo episodio: "Felina"
(articolo pubblicato anche sul sito Oggi al cinema)
***ATTENZIONE SPOILER: SE NON AVETE VISTO L’ULTIMISSIMO EPISODIO DELLA SERIE, LEGGETE SOLTANTO A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO***

Il finale di Breaking Bad è stato perfetto. A voler mettersi a fare i pignoli si può cercare di trovare qualche difetto, ma vi assicuro che è una perdita di tempo, una missione impossibile. Non è stato un perfetto di quelli precisini in cui tutto va come ci si aspettava. E' stato un perfetto emozionante, senza però essere un emozionante ruffiano o facilmente sentimentale. La conclusione di Breaking Bad è stata tutto ciò che quella di Dexter invece non è stata. Girata, scritta e interpretata in maniera magistrale, si è rivelata una chiusura in linea, del tutto coerente con quanto BB e il suo protagonista Walter White (un sempre più immenso Bryan Cranston) sono sempre stati. L’episodio finale ha rivelato sorprese, ma il creatore Vince Gilligan, che si è occupato in prima persona della sceneggiatura e della regia del series finale, non ha puntato sul colpone di scena finale assurdo e forzato, giusto per provare a shockare il pubblico. Ha realizzato una chiusura magnifica e per certi versi rivoluzionaria.
La confessione di Walter White alla moglie Skyler è qualcosa che non si sente tutti i giorni in film o serie tv, soprattutto americane: “L'ho fatto per me. Mi piaceva. Ed ero bravo. Ed ero davvero... Ero vivo.” Basta con la storia che ha fatto tutto per il bene della famiglia. Dopo aver scoperto di avere il cancro, White s’è messo a cucinare e a smerciare metanfetamine non solo e non tanto per mettere dei soldi da parte per i suoi cari. Forse quella era l’idea iniziale, lo spunto di partenza, poi le cose sono cambiate. L’ha fatto per se stesso, per puro egoismo. Stop con gli eroismi, con i sacrifici per gli altri. Walt White ha cercato di sistemare a livello economico i famigliari, nell’ultima puntata prova ancora a farlo, però il suo fine ultimo è stato il piacere personale. Non l’amore, non la famiglia, ma realizzare ciò in cui è più bravo, poco importa che ciò in cui il protagonista della serie è un fenomeno è l’essere un boss del narcotraffico. Sotto questo punto di vista, quello di Breaking Bad in fin dei conti è un happy ending, perché White muore felice. Ha avuto quello che chiunque può solo sognare: l’autorealizzazione, la consapevolezza di aver compiuto qualcosa di grande. Per farlo, ha dovuto distruggere la vita dei suoi famigliari, si è macchiato del sangue di varie persone ed è stato responsabile anche per la morte del cognato e amico Hank, avvenuta nella splendida, tesissima puntata "Ozymandias". Eppure, alla fine a ucciderlo non è stato il dannato cancro. È morto alle sue condizioni e l’ha fatto in compagnia della cosa a cui teneva di più, la metanfetamina blu, la sua amata “Baby Blue” per dirla insieme alla canzone dei Badfinger che accompagna l’ultima scena, o il suo “tesssoro”, per dirla come il Gollum del Signore degli anelli, citato dallo stesso creatore della serie Vince Gilligan in un’intervista a Entertainment Weekly.



Walt White, uno dei personaggi più originali, pazzeschi e controversi nella storia del piccolo schermo, se n’è quindi andato in maniera tutt’altro che convenzionale. Prima di morire ha comunque avuto modo di salvare Jesse Pinkman, lo sfortunatissimo Jesse Pinkman che durante le cinque stagioni ne ha subite di tutti i colori, il ragazzo con cui ha diviso quest’avventura incredibile, il suo discepolo che è riuscito a realizzare un prodotto purissimo e che quindi può considerare come il suo vero erede. Nonostante questo slancio di altruismo, Walt White muore odiato da tutti, anche dal figlio che non riesce a salutare e con cui ha avuto una terribile ultima conversazione telefonica, nell'unica scena madre di un personaggio che altrimenti nel corso della serie ha avuto un solo compito, questo...


Nonostante questo, nonostante tutto, Walt White muore felice. La sua vita ha avuto un senso. Non c’è spazio per i rimpianti. Avrà fatto del male a tante persone, allontanato tutti quelli che lo amavano, ma la sua è stata quella definibile come un’esistenza che è valsa la pena vivere. Quanti possono dire altrettanto?
(voto alla quinta stagione 9,5/10
 voto al series finale 10/10
 voto alla serie 10/10)




R.I.P. Walter White


lunedì 7 ottobre 2013

IL CACCIATORE DI STRAPPONE




Il cacciatore di donne
(USA 2013)
Titolo originale: The Frozen Ground
Regia: Scott Walker
Sceneggiatura: Scott Walker
Cast: Nicolas Cage, Vanessa Hudgens, Dean Norris, John Cusack, Radha Mitchell, 50 Cent, Jody Lyn O’Keefe, Gia Mantegna, Kevin Dunn, Kurt Fuller
Genere: serial thriller
Se ti piace guarda anche: Zodiac, Seven, The Call
oppure segui i consigli cinematografici della app per smart phone Muze, scaricabile gratuitamente


Questo film si basa su eventi realmente accaduti.
No, non mi riferisco alla tragica storia di Nicolas Cage, attore che ormai accetta qualunque parte in qualunque film gli venga offerta per far fronte ai suoi recenti problemi legali, edilizi ed economici. Forse anche mentali. La vicenda qui narrata è quella ancora più drammatica delle sparizioni di numerose ragazze avvenute tra gli anni ’70 e gli ’80. Si tratta di casi legati, riconducibili a un solo uomo, un pazzo serial killer cacciatore di donne.
È quello che la pellicola Il cacciatore di donne (titolo originale The Frozen Ground) ci racconta. O prova a raccontarci, visto che avere Nicolas Cage come detective incaricato delle indagini non è proprio il massimo della vita, per un film. Anche se va riconosciuto che qui, per quanto mediocre, il Nicola Gabbia offre ancora una delle sue prove recitative più decenti degli ultimi tempi. E non è il massimo nemmeno John Cusack nei panni del cattivone o presunto cattivone di turno. Davvero inverosimile nella parte, almeno per me che ancora continuo a immaginarmelo con un grosso stereo sopra la testa come in Non per soldi… ma per amore.


"Pronto? Vorrei denunciare la presenza
di un pazzo con lo stereo fuori da casa mia."
I due protagonistoni della pellicola quindi non funzionano parecchio. Se gli interpreti non sono un granché in forma, i loro personaggi in più sono stereotipatissimi, così come la caccia al serial killer non cattura per niente, visto che fin dall’inizio sappiamo chi è. A salvare la pellicola sono allora i personaggi di contorno. Non tanto un pessimo 50 Cent che farebbe meglio a tornare a fare il rapper, cosa che almeno qualche anno fa gli riusciva abbastanza bene, quanto il solito valido  Dean Norris dritto dalle serie tv Breaking Bad e Under the Dome e soprattutto Vanessa Hudgens.
A salvare il film è… Vanessa Hudgens.
Che cazzo ridete?
Vanessa Hudgens è una grande attrice.
Basta ridere!
Guardate qui una scena a caso in cui dimostra tutto il suo enorme talento.



"Nicolas, questo saresti tu senza parrucchino? Ma sei disgustoso!"
Io adesso voglio dire: prendiamo Meryl Streep. Meryl Streep sarà bravissima a fare la Thatcher e tutto quello che volete. Però ve la vedreste Meryl Streep a fare uno strip nella parte della prostituta spogliarellista?
Io no.
E allora Vanessa Hudgens è meglio di Meryl Steep, almeno quando c’è da fare la strappona. Per interpretare il ruolo della cattiva ragazza, si veda anche Spring Breakers, oggi come oggi non c’è nessuno meglio di lei. Se per dimostrare di essere un’attrice completa e versatile deve ancora farne di strada, quando c’è da recitare la parte della zoccola non la batte nessuno.

"La strappona aveva ragione: sono davvero mostruoso!"
Al di là della Hudgens, capace di dar vita in pieno al suo personaggio, per quanto anch’esso piuttosto stereotipato, non ci sono molti altri motivi di interesse. Il cacciatore di donne è un serial thriller molto tradizionale, scontato, con un’ambientazione anni Ottanta sfruttata solo in piccola parte. A livello registico, l’esordiente Scott Walker non si segnala particolarmente, se non per una bella scena notturna in cui la Hudgens, ancora lei, si imbatte in un alce in mezzo alla strada. Una sequenza che mi ha ricordato il momento di Collateral in cui Tom Cruise guarda il coyote. Scusate se è poco.
Ultima cosa da segnalare: i titoli di coda, tra i più macabri mai realizzati.

Nonostante la sua prevedibilità, nonostante sia un film che non aggiunge nulla a quanto visto in migliaia di altre pellicole simili, la visione procede bene e, anche se possiamo immaginare con facilità come andrà a finire, in maniera pure leggermente tesa.
Un film prescindibilissimo, or dunque, e per nulla originale, ma che non possono comunque far mancare alla loro collezione i fans di Vanessa Hudgens e i cacciatori di serial killer. Intendo i cacciatori di serial killer cinematografici perché, se siete veri detective, fareste meglio ad andare fuori a dare la caccia ai veri assassini, invece di stare a perdere tempo a guardare un film con Nicola Gabbia.
(voto 6-/10)

domenica 30 giugno 2013

UNDER THE DOME, SOTTO ER CUPOLONE




Saluti da Chester's Mill
Under the Dome
(serie tv, stagione 1, episodio 1)
Rete americana: CBS
Rete italiana: Rai 2, dal 14 luglio
Creata da: Brian K. Vaughan
Ispirata al romanzo: The Dome di Stephen King
Cast: Mike Vogel, Britt Robertson, Rachelle Lefevre, Jeff Fahey, Dean Norris, Natalie Martinez, Alexander Koch, Colin Ford, Nicholas Strong, Jolene Purdy, Aisha Hinds, Dale Raoul, Mackenzie Lintz
Genere: 80s sci-fi
Se ti piace guarda anche: Invasion, La guerra dei mondi, FlashForward, The Event, Falling Skies

"Batti batti le manine, che son belle e assai piccine.
Assai piccine come te, uno, due e tre."
Niente di nuovo sotto il sole. O meglio, niente di nuovo sotto la cupola, under the dome. D’altra parte cosa aspettarsi da una produzione Stephen King + Steven Spielberg? Se i due veterani le idee originali le hanno esaurite ormai anni, forse decenni fa, dalla super accoppiata è lecito attendersi solo quello che sanno fare meglio: delle sane e robuste americanate vecchio stile. In tal senso, l’episodio pilota di Under the Dome funziona a sufficienza. Sì, insomma dai, oggi voglio essere buono.
La serie si basa sul romanzo di Stephen King The Dome, con cui non farò un confronto perché non l’ho letto. Quello che so è che a questa storia lo Stephen Burger King aveva già cominciato a lavorare da ragazzino e all’epoca l’aveva intitolata The Cannibals. Un titolo che dalle parti di questo blog sarebbe stato molto più apprezzato del banale Under the Dome. Banale perché svela troppo della trama principale: Chester’s Mill, una tipica cittadina americana, finisce sotto una cupola trasparente. Chi l’ha messa? Il governo degli Stati Uniti non ne sa niente, quindi saranno stati gli alieni? O i terroristi? O i zingari? O terroristi alieni zingari?
In attesa di scoprirlo, chissà se in una stagione sola o in mille, la storia potrebbe rivelare dei risvolti inquietanti, suggeriti dal titolo originale dell’opera cui Stephen King stava lavorando, The Cannibals appena.
Come spiega a un certo punto la bella del paese Britt Robertson:

“È come se fossimo intrappolati in una boccia per pesci gigante. Una volta, li avevo dei pesci, dei pesci rossi. Ma poi uno dei due si ammalò e l'altro... e l'altro se lo mangiò.”

"Guardate, so scrivere! Anche se mi chiamano Barbie, non sono così scemo!"
È quanto capiterà anche ai protagonisti della serie? Finiranno per sbranarsi a vicenda, o a farsi fuori uno con l’altro, come capita in quel gran Far West di The Walking Dead?
Le risposte, forse, arriveranno nel corso di questa serie mystery post-Lost, che almeno all’inizio suscita una certa curiosità, così come capitava anche con FlashForward o The Event. Il vero grande mistero è se con le prossime puntate l’attenzione scemerà e con essa pure la trama diventerà sempre più scema, oppure si manterrà su livelli di intrattenimento estivo decenti. L’episodio pilota è per fortuna di qualità superiore rispetto ad altre spielbergate recenti come Falling Skies e Terra Nova; siamo più dalle parti di Invasion, serie passata qualche estate fa che non era niente di memorabile ma si lasciava guardare.

La vicenda narrata in Under the Dome non rappresenta certo una novità. Qualcuno ha ipotizzato persino dei collegamenti con il film dei Simpson, in cui Springfield finiva in maniera analoga sotto a una cupola. Si può anche trovare qualche link storico con il muro di Berlino, per via della divisione tra chi è rimasto intrappolato nella cittadina sfigata e quelli al di fuori, nel mondo libero.
Se la componente sci-fi non si segnala per originalità, a fare la differenza saranno i personaggi, per ora anch’essi non troppo rivoluzionari. È così che funzionano le cose. Si continua a seguire una serie se ci si affeziona ai personaggi, se si vuole vedere cosa capiterà loro, per sapere se finiranno brutalmente massacrati dagli alieni, se si sbraneranno tra loro come cannibali, se riusciranno prima o poi a uscire dalla cupola? O chissà che la cupola non si riveli per loro una protezione, mentre il resto del mondo va in malora?

"Ragazzi, poteva andarci peggio di così: potevamo restare intrappolati in Chiesa!"
Quali sono, questi personaggi a cui King e Spielberg vorrebbero farci affezionare?
Innanzitutto questa serie ci dà l’opportunità di vedere la farfallina di Britt Robertson. Con ciò non intendo niente di sessuale. Intendo il tatuaggio che l’attrice svela su una spalla, non in altre parti del corpo come Belen Rodriguez. La Britt Robertson, ex protagonista delle sfortunate The Secret Circle (cancellata dopo una sola stagione) e Life Unexpected (cancellata dopo 2), nonché del delizioso indie movie The First Time, ora sembra aver trovato finalmente una hit. La prima puntata di Under the Dome negli USA ha infatti fatto registrare ascolti record per una serie estiva e le premesse per un successo ci sono tutte, anche in Italia, dove arriverà su Rai 2 dal 14 luglio. Che poi la qualità della serie tenga, è tutto un altro discorso. La zoccola bella del paese Britt sarà coinvolta in guai sentimentali con il suo boyfriend/ex-boyfriend Alexander Koch che con lei ha un rapporto, come dire? Morboso? Stalkeroso? A lei sembra interessato anche l’ex militare Mike Vogel (visto dove? Ve lo dico io: in Cloverfield, The Help, Pan Am e Bates Motel), che da tutti in città è conosciuto come Barbie (What the fuck?!). Lui però si potrebbe avvicinare pure alla giornalista rossa Rachelle Lefevre (avvistata ahilei nella saga di Twilight), che è sposata ma il suo marito è scomparso nel nulla, diciamo morto stecchito.

"Guardate quanto so' figo in 'sta foto. Me la data la parte del bello del paese?"
Oltre alla parte giovanile e sentimentaleggiante, su cui King + Spielberg a questo giro sembrano puntare molto, c’è anche un gioco di poteri e intrighi politici tra un tizio soprannominato Big Jim (Barbie non bastava?) interpretato dall’ottimo Dean Norris di Breaking Bad, e lo sceriffo locale Jeff Fahey, il pilota Frank Lapidus di Lost.
Questo giusto per dirne alcuni, di personaggi, ma poi c’è anche un DJ e la sua simpatica assistente, un’agente di polizia latino americana, il fratellino ancora più teen della teen Britt Robertson, una coppia di lesbiche hipster arrivate con la loro figlia teen e super hipster da L.A. a Chester’s Mill non si sa bene per quali motivi e credo a questo punto di averveli citati tutti.

Per adesso, io sono rimasto soddisfatto. Under the Dome è la classica serie da svacco estivo. Già vista, già stravista, ma che presa senza enormi aspettative fa il suo dovere di intrattenimento tipicamente americano. Scolleghiamo il cervello, colleghiamo la bocca ai popcorn e restiamo sotto il cupolone. Se la serie non diventa una porcata totale come Revolution, Falling Skies o Terra Nova, il trash sci-fi dell’estate 2013 è bello che servito in tavola da quei due vecchiazz… pardon, da quei due uomini maturi di Stephen King e Steven Spielberg. Non illudiamoci troppo, comunque, perché tanto sappiamo già tutti che tempo qualche puntata e si trasformerà in una porcata totale. Cupola o non cupola, non c’è riparo.
(voto 6,5/10)

Potete seguire Under the Dome anche sul sito Non solo serie tv e sulla pagina Facebook italiana della serie.



Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

DISCLAIMER

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. L'autore, inoltre, non ha alcuna responsabilità per il contenuto dei commenti relativi ai post e si assume il diritto di eliminare o censurare quelli non rispondenti ai canoni del dialogo aperto e civile. Salvo diversa indicazione, le immagini e i prodotti multimediali pubblicati sono tratti direttamente dal Web. Nel caso in cui la pubblicazione di tali materiali dovesse ledere il diritto d'autore si prega di Contattarmi per la loro immediata rimozione all'indirizzo marcogoi82@gmail.com