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mercoledì 16 aprile 2014

DOM HEMINGWAY, LO SCAZZINATORE




Dom Hemingway
(UK 2013)
Regia: Richard Shepard
Sceneggiatura: Richard Shepard
Cast: Jude Law, Richard E. Grant, Demian Bichir, Madalina Diana Ghenea, Kerry Condon, Emilia Clarke, Nathan Stewart-Jarrett, Jordan A. Nash
Genere: criminale
Se ti piace guarda anche: Il lercio, In Bruges, Uomini di parola

A Dom Hemingway piace il cazzo. Lo adora. Il suo, non quello degli altri. A Dom Hemingway piace anche scassinare casseforti. È un Dio nel farlo. È il suo talento. L’altro suo talento, se così vogliamo chiamarlo, è la sfiga. È perseguitato dalla sfiga. A Dom Hemingway non ne va bene una. Perché? Perché sarà anche un criminale scassinatore egocentrico, però in fondo è un buono. E ai buoni le cose non girano mai bene. Così Dom passa 12 anni in galera. Perché? Perché non è una spia. Avrebbe potuto patteggiare e avere uno sconto di pena, ma non è una spia e così si è fatto 12 anni di galera. Dom Hemingway è un po’ il Solomon Northup dei carcerati. Oddio, a parte i 12 anni di prigionia, non hanno granché in comune. Diciamo niente.

Dopo tutti questi anni in gattabuia, Dom esce. Un po’ come Al Pacino in Uomini di parola. Ecco, il paragone è già più calzante, rispetto a quello con 12 anni schiavo. La differenza è che Dom Hemingway quando torna in libertà è più giovane rispetto al vecchio Al che di anni in prigione se n’era fatti 28, eppure alcune cose sono comunque cambiate anche per lui in tutto questo tempo. Ad esempio, dentro i pub e i locali non si può più fumare. Che, per carità, è anche una cosa positiva perché prima c’avevano sempre un’aria irrespirabile, però se uno ci pensa è una cosa assurda. Non lo so, tra un po’ nei locali vieteranno persino gli alcolici e la cosa all’inizio apparirà strana, ma poi tutti ci faranno l’abitudine e, va bene la salute, però è una merda vivere in una società così politically correct. Come le serie “storiche” della HBO e delle altre reti via cavo americane ci insegnao, una volta era tutto un fiorire di bordelli, di posti in cui si poteva scopare, bere e drogarsi in santa pace e adesso è tutto un divieto. È questo ciò che l’uomo chiama progresso?

Una volta ripresa confidenza con il mondo “libero”, se un mondo in cui non si può fumare in un fumoso locale può essere considerato libero, Dom Hemingway cerca di riscattare ciò che gli spetta per aver tenuto la bocca cucita ed essersi fatto 12 anni schiav… pardon, carcerato. “Voglio ciò che mi spetta lo voglio perché mio m’aspetta” mi immagino Dom canticchiare alla Giovanni Lindo Ferretti. In realtà i CSI non sono presenti in colonna sonora, anche perché questo è un film britannico e nel Regno Unito il Consorzio Suonatori Indipendenti manco sanno cos’è. Non ci sono i CSI, però la soundtrack del film è una bella storia. Un’autentica bomba che sfoggia perle di Primal Scream, Motorhead e Pixies (quelli fighi di una volta, non quelli spenti di oggi). Il momento musicale che rimane più impresso è però “Fisherman’s Blues” dei Waterboys, una delle canzoni più belle di tutti i tempi, in questo film interpretata da Emilia Clarke.


"Anche se adesso ho questo look da barbona, non deridetemi.
Sono pur sempre la madre dei draghi!
Ebbene sì, miei cari fan di Game of Thrones in ascolto. Dopo averla vista anche in Spike Island, la Khaleesi in questo film non gioca con i draghetti, bensì è la figlia di Dom Hemingway. Dom Hemingway ve l’ho presentato qui sopra. È un idolo. Un fenomeno. Uno spasso totale. Se non ce l’hai per padre. Se ce l’hai per padre, è una vera merda. Potete quindi capire come Emilia Clarke non impazzisca per lui. Ma questo non è un suo problema. Non è un problema suo, né dei suoi draghetti. Il problema è di Dom Hemingway che, oltre a volersi prendere ciò che gli spetta a livello economico, dopo 12 anni in cella dovrà anche cercare di riallacciare i rapporti con la figlia Khaleesi, anzi no, adesso dobbiamo chiamarla Fhyga… volevo dire Mhysa. Miei cari fan di Game of Thrones in ascolto, vi devo però dare anche una brutta notizia. Emilia Clarke in questo film compare giusto per pochi minuti. Il solo e unico grande protagonista della pellicola è infatti lui, Dom Hemingway, interpretato da un Jude Law scatenato come non mai. Jude Law attore che ho sempre apprezzato molto e che negli ultimi tempi si era specializzato nel tratteggiare in maniera sottile personaggi minori, un po’ sotto tono, come in Closer, Anna Karenina, Effetti collaterali, Contagion o pure il Watson di Sherlock Holmes versione Robert Downey Jr., e invece questa volta è lui a interpretare un personaggio costantemente sopra le righe. Un idolo. Un fenomeno. Uno spasso totale. Un personaggio da amare alla follia. Se non ce l’hai per padre.
(voto 7+/10)

 

lunedì 18 novembre 2013

MACHETE KIIIII? MACHETE KILLED... BY CANNIBAL KID




Machete Kills
(USA, Russia 2013)
Regia: Robert Rodriguez
Sceneggiatura: Kyle Ward
Cast: Danny Trejo, Demian Bichir, Amber Heard, Mel Gibson, Michelle Rodriguez, Sofía Vergara, Vanessa Hudgens, Alexa Vega, Charlie Sheen, Lady Gaga, Cuba Gooding Jr., Antonio Banderas, Walton Goggins, Tom Savini, Marko Zaror, Jessica Alba
Genere: B-movie in HD
Se ti piace guarda anche: Machete, L’uomo con i pugni di ferro, Hobo with a Shotgun

Machete non manda messaggi. Machete non twitta. Machete è totalmente anti-tecnologico. Ma le cose cambiano. Basta che una Amber Heard qualunque gli mandi una fotina sexy e Machete diventa un nerd fissato con i computer e apre pure un suo blog, dedicato a figa & armi.


Questa è la trama di Machete Kills, il secondo capitolo delle avventure dedicate all’immortale (letteralmente) personaggio interpretato da Danny Trejo?
Non proprio. Forse sarebbe stato più interessante così, visto che la sceneggiatura di questo nuovo episodio non è che brilli in maniera particolare.
Sceneggiatura?
Perché, Machete Kills ha una sceneggiatura?
In teoria sì, in pratica è giusto un pretesto. Machete viene incaricato dal presidente degli Stati Uniti, un sempre divertente ma un po’ scontato Charlie Sheen, pardon Carlos Estevez, in versione Bunga Bunga, di uccidere il folle terrorista messicano Mendez, un Demian Bichir molto bravo nella serie The Bridge e nel film Per una vita migliore - A Better Life, per cui ha anche ricevuto la nomina all’Oscar, ma qui totalmente fuori parte come pazzo psicopatico dalla doppia personalità.
A non funzionare è proprio il tanto variegato e strombazzato cast, dettaglio mica da poco per un film che, anziché sulla storia, punta tutto sulla comparsa uno dopo l’altro dei vari personaggi che appaiono all’interno dello spettacolo personale di Machete.

Vogliamo parlare di Lady Gaga?
Per la seconda volta nel giro di pochi giorni mi tocca massacrarla. Pensare che fino a qualche tempo fa in questo blog veniva idolatrata. Negli ultimi tempi mi sembra invece che tutto ciò che tocca si trasformi in poop. La sua apparizione in Machete Kills appare giusto una mossa di marketing per far parlare della pellicola. Mossa non riuscita, considerati i risultati penosi al botteghino americano. La comparsata della Germanotta è poco più di un cameo e si limita a essere un update della sua parte nell’ottimo video di “Telephone” girato con Beyoncé e diretto da Jonas Akerlund, ai tempi in cui tutto ciò che toccava si trasformava  in oro. Tempi che sembrano lontani un’eternità e invece era giusto il 2010. Tralasciando ciò e parlando di recitazione, quali sono i livelli di espressività esibiti dalla Gaga in questo Machete Kills?
Non pervenuti.

"Cannibal, in questi giorni m'hai proprio rotti li cojoni!"

Altrettanto pessime pure le apparizioni del terribile Cuba Gooding Jr., uno dei più vergognosi vincitori di premi Oscar nella storia del cinema, così come del sempre più irritante Antonio “Mulino Bianco” Banderas, per non parlare di Mel Gibson. Nei panni del cattivone di turno è del tutto improbabile e riesce persino a far rimpiangere il villain del primo capitolo interpretato da Steven Seagal. E ho detto Steven “attore più merdoso del mondo” Seagal, mica Al Pacino.

"Recitare male io? Ahah!"

"Ho appena visto un pezzo di girato e...
in effetti quel Cannibal Pirl non ha tutti i torti."

Tra una comparsata e l’altra, il film comunque è più che altro un one man-show tutto dedicato al bellissimo e poco rugoso Machete/Danny Trejo. Un Machete qui agguerrito, ma decisamente più attapirato rispetto al primo episodio. D’altra parte se ti uccidono la tua Jessica Alba davanti agli occhi proprio a inizio pellicola, è difficile poi non essere un po’ attapirati.
A provare a tirargli su il morale, e pure qualcos’altro, ci pensa allora Amber Heard, con il personaggio di una spia sotto copertura nelle vesti di Miss San Antonio. Bene così? Insomma, il suo personaggio troppo stereotipato, lei troppo castigata e la scenona di sesso in 3D con Machete, anziché essere geniale o anche solo divertente come vorrebbe essere, lascia il tempo che trova.


A provare a rendere più caliente la pellicola ci provano pure le tre sventolone latine sfoggiate: una scatenata ma più che altro invasata Sofíona Vergara...


...più una sempre bona Vanessa Hudgens, più la rivelazione Alexa Vega (Michelle Rodriguez no, lo siento pero no me gusta, es muy masculina para mí).
Alexa Vega che nella saga di Spy Kids firmata dallo stesso Rodriguez io ricordavo così...


E che adesso si è trasformata in questa roba qui…


Machete Kills sarà anche un film pieno di figa, però ci viene mostrata in veste muy castigata, ed è proprio questo il problema. Non mi riferisco solo al fatto che non ci siano nudi. Sì, anche quello, ma non solo, sul serio. È tutta la pellicola in generale ad essere pulitina e precisina, pure a livello di fotografia e di montaggio. Machete Kills è come una versione in HD di un grindhouse movie e tradisce in questo modo lo spirito originario dell’operazione, partita tutta da un trailer fittizio presente nella doppia visione Planet Terror dello stesso Robert Rodriguez e Grindhouse – A prova di morte del suo amichetto Quentin Tarantino.
Machete Kills è una versione ripulita di Machete. Ci regala qualche bel momento splatterone all’inizio, che strappa pure la risata, c’è qualche scenetta divertente qua e là, il tutto però in tono minore rispetto al precedente episodio. Quando la battuta migliore “Machete non twitta” è solo una versione riciclata del vecchio “Machete non manda messaggi”, d’altra parte, c’è qualcosa che non va. Così come quando un film che vorrebbe essere di puro e cazzaro intrattenimento, e a tratti riesce pure ad esserlo, finisce invece nella lunga ed estenuante parte finale per annoiare, anche lì si capisce che qualcosa non va.
Di una cosa in ogni caso sono sicuro riguardo a questo film: tra topa, sparatorie, esplosioni, battutacce, effettacci speciali e registici, il regista Robert Rodriguez dev’essersi divertito un mondo. Su un’altra cosa sono sicuro: lo spettatore, anche il più patito di action, di trash o di B-movies (che poi questo come detto è più che altro un B-movie in HD), e persino il più fan/la più groupie di Machete non si sarà mai divertito quanto lui. E qualcuno, come me, a un certo punto avrà anche cominciato a sbadigliare.

La saga di Machete, visti gli incassi disastrosi al box-office, finirà qui? Oppure Rodriguez tornerà a divertirsi come un bambino e riuscirà a girare Machete Kills Again… in Space?
Non saprei cosa sperare. Da una parte questo Machete Kills si è rivelato un sequel ancora più inutile e spento di quanto potessi immaginare, dall’altra il trailer di Machete Kills Again… in Space si è rivelato la cosa più divertente dell’intera pellicola e quindi potrebbe nascerne un episodio migliore del secondo.
Nell’indecisione, direi di chiuderla qui. La saga e pure il post.
Machete Kills?
Nah, a questo giro Machete Sucks.
(voto 5,5/10)



sabato 9 novembre 2013

CORPI DA REATO – LE AMICHE DELLA PULA




Corpi da reato
(USA 2013)
Titolo originale: The Heat
Regia: Paul Feig
Sceneggiatura: Katie Dippold
Cast: Sandra Bullock, Melissa McCarthy, Demian Bichir, Marlon Wayans, Michael Rapaport, Spoken Reasons, Michael McDonald, Dan Bakkedahl, Taran Killam, Thomas F. Wilson, Tony Hale, Erica Derrickson, Kaitlin Olson, Nate Corddry, Zach Woods
Genere: girly buddy movie
Se ti piace guarda anche: Miss Detective, Io sono tu, Parto col folle, Come ti spaccio la famiglia, Le amiche della sposa

Questo è un interrogatorio. Tutto quello che dichiarerà verrà registrato, comprende Signor Cannibal Kid? È sicuro di volerlo fare senza il suo avvocato ad assisterla?

Certo, non ho niente da nascondere, io. Procedete pure.

Cominciamo da Corpi da reato. È vero che si tratta dell’ultimo film che ha visto?

Esatto.

"Perché Cannibal ha visto il nostro film? Tu lo sai, faccia da cavalla Bullock?"
"Veramente no, andiamo a scoprirlo..."

Mi può spiegare perché l’ha guardato?

Insomma, agente…

Mi chiami detective, per favore.

Insomma, detective… Con un titolo del genere, Corpi da reato, si poteva immaginare che fosse un certo tipo di film…

Non la seguo. Non ho idea di cosa sta parlando.

Beh, Corpi da reato… immaginavo si trattasse di un film di quelli per adulti.

Perché, vuole dire che Corpi da reato si è invece rivelato un film di quelli per bambini?

No, assolutamente. È parecchio sboccato e volgare, anche un poco violento. Non credo sia la visione più indicata per dei bambini.

E allora cosa intende?

Intendo che mi immaginavo fosse un porno, un bel pornazzo.

Questo per un titolo come Corpi da reato? Lei è davvero un pervertito.

A mia parziale difesa posso dire che, una volta compreso con una certa delusione che di porno non si trattava, ho voluto vederlo comunque, anche perché è il nuovo film di Paul Feig. Non ho detto Paul Figa, ho detto Paul Feig. Non sono così pervertito. Paul Feig è quello di Le amiche della sposa, una delle commedie più spassose e irriverenti degli ultimi anni. Questo Corpi da reato è un po’ una versione al femminile dei classici buddy movie polizieschi, così come Le amiche della sposa era una versione girly delle classiche commedie alla Una notte da leoni su un gruppo di tipi che partecipano a un addio al celibato.

E mi dica, cosa succede in genere a un addio al celibato?

Lo sa meglio di me, detective. Alcool, droghe, strip-club, escort… Cose di questo tipo. Tutto nel massimo rispetto della legalità, intendo.

Meglio se procediamo oltre, visto che la sua posizione si sta aggravando di minuto in minuto. Passiamo alle due protagoniste del film: preferisce Sandra Bullock o Melissa McCarthy?

Guardi agent… ehm, sbirr… ehm, detective, qualche tempo fa le avrei detto sicuramente Sandra Bullock. Adesso non saprei. Di certo il mio preferito del cast è Thomas F. Wilson, il Biff Tannen di Ritorno al futuro.

"Hey voi porche, levatemi le mani di dosso."

Quanto alle protagoniste: che è successo alla faccia della Bullock? Si allunga film dopo film. Ormai è diventata più lunga dell’arnese da lavoro di Rocco Siffredi, tanto per rimanere in tema di pornazzi. E poi sembra finta… sembra Michael Jackson. Lo so che è morto e quindi non è più politically correct dire cose brutte su di lui e infatti non lo sto facendo. Sto dicendo una cosa brutta su Sandra Bullock. Dall’altra parte invece abbiamo Melissa McCarthy che con quel look da gattara appena uscita da un manicomio criminale non è che sia proprio il massimo del sexy. E inoltre Sandra & Melissa battibeccano alla grande tra di loro e alla lunga diventano pesanti. Diventano peggio di Sandra & Raimondo. Lo so, sono morti pure loro, ma non mi guardi male, agent… ehm, detective. Non stavo dicendo niente di male nemmeno su di loro.

"Faccia allungata a chi?"
"Gattara, ma dove?"

Pare che lei abbia un’ossessione particolare nei confronti dei morti. Mi dica, ha mai ucciso qualcuno?

Agente… ehm, detective. Andiamo, chi nella vita non ha mai ucciso qualcuno che gli stava sulle balle? È capitato una volta… forse due… facciamo tre e chiudiamola qui. Eddai, anche lei sicuramente avrà fatto fuori qualcuno.

No. Sono in polizia da quarant’anni e non ho mai nemmeno usato la mia pistola una singola volta. Sebbene con lei sia tentato fortemente di farlo. Comunque è proprio sicuro di non volere il suo avvocato?

Dopo queste mie ultime dichiarazioni a quanti anni di galera sono arrivato?

Anno più, anno meno, al momento rischia… direi la pena di morte.

Mi sa che una telefonatina al mio avvocato andrei quasi quasi a farla. In ogni caso, agent… ehm, detective, se le capita, un’occhiatina a Corpi da reato gliela può anche dare. Non è un pornazzo, purtroppo, non è un film eccezionale, la parte poliziesca è parecchio scontata, già vista e pure un po’ troppo allungata, anche se mai quanto la faccia plastickosa di Sandra Bullock, però fa ridere. Ha un umorismo perfido, o quanto meno cattivello, o se non altro molto poco politically correct…
Beh, ora che ci penso, dopo averla conosciuta in questa simpatica chiacchierata tra amici, mi sa che non è il film più adatto a lei, agent… ehm, sbirr… ehm, detective. Lei mi sa più di tipo alla Sandra Bullock in questo film. E toglietevela quella scopa dal culo, Cristo Santo! E tu, Cristo Sandra, toglitela pure dalla faccia!
(voto 6/10)

Le dichiarazioni rilasciate in questo interrogatorio potrebbero non corrispondere al vero e tutto quello che ho scritto non potrà essere usato contro di me in tribunale.



martedì 20 agosto 2013

LE SERIE TV DELL’ESTATE




In attesa dell’autunno e dell’arrivo di una miriade di nuove serie tv, anche l’estate ha proposto qualche novità telefilmica. A dirla tutta, l’unica new entry davvero eclatante è stata Orange Is the New Black, cui sarà dedicato un post a parte, mentre per il resto ci siamo dovuti accontentare di quello che ha passato il convento.
Ed ecco quello che il convento sta passando quest’estate.

The Bridge
Un’altra serie crime americana?
Ebbasta, però…
Però c’è un però. Si tratta di una serie americana, oookay, però è anche mezzo messicana. Preciso: la produzione è yankee al 100%, ma ambientazione e personaggi sono per metà sudamericani.
La storia parte con il ritrovamento di un cadavere piazzato esattamente in mezzo a un ponte sul confine tra USA e Mexico. A occuparsene sarà così una bionda mezza autistica agente americana precisetti, Diane Kruger, con l’aiuto di un più rilassato e cazzaro detective messicano, Demián Bichir, attore nominato agli Oscar per A Better Life. Da questo mix ne nasce una serie non imprescindibile, eppure in grado di distinguersi quel minimo che basta dal resto del panorama crime per lasciarsi seguire con discreta curiosità. Tra i pro della serie c’è in particolare proprio la componente mexicana, tratto distintivo rispetto alla concorrenza, mentre non convince la crucca Diane Kruger nei panni della solita agente con un intuito geniale ma un comportamento socialmente discutibile; in pratica un improbabile incrocio sexy tra il Dr. House e il protagonista di Perception.
The Bridge, una serie ponte che congiunge il già visto con il guardabile.
(voto 6+/10)

"Guardate questo sito, Pensieri Cannibali..."
"Può esserci utile per risolvere il nostro caso?"
"No, però è un'inesauribile fonte di cazzate!"

"Mamma, so nuotare perfettamente. Non ho bisogno di quei salvagente."
"Infatti non sono per te. Sono per Cannibal."
Camp
Gli americani negli ultimi tempi si sono messi a fare remake di produzioni internazionali non solo al cinema, ma anche in tv. Ne sono esempi Homeland, The Killing, e anche la sopracitata The Bridge che si ispira alla serie danese/svedese Bron. Camp non rientra in questo gruppo di serie. Sembra la versione yankee dell’inglese Beaver Falls, ma in realtà non lo è. Diciamo allora che anziché tra i remake, rientra tra le copie più o meno spudorate. Anche qui si racconta di un campo estivo con un tocco leggero e da commedia, che però non si fa mancare (rare) sfumature drammatiche, soprattutto per via del fatto che uno dei protagonisti ha dei seri problemi di salute e lo tiene nascosto a tutti, proprio come in Beaver Falls. A mancare rispetto a Beaver Falls è la cazzonaggine britannica. In Camp tutto funziona in maniera più precisa, più americana, cosa che significa anche un maggior spazio per i buoni sentimenti e per la celebrazione dei valori famigliari, oltre a un più ridotto spazio per humour e situazioni scorrette. Nonostante lo spunto scopiazzato e un cast ben poco eccezionale composto da una Rachel Griffiths (quella di Six Feet Under e Brothers & Sisters) poco a suo agio con il genere comedy e da una serie di volti emergenti che probabilmente non emergeranno mai, è un prodotto talmente perfetto per l’estate che una visione fino a che la bella stagione non è finita ci sta tutta. Poi no. Non provate a guardarlo terminata l’estate. Con l’arrivo dell’autunno, questo Camp potrebbe risultare gravedole quanto un soggiorno in un camp di concentramento.
(voto 6/10)

Siberia
L’idea geniale (insomma…) di questa serie tv estiva di NBC è quella di proporre un incrocio tra un telefilm e un reality-show, il tipico programma estremo stile Survivor o L’isola dei famosi. Qualcosa di simile era già stata fatta dagli inglesi con Dead Set, in cui gli zombie si impossessavano del Grande fratello, quindi i presupposti per realizzare qualcosa di valido c’erano. Il risultato è invece una serie tv che come serie tv non vale una cippa e persino come reality-show sarebbe ‘na schifezza.
Piuttosto che un’estate a vedere una serie del genere, meglio una vacanza nella vera Siberia.
(voto 3/10)


"Ma uffi, perché mi danno sempre delle famiglie disastrate?"
Run
Mini-serie inglese composta da 4 episodi che parte con uno scatto felino e poi sulla lunga distanza rallenta la falcata e finisce col fiatone. Intendiamoci, Run è un prodotto di qualità notevole. La serie di Channel 4 si distingue per una notevole messa in scena di stampo cinematografico e 4 notevoli prove di recitazione da parte dei 4 attori protagonisti di una puntata ciascuno. Laddove il primo episodio con la solita immensa Olivia Colman (quella di Tyrannosaur e Broadchurch) ci getta in mezzo alle strade di Londra e ci fa appassionare alla sua storia di madre single alle prese con due figli teenager teppisti, con il secondo dedicato a una ragazza orientale (Katie Leung) che vende DVD piratati per strada si comincia a perdere un po’ ritmo e interesse. Il livello scende poi ancora con la storia piuttosto prevedibile di un fattone di crack (Lennie James) che cerca di ricongiungersi con la figlia e con quella di una ragazza polacca (interpretata dalla tedesca Katharina Schüttler) che rimane vedova.
A non funzionare troppo sono i legami, piuttosto blandi, tra le varie vicende. Storie disperate di persone in fuga, che sia dalla legge o dal proprio passato poco conta, che fotografano una vita durissima in quel di Londra, lontana anni luce dalle solite rappresentazioni glamour.
Se fosse una serie italiana ci sarebbe da gridare al miracolo. Trattandosi di una produzione inglese, dopo il primo valido episodio era lecito aspettarsi qualcosa di più. Tecnicamente notevolissima, però noiosa. Con una partenza entusiasmante stile finale dei 100 metri e che invece avvicinandosi al traguardo diventa elettrizzante quanto guardare una maratona…
(voto 6-/10)

"Non piacciamo a Cannibal? Pazienza, tanto quello è più Underemployed di noi."
Underemployed
Ooh, finalmente una serie attuale, che affronta il tema della crisi e del precariato giovanile!
Bene, bene. Dopo Mario, Mtv mette a segno un altro centro…
L’entusiasmo iniziale svanisce dopo pochi minuti di visione. Sì, le tematiche sono quelle di oggi, è facile ritrovarsi nelle situazioni dei protagonisti, però la serie non funziona. Sembra di essere tornati indietro nel tempo, dritti in un telefilm anni ’90 di quelli poco riusciti, di quelli cancellati dopo una sola stagione, destino difatti capitato anche a questo Underemployed. Gli attori sono tutti penosi, i personaggi sono chi più chi meno parecchio odiosi, gli stereotipi abbondano, la noia prevale, ogni situazione sa di già visto e non si raggiunge nemmeno il minimo indispensabile per una visione estiva. Underemployed non è sottoccupato, né sottovalutato, ma lo attende lo stesso destino precario dei suoi protagonisti. Anzi, più che un lavoro precario si merita proprio di essere licenziato.
(voto 5-/10)

La zombie e lo psyco.
Twisted
Serie trash dell’estate. Nel senso piacevole del termine. O quasi. Accoppiato in programmazione negli Stati Uniti da ABC Family con Pretty Little Liars, sembra una versione sfigata delle bugiardelle zoccolette migliori del piccolo schermo.
Lo spunto di partenza in ogni caso è molto interessante. La storia è incentrata su Danny Desai, un 16enne che viene rimesso in libertà dopo 5 anni di carcere minorile per aver ucciso sua zia. Come pensate sia l’accoglienza nel liceo di una piccola cittadina di provincia per un baby killer del genere?
Danny viene ovviamente guardato da tutti con sospetto, soprattutto dopo che in città viene misteriosamente uccisa una ragazza della high school… Altrettanto naturalmente, il sospettato numero 1 sarà lui.
Al di là di tutte queste morti e tragedie, la serie viaggia sui territori del teen drama tradizionale, con la componente thriller che rimane sullo sfondo. Se i presupposti non sono malaccio, a funzionare poco sono i protagonisti e relativi interpreti: innanzitutto il protagonista, un imbambolato Avan Jogia che non riesce a rendere un personaggio potenzialmente tanto complesso e sfaccettato e che in teoria sarebbe potuto essere una versione teen del Daniel Holden della ben più notevole serie Rectify. Maluccio anche le due amichette di Danny, Maddie Hasson e Kylie Bunbury. Addirittura terrificante Denise Richards, bomba sexy negli anni ’90 ai tempi di Sex Crimes e Starship Troopers e oggi zombie rifattissima dalla mono espressione alla Mara Carfagna.
Serie modesta, insomma, che se non altro a differenza di Underemployed raggiunge il minimo indispensabile per farsi vedere come intrattenimento trash estivo. Basta non pretendere di più…
(voto 5,5/10)

The White Queen
Game of Thrones se fosse una fiction Mediaset scritta da Stephenie Meyer.
(voto 5/10)

"Meno male che ai nostri tempi la tv non esisteva ancora..."

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